Raccontare il golpe: Cile 1973 – URSS 1991
Lo scopo del lavoro è dunque quello di mostrare il modo in cui la stampa quotidiana
italiana ha raccontato il colpo di Stato. Per fare ciò sono stati scelti due episodi,
entrambi molto importanti e significativi: il golpe cileno del 1973 contro Allende e il
«golpe d’agosto» del 1991, contro il presidente sovietico Gorbaciov. Se il caso del Cile
è rappresentativo poiché è l’emblema del golpe sudamericano, con il ruolo dei militari,
degli industriali e dei Paesi stranieri, ciò che è accaduto in Unione Sovietica ricopre una
posizione importante in quanto è l’atto conclusivo della guerra fredda, e della situazione
di instabilità e terrore che ha stretto il mondo in una morsa dalla fine del secondo
conflitto mondiale.
Il già citato flusso d’informazione, ha portato i mezzi di comunicazione di massa,
negli ultimi decenni, ad affinare le tecniche di costruzione della notizia, che viene
rielaborata per poi essere narrata. Le esigenze di spettacolarizzazione portano
soprattutto alla necessità di creare storie facilmente comprensibili da parte dei lettori,
ricche di personaggi dei quali seguire le gesta. Intorno ai protagonisti possono poi
nascere misteri che contribuiscono ad alimentare l’interesse per le vicende. Anche nei
casi presi in considerazione, l’evolversi dei fatti è stato spesso affrontato come un
racconto, che man mano si arricchiva di nuovi elementi, enigmi e protagonisti.
Per l’analisi, sono state selezionate tre testate, appartenenti a diversi orientamenti
politici, per studiare le differenze fra i trattamenti delle notizie ed evidenziare
similitudini e peculiarità. I tre quotidiani, tutti a diffusione nazionale, sono: il «Corriere
della Sera», «Il Manifesto» e «Il Tempo». Il lavoro sarà diviso in due parti (una per
caso), ognuna delle quali ulteriormente suddivisa in tematiche di particolare rilevanza
per l’analisi. Il periodo preso in esame sarà di circa due settimane dal giorno del colpo
di Stato.
Di fondamentale importanza saranno dunque i testi, veri protagonisti degli eventi,
che non possono essere conosciuti se non attraverso la rielaborazione dei media. Una
volta accantonata definitivamente l’utopia dell’informazione oggettiva, non si può non
riconoscere l’importanza del lavoro giornalistico, che a volte può distorcere i fatti, ma
nel contempo rappresenta l’unico mezzo per partecipare intellettualmente ed
emotivamente ad eventi distanti ma di vitale importanza anche per la nostra società.
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Raccontare il golpe: Cile 1973 – URSS 1991
PARTE PRIMA:
CILE 1973
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Raccontare il golpe: Cile 1973 – URSS 1991
1.1.
I fatti
Alle elezioni presidenziali del 4 settembre 1970, il socialista Salvador Allende,
leader della coalizione di sinistra Unidad popular
1
, conquista il voto di circa un terzo
della popolazione. Secondo l’ordinamento cileno, poiché nessun candidato ha ottenuto
la maggioranza assoluta alle urne, spetta al Congresso (composto per la maggior parte
da deputati della Democrazia cristiana) eleggere il presidente fra i due che hanno
ottenuto il maggior numero di suffragi.
Il presidente statunitense, Nixon, ordina alla CIA di impedire l’elezione di Allende,
ma il tentativo è respinto dai membri del Congresso, che danno il loro appoggio al neo
presidente, a condizione che questi accetti di firmare un documento nel quale si impegni
a rispettare la Costituzione e i valori della democrazia
2
.
La vittoria di Allende attira immediatamente l’attenzione internazionale, poiché si
tratta del primo marxista eletto liberamente a capo di governo, che propone di attuare il
processo rivoluzionario nel rispetto della legalità e della Costituzione, non con la forza
ma attraverso una serie di riforme.
Tuttavia, la situazione non può non preoccupare gli Stati Uniti, che vedono a rischio
gli interessi economici delle grandi industrie impegnate in Cile. Effettivamente, tra le
prime mosse del nuovo governo, c’è la nazionalizzazione di gran parte delle industrie
più importanti e delle banche, per finanziare una politica di redistribuzione del reddito e
aumento della spesa pubblica. La successiva nazionalizzazione delle miniere di rame,
ancora di proprietà delle imprese nordamericane, contribuisce a creare astio fra i due
Paesi, e spinge non solo alla cessazione di ogni appoggio economico da parte degli Stati
1
Coalizione costituita nel 1969 e composta dal Partito comunista, dal Partito socialista, dal MAPU
(Movimento d’Azione di Unità Popolare), da ex democristiani usciti dal partito e dal Partito radicale.
Le informazioni sulla storia del Cile, ove non diversamente indicato, sono prese da Stabili M. R., Il Cile –
Dalla repubblica liberale al dopo Pinochet (1861-1990), Giunti, Firenze 1991 e da Moretti I., In
Sudamerica, Sperling & Kupfer, Milano 2000.
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Statuto di Garanzie Costituzionali.
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Raccontare il golpe: Cile 1973 – URSS 1991
Uniti, ma anche a forti pressioni nei confronti delle agenzie di credito internazionali per
far cessare gli aiuti al Cile.
Ben presto però emerge l’incapacità dell’economia cilena di reggersi sulle sue
gambe. L’aumento esponenziale della spesa sociale fa crescere a dismisura il deficit
pubblico e lo Stato è obbligato a stampare nuova moneta, facendo esplodere
l’inflazione. Ne conseguono manifestazioni di piazza e scioperi, acuiti anche
dall’espropriazione delle terre voluta dal governo. Alla situazione di scontento popolare
si aggiunge anche la divisione interna alla coalizione, dovuta alle spinte rivoluzionarie
dell’ala più estrema. L’Unidad popular non è in grado di compiere un’azione coordinata
e unitaria, a causa delle differenze politiche ritenute insuperabili. Dall’altra parte, cresce
anche l’opposizione, capeggiata dal Partito nazionale e dalla Democrazia cristiana, nella
quale assume sempre più importanza la destra estremista, che inizia un’azione di
discredito nei confronti del governo. La perdita di potere dell’esecutivo spinge Allende
a cercare accordi con le forze armate, per garantirsi la loro neutralità e con la speranza
di riuscire così ad attuare il suo programma.
Nel marzo del 1973 ci sono nuove elezioni parlamentari e si forma un nuovo
governo, la situazione però non migliora e a maggio Allende è costretto a dichiarare lo
stato d’emergenza, nel tentativo di arginare gli scontri di piazza. Nel frattempo cresce
l’ostilità delle forze armate e il 29 giugno c’è un primo tentativo di golpe, che fallisce.
Allende forma un governo di sicurezza nazionale, nel quale coinvolge anche i membri
dell’esercito che ancora lo appoggiano.
Ad agosto viene indetto uno sciopero a tempo indeterminato dei camionisti,
finanziati dagli Stati Uniti, decisi a resistere fino alle dimissioni del presidente o a un
colpo di Stato militare. Lo sciopero, data la particolare conformazione geografica del
Cile, paralizza il Paese e i gruppi di destra accrescono la tensione, dando vita ad una
serie di attentati dinamitardi e azioni violente. Nello stesso mese, il generale Prats,
legato ad Allende, rassegna le sue dimissioni e gli succede Augusto Pinochet Ugarte,
che gode della fiducia del presidente, ma si unirà ai golpisti, assumendo la guida dello
Stato.
La tensione sale vorticosamente fino all’11 settembre, quando le forze armate
dichiarano illegittimo il governo e decidono di prendere il potere. Il presidente non
accetta le condizioni impostegli dai militari e si rifugia nel palazzo presidenziale (la
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Raccontare il golpe: Cile 1973 – URSS 1991
Moneda) con gli uomini a lui più fedeli. La Moneda viene però bombardata da aerei
militari, che pongono fine al progetto di Allende.
La morte di Allende viene spacciata come suicidio e inizia la dittatura di Augusto
Pinochet, che non esita a stroncare la resistenza e a giustiziare i dissidenti,
imprigionandoli negli stadi per poi eliminarli.
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Raccontare il golpe: Cile 1973 – URSS 1991
1.2.
Cronaca di un suicidio annunciato
E’ storia recente il processo di personalizzazione della politica che ha interessato
anche l’Italia, approdata da pochi anni al sistema maggioritario. Seppur esploso negli
ultimi due decenni del secolo, già qualche anno prima cominciavano ad essere ben
visibili i primi risultati di questo nuovo modo di vedere e pensare la politica.
3
Il caso del Cile è sicuramente rappresentativo, anche e soprattutto per il ruolo giocato
dalla figura del suo presidente destituito, sulla quale i quotidiani italiani lavorano a
lungo, ricostruendo la vicenda attorno alle azioni di Allende ed elaborando storie e
supposizioni che lo vedono protagonista.
Tra le motivazioni di questa scelta ben precisa, la necessità di creare un prodotto
interessante e di facile fruizione per un pubblico sempre più disinteressato ai quotidiani
e dipendente dal mezzo televisivo. Senza dubbio, la televisione ha imposto all’opinione
pubblica un nuovo modo di concepire le notizie. L’abitudine dei telespettatori a fruire
film e prodotti di fiction, ha portato alla creazione di schemi mentali condivisi che
influiscono anche sulla ricezione delle notizie di cronaca. Dapprima i telegiornali hanno
adeguato il loro registro linguistico e le modalità di confezionamento dei servizi alle
potenzialità del mezzo audiovisivo, abbandonando definitivamente l’eredità della radio,
poi, anche i quotidiani, una volta perso il privilegio di essere la fonte primaria di
informazione per i cittadini, hanno dovuto dare il via a un processo di cambiamento. Il
ricorso sempre più frequente a storie è stato accompagnato dalla necessità di trovare
personaggi dei quali narrare le gesta
4
.
Salvador Allende ben si presta ad un simile trattamento, poiché la sua figura è già
carica di significati per politici e simpatizzanti d’ogni colore. Anzitutto, per i militanti di
sinistra di tutto il mondo, rappresenta la speranza di poter cancellare definitivamente dai
3
Per un approfondimento sul tema della personalizzazione della politica come effetto dell’azione mediale
si veda Mazzoleni G., La comunicazione politica, Il Mulino, Bologna 1998, pp. 120-123.
4
Per un approfondimento sul tema delle notizie come storie si veda Maneri M., La produzione della
notizia, in Livolsi M., Manuale di sociologia della comunicazione, Gius. Laterza & Figli, Roma – Bari
2000, pp. 450-452.
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discorsi populisti l’equazione che equipara fascismo e comunismo. Il suo progetto
pacifico e riformista, pur dovendo fronteggiare le perplessità dei movimenti più
estremisti, è di fatto appoggiato da tutti, nella speranza che possa davvero fare meglio
dei suoi predecessori, incapaci di assumere e mantenere il potere senza l’uso della
violenza. Dall’altra parte però, Allende è considerato un nemico del capitalismo, un
marxista che ha intenzione di instaurare in Cile una dittatura socialista, ispirandosi al
modello sovietico. Il suo programma economico è osteggiato e temuto, inoltre è inviso
anche alle forze cattoliche.
A questo punto il personaggio è costruito, manca soltanto l’occasione per cominciare
a lavorare ulteriormente sulla sua immagine. Il 12 settembre (a causa del fuso orario), i
giornali italiani riportano la notizia del colpo di Stato, ma soltanto «Il Manifesto»
focalizza l’attenzione sul golpe come avvenimento principale. Al contrario, la scelta del
«Corriere della Sera» e de «Il Tempo» è quella di aprire in prima pagina citando
direttamente il nome del presidente. Il «Corriere» apre così: Allende arrestato dai
militari, per poi riassumere nel sommario quanto accaduto oltre oceano. «Il Tempo»
segue la stessa linea e intitola su due righe: Allende deposto dai militari si è ucciso dopo
una vana resistenza. Non c’è traccia delle parole «golpe» o «colpo di Stato», né nel
sommario né nel testo dell’articolo, rimandandole a un piccolo servizio a fondo pagina,
intitolato Dal golpe al suicidio.
Scelta parzialmente diversa per «Il Manifesto», anche a causa della diversa
impaginazione, che non prevede la classica titolazione occhiello, titolo, sommario, bensì
un titolo su più righe (in questo caso sei), con i caratteri della stessa dimensione. Se
l’importanza dei titoli può essere ricavata dal loro ordine, dunque Allende è presente ma
in ultima posizione, dopo i fatti che hanno portato alla sua caduta: Colpo di Stato
militare in Cile. Le forze armate chiedono la destituzione di Allende, si impadroniscono
delle comunicazioni, bombardano il palazzo presidenziale. Allende rifiuta di dimettersi
e chiama il popolo a difendere la sua rivoluzione.
A differenza de «Il Manifesto», le altre due testate rincarano la dose nelle pagine
interne: il «Corriere» con un articolo sulle sorti ancora incerte del leader cileno
5
, «Il
Tempo», dandolo già per morto suicida, con un riassunto dei tre anni di governo di
5
Foà G. G., Il presidente cileno arrestato dai militari, «Corriere della Sera», 12 settembre 1973, p. 2.
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Raccontare il golpe: Cile 1973 – URSS 1991
Unità popolare
6
. Se però nei titoli il presidente è già dato per suicida, nei testi trova
spazio anche la possibilità che in realtà si sia trattato di un omicidio.
La discussione sulla fine di Allende trova posto in numerosi articoli. «Il Tempo» e il
«Corriere» aprono l’edizione del 13 settembre ancora una volta anteponendo la notizia
della sua morte, ormai certa, agli eventi di Santiago. Il «Corriere della Sera», che il
giorno prima aveva usato il condizionale parlando delle sorti del leader di Unità
popolare, ipotizzando una possibile prigionia, apre con la notizia dell’affermazione da
parte dei militari del suo suicidio: I militari affermano che Allende si è ucciso. Ondata
di arresti mentre a Santiago si spara ancora. Una volta stabilita l’effettiva morte di
Allende, può prendere vita il dibattito sulle circostanze che hanno portato alla sua
scomparsa. Già nel sommario dello stesso articolo sono avallate tre ipotesi: il suicidio
(arricchita dalla possibilità che potrebbe essersi sparato con una carabina donatagli da
Fidel Castro), l’uccisione da parte di una sua guardia del corpo e l’assassinio. Se in
questo caso rimangono i dubbi e la fiducia nelle dichiarazioni delle forze armate non è
incondizionata, differente è l’atteggiamento de «Il Tempo»: Confermato il suicidio di
Allende. Rispetto a quanto fatto dal «Corriere», non viene resa nota la fonte della
dichiarazione, come del resto era stato fatto il giorno prima, quando il suicidio di
Allende era già stato dato come fatto incontrovertibile. «Il Tempo» dimostra di preferire
l’ipotesi del suicidio a quella dell’assassinio, probabilmente non per giustificare le
violenze dei golpisti, ma perché, pur non condividendone i mezzi, l’iniziativa è
appoggiata, come soluzione inevitabile per fermare il tentativo di Allende di instaurare
un regime marxista in Cile. Esprime la posizione quest’estratto dell’editoriale di
Emanuele Bonfiglio, intitolato Un boomerang:
«Non si può certo sostenere che tutto si sia svolto in un modo che noi, con la nostra concezione della
democrazia potremmo considerare legittimo, poiché un atto di forza vi è stato, e la destituzione di
Allende non è avvenuta nelle forme costituzionali. Tuttavia il giudizio su ciò che è avvenuto nei
giorni scorsi a Santiago non può non tener conto dell’illegittimità dell’operato del Governo, del suo
dispregio di ogni prerogativa del Parlamento, della trasformazione che si stava effettuando in senso
marxista dello Stato cileno[…].
Allende è stato colpito da un “boomerang”: il boomerang dell’illegittimità costituzionale che egli
stesso aveva lanciato.»
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Bonfiglio E., La rivoluzione fallita del presidente Allende, «Il Tempo», 12 settembre 1973, p. 12.
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Raccontare il golpe: Cile 1973 – URSS 1991
Poche righe prima viene ricercata anche una giustificazione del gesto estremo,
riportando l’esempio di un altro presidente cileno morto suicida dopo un colpo di Stato:
José Balmaceda, nel 1891. L’episodio è ritenuto importante poiché:
«Pare che appunto quell’esempio sia stato citato da Allende in una conversazione con il leader
socialista francese Mitterand, per affermare che anch’egli, come quel suo lontano predecessore, si
sarebbe ucciso se gli fosse stato imposto di lasciare il potere.»
A rinforzare la tesi si aggiunge un corsivo dell’ex presidente della Repubblica Giuseppe
Saragat
7
, che attacca la sinistra italiana e i suoi sospetti circa la morte di Allende e le
possibili responsabilità statunitensi. Anche Saragat cita la presunta discussione con
Mitterand, usandola come giustificazione. Agli occhi de «Il Tempo» dunque, il suicidio
è pienamente giustificato dal precedente storico e dalla volontà espressa dallo stesso
Allende di voler emulare Balmeceda. In questo modo però, viene giustificato anche il
colpo di mano delle forze armate, che hanno sì agito incostituzionalmente, ma in
risposta ad un governo ritenuto illegittimo e potenzialmente pericoloso, reo d’aver
tentato di distruggere la democrazia cilena. Infine, Allende è considerato il responsabile
dell’accaduto, poiché è stato lui a lanciare il «boomerang dell’illegittimità
costituzionale», di conseguenza, doveva aspettarsi conseguenze nefaste.
«Il Manifesto», dopo aver annunciato la morte del presidente nella prima riga del
titolo d’apertura, dedica tutta la prima pagina a una riflessione politica sulle
responsabilità
8
, rimandando alle pagine interne le notizie sulla sorte di Allende. Anche
«Il Manifesto» fornisce le varie ipotesi che circolano, precisando però che non esiste
ancora una versione ufficiale fornita dalla Giunta di Liberazione Nazionale, ma solo
comunicati di alcuni golpisti, dei quali non è possibile verificare l’effettiva
corrispondenza con i fatti. Viene però sottolineato come la versione più attendibile sia
quella dell’omicidio, perpetrato da un capitano dell’esercito entrato per primo nel
palazzo presidenziale in fiamme, che avrebbe abbattuto a colpi di pistola il presidente,
sparandogli un colpo in bocca, per avvalorare la tesi del suicidio. In questo modo anche
«Il Manifesto» sceglie di rendere nota la sua posizione, screditando di fatto la versione
(ancora ufficiosa) data dai militari. Nella stessa pagina, una piccola scheda ricostruisce
7
Saragat G., Il nobile monito di Saragat, «Il Tempo», 13 settembre 1973, p. 1.
8
Dietro il golpe la Democrazia cristiana, «Il Manifesto», 13 settembre 1973, p. 1.
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Raccontare il golpe: Cile 1973 – URSS 1991
la vita politica di Allende, dalla nascita alla costituzione di Unidad popular
9
. Tuttavia,
l’elogio ad Allende è rimandato solo di un giorno, quando Rossana Rossanda scrive in
prima pagina l’articolo Il compagno presidente, nel quale racconta la sua esperienza
personale, il suo incontro, avvenuto due anni prima alla Moneda e le ragioni per le quali
ritiene insensata l’ipotesi del suicidio. La scelta del titolo sancisce lo schieramento
definitivo della testata e rappresenta una manifestazione di solidarietà con il defunto
presidente, ritenuto vicino politicamente e umanamente.
E’ quantomeno curioso come il «Corriere della Sera» il 14 pubblichi una scheda
riassuntiva
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simile a quella riportata da «Il Manifesto» il giorno prima, dedicandola
però al generale Carlos Prats
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e ad Augusto Pinochet. L’intestazione recita: «Chi sono i
protagonisti della vicenda cilena. I generali alla Moneda». Dopo una breve
presentazione di Prats e del suo legame con Allende, passa al racconto della carriera
professionale di Pinochet, per poi chiudere dando alcune notizie su un altro generale,
Roberto Viaux
12
, ritenuto un altro possibile aspirante al potere. La pubblicazione di
questa scheda non implica necessariamente il riconoscimento del futuro governo cileno
da parte del «Corriere», però, oltre a dare un’idea più chiara dei partecipanti ai lettori,
può alimentare il sospetto che cominci ad insinuarsi la volontà di ritorno alla normalità,
che porta ad un’umanizzazione dei golpisti.
Se la misteriosa fine di Allende ha alimentato supposizioni e ipotesi contrastanti, le
successive notizie giunte dal Cile hanno permesso la conoscenza di nuovi particolari,
molto suggestivi, in particolare sulla natura dell’arma con la quale il presidente si
sarebbe tolto la vita. Il «Corriere della Sera» aveva già dato spazio ad un comunicato
non ufficiale che parlava di una carabina donata ad Allende da Castro, ma il 15
ripropone l’argomento, questa volta fornendo anche le fonti: Juan Enriquez Lira e
Hernan Arias, giornalisti del quotidiano cileno di destra «El Mercurio», che avrebbero
visto accanto al cadavere di Allende un fucile mitragliatore che portava la seguente
scritta: «al compagno Salvador, il tuo amico comandante Castro». Al momento
sembrerebbe usare il condizionale, sennonché, il giorno seguente pubblica un articolo a
9
Schede: Salvador Allende, «Il Manifesto», 13 settembre 1973, p. 2.
10
Rizzi S., I generali alla Moneda, «Corriere della Sera», 14 settembre 1973, p. 20.
11
Capo di Stato maggiore dell’esercito cileno e ministro degli Interni del governo Allende.
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Esponente di estrema destra delle forze armate, da poco scarcerato ed esiliato dopo essere stato
condannato per complicità nell’assassinio (22 ottobre 1970) dell’allora comandante in capo cileno
generale René Schneider.
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