5
1999. Evidenzia i cambiamenti e le modifiche avvenute all’interno delle
aziende sanitarie locali con l’attuazione del processo di aziendalizzazione,
ponendo l’attenzione sull’azienda sanitaria locali di Novara, sulla sua
struttura e sulle sue attività assistenziali.
capitolo secondo: pone l’attenzione sull’attività programmatoria in
sanità, analizzando i diversi strumenti di programmazione socio-sanitaria.
Si analizzano l’ultimo Piano sanitario nazionale, il Piano sanitario della
regione Piemonte e gli atti di programmazione locale, come ad esempio i
Piani di Zona.
Inoltre, nell’ultimo paragrafo di questo capitolo si parla del controllo in
sanità, passato da un controllo di tipo burocratico ad uno di tipo
manageriale, e dell’importanza che esso ha in un campo come quello
sanitario ad elevato sviluppo scientifico e tecnologico, ed erogatore di
servizi ad alta intensità di lavoro.
capitolo terzo: è incentrato sui servizi psichiatrici territoriali. Si inizia
con il di tutela della salute mentale, per poi passare alle indicazioni dei
Progetti obiettivo “Tutela della salute mentale” ed infine arrivare alla
nascita di una nuova struttura: il Dipartimento di salute mentale, di cui
vengono descritte le componenti organizzative, il personale.
La seconda parte dell’elaborato si occupa dell’analisi economica
dell’attività di prima accoglienza del Dipartimento di salute mentale
dell’azienda sanitaria locale di Novara, i capitoli sono illustrati di seguito:
capitolo quarto: illustra la struttura organizzativa del Dipartimento di
salute mentale nord, descrivendone struttura, strumenti organizzativi,
personale. Pone l’accento, anche con l’aiuto di dati forniti
dall’organizzazione stessa, sulla tipologia di “cliente” del Dipartimento
nord.
6
capitolo quinto: descrive la metodologia, dal punto di vista teorico,
utilizzata per effettuare l’analisi economica del processo di prima
accoglienza.
capitolo sesto: è il capitolo in cui si effettua l’analisi economica dei costi
del processo di “prima accoglienza”. Si analizzano le fasi più importanti del
lavoro: la mappatura del processo, la rilevazione dei tempi e l’analisi dei
costi dell’attività in esame. Si suggeriscono delle azioni di miglioramento e
si analizzano due importanti criticità, dovute al rapporto tra medici di
medicina generale e il servizio psichiatrico e alla presenza di un lieve
conflitto organizzativo.
Il presente elaborato ha voluto fornire un quadro generale sui servizi
psichiatrici territoriali all’interno di un più ampio contesto di sistema
sanitario nazionale, mostrando quali sono le azioni strategiche messe in atto
dai diversi livelli istituzionali per garantire il diritto alla tutela della salute
mentale. Si è, poi, puntata l’attenzione su uno specifico Dipartimento di
salute mentale per meglio comprendere le attività svolte al suo interno, e
per valutare una importante attività come quella della “prima accoglienza”.
PARTE PRIMA
I SERVIZI PSICHIATRICI TERRITORIALI
NELL’AMBITO DEL SERVIZIO SANITARIO ITALIANO
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Capitolo primo
IL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE
E LE AZIENDE SANITARIE LOCALI
1.1 La costituzione del sistema sanitario nazionale (Ssn)– 1.1.1 La sanità prima della
legge 833/1978- 1.1.2 La riforma del 1978- 1.1.3 Il nuovo assetto del Ssn- 1.2 Le attività
del sistema sanitario– 1.3 Le Aziende sanitarie locali (Asl)– 1.3.1 L’aziendalizzazione
delle Asl- 1.3.2 Le figure di vertice delle Asl– 1.3.3 Il coordinatore clinico aziendale- 1.4
L’azienda sanitaria locale di Novara.
1.1 La costituzione del Sistema sanitario nazionale (Ssn)
1.1.1 La sanità italiana prima della legge 833/1978
La nostra Costituzione definisce la salute come un diritto primario del
cittadino e pone in evidenza la valenza sociale dell’attività connessa alla
soddisfazione del bisogno di tutela della salute degli individui. La scelta
effettuata dal legislatore nel 1948 ha sancito una svolta nell’attività di
assistenza sanitaria pubblica, in Italia fino ad allora la tutela della salute era
considerata come un problema di interesse pubblico, ma la Costituzione
diede un importante impulso alla creazione di una vera e propria
organizzazione sanitaria, precedentemente l’assistenza sanitaria si era
sviluppata in ambito locale, soprattutto a livello comunale e provinciale. Lo
Stato oltre alle cure per gli indigenti aveva man mano garantito forme
assistenziali a determinate categorie, si era sviluppata l’assistenza su base
assicurativa, basata sui contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro.
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Nel 1958 si mosse il primo passo verso la costituzione di un
organizzazione centrale dell’attività di assistenza sanitaria con la creazione
del Ministero della Sanità, che acquisisce le funzioni sanitarie del Ministero
degli Interni, stabilendo rapporti diretti con l’apparato sanitario periferico,
formato da medici provinciali e dagli ufficiali sanitari. Gli anni che
seguirono furono caratterizzati da una serie di provvedimenti che
contribuirono ad orientare le attività sanitarie, tra questi va segnalata la
legge 132/1968, detta Legge Mariotti, che pur limitandosi ai soli ospedali
1
,
ha permesso di fissare alcuni principi di programmazione sanitaria, ma che
si rivelarono carenti in termini organizzativi e finanziari.
I molti enti mutualistici hanno contribuito a determinare una situazione
caratterizzata da: disparità nel trattamento dei pazienti, accentuazione del
momento terapeutico a discapito delle altre fasi dell’assistenza sanitaria,
squilibrio nella distribuzione dei servizi nelle diverse aree geografiche,
mancanza di programmazione gestionale e finanziaria dei servizi. Il
modello di finanziamento basato sul ruolo degli enti mutualistici pubblici è
riassumibile in due punti:
esiste un rapporto tra l’ente che eroga il servizio e il cittadino che ne
usufruisce senza pagamento diretto delle singole prestazioni,
esiste l’ente mutualistico che paga le prestazioni per conto del
paziente: il mutuato usufruisce delle prestazioni e dei servizi sanitari
deve versare dei contributi alla mutua, come corrispettivo indiretto
dei servizi goduti.
La mancanza di un meccanismo adeguato di responsabilizzazione
nell’uso delle risorse richiese l’intervento dello Stato
2
a copertura dei debiti
1
Fino al 1968 l’assistenza ospedaliera era garantita dagli Enti assistenziali, che erano per
lo più espressioni di opere pie ed effettuavano le loro prestazioni a pagamento.
2
L’intervento legislativo al quale si fa riferimento è la legge 386/1974 che dava
conversione ad un precedente decreto recante “norme per l’estinzione dei debiti degli enti
10
accumulato dalle mutue verso gli ospedali, l’organizzazione mutualistica
era in crisi sia dal punto di vista organizzativo che finanziari, e questo fa sì
che si debba finalmente attuare una riforma del sistema sanitario italiano
1.1.2 La riforma del 1978
Il sistema sanitario basato su numerosi enti (le “casse mutue”), i quali
erogavano direttamente o indirettamente (attraverso convenzioni con
medici, farmacie, ospedali) i servizi sanitari differenziandoli sulla base della
posizione professionale del cittadino, necessitava sempre di più di un
interveto riorganizzativo da parte dello Stato, si arriva così alla legge
833/1978 che sancisce la nascita del Sistema sanitario nazionale, e che
vuole garantire a tutti i servizi sanitari indifferentemente dal reddito,
mirando alla promozione, recupero, mantenimento e tutela della salute di
tutta la popolazione, indipendentemente dalla posizione sociale.
Figura 1-Evoluzione del sistema sanitario
FONTE: Maggi D, Sistemi di controllo di gestione nelle aziende sanitarie, Milano,
Giuffrè Editore, 2003, pag 3
mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e
l’avvio della riforma sanitaria”. Tale legge dettava una serie di norme finanziarie e
attribuiva alle Regioni la competenza di disciplinare nei confronti degli enti ospedalieri
numerosi provvedimenti come l’ampliamento della pianta organica, l’acquisto di
attrezzature…
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La legge di riforma venne approvata dopo molte sperimentazioni avviate
in zone diverse del Paese e dopo un processo di maturazione culturale
intorno ad alcune idee che fecero da guida alla riforma.
Il sistema sanitario nazionale è definito come “complesso delle funzioni,
delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al
mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la
popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo
modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del
servizio”(art. 1 Legge 833/1978). Il Ssn aveva piena competenza sulle
attività di prevenzione (intesa non solo come prevenzione delle malattie ma
anche del disagio sociale), diagnosi, cura e riabilitazione, ma anche nella
distribuzione dei farmaci e nella formazione professionale del personale del
Ssn. Per poter svolgere questi compiti la legge prevede un sistema di
finanziamento basato sulla formazione di un Fondo sanitario a carico del
bilancio dello Stato, e all’interno del quale si attribuivano le quote destinate
alle Regioni, che a loro volta ripartivano il loro Fondo regionale tra le
diverse Usl operanti sul territorio, ma i fondi destinati al servizio sanitario
erano spesso insufficienti.
Il sistema prevede l’integrazione dei servizi socio-sanitari, per garantire
risposte che rispettassero la globalità e unitarietà dei bisogni delle persone e
tale integrazione può essere istituzionale (nasce dalla necessità di
promuovere collaborazioni fra le diverse istituzioni per perseguire comuni
obiettivi di salute, gestionale (individua configurazioni organizzative e
meccanismi di coordinamento atti a garantire l’efficace svolgimento delle
attività), professionale (finalizzata ad orientare il lavoro interprofessionale
verso la produzione di servizi).
L’erogazione dei sevizi è basata sulle Unità sanitarie locali, a cui erano
demandati diversi compiti tra cui: occuparsi dell’educazione sanitaria,
dell’igiene, dell’assistenza pediatrica, della protezione sanitaria materno
infantile, della prevenzione delle malattie, dell’assistenza farmaceutica.
12
Esse erano le strutture operative dei comuni, ai quali erano demandate tutte
le competenze in materia d’assistenza sanitaria ed ospedaliera che non
erano di competenza statale o regionale.
L’istituzione delle Unità sanitarie locali (Usl) derivò dall’esigenza di
predeterminare aree territoriali adeguate alla produttività dei servizi, che
erano articolate in distretti, rappresentanti il punto di contatto tra
l’organizzazione verticistica dello Stato e la popolazione. Inizialmente
l’organo decisionale delle Usl era l’Assemblea generale formata dal
consiglio comunale, che venne poi eliminata nel 1986, l’organo
amministrativo era il Comitato di gestione, mentre l’organo di controllo era
rappresentato dal Collegio dei Revisori e controllava e verificava la
situazione economica-finanziaria delle Usl. I servizi che le Usl dovevano
erogare comprendevano anche i servizi psichiatrici, in quanto la legge
prevedeva la chiusura dei manicomi, l’organizzazione dei servizi per la
salute mentale, regolamentando il ricovero volontario e il ricovero in
regime di trattamento sanitario obbligatorio.
Il sistema sanitario stabilito dalla legge di riforma non è comunque privo
di problemi, dovuti soprattutto alla divergenza tra intenti e strumenti a
disposizione delle istituzione, che dovevano essere le protagoniste del
processo riforma, bisognava organizzare un attività di monitoraggio delle
esigenze e dei bisogni dei cittadini e formare il personale perché fosse in
grado di realizzare gli obiettivi che la riforma si proponeva di raggiungere.
Le disfunzioni sono attribuite al passaggio dal sistema mutualistico a quello
pubblico, e riguardavano:
mancanza di una programmazione a livello nazionale;
difficile rapporto tra i vari livelli istituzionali del sistema,
struttura organizzativa delle unità sanitarie locali;
meccanismi di finanziamento.
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Nonostante una delle principali innovazioni della riforma sia stata la
stesura di un Piano sanitario nazionale
3
, questo non venne attuato per anni,
si era così cercato attraverso la scrupolosa regolamentazione dei livelli più
bassi del sistema sanitario di sopperire all’inesistenza di una
programmazione e pianificazione nazionale, questo però ha portato ad un
aumento della burocrazia e dello stato di deresponsabilizzazione.
1.1.3 Il nuovo assetto del Ssn
I numerosi interventi legislativi che hanno coinvolto il sistema sanitario
nazionale hanno cercato di porre rimedio alle carenze organizzative e alle
sempre maggiori carenze economico-finanziarie, hanno anche mostrato la
necessità di una revisione completa del sistema sanitario nazionale, che è
avvenuto con il decreto legislativo 502/1992 e successivamente con il
decreto 517/1993. Essi hanno stabilito una redistribuzione delle competenze
e delle funzioni tra i diversi livelli di governo del sistema, si è passati da
una tripartizione (Stato, Regioni, Comuni) ad una bipartizione tra Stato e
Regioni, mentre ai comuni spettano funzioni secondarie.
Questa nuova riforma mira a migliorare l’equità del sistema sanitario, ad
ottenere un maggior decentramento dei poteri, cerca di coinvolgere
maggiormente i medici nell’ambito della gestione economica delle aziende
sanitarie. Nel nuovo assetto lo Stato individua periodicamente nell’ambito
del Piano sanitario i livelli di assistenza, cioè la quota di domanda sanitaria
che s’impegna a soddisfare. Inoltre, gli obiettivi che definisce devono
essere rapportati all’ammontare dello risorse che lo Stato decide di
3
Il piano sanitario nazionale è un documento di programmazione sanitaria, in cui
vengono indicate le linee da seguire e gli obiettivi da raggiungere nel campo della salute
pubblica, l’argomento verrà trattato in modo più approfondito nel capitolo secondo di
questo elaborato.
14
devolvere alla sanità, non si determinano più le risorse in base ai bisogni di
salute, ma sono le risorse a determinare i livelli di assistenza assicurati ai
cittadini. Lo Stato non si propone più di soddisfare tutti i bisogni, ma si fa
largo il concetto di domanda e offerta.
Le Regioni rispetto al passato hanno compiti più rilevanti e sono
maggiormente responsabilizzate nell’utilizzo delle risorse, in quanto
devono:
redigere il Piano sanitario regionale,
definire l’organizzazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie,
ridefinire l’ambito territoriale delle aziende sanitarie,
individuare i presidi ospedalieri,
predisporre un sistema informativo per verificare l’efficacia delle
attività.
Gli ospedali sono suddivisi in aziende ospedaliere (cioè enti autonomi,
diventano azienda gli ospedali di rilievo nazionale e di alta
specializzazione) e in ospedali presidi delle unità sanitarie.
Nel nuovo assetto cambiano anche le Usl che diventano Asl (di cui
tratteremo nel proseguo del capitolo), cioè aziende sanitarie locali, e il loro
rapporto con i Comuni, dai quali diventano autonome, esse diventano
responsabili del coordinamento dei servizi sanitari sul territorio di loro
competenza.
Il sistema di finanziamento è gestito a livello statale, è sempre presente il
Fondo sanitario nazionale, strumento usato per definire il livello di risorse
da destinare al soddisfacimento dei bisogni di salute, cambiano però le
modalità di distribuzione di tali risorse: si basa sulla quota capitaria di
finanziamento, stabilita tenendo conto dei livelli di assistenza e della
popolazione delle Regioni.