che rappresenta un inconveniente foriero di non pochi problemi.
Con questo lavoro ho cercato di chiarire a che stadio è giunta
oggi in Italia la discussione su tale materia, sia dal punto di vista
dottrinale, sia dal punto di vista giurisprudenziale.
Partendo dall’analisi delle norme fondamentali dell’ordinamento
italiano, con riferimento anche a disposizioni della normativa europea
ed internazionale, ho individuato i beni giuridici che sono al centro di
questa discussione. Successivamente ho cercato di ricapitolare le tesi
della dottrina riguardanti la liceità del trattamento medico-chirurgico,
per poi passare a trattare in maniera specifica il consenso informato,
soffermandomi anche su tematiche che attualmente sono oggetto di
fervide discussioni e anche di scontri politici, ovvero il rifiuto delle cure
e le dichiarazioni anticipate di trattamento. Per ultimo ho cercato di
ripercorrere le applicazioni giurisprudenziali in tema di trattamento
medico-chirurgico arbitrario (ovvero non consentito) e analizzare le
varie
soluzioni di tale questione elaborate dalla giurisprudenza di merito e di
legittimità.
C’è da rilevare, come ho già detto, che i dati normativi in materia
sono scarni, e fortemente bisognosi di essere concretizzati dall’opera
integratrice dell’interpretazione, con tutti gli inevitabili margini di
2
incertezza e di opinabilità delle soluzioni cui si potrà giungere, ecco
perché da parte della dottrina si invoca giustamente un intervento da
parte delle Sezioni Unite della Cassazione, o ancora maglio un
intervento da parte del legislatore che faccia finalmente chiarezza. Ma
non si tratta di una soluzione agevole; implica, infatti, questioni di tale
ampiezza che necessitano di una tematizzazione meticolosa, attenta alle
molte sfaccettature di una realtà – il rapporto medico-paziente –
complessa.
Si tratta, in ogni caso, di questioni che richiedono un approccio
interdisciplinare, in cui il diritto penale non può che svolgere un ruolo
ausiliario, limitandosi ad apprestare una sanzione a condotte già
qualificate come illecite da altri settori dell’ordinamento.
3
CAPITOLO I.
I REFERENTI TELEOLOGICI E NORMATIVI
RELATIVI AL “BENESSERE” DELLA PERSONA
UMANA.
1)L’INDIVIDUAZIONE DEI BENI GIURIDICI TRA LE
NORME FONDAMENTALI.
La Costituzione italiana sancisce all’art. 2
1
che la Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. Tra i diritti
inviolabili dell’uomo si pone senza ombra di dubbio il diritto alla
salute; la nostra Carta costituzionale, infatti, all’ art. 32
2
prevede che la
Repubblica tuteli la salute come fondamentale diritto dell’individuo; ne
consegue perciò il principio generale della intangibilità, da parte della
collettività, della salute come bene individuale. Lo stesso articolo, poi,
1
Art. 2 Cost.: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo
sia nella formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”.
2
Art. 32 Cost.: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse
della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”.
4
afferma nel capoverso che al di fuori dei casi previsti dalla legge,
nessuno può effettuare un trattamento sanitario senza che il paziente
abbia prestato il proprio consenso
3
. Il diritto alla salute è sancito come
un diritto fondamentale anche all’interno della normativa
internazionale, secondo i dettami della stessa Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS 1947): “il possesso dello stato di salute, il migliore
raggiungibile, costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere
umano.” Il carattere fondamentale di tale diritto deriva dagli art.3, 5,
25
4
della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo approvata
dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10/12/1948 nei quali
implicitamente ed esplicitamente si trova l’affermazione del diritto alla
salute come rappresentato anche dalla nostra costituzione.
5
3
Il principio del consenso è contenuto anche nelle due leggi del 1978, la n° 180, in materia di
assistenza psichiatrica, e la n° 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. Negli anni novanta
sono state emanate norme, in specifici settori della medicina, dove per la prima volta si è affermata
l’essenzialità del consenso informato. In particolare la Legge 107/90, sulla “Disciplina per le attività
trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti per la produzione di emoderivati”,
definisce le trasfusioni come pratiche rischiose, per cui è indispensabile il consenso informato del
ricevente. La Legge 135/90, sul “Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro
l’AIDS”, stabilisce all’articolo 5 che “nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad
analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV, se non per motivi di necessità clinica nel suo
interesse.”
4
Art.3 “Ogni individuo ha diritto alla vita , alla libertà e alla sicurezza della propria persona”.
Art. 5 “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o punizioni crudeli,
inumani o degradanti.”
Art. 25 “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere
proprio e della sua famiglia con particolare riguardo alla alimentazione, al vestiario, alla abitazione,
alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione,
malattia, invalidità , vedovanza o vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza
per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel
matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale”
5
C.f.r. A.SANTOSUOSSO, Evoluzione del concetto di Salute, in (a cura di) G.BONACCHI,
Dialoghi di Bioetica, Carocci, Roma, 2003, pag. 103;
5
Diritto alla salute e consenso sono sanciti anche dalla normativa
europea. La Costituzione Europea riconosce il diritto di ogni individuo
alla propria integrità fisica e psichica e il principio del consenso libero e
informato
6
, mentre la Convenzione di Oviedo sui diritti
dell’uomo e la biomedicina contiene anch’essa il principio del consenso
all’art.5.
7
In base alle norme menzionate, il consenso è quindi quel requisito
che deve precedere l’attuazione di un qualsiasi programma terapeutico
e, al tempo stesso, un limite oltre il quale nessun intervento chirurgico,
né trattamento sanitario in genere, possono considerarsi legittimi, salvo
6
Articolo II-63: Diritto all’integrità della persona.
1. Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica.
2.Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati:
a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla
legge;
b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione
delle persone;
c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro;
d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani.
7
Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti
dell’applicazioni della biologia e della medicina : Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la
biomedicina. Oviedo, 4 aprile 1997.
Capitolo II – Consenso
Articolo 5 – Regola generale
Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata
abbia dato consenso libero e informato.
Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura
dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi.
La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso.
La Convenzione è stata ratificata dal Parlamento italiano con la L.145 del 2001. Bisogna però
ricordare che la legge delegava il Governo ad adottare le disposizioni necessarie per adattare ai
principi della medesima l’ordinamento giuridico italiano, ma tale delega non ha ricevuto attuazione
nei sei mesi previsti, né successivamente.
6
ovviamente diverse disposizioni di legge
8
. Il principio, a ben vedere, è
quello del rispetto della persona umana, attraverso il quale l’individuo è
lasciato libero di autodeterminarsi. Ma il principio
dell’autodeterminazione del paziente è anche espressione di un
principio più generale enunciato nell’art.13 della Costituzione
9
, in cui si
sancisce che la libertà personale è inviolabile. In base al dettato delle
due disposizioni, sarebbero insomma vietati, allo stesso legislatore,
trattamenti umilianti e degradanti la persona umana, nonché quelli
rivolti unicamente al benessere della collettività
10
. Sarebbero illegittimi,
8
E’ quanto affermato nella celebre sentenza relativa al “caso Massimo” della Corte d’Assise di
Firenze (Sentenza 18 ottobre-8 novembre 1990, n.13, in “Foro Italiano”, 1991, vol. II, p.236.) Il
malato viene posto al centro del processo decisionale, come titolare dei diritti di libertà personale e
del diritto alla salute per cui “nulla il medico può fare senza il consenso del paziente o contro il
volere di lui”; nel rapporto con il sanitario è “un uomo-persona, uomo-valore e non un uomo-cosa o
uomo-mezzo” a cui può essere imposta, anche senza la sua volontà, una certa terapia clinica,
piuttosto che un’altra.
Inoltre, la Corte sottolinea che l’attività medico-chirurgica si deve svolgere nel rispetto di
fondamentali principi, come il diritto alla salute e all’integrità fisica, che vengono sanciti in
Costituzione all’articolo 13, comma 1 e 32, comma 1 e 2 e il consenso del paziente è la condizione
imprescindibile perché tale attività sia legittima, tenendo conto delle eccezioni previste dalla legge
relative ai trattamenti sanitari obbligatori, richiamati dallo stesso articolo 32 della Costituzione. I
giudici, affermano inoltre che il diritto alla libera determinazione del malato, in relazione agli atti
che vengono compiuti sul proprio corpo, comprende anche la legittimità del rifiuto alle cure
lasciando che la malattia segua il suo corso anche fino alle estreme conseguenze.
9
Art. 13 Cost.: “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di
ispezione o perquisizione personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e
modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla
legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere
comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle
successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. E’ punita ogni
violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.La legge stabilisce
i limiti massimi della carcerazione preventiva.”.
10
L’art. 32 Cost., 2° comma, non impone di curare certe malattie, ma di subire determinati
trattamenti; e perché ciò possa avvenire occorre che vi sia un interesse della collettività. L’interesse
della collettività non è quello di un numero indefinito di persona, ma la somma dei singoli che
costituiscono un certo contesto sociale ed è interesse-diritto alla propria salute. Non può cioè
trattarsi né di sanità pubblica, né di sicurezza pubblica ma di salute pubblica. Insomma perché un
trattamento sanitario possa, secondo legittimità costituzionale, essere imposto occorre che sia
finalizzato sia alla cura della persona, sia a quella della collettività. Detto ciò si deve concludere che
7
perché contrari al rispetto della dignità della persona umana, anche i
trattamenti imposti unicamente al fine di garantire la salute del paziente.
In tale modo infatti, egli verrebbe ad essere privato del diritto alla libera
autodeterminazione sulla base di umilianti e moralistici principi di uno
stato paternalistico. Si vuole rimarcare la libertà relativa alle proprie
scelte e quindi anche la libertà di non subire atti e provvedimenti
imposti non giustificati. La stessa autodeterminazione con cui il
paziente esercita il proprio diritto alla salute, permette inoltre di
superare i confini descritti dall’art. 5 c.c.
11
, in base al quale non sono
permessi atti di disposizione del proprio corpo che possano in qualche
modo cagionare una diminuzione permanente della sua integrità.
Si è posto il problema di verificare se il consenso al trattamento
validamente prestato in ordine ad un trattamento sanitario incontra i
limiti di cui all’art. 5 c.c.
12
Al riguardo la Costituzione ha determinato
una svolta decisiva nella individuazione e determinazione dei diritti
della personalità con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della
sono fuori dal dettato costituzionale quei trattamenti imposti unicamente allo scopo di tutelare o solo
la salute del singolo o solamente la salute della collettività.
11
Art. 5 c.c.: “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una
diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge,
all’ordine pubblico o al buon costume.”.
12
L’affermazione secondo la quale il consenso del paziente non scrimina l’operato del medico,
quando l’intervento medico implichi un atto di disposizione del corpo del paziente risale ad A.DE
CUPIS, I diritti della personalità, Giuffrè, Milano, 1982.
8
propria salute e della propria integrità fisica.
Ne consegue che il riconoscimento del valore primario della
persona formalizzato all’art. 2 Cost. e l’affermazione della tutela della
salute come fondamentale diritto dell’individuo di cui all’art. 32 Cost.,
consentono una nuova lettura dell’art. 5 c.c. In particolare, nell’ottica
dei principi costituzionali, che attribuiscono al concetto di persona un
“valore unitario” in cui l’integrità psicofisica è parte della personalità
dell’uomo, sia gli atti di disposizione del proprio corpo che l’intervento
chirurgico sono entrambi finalizzati alla migliore realizzazione del
complesso valore “benessere” dell’individuo, tale inteso attualmente il
concetto di “salute”, ai sensi dell’art. 32 Cost.
La salute si concretizza, pertanto, in una situazione complessiva
di benessere psicofisico della persona, da conservare e da promuovere,
nel cui ambito si collocano tanto l’incolumità fisica quanto l’integrità
psichica. In questa prospettiva si abbandona l’idea del “potere di
disporre” del proprio corpo per lasciare spazio ad una idea di libertà di
autodeterminazione, in ordine a tutte le sfere ed ambiti in cui si svolge
la personalità dell’uomo, fino a comprendere anche la consapevole
adesione al trattamento sanitario, e tutto ciò per una completa
realizzazione della propria personalità anche in termini ordinamentali.
9