6
paesi dei processi politici più egualitari che permettano la partecipazione
effettiva di tutti i cittadini alla vita politica e di assicurare ai media di
effettuare il loro ruolo essenziale e il diritto del pubblico all’informazione.
Cinque anni più tardi, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi
Annan, nel suo rapporto “In una libertà più grande”, espresso in occasione
del Summit mondiale delle Nazioni Unite del 2005, riprendeva
concretamente nel suo discorso quelle che erano le volontà enunciate nella
“Dichiarazione del Millennio” e i risultati fin qui raggiunti dalle Nazioni
Unite riguardo al sistema di protezione dei diritti umani a livello
internazionale.
“Dei cambiamenti sono necessari se l’Onu vuole tener fede agli impegni di
alto livello e a lungo termine presi in favore dei diritti umani, in tutti i suoi
settori di attività
3
”.
Se si privilegiano altri obiettivi, come quelli della sicurezza o dello
sviluppo, non si farebbe altro, secondo il Segretario generale, che perdere
terreno nei confronti della lotta contro l’estrema povertà o il terrorismo. È
necessario invece adottare delle “strategie fondate sulla protezione dei diritti
dell’uomo, necessari per preservare da una parte i nostri valori morali ma
anche per assicurare concretamente l’efficacia della nostra azione”.
Dopo la dichiarazione del Millennio, diversi cambiamenti hanno permesso
di estendere le attività di protezione di alcuni entità delle Nazioni Unite
incaricate dei diritti umani, assistenza tecnica e appoggio in favore delle
istituzioni nazionali di difesa dei diritti dell’uomo (il programma Action 2).
In questo modo Kofi Annan sostiene che le “norme internazionali relative ai
diritti umani sono oramai più rispettate in molti paesi”.
Proprio sessant’anni fa, afferma il Segretario generale aggiunto dell’Ufficio
delle Nazioni Unite a Ginevra, Sergei Ordzhonikidze, “i fondatori
3
K. ANNAN, Dans une liberté plus grande. Développement, sécurité et respect des droits
de l’homme pour tous, 61
e
session de la Commission des droits de l’homme à Genève, 7
avril 2005.
7
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite si erano impegnati a instaurare
delle migliori condizioni di vita in una libertà più grande”.
Kofi Annan ha voluto ripartire dalla fonte originaria e ispiratrice delle
attività che si sono via via sviluppate e ingrandite delle Nazioni Unite, la
libertà più grande, proprio per compiere un processo di ripensamento di
quelli che sono stati i primi sessant’anni di vita dell’Organizzazione e
d’altra parte per cercare di attuare un processo di riadattamento alle nuove
esigenze e sfide che la Comunità Internazionale sottopone incessantemente
all’attenzione dei vari organi.
Sergei Ordzhonikidze afferma che “grazie alla nostra azione, molto siamo
riusciti a fare senza però dimenticare che tutto ciò che è stato compiuto non
è che il risultato degli impegni e degli sforzi di tutte le componenti in seno
al sistema delle Nazioni Unite – governi, società civile (organizzazioni non
governative) e settore privato – così come l’espressione della
determinazione dei cittadini del mondo
4
”.
4
S. ORDZHONIKIDZE, 60 ans après: les objectifs de l’Organisation des Nations Unies à
l’orée du nouveau millénaire, Genève, 2006.
8
Capitolo I : I diritti umani nelle relazioni internazionali
1.1 L’origine dei diritti umani nella concezione occidentale: i
testi ispiratori dell’età contemporanea
Ancora oggi non è possibile enunciare con ferma certezza una
definizione universale di diritti umani, che venga cioè
riconosciuta dall’intera comunità internazionale. Sono molte e in
alcuni casi in opposizione le differenze esistenti, (si pensi alla
concezione del ruolo della donna nel mondo arabo) frutto di
culture giuridiche nazionali, che con il loro modo d’intendere la
libertà e l’uguaglianza personale e politica hanno condizionato lo
sviluppo dell’idea dei diritti dell’uomo.
Le condizioni socio-culturali (filosofiche e religiose) presentano
dei forti punti di rottura tra i vari paesi, dall’Asia all’Africa,
dall’Europa all’America, per effetto sia delle realtà presenti che
delle tradizioni, dei costumi e delle abitudini che risalgano a
origini diverse.
Sul piano politico molti furono i conflitti tra mondo occidentale e
orientale, soprattutto negli anni della Guerra Fredda e molte sono
le disparità ancora presenti nella distribuzione dei beni, come
anche le differenze che riguardano le condizioni sociali ed
economiche fra i paesi che possiedono un grado
d’industrializzazione più elevato e quelli invece che stanno
ancora attraversando la fase dello sviluppo, i contrasti appunto
tra Nord e Sud del mondo.
In Europa a partire dal 1600, i diritti dell’uomo iniziarono ad
avere grande risalto sul piano sociale e politico, sotto forma di
“diritti naturali” che legittimavano “la legittima resistenza di
9
fronte al tiranno
5
” come spiega Norberto Bobbio riferendosi agli
scritti di John Locke: “chiunque nell’autorità ecceda il potere
conferitogli dalla legge e faccia uso della forza che ha al proprio
comando per compiere nei confronti del suddito ciò che la legge
non permette […] ci si può opporre a lui come ci si oppone a un
altro qualsiasi che con la forza viola il diritto altrui
6
”.
Contribuirono al nascere del movimento rivoluzionario francese,
le correnti che avevano portato alla lotta per la libertà religiosa,
nell’epoca della Riforma protestante, che contribuì in modo
inequivocabile all’affermazione del singolo nei confronti
dell’istituzione/autorità. I conflitti confessionali e religiosi, che
dominarono il periodo dell’età moderna, furono il retroterra sia
delle proclamazioni dei diritti dell’uomo, sia dell’elaborazione
del moderno diritto di natura. La Riforma protestante in
particolare sviluppò il senso di libertà e della responsabilità
individuale. Le divisioni religiose tra cattolici e protestanti
condussero a difendere la libertà di coscienza, di tolleranza nei
confronti degli individui appartenenti ad altre confessioni
religiose.
I diritti naturali comprendevano ab origine “la triade di vita,
libertà e proprietà”
7
secondo appunto la dottrina politica del
liberalismo. Sono i filosofi dell’illuminismo come Locke,
Hobbes, Montesquieu e Rousseau, specialisti nel campo delle
dottrine sociali e dello stato ad elaborare in modo approfondito la
teoria dei diritti naturali. Questi ultimi sono diritti “anteriori alla
società”, legati alla persona umana, che devono restare fuori
della portata del potere come è affermato nel “Contratto Sociale”
5
N. BOBBIO, Locke e il diritto naturale, Giappichelli Editore, Torino, 1963.
6
J. LOCKE, Secondo Trattato, scritto intorno al 1690.
7
G. OESTREICH, Storia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, Editori Laterza,
Roma-Bari, 2001.
10
di Jean Jacques Rousseau: “si tratta di dover distinguere bene tra
i diritti rispettivi dei cittadini e del sovrano e i doveri che devono
rispettare i primi in qualità di soggetti, del diritto naturale di cui
devono beneficiare in quanto uomini
8
”. Appoggiandosi sulla
definizione di diritti naturali, i filosofi combatterono in favore
della libertà di pensiero e proposero inoltre delle riforme per la
divisione dei poteri e per l’economia di mercato. La fonte
dell’autorità politica non è Dio né la Natura, ma la nazione – “il
popolo”, da cui scaturirà la visione moderna caratterizzata da un
individualismo sempre più marcato
9
.
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino,
apparsa dopo la Rivoluzione francese può certamente costituire
uno dei punti di partenza del riconoscimento di tali diritti nell’età
contemporanea.
Già nel preambolo è affermato che “i rappresentanti del popolo
francese […] considerando che l’ignoranza, la dimenticanza o il
disprezzo dei diritti dell’uomo sono le sole cause dei mali della
società e della corruzione dei governi, hanno convenuto di
esporre in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali,
inalienabili e sacri dell’uomo, in modo che tale documento,
costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi
continuamente loro dei rispettivi diritti e doveri
10
”.
Il fondamento del pensiero liberale è qui chiaramente espresso:
ogni essere umano è il solo padrone di se stesso e possiede dei
diritti fondamentali e inalienabili che derivano dalla sua semplice
esistenza, indipendentemente dalle strutture sociali nelle quali è
8
J.J. ROUSSEAU, Du Contrat Social, introduction de J. Ehrard, Editions Garnier Frères,
Paris, 1975.
9
AIDH, Aux sources des droits de l’homme, Bibliothèque Jeanne Hersch – Textes
Fondateurs, consultabile sul sito www.droitshumains.org, 2007.
10
Assemblea Costituente, Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, 5 ottobre
1789.
11
inserito. La definizione della libertà individuale fa riferimento
all’articolo 4 che afferma “la liberta consiste a poter fare tutto
ciò che non arrechi danno ad alcuno: così, l’esercizio dei diritti
naturali di ogni uomo ha dei limiti soltanto nei confronti di
quelli che assicurano agli altri membri della società il beneficio
di questi stessi diritti”.
Si arriva a definire compiutamente le concezioni di “uomo” e
“società”: il primo è degno di tale nome soltanto se può godere
indisturbato dei suoi beni (diritto di proprietà) e se può
realizzarsi liberamente non essendo oppresso da alcun governo o
tiranno. La società infatti, deve essere composta d’individui
liberi, eguali tra loro, sottomessi solo alla Legge, la quale a sua
volta deve essere espressione della volontà generale
11
.
Essa deve necessariamente essere prodotta da istituzioni
politiche che favoriscono le necessarie condizioni di libertà degli
individui promuovendo il bene comune, come è ribadito all’art.
12 della stessa dichiarazione: “la garanzia dei diritti dell’uomo e
del cittadino necessita una forza pubblica: questa forza è dunque
istituita per il vantaggio di tutti e non per l’utilità di coloro ai
quali essa è affidata”.
Senza il carattere forte e pregnante di questo documento e anche
della Dichiarazione americana del 1776, si sarebbe
probabilmente ancora ad uno stato arretrato dell’evoluzione di
tali diritti. Per giudicare l’uomo e la società in cui questo vive, si
offre, in entrambi i testi menzionati, come unico metro
valutativo, il rispetto dei diritti dell’uomo, senza alcuna
11
A. CASSESE, I Diritti Umani Oggi, Editori Laterza, Roma-Bari, 2005.
12
alternativa
12
, come attesta la stessa Dichiarazione d’indipendenza
del 4 luglio 1776:
“Noi riteniamo che questa verità siano di per sé evidenti, che tutti
gli uomini stati creati uguali e che sono dotati dal loro creatore di
certi inalienabili diritti fra i quali quelli alla vita, alla libertà e al
perseguimento della felicità; che per salvaguardarli gli uomini si
son dati dei governi i quali derivano i propri giusti poteri dal
consenso dei governati”.
I diritti naturali comprendevano il diritto alla vita, alla libertà e
alla ricerca del potere, veri e propri principi democratici, che
conferiscono al popolo la sovranità. I redattori del documento
americano s’ispirarono certamente agli scritti degli illuministi
francesi e inglesi, cercando di allargarne le prospettive
affermandovi dei principi di portata più generale, più universale.
La Dichiarazione francese e americana aprirono certamente la
strada verso una nuova visione dell’uomo e della società, forti
del loro valore costituzionale che però era ancora sprovvisto di
meccanismi di attuazione e di garanzia dei diritti che rimanevano
dunque solo al livello di enunciato e limitatamente al singolo
senza alcuna menzione per quanto riguarda i gruppi.
È nell’Ottocento che vengono firmate le prime Convenzioni che
stabiliscono il divieto della tratta degli schiavi e sul finire del
secolo sono adottate anche le prime importanti Convenzioni di
codificazione del diritto dei conflitti armati (Convenzioni
dell’Aja del 1889 e successivamente del 1907) nelle quali
vengono stabiliti i diritti dei prigionieri.
12
Ibid.
13
1.2 Il Novecento e le tre generazioni dei diritti.
Secondo la letteratura si è assistito all’evolvere dei diritti umani
lungo i secoli e attraverso le varie tradizioni attraverso tre grandi
generazioni di diritti
13
.
La prima mise l’accento sui diritti politici e civili che furono i
primi a essere incorporati nelle costituzioni nazionali con il
compito di tamponare l’azione dello stato nei confronti della
sfera privata del cittadino. Sono questi i temi che hanno
caratterizzato i movimenti liberali dell’occidente che hanno
permesso l’emergere dei diritti della libertà di parola, di libertà
confessionale, della libertà di stampa e del diritto di
associazione.
La seconda generazione di diritti è di matrice socialista e si
contrappone alla prima nella misura in cui enfatizza i diritti
sociali ed economici (diritto al lavoro, diritto alla cura della
salute e alla sicurezza sociale) che appunto troveranno
concretizzazione nel Patto internazionale sui diritti economici,
sociali e culturali del ’66. Saranno anche a fondamento della
concezione contemporanea di responsabilità dello stato nei
confronti dei cittadino, il cosiddetto Welfare State.
Le Nazioni Unite hanno proceduto a formulare anche altri
accordi o trattati riguardo i diritti umani che hanno avuto per
oggetto una varietà dei diritti facenti parte della prima e seconda
generazione. Molti di questi presero forma grazie all’opera di
agenzie speciali delle Nazioni Unite, inclusa l’Organizzazione
Internazionale del Lavoro, e dall’operato della stessa
Commissione dei diritti umani. Gli argomenti trattati hanno così
13
K. MINGST e M.P. KARNS, The United Nations in the 21st Century, Westview Press,
Colorado, Usa, 2006.
14
potuto offrire garanzie trasversali alle donne, nei confronti della
schiavitù e dei lavori forzati, la tortura, i rifugiati, la
discriminazione razziale e certamente in favore dei bambini.
Questi temi sono stati via via approvati e varati dalle Nazioni
Unite attraverso questi strumenti internazionali: la Convenzione
per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio
(1948), la Convenzione sui diritti politici della donna (1952), la
Convenzione contro le discriminazioni nell’istruzione pubblica
(1960) e il Protocollo relativo allo status dei rifugiati (1967).
La terza generazione dei diritti umani ha per leitmotif l’idea che
alcuni gruppi, come le minoranze, i popoli indigeni, i popoli
coloniali, le donne, e i bambini, hanno diritti collettivi come
l’autodeterminazione, la protezione delle proprie peculiarità
culturali e lo sviluppo sociale ed economico.
Inoltre sono stati compiuti dei progressi nel riconoscimento
unanime nei confronti del diritto ad un ambiento sicuro, alla
pace, alla democrazia e allo sviluppo. Quest’ ultimo sviluppato
proprio in occasione della Conferenza Mondiale sui diritti umani
a Vienna nel 1993.
Quest’ ultima generazione è sicuramente quella che più ha
risentito dei problemi circa la difficoltà di stabilire dei valori
universali nei quali i diversi paesi avrebbero potuto rispecchiarsi
in maniera concorde.
In quest’ ottica s’inserisce anche l’opposizione tra universalità
dei diritti umani e relativismo culturale. A partire dal 1990 molti
stati asiatici hanno insistito su questo argomento, sostenendo la
tesi che il mondo occidentale volesse interferire nei loro affari
interni con l’imposizione della concezione di diritti umani
rappresentata nei valori espressi dalla Dichiarazione universale.
Questo dibattito è particolarmente sentito da entrambe le
15
posizioni sulle questioni relative alla religione, alla status della
donna, alla protezione dei bambini, alla concezione della
famiglia, del divorzio e di alcune pratiche tipiche del mondo
arabo come la circoncisione femminile. Come sostiene Amartya
Sen, “é senz’altro vero che i rappresentanti dei governi di molti
paesi asiatici non solo hanno messo in discussione la rilevanza e
il carattere cogente dei diritti umani, ma di frequente l’hanno
fatto in nome di specifici valori asiatici, diversi dalle priorità
occidentali”. Amartya Sen vuole però contrapporsi alle
affermazioni dei leader orientali credendo al contrario nell’ “idea
della democrazia come valore universale che comprende la sua
importanza intrinseca per la vita umana, il suo ruolo strumentale
nella creazione di incentivi politici e la sua funzione costruttiva
nella formazione di valori. Essi pertanto non possono essere il
frutto o il merito dei cosiddetti “caratteri regionali
14
”. Tutti infatti
secondo lo scrittore indiano, “possiedono o hanno in fieri, dentro
di sé, la coscienza dell’importanza intrinseca per la vita umana,
della democrazia, del suo ruolo strumentale nella creazione di
incentivi politici e della sua funzione costruttiva nella
formulazione di valori
15
.
A questo proposito, secondo la Corte Internazionale di Giustizia,
i principi generali che riguardano i diritti umani espressi nella
Carta e nella Dichiarazione delle Nazioni sono stati inglobati nel
diritto internazionale generale, estendendo così la loro
applicazione a tutti gli stati facenti parte della Comunità
internazionale. Osserviamo quindi i documenti fondamentali che
14
A. SEN, La democrazia degli altri. Perché la libertà non è un’invenzione dell’occidente,
Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2004.
15
Ibid.
16
hanno consolidato l’obbligatorietà anche per gli stati non parti di
determinati accordi o convenzioni:
CIJ, 1970, Barcelona Traction Light and Power Company
Limited:
33. Une distinction essentielle doit en particulier etre établie
entre les obligations des Etats envers la communauté
internationale dans son ensemble et celles qui naissent vis-à-vis
d’un autre Etat dans le cadre de la protection diplomatique. Par
leur nature meme, les premières concernent tous les Etats. Vu
l’importance des droits en cause, tous les Etats peuvent etre
considérés comme ayant un interet juridique à ce que ces droits
soient protégés ; les obligations dont il s’agit sont des
obligations erga omnes.
34. Ces obligation découlent par exemple, dans le droit
international contemporain, de la mise hors la loi des actes
d’agression et du génocide mais aussi des principes et des règles
concernant les droits fondamentaux de la personne humaine, y
compris la protection contre la pratique de l’esclavage et la
discrimination raciale.
CIJ, 24 maggio 1986, Nicaragua c. Stati Uniti:
È proprio in quest’ ultimo caso che “la Corte Internazionale di
Giustizia” afferma che le principali norme a protezione dei diritti
umani ed i principali strumenti di diritto umanitario, attraverso la
17
pratica generale e l’opinio juris, si sono tradotti in norme di
diritto internazionale generale, imponendosi attraverso la via
consuetudinaria anche agli stati non parti questi strumenti”.
Nell’incontro a Vienna del 1993, delle Nazioni Unite, venne
formulato nella “Dichiarazione finale del Programma di Azione”
che: “tutti i diritti umani sono universali, indivisibili e
interdipendenti e interconnessi […] gli accordi regionali
dovrebbero rinforzare gli standard universali di diritti umani,
come è stabilito negli strumenti internazionali di diritti umani, e
la loro protezione”.
Come infatti, l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi
Annan, ha voluto ribadire, “non furono mai le persone a
lamentarsi dell’universalità dei diritti umani, tanto meno le
persone hanno mai considerato i diritti umani come un
imposizione dell’Occidente o del Nord. Al contrario fu invece
spesso opera dei loro leader a pensare in questo modo”.
Tuttavia, intervenendo sulla medesima questione Amartya Sen
afferma che, “enfatizzando le specificità regionali e culturali,
queste teorie tendono a rafforzare la diffidenza delle società non
occidentali nei confronti dei diritti umani universali. Sostenere
che l’apprezzamento delle libertà personali, della tolleranza e dei
diritti civili è un contributo specifico della civiltà occidentale,
porta spesso alcuni difensori di questi diritti a fornire armi a
critici non occidentali dei diritti umani, poiché la difesa di
un’idea considerata “estranea” può in effetti sembrare, nelle
società non occidentali, imperialismo culturale sponsorizzato
dall’occidente
16
”.
16
A. SEN, Globalizzazione è libertà, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2002.
18
1.3 Le Nazioni Unite: una nuova era per i diritti umani
La Carta Atlantica concordata il 14 agosto 1941, in occasione
dell’incontro “quelque part en mer” fra il Presidente americano
Franklin Delano Roosvelt e il Premier inglese Winston
Churchill, costituì un’altra pietra miliare riguardo alle relazioni
tra pace, sicurezza internazionale e la tutela internazionale dei
diritti umani che trovò poi più tardi espressione nella Carta delle
Nazioni Unite.
Come indica il documento, si trattò di mettere a punto “certi
principi comuni, che riguardano la politica nazionale dei
rispettivi paesi e sui quali fondano le loro speranze di un
avvenire migliore per il mondo
17
”. Nel documento si affermava
la volontà di sviluppare la collaborazione internazionale al fine
di promuovere lo sviluppo economico e sociale di tutti i popoli e
di raggiungere una pace giusta che consentisse a tutte le nazioni
di vivere liberamente entro confini sicuri. I due leader pertanto
affermarono che per “ragioni al contempo pragmatiche e morali”
avrebbero dovuto rinunciare all’uso della forza in un contesto di
disarmo complessivo e in vista della creazione di un sistema
generale di sicurezza collettiva
18
. I principi che saranno poi
ripresi con la nascita dell’Onu, come la nazione di sicurezza
collettiva, la politica di disarmo, la rinuncia all’uso della forza
armata nelle relazioni internazionali, il principio di
autodeterminazione dei popoli, e la necessità di cooperazione
economica e commerciale al fine del benessere collettivo, furono
17
Charte de l’Atlantique, 1941.
18
A. de GUTTRY e F. PAGANI, Le Nazioni Unite. Sviluppo e riforma del sistema di
sicurezza collettiva, Il Mulino, Bologna, 2005.
19
scritti da oltre 20 Stati, in maggioranza appartenenti alla
coalizione degli “alleati” tra i quali l’Unione sovietica e la Cina.
Tuttavia già nel febbraio del 1945, prima ancora che il Giappone
dichiarasse la resa incondizionata, la conferenza tripartita di
Yalta sancì in modo inequivocabile la divisione dell’Europa in
sfere d’influenza, occidentale e orientale, lasciando così
tramontare ogni speranza di allontanare la pericolosa, in fieri,
divisione del mondo in due blocchi che avrebbe portato ben
presto all’emergere di nuovi fattori di contrasto. Concetti che
vennero ribaditi l’anno seguente da Winston Churchill, che a
Fulton parlò della celebre cortina di ferro e nel 1947 con la
formulazione della dottrina Truman, che evidenziava una sorta di
continuità tra la guerra che andava finendo e l’ emergere del
nuovo totalitarismo comunista che mirava a una nuova
espansione globale ma più pericolosa della precedente esperienza
del nazionalsocialismo poiché aveva come fine una visione
globalizzante non solo dei territori ma anche della società e dell’
uomo stesso: “la maggiore pericolosità era insita nella stessa
ideologica universalistica del comunismo sovietico che lo
rendeva un diretto antagonista del cristianesimo nel suo stesso
terreno, perché prefigurava nel suo messaggio di salvezza per
tutta l’umanità, l’avvento di una nuova società di uomini liberi
ed eguali in un mondo più giusto liberato dal male generato
dall’esistenza della proprietà privata e dalla società in classi: un
paradiso insomma da realizzarsi su questa terra
19
”.
19
E. GENTILE, Le religioni della politica. Fra totalitarismi e democrazie, Editori Laterza,
Roma-Bari, 2001.