momento in cui l’agricoltura divenne anch’essa industriale cambiando i metodi di
produzione ( concimazioni chimiche, uso di pesticidi, allevamenti di massa), ai carichi
provenienti dalle aree urbane si sono aggiunti quelli delle aree agricole e di conseguenza
è andata riducendosi la loro funzione di compensazione.
Tornando alla nozione di ambiente, il tentativo di configurarne una giuridicamente
rilevante ed unitaria non è semplice per varie ragioni:
1) perché il termine ambiente è entrato nell’uso comune da diverse discipline non
giuridiche;
2) perché la realizzazione di un corpo sistematico di precetti volti alla protezione
dell’ambiente è stata ed tutt’ora frammentaria e contraddittoria.
La necessità di proteggere l’ambiente da usi che ne comportavano il degrado e la
rarefazione venne avvertita solo intorno agli anni sessanta sia dagli utenti sia da tecnici
che osservavano il settore.
Importante fu la Dichiarazione di Stoccolma del 1972 in cui venne affermato che le
risorse naturali della terra ( aria, acqua, terra, flora e fauna), dovevano essere preservate
nell’interesse delle generazioni presenti e future, mediante pianificazione e gestione
oculata.
Nonostante l’allarme, in Italia non vi fu alcuna significativa reazione da parte del
legislatore ( mancava addirittura, fino alla riforma del titolo V della Costituzione
avvenuta nel 2001, la nozione di ambiente all’interno della Costituzione); i primi
interventi furono della magistratura, in sede penale. Norme utilizzabili furono rinvenute
soprattutto nei testi unici delle leggi sanitarie e di pubblica sicurezza; nelle leggi sulla
pesca e sulla caccia; nel codice penale. La tutela dei beni ambientali si esprimeva in via
esclusivamente repressiva e mai preventiva, fu spesso episodica e talvolta addirittura
causale. Tuttavia l’intervento della magistratura fu di stimolo all’attività conoscitiva dei
giuristi e dei tecnici. I primi importanti risultati di questa vennero resi noti all’opinione
2
pubblica ed ai ceti decisionali nella “ Prima relazione sulla situazione ambientale del
Paese”, presentata ad Urbino nel 1973 in un convegno, rimasto privo di seguito.
La produzione normativa ( sostanziale) di quel periodo fu scarsa e frammentaria, infatti
trovano rilievo solo la legge del 13 luglio 1966, n. 615 ( l. “ anti-smog”).
Il primo intervento organico si ebbe nel 1976 con la legge 10 maggio, n. 319 ( l. Merli),
che aveva per oggetto la tutela delle acque.
1.1 LE DIVERSE POSIZIONI DELLA DOTTRRINA.
La nozione di ambiente è stata assente nella nostra Costituzione fino al 2001, quando è
stata inserita con la modifica del titolo V della carta costituzionale all’art. 117, nella
parte in cui si parla dei rapporti tra Stato e Regione.
Nel 1948 una nozione di ambiente non esisteva, erano inserite all’interno della carta
altre due nozioni a partire dalle quali si è lavorato per arrivare all’attuale nozione di
ambiente: paesaggio art. 9 e diritto alla salute art. 32.
Per quanto riguarda l’art. 9, “ La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la
ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della
Nazione”, questa nozione non coincide con quella di ambiente, infatti il paesaggio può
essere definito come un valore estetico. Tale nozione di paesaggio era già presente nel
nostro ordinamento in alcune leggi degli anni trenta.
L’art. 32 primo comma, afferma che “ La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure
gratuite per gli indigenti.” Quindi viene tutelata la salute sotto due aspetti: salute come
diritto individuale e come interesse della collettività.
3
Questi due articoli, attraverso i quali viene ricavata per via interpretativa la nozione di
ambiente, non esauriscono il panorama delle disposizioni, infatti ne esistono altre che
possono essere utilizzate e sono presenti nel Titolo III intitolato “ Rapporti economici”.
L’art. 41 primo e secondo comma afferma “ L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”. L’articolo in esame è importante perché il
valore ambientale può confliggere con altre libertà come le libertà economiche. Limite
dell’utilità sociale può riferirsi anche all’ambiente.
L’art. 42 dichiara come la proprietà privata ha una funzione sociale e può essere
assoggettata a limitazioni.
Notevole seguito ha avuto la tripartizione della nozione di ambiente proposta in noto
studio dal Giannini. Secondo l’autore l’ambiente può essere inteso:
1) in senso naturalistico, come l’insieme dei beni ( paesaggio, beni culturali e centri
storici, bellezze naturali, foreste e parchi floro-faunistici ) che le norme
considerano e proteggono al fine della loro conservazione;
2) come l’insieme degli spazi ( terrestri, acquatici ed aerei) in cui si manifesta
l’azione aggressiva dell’uomo e che è oggetto di tutela da parte delle norme
dettate contro l’inquinamento;
3) infine in senso urbanistico, come oggetto, cioè della normativa di regolazione
dell’assetto del territorio, in particolare della pianificazione degli interventi e
della localizzazione degli insediamenti.
Secondo questa interpretazione il termine ambiente non veniva ad identificare una
materia né un concetto giuridico, economico, sociologico ma solo una sintesi verbale; di
conseguenza si negava ad esso il carattere di materia a sé stante e veniva ricollegato,
4
situazione per situazione, con altre materie quali l’urbanistica, i lavori pubblici,
l’assistenza sanitaria e così via.
1
Rilevante è anche la posizione di coloro che, muovendo dalle disposizioni costituzionali
in tema di paesaggio e di diritto alla salute, ritengono non esistente un bene-ambiente
tutelabile nella sua globalità e che i diversi elementi siano oggetto di una pluralità di
tutele, più numerose di quelle individuate dalla tripartizione del Giannini, infatti hanno
rilievo anche le norme che disciplinano l’agricoltura, la forestazione, le bonifiche, la
ricerca mineraria, la caccia, la pesca, l’uso dell’energia nucleare ed altre ancora.
Più complessa e problematica è la posizione di chi pur negando rilievo giuridico alla
nozione di ambiente ne riconosce l’utilità e la rilevanza a fini operativi. Punto di
partenza sono ancora le norme costituzionali contenute all’art. 9 e 32, le quali pongono,
sul piano dinamico, l’azione sul paesaggio e l’azione per l’ambiente salubre, come i due
cardini delle risposte che l’ordinamento deve dare alle esigenze attuali di una società
industriale complessa, qual è la nostra.
A questa tesi si contrappone un’altra che considera il diritto ad un ambiente salubre
come un diritto che spetta ad ogni soggetto dell’ordinamento in forza dell’art. 32 primo
comma. Tale diritto soggettivo sarebbe anzi da ascrivere alla categoria dei diritti della
personalità. Questa tesi è stata sostenuta anche dalla giurisprudenza della Corte di
Cassazione, la quale nelle sentenze emesse a sezioni unite il 9 marzo del 1979 ( n°
1463), ed il 6 ottobre del 1979 ( n° 5172), ha riconosciuto l’esistenza, in capo ai privati,
di una posizione di diritto soggettivo avente per oggetto “ la conservazione congiunta e
inseparabile dei loro beni e dell’ambiente in cui sono inseriti”; ha poi precisato, che la
protezione accordata dall’ordinamento al diritto della salute affermato dalla norma
costituzionale, “ si estende alla vita associata dell’uomo nei luoghi delle varie
aggregazioni nelle quali questa si articola”, concludendo che “ il diritto alla salute,
1
Così Dell’Anno P., Manuale di diritto ambientale, Cedam, Padova, pag. 11.
5
piuttosto che come mero diritto alla vita e all’incolumità fisica, si configura come un
diritto all’ambiente salubre”; diritto che appartiene alla categoria dei diritti
fondamentali, o inviolabili, della persona umana, tutelato dall’ordinamento.
Questa giurisprudenza della Cassazione ha ricevuto molteplici critiche perché ha
riconosciuto la sussistenza di una situazione soggettiva sostanziale di diritto quale
connotazione della relazione uomo-ambiente e perché ha escluso la disponibilità di tale
situazione da parte dell’amministrazione-autorità.
1.2 LA LEGGE 8 LUGLIO 1986, N°349.
La situazione normativa sostanziale, non pare essere stata modificata dall’entrata in
vigore della legge n° 349 del 1986 istitutiva del Ministero dell’ambiente. Di un
ministero si era cominciato a parlare negli anni settanta. In un governo a cavallo tra il
1973 e il ’74 venne nominato un ministro senza portafoglio per l’ambiente. Nei governi
successivi tale nomina è stata alcune volte reiterata e altre no . Nell’agosto del 1983
venne incluso nel governo un ministro per l’ecologia, con poteri essenzialmente di
promozione o di intervento, successivamente gli fu attribuita la presidenza dei comitati
interministeriali competenti in materia di inquinamento idrico e rifiuti. Lo stesso
ministero ha promosso il disegno di legge che ha portato poi alla legge n° 349 istitutiva
del ministero con portafoglio, con proprie strutture e propri compiti. Questi ultimi sono:
la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi
agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita, nonché la
conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle
risorse naturali dall’inquinamento.
6
Al ministero è attribuita competenza esclusiva nelle materie dell’inquinamento idrico,
dei rifiuti e parchi nazionali e recentemente anche la competenza in materie di riserve
marine.
Da sottolineare che la legge n° 305 del 1989, ha previsto che il Ministero
dell’Ambiente predisponga un programma triennale per la tutela dell’ambiente e lo
sottoponga all’approvazione del comitato interministeriale programmazione
economica” ( CIPE). Il programma è definito dal Ministero, previa consultazione della
conferenza permanente tra lo Stato e le Regioni, dell’associazione nazionale dei Comuni
d’Italia ( ANCI) e dell’unione delle Province d’Italia. Il CIPE delibera, previa
consultazione delle competenti commissioni parlamentari. Annualmente il Ministero
deve riferire al Parlamento sullo stato di attuazione del programma.
Gli strumenti della programmazione in materia ambientale sono:
1) gli accordi di programma attraverso i quali si può attuare il coordinamento dei
diversi soggetti pubblici;
2) i piani di risanamento da avviare nei diversi settori della politica ambientale e
nelle diverse aree territoriali del paese. La legge ha inoltre previsto un piano per
le aree ad elevato rischio ambientale, degli interventi urgenti per risanamento
atmosferico ed acustico, dei piani di risanamento idrici, dei progetti d’intervento
per la promozione della qualità dell’ambiente.
3) i programmi d’informazione e divulgazione ambientale;
4) le convenzioni regionali tra gli enti locali e i soggetti gestori dei servizi idrici
integrati
2
;
5) le conferenze di servizi per organizzare l’attività dei diversi servizi tecnici,
competenti in materia di protezione dell’ambiente.
2
Art. 11, legge n° 36, del 5 gennaio 1994, recante disposizioni in materia di risorse idriche.
7
Questa legge non è esente da critiche, perché opera un’impropria commistione tra
programmazione ed intervento pubblico. La legge del 1989 può essere considerata come
un ampio contenitore per materie eterogenee e non pare seguire l’indirizzo
programmatico coerente, proposto dall’art. 1 , dove si afferma che le priorità dell’azione
pubblica e la ripartizione delle risorse disponibili sono determinate nel programma
triennale. Il testo normativo in esame si segnala tra gli atti che difettano di
un’apprezzabile tecnica legislativa. Gli strumenti della programmazione non possono
risolvere da soli i problemi più gravi della politica ambientale.
3
Tornando alla legge istitutiva n° 349, unico strumento affidato al ministro è quello di
adottare con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche
a carattere inibitorio di opere e lavori, dandone comunicazione preventiva alle
amministrazioni competenti. L’esercizio del potere di ordinanza deve essere preceduto
dalla diffida ad adempiere entro un congruo termine, indirizzata a chi ( regione,
provincia o comune) stia arrecando un grave danno ecologico per inosservanza delle
disposizioni di legge relative alla tutela dell’ambiente.
1.3 CONCLUSIONI.
Anche se una nozione di rilievo giuridico d’ambiente non è rivenibile nella prima parte
della Costituzione ma all’art. 117, tuttavia esiste da tempo una forte domanda sociale di
protezione dell’ambiente; cioè si richiede una gestione ecologicamente corretta dei
luoghi dove si svolge la vita e delle attività che ne influenzano la qualità.
3
Così Cordini G., Diritto Ambientale Comparato, Cedam, Padova, pag. 270.
8
2 TUTELA AMBIENTE: AMBITO INTERNAZIONALE.
Il primo campo nel quale si è sviluppata la cooperazione internazionale in difesa
dell’ambiente è stato quello dell’inquinamento marino da idrocarburi. Il problema
dell’intenso traffico delle petroliere, concentrato su percorsi obbligati in direzione dei
paesi più industrializzati, fu il primo fenomeno ad attirare l’impegno degli Stati per
l’adozione di misure comuni, attraverso la sottoscrizione di trattati internazionali, via
via modificati e integrati.
La disciplina internazionale ha posto la sua attenzione ( al fine di evitare naufragi delle
petroliere: a riguardo ricordiamo la Torrey Canyon nel 1967 in Cornovaglia, Amoco
Cadiz nel 1978 in Bretagna, Jessica nel 2001 nelle isole Galapagos e la Prestige nel
2002 in Galizia), sia su questioni oggettive ( tipologie costruttive delle navi cisterna,
compartimenti stagni e doppi scafi), sia su procedure operative ( rotte di navigazione
prescritte in modo tale da evitare mari pericolosi o assoggettati a speciale protezione, il
lavaggio delle cisterne e lo smaltimento dei fanghi). Su questa esperienza si sono poi
sviluppate ulteriori regolamentazioni internazionali, che hanno come oggetto i più
svariati temi:
- inquinamento dei fiumi internazionali;
- diritto del mare e inquinamento marino;
- circolazione e smaltimento rifiuti pericolosi;
- energia nucleare;
- protezione dell’atmosfera;
- conservazione delle specie migratorie.
Purtroppo possiamo notare come fonte del diritto ambientale internazionale ( e non
solo) siano stati i grandi disastri ambientali, pensiamo a Seveso, Bhopal e Cernobil.
9
Nell’ambito delle Nazioni Unite, importanti, furono le dichiarazioni adottate a
Stoccolma nel 1972 e a Rio de Janeiro nel 1992 dalla Conferenza su ambiente e
sviluppo.
Dalle varie dichiarazioni e dai vari trattati emergono due norme di diritto internazionale
generale. La prima fa divieto ad uno Stato di inquinare il territorio di un altro stato o
uno spazio posto al di là delle giurisdizioni nazionali; la seconda obbliga gli Stati a
cooperare al fine della protezione dell’ambiente e della prevenzione inquinamento.
Secondo una norma di diritto consuetudinario, uno Stato è obbligato a non causare o
consentire che siano causati fenomeni di inquinamento che attraversano una frontiera (
inquinamento transfrontaliero). La norma ha trovato la sua applicazione in una sentenza
resa nel marzo del 1941 dal Tribunale arbitrale investito della controversia tra Canada e
Stati Uniti sulla fonderia di Trail. Gli agricoltori dello Stato di Washington lamentavano
danni provocati alle loro coltivazioni da nubi di biossido di zolfo provenienti dalla
fonderia canadese, dove il divieto di inquinamento transfrontaliero fu inteso come un
principio comune sia al diritto internazionale sia ai diritti interni.
Negli ultimi anni si è manifestato un altro modo di intendere la protezione
dell’ambiente, vista come un’esigenza essenziale per la stessa preservazione della vita
sulla terra nei confronti dei rischi ambientali globali che potrebbero alterare gli equilibri
fondamentali. Diversamente da quanto avviene per l’inquinamento transfrontaliero, i
rischi globali derivano da fonti situate indistintamente nel territorio di tutti gli Stati e
minacciano tutti gli Stati. Nel caso dei rischi globali, non è possibile determinare il
responsabile e la vittima. E’ importante che Stati cooperino, attraverso trattati di portata
mondiale. In presenza di rischi globali diventano importanti i legami che intercorrono
fra problemi economici e politici da un lato, e quelli ambientali dall’altro.
Come aveva già evidenziato il rapporto “ Our Common Future” ( detto rapporto
Brundtland) redatto nel 1987 su incarico dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,
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non è solo vero che uno sviluppo che ecceda i limiti naturali danneggia l’ambiente, ma è
anche vero che un ambiente deteriorato impedisce lo sviluppo.
4
2.1 TUTELA AMBIENTE: AMBITO COMUNITARIO.
Il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, firmato a Roma nel marzo del
1957, non contiene nessun riferimento alle problematiche ambientali. I precedenti
trattati della CECA e dell’EURATON dettavano norme in tema di sicurezza e di
protezione sanitaria.
Il trattato del 1957, nel preambolo assegnava agli Stati membri fondatori “ il
miglioramento costante delle condizioni di vita dei popoli”. L’art. 2 del trattato di Roma
impegnava la comunità economica europea a promuovere “ un’espansione economica
equilibrata”.
5
L’introduzione di una vera e propria politica ambientale nei programmi comunitari si è
avuta a seguito della conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano, tenutasi a
Stoccolma nel 1972. Nello stesso anno i capi di Stato e di Governo dei paesi membri
della CEE hanno deciso di dare attuazione, a livello europeo, ai principi adottati a
Stoccolma e in questa occasione sono state invitate ad elaborare un programma d’azione
per l’ambiente e sono stati fissati una serie di principi fondamentali.
Malgrado questo si dovrà attendere ancora quindici anni affinché la politica ambientale
riceva un esplicito sostegno giuridico e politico attraverso gli emendamenti apportati al
Trattato di Roma, meglio noti come Atto Unico Europeo del 1987.
4
Così Scovazzi T., Corso di diritto internazionale, Giuffrè Editore, Milano, pag. 57 e ss.
5
Così Cordini G., Diritto ambientale comparato, Padova, pag. 116.
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