3
Quando questa si aprì era convinzione di tutti che si sarebbe essenzialmente
seguito il programma indicato da Wilson nei suoi «Quattordici Punti
8
» e che le
nuove frontiere avrebbero tenuto conto del principio di nazionalità e della
volontà espressa direttamente dalle popolazioni interessate. In realtà l’unico
Paese che poteva imporsi con autorità, senza dover sottostare ad alcun tipo di
ricatto da parte di altre nazioni, erano gli Stati Uniti. I governi francese,
britannico e italiano avevano infatti perso potere economico e politico tale da
potersi imporre alle popolazioni, ormai stremate dalla Grande Guerra. Solo gli
Stati Uniti conservavano la capacità di agire, ma non si riconoscevano in un
simile ruolo e il loro potere non era ancora così grande. Nel 1919, infatti, non
erano significativamente più forti delle altre potenze e gli europei potevano
ancora ignorarne i desideri, come di fatto fecero.
Il contrasto fra l’ideale di una pace democratica e il desiderio di una pace
punitiva risultò evidente soprattutto quando furono discusse le condizioni da
imporre alla Germania. I francesi non si accontentavano della restituzione
dell’Alsazia e della Lorena
9
, ma chiedevano di spostare i propri confini fino
alla riva sinistra del Reno
10
incontrando l’opposizione decisa di Wilson e
quella, meno esplicita degli inglesi, contrari per lunga tradizione allo strapotere
8
Come vedremo meglio in seguito, nel gennaio 1918 Wilson precisò le linee ispiratrici che
avrebbero riguardato i futuri trattati di pace. Oltre ad invocare l’abolizione della diplomazia
segreta, l’abbassamento delle barriere doganali, la riduzione degli armamenti, i quattordici
punti prevedevano anche alcune proposte concrete circa il nuovo assetto europeo come la piena
reintegrazione del Belgio, Serbia e Romania, l’evacuazione dei territori russi occupati dai
tedeschi, la restituzione dell’Alsazia e della Lorena alla Francia, la possibilità di
autodeterminazione da parte dei popoli assoggettati all’Impero austro-ungarico e turco, la
rettifica dei confini italiani secondo le linee indicate dalla nazionalità. Infine nell’ultimo punto
menzionava la creazione di un nuovo organismo internazionale, la Società delle Nazioni.
KNOCK THOMAS J., To end all wars: Woodrow Wilson and the quest for a new world order,
Princeton University press, 1995, pag. 144.
9
Dopo la guerra franco-prussiana del 1870-71, di cui molti a Parigi avevano ancora un forte
ricordo, la Francia aveva pagato 5000 milioni di franchi oro e subito la perdita delle due
province dell’Alsazia e della Lorena.
10
Per il primo ministro francese Clemenceau era necessario sottrarre l’intera Renania alla
Germania perché, come affermava, «il Reno costituiva il confine naturale tra la Gallia e la
Germania». Foch, capo supremo delle forze dell’Intesa, invece considerava indispensabile
l’acquisizione della Renania perché, come rilevò in un memorandum inviato alla Conferenza di
pace nel gennaio 1919, «alla Germania andrebbe tolta ogni possibilità di accedere e di adunare
le sue forze sulla riva sinistra del fiume, cioè va privata di quelle facilitazioni che le
consentirebbero di invadere rapidamente, come è avvenuto nel 1914, il Belgio e il
Lussemburgo, di raggiungere la costa del Mar del Nord e di minacciare così il Regno Unito,
nonché di aggirare le naturali difese della Francia, il Reno e la Mosa, fino a conquistarne le
province settentrionali ed entrare nell’area di Parigi». MacMillan Margaret, op. cit. pag. 223.
4
di un'unica potenza sul continente europeo. A queste motivazioni si aggiunse la
paura, sempre più forte, che un indebolimento eccessivo della Germania
avrebbe potuto aprire le porte dell’Europa al bolscevismo.
Di questo e di molte altre problematiche i Quattro Grandi
11
discussero in
quei mesi a Parigi. La Conferenza è di solito ricordata perchè produsse il
trattato con la Germania, ma anche gli altri sconfitti
12
dovevano avere i loro
trattati; nuovi confini andavano ridisegnati nell’Europa centrale e in Medio
Oriente e, cosa ancor più importante, andava ristabilito l’ordine internazionale.
A tal proposito nel gennaio del 1918 nei suoi Quattordici Punti il presidente
americano Wilson si fece promotore della creazione di un nuovo organo
internazionale, la Società delle Nazioni, che avrebbe avuto, in futuro, il
compito di assicurare il rispetto dei trattati e la tutela della pace.
Con l’obiettivo di analizzare da vicino questo primo organo internazionale
mi sono avvalso sia di fonti primarie sia di fonti secondarie. Per quanto
riguarda le prime, mi è stato molto utile per comprendere i caratteri e gli stati
d’animo dei Quattro Grandi nei sei mesi trascorsi a Parigi in cui venne istituita
la S.d.N. sia l’opera del traduttore ufficiale Mantoux
13
, sia le monografie di tre
dei quattro protagonisti principali quali Lloyd George
14
, Clemenceau
15
e il
nostro primo ministro Orlando
16
. Per quanto riguarda l’aspetto prettamente
formale dei rapporti tenuti tra l’Italia e gli Stati Uniti e tra queste due nazioni e
gli altri Paesi, mi è stata utile invece la lettura dei documenti ufficiali italiani
17
,
in particolar modo per quanto attiene lo studio della posizione del nostro Paese
11
Woodrow Wilson (Stati Uniti), David Lloyd Gorge (Gran Bretagna), Georges Clemenceau
(Francia), Vittorio Emanuele Orlando (Italia).
12
Bulgaria, Austria e Ungheria – divenute due nazioni separate – nonché l’impero ottomano.
13
Mantoux Paul, The deliberations of the Council of Four (March 24-June 28, 1919) / notes of
the official interpreter Paul Mantoux ; translated and edited by Arthur S. Link ; with the
assistance of Manfred F. Boemeke, Vol. 1 e Vol. 2, Princeton, N.J., Princeton University Press,
1992.
14
Lloyd George, David, La verità sulle riparazioni e i debiti di guerra; traduzione di Giulio
Caprin, A. Mondadori, Milano, 1932.
15
Clemenceau George, Grandezze e miserie di una vittoria, A. Mondadori, Milano, 1930.
16
Orlando,Vittorio Emanuele, Memorie 1915-1919; a cura di Rodolfo Mosca, Rizzoli, Milano,
1960.
17
Ministero degli Affari Esteri, commissione per la pubblicazione dei documenti diplomatici, I
documenti diplomatici italiani, sesta serie: 1918-1922, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma,
1956.
5
riguardo la formazione della S.d.N. e per una maggiore comprensione
dell’atteggiamento della nostra delegazione riguardo la cosiddetta questione
adriatica; altrettanto utile è stata poi la consultazione dei documenti diplomatici
americani
18
. Nella stesura del mio ultimo capitolo mi è stata infine d’aiuto la
consultazione di alcuni dei principali giornali italiani dell’epoca che ben mi
hanno fatto comprendere la forte pressione esercitata dall’opinione pubblica
nei confronti della nostra delegazione parigina e in particolar modo riguardo la
delicata questione relativa al rispetto del trattato di Londra e l’annessione di
Fiume. Per avere un quadro più generale della situazione politica venutasi a
creare nei vari Paesi alla fine della prima guerra mondiale ho usato inoltre una
serie di fonti secondarie, specialmente opere di carattere monografico.
Relativamente allo studio della politica estera ed interna del presidente
americano Wilson mi sono servito in particolar modo del testo dello storico
francese Duroselle, Jean Baptiste
19
e della professoressa Daniela Rossini
20
.
Riguardo poi ai fatti generali relativi alla creazione della Società delle Nazioni,
i rapporti tra i principali negoziatori all’interno del Consiglio dei Quattro, le
problematiche riguardanti le stipulazioni dei trattati con i Paesi sconfitti e il
lavoro svolto dai nostri delegati è opportuno citare tra un gruppo piuttosto folto
di opere lette quelle di Curato
21
, Bogdan
22
, MacMillan
23
, Torre
24
e Garzia
25
.
Vedremo nel corso della tesi le difficoltà incontrate dai Quattro grandi per
arrivare alla creazione di un organismo internazionale che non soddisfò le
aspettative, ma la cui importanza storica non può essere messa in dubbio. La
sua istituzione infatti fu un passo importante verso una nuova e senza
precedenti cooperazione mondiale tra Stati. È anche grazie all’esperienza del
18
Papers Relating to the Foreign Relations of the United States, Kraus Reprint Co., New York,
1969.
19
Duroselle, Jean Baptiste, Da Wilson a Roosevelt: politica estera degli Stati Uniti dal 1913 al
1945, Cappelli Editore, Bologna, 1963.
20
Rossini, Daniela, Il mito americano nell'Italia della grande guerra, Laterza, Roma, 2000.
21
F. Curato, La Conferenza della pace: 1919-1920, vol. 1 e vol. 2, Istituto per gli studi di
politica internazionale, Milano, 1942.
22
Henry Bogdan, Storia dei paesi dell’Est, SEI, Torino, 2006.
23
MacMillan Margaret, Parigi 1919; Sei mesi che cambiarono il mondo, A. Mondadori,
Milano, 2006.
24
Torre A., Versailles Storia della Conferenza della Pace, Edizione Istituto studi politica
internazionale, Milano, 1940.
25
Garzia Italo, L’Italia e le origini della Società delle Nazioni, Bonacci, Roma, 1995.
6
suo fallimento se il 25 ottobre 1945 i nuovi capi mondiali diedero vita
all’attuale organizzazione delle Nazioni Unite che mantenne gli stessi organi
principali (Assemblea generale, Segretariato e Consiglio di Sicurezza), pur se
con nuove funzioni, e sostituì il vecchio organismo il 18 aprile 1946
26
, data in
cui venne decretato in modo solenne lo scioglimento della Società delle
Nazioni e il trasferimento di tutte le sue funzioni al nuovo organismo mondiale.
Ripercorrendo ora brevemente le ultime fasi della Conferenza di pace, si deve
infatti ricordare come con la firma del trattato di Versailles, il 28 giugno 1919,
alcuni organi decisionali della conferenza di pace, quali il Consiglio dei
Quattro si dissolsero. La Conferenza di pace restò tuttavia in vita fino al
gennaio 1920 e i Ministri degli Esteri e i diplomatici assunsero di nuovo la
direzione dei lavori che era stata loro tolta dai Quattro Grandi, ma senza più
quel controllo sulle relazioni internazionali: la soluzione delle questioni più
complicate ora erano affidate a dei convegni specifici.
Nei sei mesi trascorsi a Parigi i negoziatori avevano trovato una soluzione
per molti dei problemi principali, dalla Società delle Nazioni al trattato con la
Germania, ma altrettanti erano restati insoluti, dalla definizione della questione
relativa all’indipendenza o meno degli Stati periferici della Russia (Finlandia,
Ucraina, Georgia e Armenia) alla sistemazione dei confini delle Nazioni sorte
nell’Europa centrale dopo la disgregazione degli Imperi centrali.
I Quattro Grandi tuttavia finita la conferenza di pace non riscontrarono in
patria un successo politico: Lloyd George restò al potere per altri tre anni, ma
successivamente, pur rimanendo parlamentare, non ricoprì più alcuna carica
politica fino alla sua morte avvenuta nel 1945; Clemenceau partecipò alle
elezioni presidenziali francesi alla fine del 1919 ma, convinto di esserne
acclamato vincitore, si ritirò quando capì che avrebbe incontrato forti
opposizioni. Morì nel novembre 1929 quando stava scrivendo le sue memorie
sulla Conferenza di pace. Orlando, il cui governo era già caduto nel giugno
26
In questa occasione, Lord Robert Cecil chiese: «è dunque vero che tutti i nostri sforzi in
questi vent’anni sono stati gettati al vento? […] per la prima volta venne creato un organismo,
che nella sua essenza voleva essere universale, non per proteggere gli interessi nazionali di
questo o di quel Paese, ma per abolire la guerra […] la Lega delle Nazioni era stata un grande
esperimento». MacMillan Margaret, Parigi 1919; Sei mesi che cambiarono il mondo, A.
Mondadori, Milano, 2006, pag. 114.
7
1919, rimase nella vita politica italiana partecipando attivamente alla nascita
della Repubblica di cui fu uno dei fondatori partecipando alla Costituente e
morì nel dicembre del 1952; infine Wilson tornato in patria dovette affrontare
una dura battaglia in Senato per ottenere la ratifica del trattato, peraltro senza
riuscirvi a causa della sua ostinazione a non accettare modifiche al patto uscito
da Versailles. Morì nel 1924.
Cosa non funzionò e come mai la Società delle Nazioni non riuscì a
garantire quella pace di cui, secondo il progetto di Wilson, doveva essere
principale arbitro?
Negli anni immediatamente successivi divenne comune attribuire la colpa di
quanto non aveva funzionato ai negoziatori e ai provvedimenti da loro adottati
a Parigi nel 1919
27
, ma ciò a nostro avviso significherebbe ignorare le azioni
compiute da tutte le parti in causa – leaders politici, diplomatici, militari – nel
corso dei venti anni trascorsi tra il 1919 e il 1939. Hitler ad esempio non
scatenò la seconda guerra mondiale a causa del trattato di Versailles e anche se
la Germania avesse mantenuto i vecchi confini e le fosse stato permesso di
unirsi all’Austria, avrebbe comunque reclamato di più, come la distruzione
della Polonia o il controllo della Cecoslovacchia; avrebbe preteso quindi
sempre più spazio per il popolo tedesco e la distruzione dei suoi temuti nemici,
ebrei o bolscevichi che fossero. Certamente i negoziatori del 1919 commisero
degli errori, come l’aver sottovalutato le nuove spinte nazionaliste che si
stavano sviluppando sia nell’Europa centrale sia in Asia. In molti casi come per
la Jugoslavia, la Polonia e la Cecoslovacchia si trovarono però davanti al fatto
compiuto e ciò che cercarono di fare, anche se con poco successo, fu di
applicare il principio dell’autodeterminazione mediante plebisciti o accordi tra
Stati. Inoltre nel 1919, a differenza di quanto avvenne alla fine della seconda
guerra mondiale, in nome dei Quattordici Punti wilsoniani si rifiutava l’idea di
espellere le minoranze rispetto alle quali, anzi, i negoziatori si impegnarono ad
imporre ai vari governi l’obbligo di non discriminazione; sia i nuovi Stati sia
alcune piccole potenze dell’Europa centrale dovettero infatti firmare dei trattati
27
Nel lasciare Parigi Wilson si rivolse alla moglie dicendo: «Bene ragazza mia è finita, e
poiché nessuno è soddisfatto ciò mi fa sperare che abbiamo concluso una pace giusta, ma tutto
è nel grembo degli dei». MacMillan Margaret, op. cit. pag. 610.
8
con cui si impegnavano a mettere le stesse su un piano di parità, ad accettarne
la religione e a riconoscerne alcuni diritti, come quello di parlare la propria
lingua. I trattati sulle minoranze si dimostrarono poco efficaci tanto che nel
1934 la Società delle Nazioni aveva ormai rinunciato al tentativo di
controllarne l’applicazione.
L’ostacolo maggiore e che risultò determinante per gli avvenimenti futuri si
può comunque individuare nel forte rancore dei vincitori nei confronti degli
sconfitti, rancore che li portò a richiedere durante la Conferenza di pace forti
garanzie di sicurezza e ingenti riparazioni economiche. Due esigenze che mal
si conciliavano con la volontà espressa di una pace duratura, ma che soprattutto
determinarono la voglia di una pronta rivincita da parte dei Paesi vinti
facilitando in tal modo la nascita di movimenti nazionalisti, come quelli fondati
da Adolf Hitler e Benito Mussolini rispettivamente in Germania e in Italia.
Inoltre, come vedremo, il patto della Società delle Nazioni fu voluto e quasi
imposto dal presidente americano Wilson agli alleati che in realtà erano più
preoccupati di ottenere degli ampliamenti territoriali che impegnati nel cercare
di dar vita a questo nuovo organo internazionale.
Quanto appena detto fa comprendere ancora meglio come sia stato grave, per
il futuro funzionamento del nuovo organismo, il rifiuto da parte del Senato
degli Stati Uniti di sottoscrivere il trattato di Versailles e di entrare a far parte
della Società delle Nazioni. Conseguentemente il venir meno, con il ritorno
all’isolazionismo da parte americana, della garanzia relativa ai nuovi confini
franco-tedeschi offerta dalla pace di Versailles alla Francia, generò
conseguenze impossibili da prevedere quali quella di far sentire il popolo
francese nuovamente in pericolo nei confronti della Germania, ma soprattutto
comportò la mancata applicazione del quarto punto di Wilson inerente al
disarmo, contribuendo ad irrigidire la posizione francese riguardo l’intero
pagamento delle riparazioni di guerra da parte della Germania. Specialmente
quest’ultima componente fu causa negli anni successivi di diversi momenti
critici tra i due Paesi: il più grave si verificò senz’altro nel gennaio 1923
quando Francia e Belgio, col pretesto del mancato pagamento di alcune
riparazioni, invasero la regione della Ruhr, la zona più ricca e industrializzata
9
di tutta la Germania, provocando il tracollo finanziario tedesco
28
. A ciò si
aggiungano le violente manifestazioni nazionalistiche specialmente in Baviera
contro i francesi e i firmatari tedeschi della pace: da questo stato d’animo
dell’opinione pubblica prese un impulso notevole il movimento che più tardi
sarebbe stato chiamato nazional-socialista.
Il fallimento della Società delle Nazioni si deve pertanto a nostro avviso
attribuire sia ai negoziatori che parteciparono alla Conferenza di pace, sia agli
uomini politici che ne presero il posto nel ventennio tra le due guerre, ma
cominciamo ad analizzare ora dettagliatamente quali furono le questioni
principali affrontate in quei mesi a Parigi e quali le difficoltà che dovettero
affrontare i principali negoziatori.
28
Impossibilitato a reagire militarmente, il governo tedesco incoraggiò la cosiddetta
«resistenza passiva» della popolazione. Imprenditori e operai della Ruhr abbandonarono le
fabbriche rifiutando ogni collaborazione con gli occupanti ma così facendo il governo fu
costretto a ingenti spese per sostenere le imprese e i lavoratori disoccupati di quella regione.