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esistenza, con speranza e poi, alla fine della vita, disperatamente contro il disordine del
mondo.
Gaia Servadio scrisse di lui nel suo libro Luchino Visconti :
„(...) la creatività non è mai felice e Luchino Visconti era un uomo tormentato da molti
dubbi e conflitti interiori. Il mago Visconti. Ricordo una sera d’inverno a Roma, in Piazza
del Popolo. Io ero in compagnia di alcuni amici comuni quando lo vidi sbucare
improvvisamente dal buio, una lunga sciarpa al collo, un cappottone scuro. Il fatto che ci
trovasse subito, malgrado l’oscurità, e la mera forza della sua presenza, che ci fece
cambiare all’istante conversazione e atteggiamento, mi ricordarono un episodio
dell’Iliade in cui un gruppo di esseri umani è visitato da un dio in incognito, il quale li
trova subito, naturalmente, dovunque siano, si mescola a loro e discorre con loro, ma non
è come loro.”
1
Comunque, non solo la presenza ma anche le sue opere mi sembrano misteriose e
piene di segreti ma anche di forza.
I critici hanno opinioni diverse su Luchino Visconti e sulle sue opere, ma non riescono a
indovinare i misteri che erano nel regista e nei suoi film.
Appunto per questo mi interessa tanto, proprio perché è impossibile classificarlo:
lui resta come un grande enigma difficilmente comprensibile. Forse questo era il suo
scopo, cioè che il suo pubblico trovi il significato dei simboli nei suoi film e faccia
riferimento a lui per capire così la propria vita problematica.
Questo è il motivo più importante per cui ho scelto il mio tema di tesi: capire meglio me
stessa esaminando i film e le attività di Luchino Visconti.
1
GAIA SERVADIO, Luchino Visconti , Milano, Mondadori, 1980, pp. 7-8.
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3. LA VITA DI LUCHINO VISCONTI
Ora vediamo le radici su cui si basano i conflitti interiori e le opere di Luchino
Visconti.
Ma prima vediamo come parla il regista di sé stesso e della propria nascita:
“Sono venuto al mondo nel giorno dei defunti per una coincidenza che rimarrà sempre
scandalosa, in ritardo di ventiquattro ore sulla festività dei santi. Impossibile cominciare la
vita senza essere prevenuto. Non mi si accusi mai, in ogni modo, di mal volere. Quella
data mi si è attaccata per la vita come un cattivo inizio. Novembre è un mese a basso
regime nella Padana. Nelle strade che son canali di nebbia da coltello si può essere
investiti da un volgare ciclista senza onore. Le ferrovie camminano cieche a tastoni
sparando petardi. Lo spazio fra terra e cielo si arresta a un limite di nebbia può smuovere
da lì. Ci si dimentica di cercare il cielo e la vita dell’animale terreno si orienta verso la
terra. È allora che i porci sguinzagliati fiutano il tartufo nelle terre grasse e umide a filo dei
torrenti sotto i boschi immobili e il vento che ha sempre odore d’acqua piovana.”
1
Poi un altra volta considera così il suo inizio della vita:
“Sono nato il 2 novembre alle otto di sera. Mi hanno detto poi che un’ora dopo il sipario
della Scala si alzava per un’ennesima “prima” della Traviata. Sembrerà una precisazione
inutile: ma allora, a casa mia, non si faceva nulla, non si nasceva nemmeno , se non si dava
uno sguardo al “tamburino” della Scala.”
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Qua si può vedere bene l’ambiguità del regista che ha caratterizzato la sua vita e le sue
opere già dalla sua nascita.
La sua inquietudine e i suoi contrasti derivano dal fatto che suo padre era Giuseppe
Visconti duca di Modrone e sua madre era una figlia di industriale: si chiamava Carla
Erba, aveva origini modeste, ma era ricca e molto importante nella società milanese.
I Visconti erano stati signori di Milano dalla fine del XIII alla metà del XV secolo.
I Duchi di Modrone erano sempre stati anticonvenzionali, anche durante l’impero austro-
ungarico quando la Lombardia apparteneva all’Austria. Lo mostra il fatto che i Visconti
erano simpatizzanti di Napoleone Bonaparte.
1
NOTA MANOSCRITTA DI LUCHINO VISCONTI, Appunti e scritti vari, 1938, in G. SERVADIO,
Luchino Visconti, cit., p. 25.
2
FRANCO RISPOLI, Intervista a Luchino Visconti, in “Settimo Giorno”, 22, 28 maggio 1963, G.
SERVADIO, op.cit., p. 25-26.
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Quindi, i Visconti di Modrone erano signori di Milano, molto ricchi, ed erano veri
rappresentanti dell’aristocrazia italiana, ma erano anche diversi dalle altre famiglie
aristocratiche italiane per il loro carettere diverso e ribelle. Comunque questo carattere dei
Visconti e quello padano, tramite sua madre, erano significativi nell’infanzia di Luchino.
Ora vediamo in come si mostra questo dalla sua nascita fino alla morte esaminando
gli avvenimenti della sua vita.
Come ho detto prima, nacque il 2 novembre 1906 a Milano. Era il quarto figlio su
sette nella famiglia: aveva 3 fratelli (Luigi, Guido, Edoardo) e 3 sorelle (Anna, Ida Pace,
Uberta). Come ho già detto, suo padre era un vero aristocratico e sua madre era una vera
borghese nonché religiosissima per cui lui fu educato in modo rigido. Secondo l’uso
dell’epoca gli insegnava un professore privato, Boselli, mezzo italiano e mezzo inglese.
Suonava il violoncello dopo le lezioni: comunque, erano giorni laboriosi per un bambino, e
da ciò imparò la rigorosità con sé stesso nel lavoro. Ai compiti della sua famiglia
apparteneva il tenere balli e serate nel suo palazzo o assisteva a rappresentazioni di piccole
scene familiari messe in scena da parenti vestiti in costume. Poi accanto questo teatro
familiare, i Visconti frequentavano la Scala, che era vicinissima a casa loro cosicché si
sentiva sempre la musica. Il teatro gli piaceva così tanto che rappresentava qualcosa con i
suoi fratelli e poi, con cugini e amici, riduzioni di opere teatrali.
La sua grande passione per il teatro − e non solo per gli spettacoli, ma anche per la musica
e per i costumi cioè per tutto che ad esso apparteneva − cominciò in quel periodo, quando
poteva avere sette anni. E queste passioni teatrali lo spingevano poi verso il mondo del
cinema.
D’estate, i Visconti viaggiavano spesso, passavano il loro tempo a Villa Erba, sul
lago di Como, o a Grazzano, vicino a Piacenza, al Lido di Venezia, a Roma, sulle spiagge
dell’Adriatico ecc. Il padre del futuro regista aveva molte ville in tutta l ’Italia.
Ma la sicurezza materiale familiare era accompagnata dall’inquietudine. Visconti
scappò una volta da casa e poi, per punizione, i genitori lo mandarono nel collegio dei
padri Calasanziani.
Il regista ne spiega così in un’intervista, il motivo:
„Una volta scappai di casa per andare a Montecassino. Volevo chiudermici dentro. Sa, una
di quelle crisi mistico-sentimentali, alla Fabrizio del Dongo. Ma la vera ragione era che
volevo raggiungere una certa ragazza a Roma .”
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3
G. SERVADIO, op.cit., pp. 62-63.
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Per questo era mandato molte volte in diversi istituti, e di ciò Uberta, la sua sorella
più piccola raccontava così:
“Luchino da adolescente era un pessimo studente. Fu mandato in vari collegi, dove ne
combinò di tutti i colori.(...)”
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Questo suo periodo pieno di crisi poteva essere causato anche dalla separazione dei suoi
genitori, avvenuta nel 1924, quando suo padre si è trasferito a Roma.
Poi, negli anni venti, uscì da quella crisi ed entrò nella scuola di cavalleria di Pinerolo.
Adorava i cavalli, e diventò un buon allevatore. Svolse una vita mondana,ed era il
preferito tra nella cerchia delle dame dell’aristocrazia. Ma la sua timidezza e la malattia
che contrasse potevano essere anche il motivo del suo futuro rifiuto delle donne.
Più tardi divenne ufficiale ed entrò nel Reggimento Savoia Cavalleria.
In quel periodo cominciò a fare attenzione alla politica diventando amico di principe
Umberto di Savoia, principe di Piemonte perché era contrario al fascismo.
Dopo aver finito il servizio militare, tornò al teatro, per cui rimaneva ancora tanta passione.
Si occupava della scenografia presso la compagnia del Teatro Eden, che fu fondata da suo
padre.
Poi arrivò una svolta nella sua vita, per cui aveva un periodo pieno di angoscia e di senso
di colpa. Quando passava le ferie a Grazzano Macerati, il suo autista morì, ma lui che
guidava rimase illeso. Per questo voleva sfuggire alla rabbia contro se stesso e così, andò a
evadere in Sahara dove poteva meditare su tutto con un suo compagno tuareg.
Questo viaggio gli cambiò il carattere. Aveva quasi 30 anni.
Ora vediamo in che cosa ciò si mostra. Visconti andò nel 1933-34 in Francia per
comprare cavalli e per cambiare ambiente di vita perché a Parigi, tramite le sorelle
Arrivabene i loro amici, come Kurt Weil, Jean Cocteau, Coco Chanel, conobbe la musica e
il cinema russo e francese. Parigi significava per lui il centro della libertà d’espressione sia
in senso artistico, sia in quello sessuale. Pranzava molte volte con Coco, e si incontrava
con lei anche al Lido di Venezia. Visto che Luchino piaceva tanto alle donne, anche Coco
si innamorò di lui,ma non s’interessò a lei perché sapeva di essere omosessuale, ma se ne
vergognava, nonostante che a Parigi si sentisse più libero da questo lato.
Poi la passione per i cavalli si mutó all’improvviso quella per il cinema. A Parigi
poteva vedere tutti i film che voleva, anche quelli che in Italia non poteva vedere perché
erani proibiti, come ad esempio Der blau Engel (1930) di Sternberg. Poi non trovò il suo
4
G. SERVADIO, op.cit., p. 63.
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vero posto in questa troppa libertà francese inoltre i francesi erano razzisti mentre lui non
era messo cosìa cercare il suo vero posto.
Mantenne le sue amicizie francesi ma non ritornò in Italia. Soprattutto, perché si
sentiva anche un po’germanico anche perché un ramo dei Visconti di Modrone e uno dei
Wittelsbach si erano incrociati nel passato. Per lui la cultura tedesca era qualcosa di più
serio di quella italiana, con grandi rappresentanti come Mann, Goethe, Schiller e Wagner.
E anche la cultura dell’Impero austro-ungarico rappresentava per lui una fonte culturale. In
Italia la vita culturale era diventata arida, il cinema e il teatro erano legati al regime fascista
di Mussolini. Luchino e già anche suo padre erano oppositori del fascismo e per questo
stato dell’Italia, il regista viaggiò nel 1934 a Kitzbühel, dove conobbe Irma Windisch-
Graetz, figlia del principe Hugo e della principessa Leontine Fürstenberg. Si innamorò di
questa ragazza aristocratica e fece un’ultima prova di essere normale, ma non gli riuscì.
Invece finì tra le braccia di un suo coetaneo, il celebre fotografo tedesco, Horst P. Horst
con cui era insieme per 4 anni.
Poi ritornò in Francia dove perché conobbe Jean Renoir , amico di Coco Chanel,
del quale nel 1936 fu assistente per Une partie de campagne. Attraverso questo lavoro,
conobbe il cinema francese e russo discutendo su questi con gli altri assistenti.
Accanto a Renoir conobbe la sinistra di Parigi, e poi partecipò attivamente alla
resistenza antifascista negli anni della guerra. Così a Roma attraverso la redazione della
rivista Cinema fece parte dei critici cinematografici oppositori del regime fascista benché
fosse diretto da Vittorio, figlio di Mussolini. I membri furono Giuseppe De Santis, Gianni
Puccini, Mario Alicata. Accanto a quest’attività lavorò con Renoir fino alla scoppia della
guerra.
Nel 1939 perse sua madre, nel 1941 suo padre.
Negli anni quaranta cominciò la sua attività teatrale poi nel 1942 venne girato
Osessione, e da lì iniziò il suo lavoro cinematografico. (Ritorno ancora sulle sue attività:
ne scirverò più dettagliatamente nei capitoli quinto e quello sesto.)
Gli anni successivi erano pe lui movimentati e pieni di lavoro, di rapporti
amcihevoli e non e il film diventò la sua vera passione.
Poi, più vicino alla fine della sua, vita non parlò più della sua omosessualità, ma ha
disse tutto nei suoi film. Negli ultimi tempi della sua vita girò i suoi ultimi film con l’aiuto
della sua amica Suso Cechi D’Amico e di altri amici, nonostante il fatto che fosse tanto
debole . Dopo tante sofferenze, morì nel 1976 in una clinica di Roma.