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il potere di acquisto, il potere di commercializzazione, lo sviluppo della gestione, la
capacit di formazione e di ricerca; la cooperativa Ł uno strumento per fornire servizi di
alta qualit e oltre il 75% delle imprese europee a ppartiene al settore dei servizi e quindi
una struttura cooperativa pu conferire ai suoi uti lizzatori, che sono al tempo stesso i
suoi membri, il potere di influire sull impresa che fornisce loro servizi, per far s che
questi rispondano direttamente ai loro bisogni; infine le cooperative contribuiscono a
costruire una societ fondata sulla conoscenza. Mol te cooperative (ad esempio le
cooperative di lavoratori) sono imprese i cui membri hanno, in quanto utilizzatori,
un influenza reale sulle decisioni di gestione. Da questo punto di vista le cooperative
sono scuole di imprenditorialit e di gestione per quanti non avrebbero altrimenti
accesso a posti di responsabilit .
AffinchØ le cooperative continuino a dare un contributo importante al dinamismo
e alla crescita economica Ł importante che le organizzazioni ai livelli nazionale,
regionale o locale, sviluppino o intensifichino i loro sforzi per una migliore
comprensione del settore.
La presente tesi tratta dei principali aspetti che caratterizzano le societ
cooperativa alla luce della Riforma del diritto societario del 2003. La riforma Ł
finalizzata alla rimozione di quegli ostacoli che frenano e condizionano l accesso delle
cooperative al capitale di rischio per favorire la crescita e la competitivit delle stesse
sul mercato in condizioni di parit con le altre so ciet e alla rivalutazione della
disciplina delle strutture del governo societario per incrementarne l efficienza, senza
per sacrificare i principi mutualistici che segnan o la specificit di queste tipologie di
societ .
Il presente lavoro Ł suddiviso in tre capitoli e intende fornire una panoramica
economica-gestionale dell impresa cooperativa, attraverso la rilevazione di determinate
caratteristiche che la contraddistinguono dalla tradizionale impresa con scopo di lucro.
nelle spese per la produzione (sia di beni che di servizi) che, ove restasse immutato il prezzo di vendita,
consentirebbe di accrescere l’utile per ciascuna unit di prodotto venduta. Fra questi costi possono
comprendersi gli ammortamenti per impianti cos come le materie prime necessarie alla produzione, cos
ancora come gli strumenti e l’utensileria o anche i costi pubblicitari; ovviamente, se venisse in qualche
modo a modificarsi anche la capacit produttiva deg li addetti (anche per interazione con altri tipi di
intervento - ad esempio acquisto di utensileria o macchinari agevolanti), si otterrebbero riduzioni del
costo del lavoro. C.f.r. CASTELLANI D., le economie di scala e il commercio internazionale, reperibile
sul sito www.econ.uniurb.it.
3
Nella prima parte, verr analizzata la societ coop erativa nei suoi aspetti piø
generali, con particolare riferimento alle novit i ntrodotte dal d.lgs. n. 6 del 17 gennaio
2003. La riforma, senza danneggiare il carattere unitario della cooperazione, ha
introdotto la distinzione tra cooperative a mutualit prevalente e cooperative diverse;
solo alle prime, che prevedono nei loro statuti le c.d. clausole di non lucrativit e
svolgono la loro attivit prevalentemente con i soc i, sono riservate le agevolazioni
fiscali. Nuove sono le regole sulla costituzione della cooperativa, per la quale Ł richiesta
la necessaria presenza di nove soci (oppure da tre a otto soci se si tratta di persone
fisiche e se la societ adotta le norme della S.r.l .); altre novit riguardano la conformit
generale della vita della cooperativa alle norme sulla societ di capitali in quanto
compatibili; e ancora la figura del socio in prova e la possibilit di emissione di
strumenti finanziari secondo la disciplina dettata per le S.p.A. Quanto all attivit
dell assemblea, Ł stata confermata la regola del voto capitario (una testa, un voto), con
la possibilit di attribuire il voto plurimo ai tit olari di strumenti finanziari, alle persone
giuridiche socie ed ai soci imprenditori; in tema di amministrazione, la nuova normativa
prevede che solo la maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soci e
fissa, per le cooperative in forma di S.p.A., il limite di tre mandati consecutivi massimi
alla rieleggibilit alla carica amministrativa.
Nel secondo capitolo, si analizzeranno le societ c ooperativa del lavoro, a partire
dal concetto della mutualit e dalle differenze con le societ di capitali, fino alla spinosa
questione della posizione del socio lavoratore all interno della stessa cooperativa,
disciplinata in modo definitivo dalla legge n. 142 del 3 aprile 2001, modificata
dall applicazione del recente articolo 9 della legge n. 30 del 2003 (la riforma del
mercato del lavoro). La nuova disciplina propone una soluzione basata sulla distinzione
tra il rapporto costituito con il patto societario e un secondo connesso con lo scambio; in
questo caso la veste giuridica del secondo pu assu mere le forme del lavoro
subordinato, del lavoro autonomo, di quello professionale, ecc. Pur dettando nuove
regole per il lavoro cooperativo, per , il testo di legge lascia all assemblea dei soci, al
singolo socio e alle corrispondenti manifestazioni di volont , un ruolo centrale per la
definizione dei rapporti contrattuali da applicare all interno della compagine sociale; la
cooperativa dovr , conseguentemente e obbligatoriam ente, approvare un Regolamento
interno per disciplinare i rapporti di lavoro con i medesimi soci. L aumento rilevante
4
delle possibili modalit di rapporto di lavoro in c ooperativa, ha naturalmente
comportato, l aumento dell attenzione verso le nece ssarie clausole di garanzia per il
buon esito del rapporto contrattuale. A tal fine, nel dettato legislativo, sono state
introdotte nuove norme che ridisciplinano incisivamente l assetto della vigilanza, sia
interna che esterna, creando i presupposti affinchØ possa essere attuata con modalit e
criteri piø attenti ed efficaci.
Nel terzo e ultimo capitalo, si presenter una coop erativa del lavoro, la
Compagnia Portuale Nicola e Salvatore Briamo fra i lavoratori del Porto di Brindisi,
Soc. Coop. a r.l. , che presenta come attivit cara tteristica, quella della fornitura di
manodopera, in deroga a quanto previsto dall art. 1 della legge n. 1369 del 1960, alle
imprese e alle societ terminalistiche che ne fanno richiesta. Per formulare una
valutazione e un giudizio sulla gestione aziendale, si Ł effettuata un analisi reddituale,
della liquidit , della produttivit e della solidit , degli ultimi tre bilanci d esercizio.
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CAPITOLO 1
LE SOCIETA COOPERATIVE ALLA LUCE DELLA
RIFORMA DEL DIRITTO SOCIETARIO
1.1 Considerazioni generali sulle origini e sulla nascita della
cooperazione
Le prime tracce di organizzazioni cooperative, intese come forma di solidariet 3, si
trovano fin dalle origini della civilt . L Uomo, si n da allora, cap che unendo le forze in
una direzione comune si otteneva un effetto sinergico con efficacia e risultati migliori.
In Europa, per esempio, gi nell epoca medioevale vediamo presente la forza di
associazioni cooperative in Olanda quale momento unificante per le popolazioni che si
dovevano difendere dalle inondazioni del mare.
Il 23 ottobre 1844 Ł la data cui si fa comunemente risalire l’inizio dell’esperienza
cooperativa. Per iniziativa di 28 lavoratori nasceva infatti quel giorno, in Inghilterra, la
Societ dei "Probi Pionieri di Rochdale 4". Scopo della societ era nelle parole dei
Pionieri "quello di adottare provvedimenti per assicurare il benessere materiale e
migliorare le condizioni familiari e sociali dei propri soci .
Da quella data la cooperazione, che si inserisce nell’ambito di quella libert di
associazione che Ł una delle conquiste essenziali dell’800, comincia a diffondersi un po’
in tutta Europa, e in particolar modo in Francia5, Germania6 e naturalmente anche in
3
Il Principio della Solidariet esprime quell appro ccio relazionale verso chi si trova nelle medesime
condizioni.
4
Nella cittadina inglese di Rochdale, nei pressi di Manchester, una trentina d tessitori minacciati dalla
fame danno vita, sotto la guida di Charles Howart, al primo spaccio cooperativo con il fine di miglio rare
la situazione economica e sociale dei soci. L esperimento, riuscito, a differenza di altri simili tentati in
precedenza, deve il suo successo soprattutto all idea, rivelatasi vincente, di fidelizzare i soci at traverso
il meccanismo della ripartizione degli utili in proporzione agli acquisti, ossia al numero delle operazioni
effettuate con la societ . (RABBENO: La cooperazione in Inghilterra, Milano, 1885; JENKINS: Law for
cooperatives, Oxford, 1958; BURNS: Cooperative law, London, 1977).
5
Pensatori come Bouchez e Blanc diffondono l idea di statuti societari che prevedevano la destinazione
dell avanzo di esercizio per l 80% al lavoro e per il restante 20% ad accumulazione indivisibile. Sulla
scorta di queste idee viene fondata la prima cooperativa di lavoro, la Societ operaia di produzione
uniformi , finalizzata, appunto alla produzione di uniformi militari.
6
A partire dal 1849 vengono fondate le prime Banche popolari, diffusesi in ambiente urbano sotto la
spinta di Hermann Schultze-Delitzsch, e le prime Casse Rurali le quali, grazie all opera di Federico
Guglielmo Raiffeisen, contribuiscono a risollevare i ceti contadini dalle loro misere condizioni
economiche.
6
Italia dove il movimento cooperativo fu notevolmente influenzato da movimenti politici
e religiosi e soprattutto, assunse i toni di una vera e propria lotta alla borghesia.
In Italia l esperienza cooperativa Ł partita in ritardo rispetto al resto dell Europa e
si Ł sviluppata in maniera meno uniforme e con maggiori difficolt strutturali ed
organizzative. La prima considerazione da fare Ł che in Italia il movimento cooperativo
Ł fin dalle origini una componente del risorgimento. Il risorgimento non Ł stato
semplicemente un seguito di guerre e di vicende diplomatiche che portarono l Italia a
costituirsi finalmente come Nazione unita e indipendente. E stato una fase di dibattiti e
di confronti appassionati, un grande fenomeno politico.
La prima cooperativa costituita nel nostro paese Ł il Magazzino di previdenza di
Torino, una cooperativa di consumo sorta nel 1854 per iniziativa della "Associazione
degli operai". Due anni piø tardi ad Altare, in Provincia di Savona, nasce la "Artistica
Vetraria", una cooperativa di lavoro. Cooperazione di consumo e cooperazione di
lavoro, i due filoni del movimento cooperativo, compaiono in Italia quasi
contemporaneamente. Entrambi nei confini dell allora Regno di Sardegna, l unico stato
italiano che avesse conservato forma costituzionale dopo la sfortunata conclusione delle
guerre e delle rivoluzioni del biennio 1848/49.
Ecco una seconda considerazione: la cooperazione, in Italia come altrove, ha
storicamente bisogno per nascere e affermarsi, di un regime di libert , in particolare di
libert di associazione, garantita nel regno di Sar degna dallo Statuto Albertino, e ha
bisogno di un contesto socio-economico dinamico e aperto: proprio in quegli anni
partono le riforme che derivano dall accordo parlamentare di governo fra il Centro di
Camillo Cavour e la sinistra di Urbano Rattizzi (il Connubio ).
La terza necessaria considerazione Ł che la nascita della cooperazione in Italia Ł
una via, fra le tante, di ricongiungimento dell Italia all Europa. In quegli anni, il
movimento cooperativo Ł una risposta nuova e fresca alla questione sociale in Francia
e in Inghilterra.
Le prime cooperative nascono, insomma, per dare una risposta, sulla base di un
principio di solidariet , a problemi immediati e pa rticolari come la disoccupazione e
l aumento del costo della vita.
La diffusione dell’idea cooperativa trova il sostegno, con accenti ed impostazioni
diverse, di esponenti prestigiosi della politica del tempo. Basti pensare a Giuseppe
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Mazzini, che vedeva nella cooperazione un principio generale dell’organizzazione
sociale grazie al quale, capitale e lavoro, dovrebbero confluire in "un’unica mano"; ad
un esponente del nascente socialismo come Andrea Costa, che tendeva ad inserire la
cooperazione nel contesto piø generale del movimento politico e sindacale di
emancipazione dei lavoratori; ad un liberale "giolittiano" come Luigi Luzzatti, che
considerava la cooperazione come uno strumento di inserimento non conflittuale delle
classi subalterne nello sviluppo economico; o ancora Cavour che Ł consapevole degli
sviluppi europei e favorisce lo sviluppo dell associazionismo operaio e artigiano.
Certo non bisogna confondersi, per Mazzini, l associazione Ł uno strumento
rivoluzionario, la promessa di un futuro senza piø padroni e assalariati , un mezzo di
educazione dei lavoratori associati e non solo una via di emancipazione economica. Per
Cavour e per la scuola liberale Ł, anche, uno strumento paternalistico di controllo delle
turbolenze e dei fenomeni sociali.
E tipica dell esperienza italiana l esistenza di C entrali cooperative intersettoriali
destinate a svolgere non solo un ruolo di rappresentanza ma anche un ruolo di
coordinamento e di governo. Nell’autunno del 1886, 100 delegati, in rappresentanza di
248 societ e di 70.000 soci, si riunirono in Congr esso a Milano, dal 10 al 13 ottobre,
dando vita ad una struttura organizzativa che assicurasse lo sviluppo e il coordinamento
di un movimento cooperativo assai variegato e nacque cos la Federazione Nazionale
delle Cooperative, che nel 1893 si sarebbe trasformata in Lega delle Cooperative
(Legacoop).
Oggi, le cooperative aderenti alla Legacoop sono attive, spesso in posizione di
eccellenza, in numerosi settori dell economia del Paese. In particolar modo, la base
sociale delle cooperative aderenti a Legacoop, continua a crescere a ritmi sostenuti e
infatti, nel 2004, grazie ad un incremento del 7,8%, viene superata la soglia dei sette
milioni di soci ed il totale dei cittadini che aderiscono ad una cooperativa raggiunge cos
le 7.354.724 di unit .
La distribuzione per settori di attivit (Grafico 1 ) sottolinea il forte radicamento
delle cooperative della distribuzione, con particolare riferimento a quella fra
consumatori che associa, da sola, oltre 6 milioni di cittadini.