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La mia analisi ha poi affrontato le problematiche che riguardano
le politiche economiche dei diversi governi che si sono
succeduti, cercando di capire l’impatto che hanno avuto
sull’economia spagnola.
Le riflessioni sulle politiche dei governi, sostenuti da
maggioranze opposte hanno evidenziato una continuità in
alcuni aspetti della gestione della spesa pubblica e della sua
copertura; tuttavia, come esposto nelle conclusioni di questo
lavoro, sono presenti differenze importanti nella politica
impositiva, con riferimento alla pressione fiscale e nelle scelte
settoriali della spesa pubblica.
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CAPITOLO 1
La demografia
Secondo gli ultimi dati dell’istituto nazionale di statistica (INE),
la popolazione spagnola nel 2006 era di 44.708.964 persone.
Analizzando i dati degli ultimi anni, possiamo notare un robusto
incremento della popolazione, che nel 1999 era di 40.202.160
persone, ed è cresciuta ad una media annua del 2,8% (tabella
1.1).
Per analizzare la struttura demografica e cercare di capire quali
sono state le dinamiche che si sono verificate in questi ultimi
anni, possiamo prendere in considerazione diversi dati.
Come prima cosa, è interessante vedere come è distribuita la
popolazione sul suolo nazionale.
Dal punto di vista generale, la percentuale maggiore di persone
vivono in centri abitati tra i 100.000 e i 500.000 abitanti, pari al
23.39% della popolazione, seguito dalle grandi città, col
16,67%. In questo dato è interessante valutare l’andamento
delle percentuali; il trend sembra essere abbastanza chiaro.
Rispetto al 1999 la percentuale dei centri da 100.000 a 500.000
è rimasta quasi la stessa, mentre è aumentata quella dei centri
tra 20.000 e 100.000 (tabella 1.1).
Significativo è il trend in ribasso della percentuale delle grandi
città, che scende dal 17,3% al 16,8%.
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Questa informazione, che di per sé potrebbe non significare
molto, poiché la diminuzione non è stata esagerata,
rappresenta però un cambiamento importante, visto che molte
persone non scelgono più come meta preferita la grande città.
Per vedere se questa tendenza è reale o solo apparente
dobbiamo analizzare ulteriori informazioni. Per esempio,
un’analisi specifica di ogni regione può essere utile. In tutte le 5
grandi città, quindi Valencia, Madrid, Barcelona, Zaragoza e
Sevilla si è verificata una diminuzione della percentuale degli
abitanti, in alcuni casi lieve, come Sevilla, di un punto
percentuale, oppure più consistente come il caso di Madrid, 3
punti percentuali. Vi è poi il caso di Zaragoza, che è una
situazione particolare, dove la percentuale è rimasta uguale, ma
la struttura regionale dell’Aragon è molto diversa da quelle delle
altre, non essendoci città, a parte Zaragoza, con più di 50.000
persone (tabella 1.1).
Guardando i dati, sul tipo di comune di provenienza e il comune
di destinazione, osserviamo che le percentuali maggiori le
troviamo per le migrazioni verso piccoli centri, meno di 10.000,
e verso capoluoghi di provincia, per il 2006, anche se
valutandolo come andamento dal 1999, la percentuale si è
abbassata notevolmente (tabella 2.1).
Questo potrebbe sembrare in controtendenza rispetto ai dati
precedenti, secondo i quali era lecito aspettarsi un aumento di
spostamenti con capoluoghi di provincia come provenienza.
Però, come prima cosa, questi dati riguardano i capoluoghi di
provincia e non solo le grandi città, quindi potrebbero essere
comprese anche città medio\piccole.
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Inoltre, spostando l’attenzione sulle regioni in cui troviamo le 5
grandi città precedentemente citate, riscontriamo situazioni
diverse per quanto riguarda i saldi tra gli spostamenti verso
l’esterno e gli ingressi di persone. Mentre abbiamo una
situazione positiva, o stazionaria, per Andalusia, Aragon e
Comunidad Valenciana, grossi cali si sono registrati per
Cataluña e Madrid, per quanto riguarda movimenti di spagnoli e
stranieri, per Madrid, mentre una diminuzione solo di spagnoli,
per la Cataluña (tabella 3.1).
Questo però non ci dà significative informazioni, poiché gli
spostamenti all’interno della stessa regione non sono
considerati.
Proprio la Cataluña risulta essere, nel 2006, la regione che
presenta la più alta percentuale di spostamenti all’interno della
stessa regione, con il 82% sul totale. Mentre per l’Aragon, la
percentuale è abbastanza bassa, ma come detto prima la
situazione geografica della regione è abbastanza atipica, per
l’Andalusia e la Comunidad Valenciana, notiamo dati importanti,
che si aggirano sul 75%. Mentre ben diversa è la situazione di
Madrid, dove la percentuale è del 59%
Trascurando il caso di Zaragoza, le altre città presentano
aumenti in uscita, o diminuzioni in entrata, abbastanza
sostanziosi. Però mentre per Madrid sembra che le persone si
spostino in misura maggiore, che da altre parti, verso altre
regioni, per la Cataluña, sembra che siano cresciute molto le
piccole città intorno a Barcelona (tabella 1.4).
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A questo punto, entriamo ancor di più nello specifico e vediamo
quali sono le mete preferite degli abitanti di queste grandi città
(tabella 1.5). Anche da questo possiamo vedere se le
supposizioni che abbiamo fatto possono essere credibili.
Per Barcelona, il 71% degli spostamenti è proprio verso la
stessa provincia, anche se questo dato è in diminuzione. Per le
province limitrofe, la percentuale maggiore la rappresenta
Tarragona con il 5,5%.
Anche per Valencia, il 71% dei valenciani, si sono spostati verso
la stessa provincia di Valencia, mentre quelli verso Alicante
sono cresciuti fino al 4,13%.
Quindi per queste due città possiamo individuare una tendenza
simile.
Invece meno marcata è la percentuale per Sevilla, dove il 66%
dei sevillani si sposta verso la provincia di Sevilla; ma mentre
per le prime due città, le percentuali sono in diminuzione, per
Sevilla è in aumento rispetto al 2000. La provincia che accoglie
la maggior percentuale di spostamenti è Cadiz.
Comunque fino a questo punto, le percentuali maggiori le
troviamo verso le province della stessa regione.
Invece per Madrid, oltre a presentare una percentuale molto
scarsa, 59%, è anche in diminuzione rispetto al 2000, dove era
del 64%. Alta è anche la percentuale degli spostamenti verso
Toledo, che fa parte di un’altra regione, che è del 6,5%, in
aumento rispetto al 2000.
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Quindi questi dati confermano le supposizioni fatte in
precedenza.
Come ultima verifica possiamo guardare dove vivono le persone
nate in queste regioni (tabella 1.6).
Come era lecito immaginare, vivono nella regione di nascita il
92% dei catalani e il 93% dei valenciani; entrambi i valori,
come già intravisto, sono in diminuzione rispetto al 1999.
Percentuale comunque alta, ma meno marcata, quella dei
sevillani, che è del 81%, dove invece si è verificato un
aumento, proprio a significare una situazione di partenza
diversa di Sevilla e dell’Andalusia rispetto alle altre grandi città.
Infine per Madrid, il dato è del 85% per il 2006, con una
diminuzione di 2,5 punti percentuali rispetto al 1999; questo
dato, comunque ancora alto, può far pensare ad un trend
appena cominciato, ma di cui si identifica chiaramente la
direzione.
Sulle cause che possono avere condotto a questa situazione,
credo che quella più importante consista nella diminuzione della
qualità della vita nelle grandi città, derivante da motivi di
traffico, di inquinamento e per il costo della vita sempre più
alto. Quindi si intravede la tendenza di uno spostamento verso
le città più piccole, comunque vicine a queste grandi metropoli,
dove la qualità della vita è migliore e i prezzi, soprattutto delle
case, sono minori.
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Tutto questo favorito dallo sviluppo sempre maggiore dei mezzi
di trasporto che permettono di raggiungere le grandi città in
tempi relativamente brevi.
Infatti, proprio per questi movimenti, sono cresciuti
notevolmente i prezzi delle case in queste zone e nei sobborghi
delle grandi città.
Possiamo introdurre qualche dato, per dare un’idea di questo
fenomeno (tabella 1.7). Abbiamo considerato il valore medio
reale per metro quadrato di ognuna delle grandi città e il valore
medio delle città limitrofe, con i seguenti risultati: per Sevilla,
dal 2000 al 2006, abbiamo registrato un incremento del 106%,
mentre per le città vicine del 110%.
Per Zaragoza, abbiamo un incremento del 106%, mentre per le
zone limitrofe del 89%.
Per Barcelona si è avuto un aumento del 69% solamente e
nelle città vicine del 106%.
Per Valencia abbiamo un aumento del 94%, mentre nelle città
vicine del 115%.
Infine per Madrid, un aumento del 72%, e per le città vicine del
96%.
Il fatto che per Madrid entrambi i dati siano inferiori a quelli
delle altre regioni potrebbe significare che, proprio come
ipotizzavamo, le persone si spostano di più che da altre parti
verso altre province, facendo diminuire la domanda di
abitazioni.
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1.1 Modelli teorici sui cicli delle città
I motivi che portano le città ad ingrandirsi ed a svilupparsi sono
riconducibili a economie di agglomerazione, che creano uno
stretto legame tra localizzazione delle attività produttive e
crescita urbana.
Ma così come esistono questi tipi di economie, ne esistono altre
che prendono il nome di diseconomie di urbanizzazione. Con
questo termine si indicano una serie di elementi di costo che
aumentano al crescere della dimensione urbana, per esempio il
costo del servizio pubblico, il costo dell'insediamento connesso
alla rendita urbana e anche il costo della vita, collegato al costo
di congestione, dal punto di vista del singolo abitante, mentre
problemi simili si possono trovare anche dal punto di vista delle
imprese, le quali sopportano costi di salario maggiori al crescere
della dimensione dell'area urbana.
Il modello generalmente noto come degli «stadi di sviluppo» o
del «ciclo di vita urbano», formulato embrionalmente alla fine
degli anni '70 negli USA per spiegare l'arresto della crescita
demografica e manifatturiera delle grandi aree urbane (Norton,
1979) e messo a punto in Europa negli anni immediatamente
successivi (Hall e Hay, 1980; Van den Berg, 1982), si fonda su
un paradigma interpretativo che pone in relazione i successivi
stadi di urbanizzazione - definiti in termini di tassi di variazione
demografica delle città centrali e delle rispettive periferie
(hinterland) - con le successive fasi della industrializzazione.
Viene ipotizzata l'esistenza di cicli di vita delle città,
caratterizzati da 4 fasi:
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urbanizzazione, suburbanizzazione, disurbanizzazione e
riurbanizzazione.
Nelle prime due fasi l'agglomerato nel suo complesso cresce, in
modo prevalente nel centro nella fase di urbanizzazione e le
periferie in quella di suburbanizzazione.
Visto l'aumento della popolazione di queste città, è probabile
che si crei una congestione del centro e i vantaggi del viverci
inizino a diminuire.
Al contrario, il complesso diminuisce nelle fasi di
disurbanizzazione e di riurbanizzazione. Nella prima, decrescono
sia il centro che la periferia mentre nella seconda, il centro città
riprende a crescere nuovamente. I fattori che fanno muovere
questo ciclo sono le esternalità, che diventano negative quando
le diseconomie superano le economie di agglomerazione.
Il connotato ciclico del modello deriva non tanto dai riferimenti
originari alla teoria del ciclo del prodotto, quanto dal fatto che
nella sua più compiuta formulazione esso prevede che al terzo
stadio, quello della disurbanizzazione, faccia seguito uno stadio
di riurbanizzazione; quest'ultimo caratterizzato, in un quadro di
stabilità o addirittura di lieve riduzione della popolazione urbana
complessiva, da un aumento del peso demografico delle città
centrali rispetto alle periferie analogo a quello verificatosi nel
primo stadio di concentrazione urbana.
Il fenomeno della deconcentrazione demografica non significa
declino; bisogna vedere se questo comporta anche uno
spostamento delle attività produttive.
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Le famiglie che decidono di spostarsi verso zone periferiche, o
in città più piccole, lo fanno generalmente per cercare una
qualità della vita maggiore e per trovare prezzi di terreni e
abitazioni inferiori rispetto al centro.
Si evitano in questo modo i problemi delle grosse metropoli
senza dover rinunciare ai vantaggi offerti dall' ambiente urbano
dal punto di vista delle infrastrutture, dei servizi, della
comunicazione, della cultura e delle opportunità lavorative;
tutto ciò grazie al miglioramento delle relazioni e delle
interdipendenze funzionali tra sistemi urbani che accompagna la
deconcentrazione e che permette un tasso di crescita più
elevato per le piccole e medie città che si trovano nelle aree
regionali più dotate di vie di comunicazione, opportunità di
mobilità e integrazione produttiva intersettoriale.
La parte di reddito lasciata libera dal più basso costo unitario
del terreno e che non viene assorbita dall'onere del trasporto,
nel caso in cui venga mantenuto il posto di lavoro nel centro,
viene suddivisa fra l'acquisizione di maggior terreno e maggior
quantità di altri beni acquistabili.
Quando questa parte di reddito ritorna vicina allo zero, è
probabile che si verifiche un ritorno verso il centro.