3
televendite e le vendite concluse con l’ausilio di strumenti
informatici o telematici.
Gli effetti negativi, derivanti dall’adozione da parte dei
Paesi comunitari di differenti se non contrastanti disposizioni in
tema di tutela del consumatore nei contratti a distanza, hanno
portato all’emanazione della direttiva 20 maggio 1997 n.
97/7/CE, la quale ha creato un sistema omogeneo di protezione
dei consumatori nei contratti di tale tipo. L’emanazione di tale
direttiva si è rivelata fondamentale per il nostro ordinamento, in
quanto ha permesso di colmare le lacune che il nostro
ordinamento presentava in materia.
L’Italia ha adempiuto al proprio obbligo di recepimento
tramite l’emanazione del d.lg. 22 maggio 1999 n.185. Il decreto
riprende, tranne per qualche importante eccezione, i principi
contenuti nella direttiva, concretizzando la protezione del
consumatore attraverso la previsione dell’obbligo, posto a carico
del commerciante, di informare il potenziale acquirente sui
contenuti minimi del contratto ed estendendo a 10 giorni dalla
consegna del bene il termine per l’esercizio del recesso da parte
del consumatore. Tutti questi sforzi, però, si sono tradotti in una
serie di interventi normativi frammentari che finalmente hanno
trovato una loro collocazione unitaria nel D.Lgs. n. 206 del 6
settembre 2005, il cosiddetto “Codice del Consumo”. Con tale
opera il legislatore ha inteso sanzionare aspramente le aziende
che promuovono prodotti e servizi non corrispondenti alla realtà,
prevedendo una serie di rimedi giurisdizionali a tutela del singolo
e delle associazioni dei consumatori, con possibilità di adire sia
l’autorità amministrativa sia quella ordinaria.
Tale Codice è espressamente finalizzato a riordinare e
semplificare la normativa sulla tutela dei consumatori, in
coordinamento con i principi e gli indirizzi affermati in sede
comunitaria. In particolare, il Codice riunisce in un unico testo le
4
disposizioni di 21 provvedimenti, sintetizzando in 146 articoli il
contenuto di 558 norme. Non solo, ma nell’ambito
dell’armonizzazione con le direttive comunitarie in materia, il
Codice ha provveduto, alla luce dell’esperienza dell’applicazione
dei testi già in vigore (giurisprudenza, dottrina), a rivedere taluni
aspetti problematici, apportando i necessari miglioramenti. I
settori disciplinati dal Codice sono molteplici: etichettatura,
sicurezza generale dei prodotti, pubblicità ingannevole e clausole
abusive; vendita a domicilio, vendita a distanza, contratti turistici
e multiproprietà. Le garanzie dei beni di consumo e le azioni
inibitorie. Il Codice, insomma, semplifica i rapporti contrattuali
tra professionista e consumatore, incentivando, inoltre, la
composizione extragiudiziale delle controversie.
5
CAPITOLO I
LE VENDITE AL DI FUORI DEI LOCALI COMMERCIALI:
RILIEVI GENERALI
1.1 “Vendite commerciali” e tecniche particolari di
contrattazione
Tra i contratti di alienazione diretti a realizzare uno
scambio di beni e mediante i quali si svolge la circolazione della
ricchezza, il più diffuso nella pratica degli affari è sicuramente la
vendita, anche per la copiosità di atteggiamenti e la varietà di
sottotipi, clausole e regole che esso presenta.
L’attuale disciplina legislativa del contratto di vendita è
contenuta nel codice civile, nel libro IV (delle obbligazioni), titolo
terzo, dove l’art. 1470 definisce la vendita come “il contratto che
ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il
trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un
prezzo”.
Venuta meno pertanto, con la fusione dei codici previgenti,
la distinzione tra “vendita civile” (art. 1447 ss. c.c. del 1865) e
“vendita commerciale” (art. 59 ss. c. comm. del 1882), la
normativa di tale contratto risulta essere unica, sia riguardo agli
imprenditori sia riguardo ai consumatori.
La vendita non è quindi contratto tipico d’impresa. Vi sono
tuttavia sottotipi di vendita e clausole particolari che rimangono,
malgrado tutto, “commerciali”, o in quanto presuppongono
necessariamente l’esistenza di un’attività d’impresa commerciale
(ad esempio, vendite con omaggio o a premio, vendite
straordinarie o di liquidazione), o in quanto contengono
pattuizioni particolari che vengono normalmente impiegate da
6
imprenditori (ad esempio, vendita “a prova”, “con riserva di
gradimento”, “su campione”), o in quanto vengono concluse
mediante tecniche che caratterizzano esclusivamente le
contrattazioni con gli imprenditori (ad esempio, vendita per
corrispondenza, su catalogo o a domicilio, vendita mediante l’uso
di apparecchi informatici o telematici, per telefono, per
televisione, per Internet)
1
.
In particolare, queste tecniche di contrattazione, definite
“aggressive” in quanto la decisione di acquisto del consumatore
risulta fortemente influenzata dal potere di persuasione del
venditore, si differenziano dal modello tipico della vendita
tradizionale in quanto capaci di ridurre i tempi, i modi e i costi
della trattazione e quindi di aumentare il numero degli scambi e,
di conseguenza, i ricavi e le occasioni di guadagno. Tali
innovative forme di commercializzazione prendono il nome di
“vendite fuori dai locali commerciali”, essendo il contratto
negoziato al di fuori dei locali istituzionalmente deputati alla
contrattazione.
All’interno di questa categoria contrattuale si usa poi
distinguere le “vendite dirette”, consistenti nell’invio, da parte
dell’imprenditore, di propri incaricati a domicilio dei clienti, dalle
“vendite a distanza”, quali le vendite per corrispondenza o su
catalogo, le vendite per telefono, televisione e computer. Al di là
degli aspetti sociologici del fenomeno, la vendita al di fuori dei
locali commerciali ha posto, e pone, problemi di normativa e di
inquadramento giuridico, non essendo specificatamente
disciplinata nel codice civile. Questi problemi riguardano non
tanto il profilo dell’iter formativo del contratto, anomalo nei suoi
snodi di fatto ma sempre riconducibile agli schemi generali,
quanto il profilo della tutela del destinatario delle sollecitazioni
del venditore.
1
A. LUMINOSO, I contratti per lo scambio o la distribuzione dei beni, in Man. di
dir. Comm., a cura di V. BUONOCORE, Torino, 1999, p. 899 ss.
7
Nella prassi delle vendite dirette, ad esempio, la tecnica
promozionale si basa sulla capacità del venditore di creare nel
potenziale acquirente il bisogno del bene pubblicizzato,
rimarcandone aspetti quali la qualità superiore rispetto ai
prodotti concorrenti, l’utilità, la convenienza, ecc. Le capacità
dialettiche e l’abilità contrattuale del venditore, unitamente al
fattore sorpresa e all’impossibilità di effettuare confronti con
altre offerte, determinano una situazione di squilibrio psicologico
nel consumatore, il quale può trovarsi a perfezionare un acquisto
non adeguatamente ponderato sotto il profilo della opportunità,
necessità ed economicità. Anche in occasione di negoziazioni a
distanza il consumatore spesso è indotto a stipulare il contratto
senza aver potuto vagliare adeguatamente l’offerta, data
l’impossibilità, nella fase antecedente la conclusione dell’accordo,
di esaminare materialmente i prodotti da lui visti in televisione o
scelti su cataloghi cartacei o telematici
2
.
Sul piano dell’efficacia delle condizioni generali del
contratto, il legislatore nell’art. 1341 c.c., afferma che “le
condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti
sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della
conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe
dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”. Il riferimento al
momento della conclusione del contratto vale ad escludere
l’efficacia di condizioni generali che l’aderente abbia avuto la
possibilità di conoscere in un tempo successivo alla perfezione
del contratto. D’altro canto la formula della legge non esclude
l’efficacia dell’adesione se questa abbia luogo prima del
perfezionamento del contratto. La ragione della norma è infatti
ovviamente quella di delimitare l’oggetto dell’adesione in
2
C. MACRI’, I contratti negoziati fuori dai locali commerciali, Torino, 1998, p. 7
ss.
8
relazione alle condizioni generali che l’aderente conosce o
dovrebbe conoscere secondo l’ordinaria diligenza
3
.
A questo fa seguito l’art. 1342 c.c. sui contratti conclusi
mediante moduli o formulari, affermando che “le clausole
aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del
modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse,
anche se queste ultime non sono state cancellate”. La clausola
aggiunta può essere un’ordinaria clausola contrattuale risultante
dal negoziato con il singolo aderente ma può anche trattarsi di
una modifica contrattuale destinata a valere per tutta la
clientela. Anche in questo caso la clausola aggiunta prevale sulle
altre in quanto l’aggiunta visibile della clausola al testo originario
indica la volontà del predisponente di aggiornare il testo stesso
e, quindi, di modificarne il contenuto. La stessa regola deve
pertanto trovare applicazione anche con riguardo a clausole
aggiunte a condizioni generali non contenute nel modulo o
formulario sottoscritto dall’aderente
4
.
Ma di fronte a queste tecniche di vendita, in grado di
influenzare ormai non solo il contraente debole, ma anche il
contraente medio, la disciplina contenuta nei su citati artt. 1341
e 1342 c.c., si è rilevata palesemente insufficiente.
Il legislatore del codice ha infatti affrontato il tema della
contrattazione standardizzata, alla cui categoria appartengono
anche la maggior parte dei contratti negoziati fuori dai locali
commerciali, unicamente sotto il profilo del contenuto del
contratto, preoccupandosi di garantire che non entrassero a
farne parte clausole che l’aderente, rimasto estraneo alla loro
elaborazione, al momento della conclusione non ha potuto
conoscere o sui cui non ha adeguatamente riflettuto
5
.
3
C.M. BIANCA, Diritto Civile: III Il Contratto, Milano, 2000, p. 346
4
C.M. BIANCA, op.cit., p. 351
5
C. DI LORETO, Vendite per strada e tutela del consumatore, in Riv. di Dir. Civ.,
Padova, 1992, p. 21 ss.
9
Con il d.lgs. 15 Gennaio 1992, n. 50, in attuazione della
direttiva n. 85/577/CEE, ma soprattutto con il nuovo “Codice del
Consumo” d. Lgs. del 6 settembre 2005, n. 206, i contratti
negoziati fuori dai locali dell’impresa hanno finalmente trovato
una specifica disciplina anche nel nostro ordinamento.
Per poter meglio individuare le ragioni che hanno
determinato l’intervento del legislatore comunitario è necessario
tuttavia precisare quale è stata la produzione legislativa, in tema
di tutela del consumatore, antecedente la direttiva.
1.2 I contratti conclusi fuori dei locali commerciali: la
direttiva 85/577/CEE
La consacrazione dell’attenzione della Comunità Economica
Europea allo sviluppo di una politica diretta alla protezione ed
informazione del consumatore risale alla Risoluzione del Consiglio
del 14 Aprile 1975 (GU C92/1975), contenente il programma
preliminare per la realizzazione di una serie di obbiettivi di tutela
tra i quali spiccava, accanto alla protezione della salute e della
sicurezza, lo scopo di tutelare gli interessi economici del
consumatore.
Le azioni prioritarie per la concretizzazione di tale ultimo
fine venivano individuate nella armonizzazione delle condizioni
generali per la concessione di crediti al consumo, nella
protezione contro la pubblicità falsa o ingannevole,
nell’armonizzazione delle disposizioni legislative per danno da
prodotto e, finalmente, nella protezione del consumatore contro
le pratiche commerciali abusive, in particolare in materia di
vendite a domicilio. Ancor prima del programma di protezione