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tecnologiche dei media. Attraverso i 4 capitoli in cui è divisa la mia tesi
sono descritte tutte le fasi del processo che ha trasformato il calcio italiano
da materia di contorno a protagonista del panorama giornalistico nostrano. Il
primo capitolo si concentra sui primi anni di vita del football in Italia e
sulle primissime forme di informazione giornalistica sportiva. Questa parte
ha richiesto molto impegno soprattutto perchè, pur essendoci molti testi che
raccontano la storia del calcio fin dalle sue origini, non è facile trovare
notizie relative alle prime forme di giornalismo sportivo. Per sopperire a ciò
sono ricorso alla consultazione diretta, presso la Biblioteca Nazionale di
Firenze, di molti numeri dei giornali sportivi degli anni a cavallo tra
Ottocento e Novecento. Il secondo capitolo è il più ampio, sia dal punto di
vista del periodo storico esaminato sia, conseguentemente, dal punto di vista
della dimensione. Esso parte dall’introduzione e la diffusione in Italia della
radio prima e della televisione poi, analizzando come questi due grandi
mezzi di comunicazione di massa abbiano cambiato il modo di fare
informazione ed il rapporto stesso tra il calcio e gli appassionati.
Proseguendo in ordine cronologico, con gli anni ’90 si entra nel terzo
capitolo, in cui si descrive la situazione degli ultimi anni, dall’introduzione
della pay tv fino alla possibilità di seguire il calcio attraverso internet ed i
telefoni di terza generazione. La trasmissione in diretta, dunque, delle partite
su tutti i nuovi canali comunicativi che costringe i vecchi media a ridefinirsi
ancora una volta. Il quarto ed ultimo capitolo si concentra invece su un
ambito un po’ più ristretto, vale a dire il caso fiorentino, che riprende ed
accentua alcune caratteristiche peculiari dell’informazione italiana, perchè
presenta una vasta e variegata quantità di forme di racconto giornalistico del
calcio. Nell’ultima parte, infine, descrivo in maniera ancor più dettagliata
due strutture particolari, nelle quali ho la fortuna di lavorare, e che
rappresentano a mio avviso due esempi significativi del modo di raccontare
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il calcio ai giorni nostri. La prima è una testata giornalistica on line
(Violanews.com e Fiorentinanews.com, due siti che fanno capo ad un’unica
redazione) mentre la seconda è Football Data, un’agenzia giornalistica che
archivia ed elabora statistiche storiche relative al calcio per poi “prestare” i
suoi servizi alle componenti sia dell’ambiente calcistico (le società) che
dell’ambiente giornalistico (dai giornali alle emittenti radio-televisive).
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CAPITOLO 1
Primi approcci del football in
Italia e primi giornali sportivi
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1.1 Le origini del calcio
Il calcio moderno vede i suoi natali in Inghilterra poco dopo la metà
dell’800. C’è una vera e propria data, considerata quella della nascita
ufficiale: 26 ottobre 1863, giorno in cui i rappresentanti di undici club
sportivi danno vita alla Football Association, definendo una volta per tutte le
regole base e generando la scissione tra rugby e football.
Ma sono molti i giochi con la palla praticati fin dall’antichità, che possono
essere considerati antenati del calcio. Un manoscritto conservato a Monaco
e risalente al 50 a.C. testimonia di una pratica diffusa in Cina già qualche
secolo prima di Cristo, il tsu-chu (letteralmente: palla di pelle sospinta dal
piede). Di qualche centinaia di anni più giovane il kemari, praticato in
Giappone: i giocatori devono passarsi con i piedi un sfera di cuoio
contenente una vescica di animale gonfiata, senza farla cadere a terra. Anche
nell’Europa antica si diffondono giochi con la palla: in Grecia prende piede
l’episkyros (detto anche sferomachia), uno sport a metà tra gli odierni
rugby e calcio; i romani lo mutuano dandogli l’appellativo di harpastum
(da “arpazo”: strappare con forza, afferrare), un gioco molto duro che non a
caso piace molto ai legionari che lo vedono quasi come una disciplina
“militare” e che, combattendo in tutta Europa, lo fanno conoscere nel resto
del continente. Proprio per questa sua funzione di svago ma anche di
addestramento, con l’harpastrum compare una prima disposizione in campo
dei giocatori che si schierano su 4 linee orizzontali, ricalcando la tattica dei
reparti di battaglia
1
. La prima notizia ufficiale sulla versione latina di questo
sport risale al 276 d.C.; precisamente, ad un incontro che vede fronteggiarsi
un gruppo di legionari, di stanza in un villaggio della Britannia, e un
drappello di giovanotti locali. Vincono i "padroni di casa", così fondando la
regola del "fattore campo", in ossequio della quale la squadra che gioca in
1
Informazioni tratte dal sito www.wikipedia.org
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casa parte favorita per la vittoria. E Oltremanica si afferma l’hurling (dal
verbo “to hurle”: colpire) versione estremamente violenta che attira nelle
contrade britanniche i peggiori gaglioffi del tempo, che si dividono in
squadre talvolta costituite da centinaia di componenti e che non si fanno
sfuggire l'opportunità di darsele di santa ragione, sfogando tutta la loro
aggressività con lo scopo, spesso secondario, di conquistare terreno
spingendo il pallone con i piedi. Un gioco così soggetto agli incidenti e alle
risse che dapprima il Re Edoardo II deve proibirlo a Londra e nei luoghi
pubblici, poi nel 1388 Enrico V è costretto ad emanare un editto con cui
mette al bando il gioco del "large footballs". Nel frattempo dilagano diverse
varianti anche in Scozia e in Francia prima di essere abolite per le stesse
problematiche inglesi.
Un contributo importante allo sviluppo dello sport con la palla si deve
sicuramente al calcio fiorentino, della Firenze medicea. Sul vocabolario
della Crusca del XVII secolo se ne ritrova una definizione che fuga i dubbi
di una sua derivazione anglosassone: “È calcio anche nome di gioco,
proprio e antico della città di Firenze, a guisa di battaglia ordinata con una
palla a vento, somigliante alla sferomachia, passata dai Greci ai Latini e
dai Latini a noi.”
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I giovani fiorentini lo praticano quotidianamente nelle
strade della città ma con il passare del tempo, soprattutto per problemi di
ordine pubblico, si arriva ad una maggiore organizzazione e il calcio
comincia ad essere praticato soprattutto nelle piazze più importanti. I
giocatori (calcianti) che scendono in campo sono quasi tutti nobili dai 18 ai
45 anni e vestono le sfarzose livree dell'epoca. Per capire la popolarità di
questo gioco, che dura fino al Settecento, basta ricordare la famosa partita
del 17 febbraio 1530, quando i fiorentini assediati dalle truppe papali danno
sfoggio di noncuranza mettendosi a giocare alla palla in Piazza Santa Croce.
Il legame diretto tra il calcio in costume e l’arpastro risulta evidente dal
2
Storia del calcio in Italia, A. Ghirelli, ed. Einaudi 1972, p.7
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modo di ripartirsi i ruoli in campo: le squadre sono composte da 27 calcianti
che si dispongono sulle quattro linee con 3 “datori dietro” (una sorta di
portieri), 4 “datori innanzi” (difensori), 5 “sconciatori” (centrocampisti) e 15
“innanzi” (attaccanti), divisi in tre gruppi. Scopo del gioco è depositare il
pallone nella rete avversaria, realizzando una “caccia” (gol!).
Ma, proprio mentre questo gioco si avvia al declino nel capoluogo toscano,
in Inghilterra lo sport del pallone torna in auge: nel 1617, infatti, Giacomo I
Stuart lo riabilita dando il là alla pratica, soprattutto da parte dei giovani
frequentanti i college e le università inglesi
3
. Nascono le prime regole scritte
di un gioco denominato dribbling-game e che prevede sia l'uso dei piedi
che delle mani. Fino alla metà dell’Ottocento, però, sussistono ancora molte
divergenze a partire dal numero di componenti delle squadre (alcuni giocano
in 11, altri in 22 giocatori). Un primo tentativo di unificazione risale al 1848
quando alcuni rappresentanti del Trinity College di Cambridge indicono una
riunione con delegati da Eton, Harrow, Rubgy, Winchester e Shrewsbury: il
risultato dell’incontro è la prima bozza di regolamento del gioco del
football. Bisogna attendere ancora qualche anno per limare le obiezioni e
perfezionare le norme. Durante questo lento processo, però, una di queste
università non accetta il nuovo indirizzo e si separa dalle altre sviluppando
un proprio sport, (che ne prende il nome): Rugby. Le altre sanciscono invece
il regolamento presso la Freemason’s Tavern di Londra: è il 26 ottobre
1863. E’ tuttavia una data prevalentemente celebrativa poichè restano incerti
ancora molti dettagli come l’altezza della porta, la durata della gara, le
figure arbitrali,... che verranno definiti nel corso di un lungo processo che si
consoliderà solo agli inizi del ‘900. In Inghilterra il football diventa ben
presto lo sport per eccellenza della ‘working class’ e non solo delle élite, per
il suo essere così divertente, semplice e stancante che lo rende ideale per
sfogarsi dopo una settimana lavorativa. Nel giro di pochi anni si
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Informazioni tratte dal sito www.wikipedia.org
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moltiplicano le squadre (nel 1857 era nato il primo club al mondo, lo
Shieffield), crescono i tifosi e le strutture; nel 1870 si disputa il primo
campionato nazionale. E, mentre il calcio viene esportato in tutta Europa ad
opera di emigrati di ritorno dall'Inghilterra, o su iniziativa degli stessi inglesi
che si trovano all'estero, nel 1886 oltremanica il professionismo sportivo
viene ufficialmente riconosciuto: i calciatori sono cioè equiparati alle altre
categorie di lavoratori e devono conseguentemente percepire un compenso
per l’opera prestata. Il fenomeno diventa di dimensioni internazionali nel
giro di poco tempo e rende necessario adattare le istituzioni. Finalmente,
anche a questo scopo, nel 1886 nasce l’IFAB, la suprema corte delle regole
del gioco e nel 1904 nascerà la Federation Internationale de Football
Association (FIFA).
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1.2 Sport e stampa sportiva nell’Italia pre-calcistica
Siamo nell’anno 1833 quando il Regno di Sardegna chiama a Torino il
ginnasiarca svizzero Rodolfo Obermann, conferendogli l’incarico di
impartire ad alcuni reparti dell’esercito sabaudo i primi rudimentali
insegnamenti di istruzione ginnica. E’ con questo evento che comunemente
si indica la comparsa ufficiale dello sport in Italia, anche se, in realtà quella
a cui si assiste è l’introduzione di un modello metodologico di educazione
fisica che sta dominando la scena in tutta Europa: l’attività sportiva altro
non è che un momento preparatorio all’attività militare. Come si è visto,
inoltre, già i Latini avevano dato vita ad una tradizione di giochi con la
palla, che aveva poi avuto nuovo fulgore nel Medioevo in particolare a
Firenze, ma anche a Verona e Venezia. Si deve ad Obermann, comunque, la
nuova concezione di disciplina fisica e la nascita della prima società di
ginnastica in Italia, la Società Ginnastica Torinese (1844), alla quale si
ispirano le prime eterogenee forme associazionistiche che compaiono nella
penisola, le quali divengono spesso veri e propri focolai di cospirazione che
contribuiscono fattivamente alla causa della riunificazione nazionale
4
. La
città di Torino, che in questo momento è il centro socio-politico della
penisola, diviene anche il punto focale dello sviluppo sportivo: accanto ai
primi corsi di ginnastica sorgono infatti il club di Tiro a Segno e quello del
Club Alpino Nazionale. A questo periodo e proprio al capoluogo piemontese
si devono le prime pubblicazioni sportive: siamo però alla forma del
bollettino, un messaggio individuato e diretto ad un gruppo ben preciso di
persone e non quella del giornale sportivo come lo intendiamo oggi. Il primo
in assoluto è il Bollettino Trimestrale del Club Alpino e risale al 1865,
mentre un anno dopo prende vita a Livorno La Ginnastica. Anche in Italia
quindi, come è accaduto in altri paesi, l’attività ginnica si conferma come la
4
Storia sociale del calcio in Italia, A. Papa e G. Panico, 2002 Il Mulino, p. 40
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matrice da cui prendono sviluppo altre discipline sportive: è infatti grazie
all’opera di propulsione delle società di ginnastica che scaturiscono altre
iniziative, come la fondazione dei primi clubs di canottaggio, delle prime
società di vela, dei clubs ciclistici. Soltanto intorno al 1870 lo sport
comincia lentamente a diffondersi, liberandosi della diffidenza iniziale. Con
il progressivo (anche se lento) interessamento del pubblico verso lo sport,
aumenta anche l’interesse delle istituzioni ed aumentano le iniziative tese ad
incrementarne (e controllarne) lo sviluppo. Nel 1870 nasce a Genova Lo
Sport, organo ufficiale della prima società italiana di vela, il Regio Yacht
Club d’Italia mentre a Livorno, esce nel 1875 La Rivista degli Scacchi,
fondata da Emilio Orsini
5
. Sono comunque delle pubblicazioni dirette ad
una cerchia ristretta e specialistica, che fanno capo a singole associazioni;
non esiste una cultura della notizia, non esiste un giornalismo popolare
anche perchè siamo in periodo di unificazione nazionale e la stampa italiana
è vista solo nella sua funzione paternalistica del «formare» e non
dell’«informare». In Inghilterra e in Francia i movimenti sportivi sono già
rigogliosi e partoriscono già informazioni e addirittura rubriche ad essi
dedicate. In Italia, invece, fattori come la bassa urbanizzazione, la scarsa
industrializzazione, insieme al fatto di essere un paese prevalentemente
agricolo, influenzano in negativo la diffusione dello sport, che lontano dal
processo di democratizzazione inglese è un privilegio delle classi
aristocratiche e borghesi, le uniche che possono dare spazio anche ad altre
attività oltre a quella lavorativa. Se non altro comunque, le associazioni
sportive (di ginnastica, tiro a segno, canottaggio, ciclismo) iniziano a
formarsi con una certa continuità e, assieme ad esse, fioriscono nuove
pubblicazioni: nel 1881 nascono a Milano L’Eco dello Sport e Lo Sport
Illustrato, che è considerato il primo vero giornale sportivo generalista; nel
1883 esce a Torino la Rivista Velocipedistica mentre nel 1885 esce a Milano
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Da Bruno Roghi a Gianni Brera, A. Biscardi, ed. Guaraldi, 1973, p.37-38