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in grado di ritenere e produrre nuova conoscenza. Ecco che in ultima
analisi il Sistema Impresa ci apparirà come espresso in Figura 1
(Sciarelli, 2004):
Ovvero come quel sistema la cui complessità deriva dal coesistere di
due profili: da una parte un profilo Cognitivo e dall’altra un profilo
Strutturale. In cui per perseguire il fine ultimo condiviso, sarà vitale
organizzare e coordinare il molteplice e intercorrelato complesso di
parti di cui appunto si compone.
1.1.2 L’Impresa secondo lo Stakeholder Approach
Quindi l’azienda si compone di una serie d’aspetti, asset, materiali ed
immateriali, tra di essi intercorrelati ed univocamente orientati. Ma
andiamo ora ad esplorare più da vicino gli inquilini di questo sistema
vivente (Golinelli, 2002) che è l’impresa in modo da sottolinearne le
dinamiche aziendali. Infatti saranno proprio tali dinamiche a
rappresentare un saldo elemento distintivo dell’impresa. Questa del
resto vive di relazioni, di equilibri positivi in termini di input - output.
E sono le persone in primo luogo a stringere con altri soggetti tale
sistema di relazioni, a veicolarle con altri Asset immateriali. Cioè a
generare e preservare il capitale cognitivo dell’impresa stessa. Ecco
perché oltre ai beni ed alle persone sarà fondamentale per l’impresa
Cognitivo
(profilo dinamico)
SISTEMA
Socio/Tecnico
aperto
(profilo strutturale)
COMPLESSO
IMPRESA
Fonte: Sciarelli S., Fondamenti di Economia e Gestione
d’Impresa, Cedam, Padova, 2004.
Figura 1: Il sistema impresa.
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poter, e saper, gestire valori immateriali (Itami, 1998), intangibili, quali
l’immagine aziendale e la conoscenza. In particolar modo detenere e
governare la conoscenza (Know-How) permette di cogliere le sfide del
mercato; permette cioè di far fronte alle minacce, cogliere le
opportunità, indagare i punti di debolezza e sviluppare i punti di forza
individuati in una SWOT Analysis delle relazioni intrattenute con gli
altri sistemi esterni. Ecco che le risorse immateriali (intangibili),
concorrono tanto quanto le risorse materiali (tangibili), alla produzione
e diffusione del valore, nell’ambito delle relazioni che l’azienda
sviluppa con altri sistemi complessi. Quindi sarà proprio l’impresa che
riuscirà ad orientarsi strutturalmente al concetto di “Marketing
Resource Based (Invernizzi, 2001)” ad avere successo; solo
quest’azienda riuscirà infatti ad innestare il virtuoso circolo in cui le
risorse immateriali e cognitive di cui si compone generano altre risorse
immateriali mediante le relazioni intrattenute, in modo che tale
spontaneo ciclo generi valore per l’impresa e ne consolidi il vantaggio
competitivo basato su risorse intangibili e cognitive.
Ma questi “altri sistemi” cui sino ad ora abbiamo fatto riferimento chi o
cosa sono in realtà? Che tipo di relazioni o rapporti l’impresa vi
stringe? In primo luogo dobbiamo richiamare il concetto d’impresa
come sistema aperto, ovvero tendente (per intrinseca necessità) ad
intrattenere delle relazioni di interscambio con l’ambiente. Ambiente
che sotto il profilo economico-sociale può essere definito come il
“contesto generale all’interno del quale l’impresa è chiamata a svolgere
le sue funzioni(Sciarelli, 2004)”: in pratica una costellazione di vincoli-
opportunità in grado di influenzare-orientare le scelte relative alla
strategia aziendale (ovvero lo sviluppo della stessa). Possiamo perciò
immaginare l’impresa collocata al centro di un macro-ambiente di
riferimento, come si evince dalla Figura 2.
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In cui le relazioni che l’azienda intrattiene si caratterizzano in termini
di autorità (intesa coma capacità di influenzare le parti di tale
ambiente). Tale potenziale di influenza andrà scemando man a mano
che si incrementano le distanze relazionali tra l’azienda e i suoi
interlocutori; graficamente più ci si allontana dal centro, ovvero dal
micro ambiente di riferimento, meno l’azienda ha capacità-opportunità
di influire sui pubblici di riferimento. Pubblici, i cui soggetti
componenti chiameremo più propriamente “Stakeholder”, ovvero stake
“interesse” e holder “portatori”, proprio a sottolinearne il ruolo di
assoluto rilievo in cui l’azienda li deve considerare nel gestire le
proprie relazioni. Ricordiamo che il termine SH compare per la prima
volta (Freeman, 1984) in un documento interno dello Stanford
Research Institute, ove vengono definiti come “quei gruppi di soggetti
senza il cui supporto l’organizzazione cessa di esistere”.
In particolare, se ci soffermassimo ad analizzare in termini generali
quelle che sono le finalità dell’impresa sarebbe subito possibile
classificarle secondo due macro scuole di pensiero; quella orientata alla
rilevanza economica dell’ impresa, da una parte, e quella orientata alla
rilevanza sociale dall’altra. Ma del resto come può l’azienda perseguire
finalità meramente economiche disinteressandosi completamente degli
aspetti sociali relativi, appunto, ai propri Stakeholder? Come può cioè
un impresa perseguire un risultato economico di lungo periodo, senza
Figura 2: Il rapporto impresa ambiente.
Fonte: Sciarelli S., Fondamenti di Economia e Gestione delle
Imprese Cedam Padova 2004.
Sistema politico istituzionale
S
i
s
t
e
m
a
t
e
c
n
o
l
o
g
i
c
o
Mercato del
lavoro
Clienti Concorrenti
Mercato di produzione
Mercato
finanziario
Sistema economico
s
i
s
t
e
m
a
s
o
c
i
o
d
e
m
o
g
r
a
f
i
c
o
11
gestire le relazioni sociali generate in un ottica di reciproca
soddisfazione dei bisogni? Ecco che la gestione strategica delle
relazioni con gli Stakeholder risulta essere un elemento chiave delle
gestione aziendale. Naturalmente per poter opportunamente governare
tali relazioni ed orientarle in modo coerente ed efficace al
raggiungimento di specifici obiettivi strategici, occorre una specifica
analisi e segmentazione degli Stakeholder in termini di:
entità della pressione che possono esercitare sulle decisioni
aziendali, distinguendoli quindi in primari e secondari.
posizione occupata nei confronti della gestione aziendale,
distinguendoli in interni ed esterni.
loro allineamento nei confronti dell’organizzazione, in termini
di possibilità di minacce e possibilità di collaborazione, così
come rappresentato in Figura 3
Conseguentemente, ad ogni profilo di Stakeholder espresso corrisponde
una diversa Strategia di Relazione da adottare. Del resto ogni azienda
avrà poi modo di determinare la classificazione dei propri Stakeholder
in base a variabili soggettive, giudicate rilevanti dall’analisi del macro e
micro ambiente di riferimento, attuale e potenziale.
MINACCIE
SH marginale
Strategia: monitoraggio
C
O
L
L
A
B
O
R
A
Z
I
O
N
I
A
L
T
E
B
A
S
S
E
ALTE BASSE
SH non orientato
Strategia: collaborazione
SH amichevole
Strategia: coinvolgimento
SH avversario
Strategia: difesa
Fonte: Sciarelli S., Fondamenti di Economia e Gestione delle
Imprese, Cedam, Padova, 2004.
Figura 3: Come gestire i rapporti strategici con gli Stakeholder.
12
1.2 Human Resource management; nascita ed evoluzione
1.2.1 Lo Human Resource management
Dopo aver indicato i confini generali della realtà d’impresa,
proponendola secondo un’ottica Stakeholder Approach, esploriamo il
territorio relativo all’ architettura delle funzioni di gestione. Infatti, per
quanto concerne il sistema di governo dell’impresa possiamo
distinguere una prima fase di strategia in cui si definiscono le norme
comuni di funzionamento del complesso sistema impresa ed una
seconda fase operativa in cui se ne declinano le modalità di esecuzione
funzionale. Ecco che la gestione operativa percorre la strada indicata
dalla gestione strategica, orientandosi quindi a sua volta agli stessi
obiettivi per cui la strategia è stata realizzata. Inoltre, come si evince
dalla Figura 4, è possibile classificare le funzioni di gestione in
primarie, di supporto e ausiliarie, in base cioè al ruolo ricoperto nel
raggiungimento degli obiettivi aziendali (Sciarelli 2004).
Riallacciandoci quindi al discorso relativo agli Stakeholder, possiamo
affermare che qualsiasi funzione noi intendessimo analizzare, tra quelle
sopra esposte, sempre avremo a che fare con quelli che sono gli
Stakeholder interni dell’organizzazione; a sottolineare la necessità di
Figura 4: Le funzioni d’Impresa.
Produzione
FUNZIONI
OPERATIVE
PRIMARIE
Vendita
Approvvigio-
namenti
(logistica)
Personale
Ricerca
e sviluppo
FUNZIONI
AUSILIARIE
Trasporti
Distribuzione
Manuten-
zione
impianti
Pubblicità
Contabilità
Fonte: Sciarelli S., Fondamenti di Economia e Gestione delle
Imprese, Cedam, Padova, 2004.
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istituire uno specifico organo avente ruolo di “gestire le relazioni con i
pubblici interni”. Anche nelle piccole imprese a gestione famigliare
l’imprenditore gestisce, seppure in modo destrutturato, “i propri
pubblici interni”. Naturalmente la complessità dei grandi numeri
organizzativi comporta una formalizzazione dei ruoli e delle
responsabilità, ed induce anche ad un’evoluzione del concetto stesso di
“pubblico interno” e delle modalità di gestione di cui necessita.
1.2.2 La nascita dello Human Resource management.
Inizialmente il concetto di Stakeholder Interno (oltre a non essere
concretamente utilizzato nella prassi aziendalista) indicava i
collaboratori aziendali in modo limitato e limitante. Attribuiva cioè alle
Risorse Umane un valore lontano dall’indurre a considerare e gestire
queste ultime come una risorsa strategica. Ovvero come una risorsa
scarsa e portatrice di conoscenze strategiche (Know - how). Ma l’aver
successivamente individuato la centralità del fattore umano come
variabile in grado di influenzare i comportamenti organizzativi e
pertanto le performance organizzative segnò, a metà anni cinquanta, la
nascita della scuola delle Relazioni Umane. Ecco che si staglia
all’orizzonte il concetto di Human Resource management (HRm),
inteso appunto come gestione strategica delle risorse umane, ovvero
della popolazione aziendale. Tale concetto affonda le proprie radici in
America, in particolare in due centri d’eccellenza in materia quali le
Università di Harvard e del Michigan. Entrambi gli approcci tendono a
de-formalizzare le relazioni organizzative, sottolineando il
coinvolgimento diretto ed individuale degli SH, sia in termini di
modificazione effettiva dell’ esercizio di prerogative decisionali del
management, sia come condivisione e influenza indiretta dei dipendenti
sulle decisioni assunte (Baglioni, 1997). Avremo così differenti
declinazioni di HRm tra di essi complementari e non conflittuali
(Baglioni, 1997), quali;
HRm come sviluppo di un contesto organizzativo che guidi ed
incoraggi un comportamento manageriale attento ai dipendenti
(Beer, 1984);
HRm come cosciente valorizzazione del capitale umano, in
quanto considerato una risorsa scarsa e quindi da integrare con
le decisioni strategiche (Marchington, 1990);
14
HRm come Strategic H.R.m.; relativamente alla possibilità di
orientare, modificandolo, lo HRm in funzione degli obiettivi
perseguiti (Salaman, 1998) e quindi secondo logiche strategiche
tipiche della più vasta gestione aziendale.
Queste tendenze sono oggi più che mai attuali e vitali, anche in
funzione dell’incremento della pressione concorrenziale (Busacca,
1994)
dovuta ad una sostanziale globalizzazione dei mercati, crescente
competitività, crescente incertezza. Ne derivano risposte chiare ed
evidenti da parte delle imprese sia intermini organizzativi che culturali
(Baglioni, 1997). In prima istanza le imprese tenderanno a variare la
propria organizzazione secondo criteri di:
riduzione della struttura gerarchica a favore di soluzioni più
semplici più piatte;
revisione dell’impianto burocratico;
riduzione della rigidità delle mansioni.
Dal punto di vista culturale invece (Gagliardi, 1995) l’importanza dello
HRM si può cogliere sottolineando i seguenti tre aspetti (Baglioni,
1997):
Uno esogeno, relativo alla situazione generale che il macro
ambiente delinea intermini di opinioni ed atteggiamenti nei
confronti dell’economia in generale
Uno endogeno, strettamente legato alla cultura d’impresa, più
precisamente alla sua genesi ed all’immagine che l’accompagna
Un altro endogeno che richiama il valore e l’importanza delle
componenti immateriali d’impresa; le sue conoscenze, persone,
brand ecc
Ne deriva la necessità di gestire le relazioni interne considerandole
come Employment Relations Management: sia in termini di gestione
degli equilibri degli Stakeholder, sia in termini di elevazione dello
HRm a livello di strategia, in quanto solo così la popolazione d’impresa
potrà poi identificarsi con gli obiettivi ed i valori della stessa (Storey).
1.2.3 L’evoluzione dello Human Resource management.
Quindi, una volta individuate le origini del pensiero alla base dello
Human Resource Management, andiamo ora a verificare come le
imprese hanno nel tempo adattato il proprio approccio a tale pensiero;
in particolar modo in termini di evoluzione dell’ufficio Direzione del
15
Personale. Come vedremo, infatti, la situazione attuale del così detto
HR Department dovrebbe essere costruita in termini di partner
strategico del vertice aziendale, in un’ottica di complementarità e
sinergia di business e HR idea (Normann, 1992). Tendenza, tra l’altro,
attualmente molto diffusa se è vero che il 50 % (survey 2000) dei
responsabili risorse umane dell’area europa - medio oriente lavorano a
stretto contatto con i vertici delle aziende. Ma questa posizione, questo
status gerarchico ed organizzativo, non si è affermato dal nulla; la
funzione RU infatti, ha subito un’ evoluzione che l’ha portata oggi a
rientrare all’interno della strategia d’impresa, e che le ha fatto assumere
una connotazione di (Costa, 1997):
elevata pervasività, in quanto tutte le politiche aziendali
impattano sulle Risorse Umane (RU) e viceversa; del resto
l’impresa si costituisce delle persone;
relativa de-specializzazione, in quanto la cura delle RU non è
più attribuita alla vecchia concezione dell’ ufficio RU , ma ad
una nuova concezione di esso, più vicino alle logiche
strategiche del vertice aziendale;
profondo cambiamento nella professionalità e negli
atteggiamenti, tanto degli addetti a tale funzione, quanto delle
persone che ne vivono le decisioni.
Per poterne realmente e concretamente capire la valenza e lo stato
evolutivo dobbiamo considerare la funzione RU come fornitrice di
servizi all’insieme di SH dell’organizzazione; siano essi interni, quindi
attuali, che esterni quindi potenziali. Occorre cioè considerare l’ufficio
RU ponendosi nell’ottica di un cliente (Costa, 1997) (un cliente
interno) e valutarne la prestazione in base alle aspettative, secondo un’
ottica di gestione strategica dei servizi (Normann, 1992), governabile
secondo logiche generali di Marketing Interno, e secondo cinque
Variabili Operative.
task della Direzione Risorse Umane (DRU), ovvero la modalità
in cui questa è posizionata rispetto alla Mission aziendale
Referenti della Direzione Risorse Umane, ovvero i clienti dei
servizi erogati;
organizzazione e strumenti tecnici per la realizzazione del task;
indicatori di performance dello HRm;
strategia, cultura e valori tanto dell’organizzazione quanto degli
addetti alle risorse umane (Costa, 1997). Possiamo affermare
16
che i valori e la cultura d’impresa costituiscono la variabile di
confluenza delle altre variabili analizzate e rappresentano
l’Identità d’impresa (Gagliardi, 1986). La quale Identità
rappresenterà un patrimonio che viene dal passato, addensatosi
per successive sedimentazioni. Un patrimonio, quello della
cultura aziendale, che rappresenta il sapere, l’insieme delle
competenze distintive dell’organizzazione, e che lo HRm ha il
compito di presidiare e diffondere, in modo da assicurare il
vantaggio competitivo.
Ovvio pensare che l’ufficio del personale abbia subito negli anni una
sostanziale evoluzione, relativa ai poteri ed ai doveri ad esso attribuiti.
Per una sintetica spiegazione di questa evoluzione faremo riferimento
alla Figura 5 , adattamento dell’ istantanea fornitaci nel 1972 dal
congresso di Ginevra tenuto dall’Associazione europea dei capi del
Personale (Peretti, 1994). Tale figura declina le Variabili Operative
precedentemente esposte, lungo l’Evoluzione che la Direzione del
Personale ha vissuto nel tempo (Figura 5). Dobbiamo però ora
sottolineare che quelle appena esposte sono effettivamente fasi di un
continuum logico, ma l’unica non esclude l’altra, e spesso convivono
nelle realtà aziendali. Inoltre oggi la capacità di prevedere i
cambiamenti sta diventando un passaggio chiave del successo
aziendale, ovunque, ma soprattutto in alcuni comparti di business.
Questa attitudine, questa necessità dovrebbe essere affrontata da tutta
l’azienda, da tutti i livelli organizzativi. Molte più risorse dovrebbero
essere investite in attività relative al cambiamento ed allo sviluppo
(survey, 2000), vera sfida dei nostri giorni, che andrebbe affrontata con
un po’ più di attenzione. Soprattutto con un approccio e con delle
logiche più vicine alla filosofia di Marketing. Un marketing maturo ed
attento, in grado di armonizzarsi con il sistema di Human Resource
management; in modo da contribuire insieme a scrivere momenti
importanti della letteratura inerente l’organizzazione aziendale.
Incombente è infatti il rischio di investire risorse e tempo in termini di
strategie aziendali, per poi trovarsi sguarniti delle adeguate Risorse
Umane.