5
l’arbitrato, le peculiarità dei singoli istituti e le caratteristiche comuni.
Il terzo capitolo è invece dedicato all’analisi degli articoli 63- 64- 65-66
del D.Lgs n. 165/01 e delle procedure di conciliazione obbligatoria nel
pubblico impiego evidenziandone le peculiarità e le differenze con la
conciliazione nei rapporti di lavoro di tipo privatistico e le
considerazioni conclusive.
La procedura deflativa del contenzioso giurisdizionale è attualmente
disciplinata dalla disposizione di cui all’art. 65 del D.Lgs. n. 165/01,
articolo collocato nell’ambito del Titolo VI (Giurisdizione) di tale
provvedimento normativo e recante la seguente rubrica: “Tentativo
obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali”.
Esaminando l’evoluzione storica della materia si rileva che,
tradizionalmente, alla conciliazione delle controversie individuali di
lavoro è sempre stata attribuita natura facoltativa ( infatti, facoltativa era
la conciliazione delineata dalla regolamentazione del processo del lavoro
introdotta con la Legge di riforma n. 533 dell’11.08.1973).
Il trasferimento al giudice ordinario delle controversie relative al
rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni si inserisce in un più
6
ampio contesto riformatore che necessita di essere esaminato per poter
definire e capire le motivazioni e le modalità di tale trasferimento.
La riforma, infatti, non si limita a coinvolgere esclusivamente il piano dei
rapporti di lavoro, a organizzazione amministrativa invariata, ma anzi
delinea una nuova organizzazione delle pubbliche amministrazioni.
Quindi, una privatizzazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici
a cui si accompagnano modifiche strutturali, dell’intera organizzazione
amministrativa
1
.
La trasformazione della natura della conciliazione nell’ambito del
processo del lavoro è stata preceduta da consistenti avvisaglie proprio
nell’ambito della regolazione del rapporto di pubblico impiego, nel quale
si è evidenziata la necessità di introdurre alcuni principi di carattere
privatistico.
Il D.Lgs. n. 29/93 ( Razionalizzazione dell’organizzazione delle
amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di
pubblico impiego a norma dell’art. 2 della Legge n. 421/92) che ha
costituito un decisivo passo in avanti per la privatizzazione del pubblico
1
F. M. Macioce, Le fonti del diritto Italiano, Il diritto del lavoro,2004 volume III, Il lavoro Pubblico,
pagg. 649-689.
7
impiego, nel testo originario del primo comma dell’art. 69 prescriveva
che la domanda giudiziale innanzi al giudice ordinario, relativa alle
controversie di cui al precedente art. 68
2
, fosse “… subordinata
all’esperimento di un tentativo di conciliazione su richiesta rivolta dal
dipendente all’amministrazione”, aggiungendo poi al comma 4 che “ove
il giudice nel corso della prima udienza di discussione avesse rilevato
l’improcedibilità della domanda a norma del primo comma, sarebbe stato
tenuto a sospendere il giudizio e fissare all’attore un termine perentorio
di sessanta giorni per esperire il tentativo di conciliazione”.
Va evidenziato come la norma esprimesse già entrambi gli elementi
fondamentali dell’attuale tentativo di conciliazione (obbligatorietà e
caratteristica di essere condizione di procedibilità della domanda), va
detto comunque che la disciplina promulgata nel 1993 rimase in pratica
inattuata.
2
D.Lgs. n. 29/93 - Art. 68, comma 1 “ Sono devolute al giudice ordinario , in funzione di giudice del
lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni di cui all’art.1, comma 2,ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al
comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli
incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale , nonché quelle concernenti le indennità di fine
rapporto , comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi
presupposti…..”
8
Il D.Lgs. n. 29/93, essendo indissolubilmente collegato al trasferimento
del contenzioso del pubblico impiego dalla giurisdizione del giudice
amministrativo a quella del giudice ordinario, subì il mancato “passaggio
delle consegne”, dovuto essenzialmente ai notevoli condizionamenti,
sulla devoluzione alla magistratura ordinaria delle cause di lavoro
pubblico contenuti nell’art. 2 della Legge n. 421/92 (legge con la quale fu
conferito al Governo il potere di emanare il D.Lgs. delegato n. 29/93).
Per cinque anni il contenzioso del pubblico impiego non fu sottratto alla
giurisdizione amministrativa e l’attivazione della conciliazione
obbligatoria relativamente alla medesima materia rimasero più che altro
allo stato di semplici manifestazioni ideali, nel corso del 1998, il D.Lgs.
n. 80 ha modificato radicalmente la disciplina delle controversie, relative
ai rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti, novellando il testo
previgente del D.Lgs. n. 29/93, e rendendo possibile, tanto la concreta
devoluzione, della competenza al giudice ordinario sul punto, quanto
l’effettiva realizzazione, di nuovi obbligatori strumenti deflativi del
contenzioso giudiziale.
9
Il. D.Lgs. n. 80/98 ha novellato il testo dell’art. 410 del c.p.c.,
modificandone la rubrica che, dall’originaria formulazione di “ tentativo
facoltativo di conciliazione”, ha acquistato l’attuale dizione di “ tentativo
obbligatorio di conciliazione ”.
Di conseguenza, per adire il giudice di lavoro in primo grado, è stata
prevista, una “condizione di procedibilità”, sia dall’art.412 bis c.p.c.
relativamente al tentativo obbligatorio di conciliazione per le cause di
lavoro privato, sia dall’art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 29/93 (oggi art.65
del d.lgs. n.165/2001) per le cause sul pubblico impiego privatizzato.
Con l’entrata in vigore del successivo D.Lgs. n. 387 del 29.10.1998 la
normativa in esame ha subito un’ulteriore operazione di
perfezionamento, a seguito della quale ha di fatto assunto la veste attuale,
dal momento che, con il D.Lgs. n. 165/01 abrogativo del D.Lgs. n.
29/93, il legislatore ha riprodotto le disposizioni in oggetto ridefinendone
la numerazione, ma senza apportare ad esse modifiche sostanziali di
alcun genere.
Il breve excursus storico appena percorso appare indispensabile per
comprendere un rilevante aspetto della materia, se è infatti vero che il
10
tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie di lavoro
relative ai rapporti di pubblico impiego è stato concretamente introdotto
nel nostro ordinamento nello stesso momento e per mezzo della stessa
fonte normativa con la quale il legislatore ha delineato il tentativo
obbligatorio di conciliazione quale condizione di procedibilità della
domanda processuale per le vertenze di lavoro privatistiche, è altrettanto
vero che, nonostante ciò, i due “modelli” di conciliazione non sono
oggetto di una regolamentazione totalmente identica, ma presentano una
serie di elementi differenziali che cercherò di evidenziare nel corso della
presente esposizione.
11
CAPITOLO I
L’evoluzione storica del rapporto di lavoro nel pubblico impiego
1.1 L’AMBITO IN CUI SI COLLOCA LA RIFORMA.
La riforma del pubblico impiego si colloca in un più ampio contesto di
innovazione dell’intera Pubblica Amministrazione, avviato nel corso
degli anni ottanta, e finalizzato ad un miglioramento del
funzionamento della medesima in un’ottica di modernizzazione,
recupero di efficienza ed erogazione di un miglior servizio ai cittadini.
Fino al 1990 le grandi linee dell’organizzazione amministrativa erano
quelle disegnate nel 1861 (unificazione d’Italia) sulla base del modello
organizzativo del Regno di Sardegna, modello, Cavouriano di
amministrazione. Un’organizzazione essenzialmente riassumibile nella
formula “ Tutto nei Ministeri niente fuori dai Ministeri ” il modello
organizzativo si era arricchito ed evoluto in diverse forme, ma la
concezione piramidale, gerarchizzata, burocratizzata di
amministrazione era rimasta tale fino alle riforme avviate a partire
dagli anni 90” quando vengono approvate due importanti Leggi sia
12
sul piano dell’organizzazione che sul piano dell’attività, la Legge n.
241/90
3
“Legge generale sul procedimento amministrativo”, e la legge
n. 142/90
4
“ Riforma del sistema delle autonomie locali”.
Nel 1993 si ha il primo episodio di riforma della disciplina del
pubblico impiego, si avvia in altre parole il processo di privatizzazione
del rapporto di impiego e si afferma un importante principio
“la separazione tra organi di governo e organi di gestione
amministrativa”, tra indirizzo politico e gestione.
Si inizia ad allentare quello stretto legame che vi era tra sfera politica e
sfera amministrativa che derivava dai modelli organizzativi delineati
nel sistema ottocentesco. Altre riforme fondamentali, determinanti sul
piano dell’organizzazione sono le riforme Bassanini
5
.
3
Legge 7 agosto 1990 n. 241 “nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi”.
4
Legge 8 giugno 1990, n. 142 -“Ordinamento delle autonomie locali”.
5
Legge 15 marzo 1997, n. 59: Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle
regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa. (Bassanini)
Legge 15 maggio 1997, n. 127: Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei
procedimenti di decisione e controllo. (Bassanini Bis)
Legge 16 giugno 1998, n. 191: Modifiche ed integrazioni alle leggi 15 marzo 1997, n. 59, e 15
maggio 1997, n.127, nonché norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a
distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica. 1998.
(Bassanini Ter)
Legge 8 marzo 1999, n. 50: Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti
13
La Legge delega che avvia il riassetto delle funzioni
amministrative tra Stato ed Enti locali introduce per la prima volta in
modo chiaro come criterio organizzativo di avocazione delle funzioni
il principio di sussidiarietà.
Fondamentale per la riorganizzazione delle funzioni tra Stato ed Enti
locali è stata la Legge costituzionale n. 3 del 2001 che ha portato alla
riforma del Titolo V della Costituzione che porta ad un ribaltamento
rispetto alle posizioni originarie di partenza.
Da un sistema imperniato sulla gerarchia piramidale si è passati ad un
sistema, imperniato sulla sussidiarietà, sulla sostanziale equi-
ordinazione dei diversi centri di cura del pubblico interesse, si passa in
sostanza da un’organizzazione piramidale ad un’organizzazione
tendenzialmente piatta.
Il processo di riforma prende spunto, infatti, dalla considerazione della
lentezza ed inefficienza burocratica quale principale causa del mancato
amministrativi - Legge di semplificazione
Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112: "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59"
14
raggiungimento degli obiettivi e della mancata soddisfazione dei
bisogni per cui gli apparati erano nati.
Gli anni ottanta, quindi, sono caratterizzati dal dibattito circa gli
interventi necessari a migliorare, modernizzare e riformare
l’Amministrazione al fine di realizzare un funzionamento adeguato
degli apparati pubblici.
Dalla fine degli anni ’80, in particolare, si sono susseguite una serie di
leggi che hanno inciso sulla tradizionale concezione della pubblica
amministrazione e del modo di rapportarsi
6
con il cittadino, che vedeva
da una parte lo Stato, in posizione di supremazia, e dall’altra il
cittadino, mero destinatario dell’attività posta in essere
dall’Amministrazione, senza possibilità alcuna di dialogo. A tale
situazione è seguita un’inversione di tendenza attuata, attraverso una
produzione normativa che si sviluppa in numerose leggi, decreti e
direttive, ed avente come finalità la semplificazione e la trasparenza
6
R. Bin – G. Pitruzzella, “Diritto costituzionale” , Torino, 2003- Con la Repubblica ed il
suffragio universale si sviluppa lo “Stato sociale” caratterizzato da un’ espansione imponente delle
funzioni della Pubblica Amministrazione, nei servizi sociali (scuola, sanità, previdenza); nei settori
fiscale, monetario e della produzione di beni e servizi. Il modello organizzativo verticistico,
gerarchico, formalista, rimane, però,nel suo nucleo fondamentale, immutato. Le competenze sono
sempre più suddivise tra i vari uffici pubblici e ciò produce conflitti interni che alimentano procedure
complesse e lunghe, lentezze ed inefficienza.
15
dei procedimenti amministrativi ed il miglioramento dell’efficienza
delle pubbliche amministrazioni, assegnando primaria importanza al
rapporto fra chi eroga il servizio e chi ne usufruisce, ponendo, in
questo modo, l’amministrazione di fronte ad una prospettiva che non le
era consueta. In questo contesto particolare attenzione viene riservata
ad una ristrutturazione degli apparati pubblici a livello strutturale,
organizzativo e procedimentale. Tra la fine degli anni ottanta e i primi
anni novanta prendono forma, quindi, ipotesi e proposte riformatrici,
che si concretizzano in normative. Vengono, infatti, introdotte a
pochissima distanza di tempo due leggi fondamentali: la legge 8
giugno 1990, n. 142
7
recante il nuovo ordinamento delle autonomie
locali e la legge 7 agosto 1990, n. 241
8
che si occupa del procedimento
amministrativo e del diritto di accesso ai documenti amministrativi.
7
E. Casetta “Manuale di diritto amministrativo”, Milano, 2004, pag. 359 e seg.
La Legge 142/90 riconosce autonomia statutaria e regolamentare agli Enti locali assegnando ad essi
una funzione di rappresentanza generale degli interessi della comunità locale. Da questo
riconoscimento scaturisce il potere di organizzare in modo autonomo sia le forme di esercizio delle
funzioni e di erogazione dei servizi, sia il rapporto della macchina comunale nel suo complesso con i
cittadini. In quest’ottica gli artt. 6 e 7 della legge succitata, prevedendo istituti di informazione e di
trasparenza nonché contributi della società civile all’elaborazione dell’indirizzo politico, alla
programmazione e alla soluzione di singoli problemi mediante istanze, petizioni, proposte,
consultazioni, referendum, libere forme associative, organismi di partecipazione anche su base di
categorie o di quartiere e frazione, l’accesso ai servizi degli organismi del volontariato.
8
E. Casetta, op. cit., pagg. 359- 442.
La Legge 7 agosto 1990 n. 241- afferma che l’attività amministrativa è retta dai criteri di
economicità, di efficacia, di pubblicità . L’applicazione concreta del principio di pubblicità è
costituita dal diritto di accesso ai documenti amministrativi.