4
sullo spazio collettivo nelle città italiane e individuando un percorso di analisi
che evidenzi le necessità della città e dei suoi abitanti per contribuire ad un
miglioramento della qualità della vita urbana.
5
1. Spazio collettivo, definizione generale.
Dare una definizione di spazio collettivo è senz’altro un compito difficile
soprattutto se se ne vogliono stabilire i caratteri formali; mentre infatti si
possono individuare con sufficiente chiarezza le funzioni che lo caratterizzano,
la forma dello spazio collettivo varia secondo le epoche e delle culture di cui è
espressione.
Le città europee ed occidentali hanno cristallizzato nel tempo diversi modelli
che si incontrano nella città storica
1
, spazi ben delineati come la piazza o la
strada, ma diverse civiltà e culture esprimono spazi urbani diversi. Nonostante
tante differenze formali però, un tratto distintivo dello spazio collettivo è la
presenza simultanea di diverse funzioni in sovrapposizione o alternanza
temporale e spaziale, oppure la presenza di un importante funzione
rappresentativa che identifichi fortemente un luogo.
Dunque il fatto che la definizione di spazio collettivo sia strettamente legata
all’uso che le persone ne fanno vincola la precisazione del suo significato al
rapporto tra società e spazio, aprendo moltissime diverse interpretazioni, tanto
più oggi quando la società si atomizza in un’innumerevole quantità di diversi
segmenti, e la città rischia di divenire lo specchio di tale atomizzazione,
perdendo così quell’armonia tra la forma e il contenuto che è stata caratteristica
unificante della città per secoli fino ai tempi più recenti.
Il principale problema dello spazio collettivo oggi è la sua non aderenza alla
società e alle necessità che questa esprime. In epoche passate trasformazioni
sociali e culturali che oggi avvengono in tempi brevi avvenivano in lunghi
secoli di lavoro umano permettendo una progressiva sperimentazione e
adattamento degli spazi. Oggi la dimensione di lunga durata degli spazi nel
tempo manca completamente ed è principalmente questo elemento che
determina una rottura fortissima fra l’uomo e il suo ambiente, creando così
fenomeni di alienazione delle persone rispetto ai luoghi che abitano. Gli spazi
pubblici diventano così aree fondamentalmente non rispondenti alle necessità
1
E. Belfiore, Il rimodellamento dello spazio urbano. Arte e tecnica della trasformazione. Gangemi,
Roma 2001.
6
collettive, che finiscono per manifestarsi in contesti imprevisti e incongrui
rispetto agli usi che se fanno.
Naturalmente questo non è un problema in sé, ma lo diventa quando da una
parte si creano “deserti urbani”, non luoghi privi di qualsiasi identità e
dall’altra “grumi” di funzioni diverse e a volte incompatibili tra loro in spazi
fisici che mancando della necessaria elasticità per accogliere le nuove funzioni
finiscono per soffrire di queste situazioni impreviste, con grave detrimento
dell’intera struttura urbana.
1.1. Una definizione di spazio collettivo
Una definizione di spazio collettivo che trovo efficace, è sorprendentemente
una definizione negativa, nella quale uno studioso ne elenca le caratteristiche
per significare la loro assenza nella categoria di luoghi che sta studiando
2
In questo lavoro parlo spesso di spazi di largo consumo e non di spazi
collettivi o di spazi pubblici […] La ragione di ciò è che recentemente si è
assistito, con la realizzazione degli shopping malls e dei parchi tematici di
divertimento, ad una privatizzazione giuridica dello spazio dello stare
insieme e quindi a pratiche restrittive dell’accesso […] Inoltre le
localizzazioni suburbane o extraurbane di questi spazi presuppongono in
gran parte l’accessibilità attraverso l’utilizzo di mezzi privati individuali e
quindi, di fatto, configurano una selezione dei potenziali utilizzatori. […]
Utilizzo inoltre con una certa prudenza l’espressione spazio collettivo, che
rimanda al concetto di cittadino e di comunità locale, perché […] risulta
difficile pensare a dei sentimenti di identificazione, appartenenza e
appropriazione, che presuppongono processi culturali di lunga durata, da
parte di consumatori e visitatori geograficamente molto mobili e
temporanei di spazi come i centri commerciali e i parchi tematici che sono
destinati, per il loro carattere commerciale, a modificarsi continuamente e
2
M. Torres, Luoghi magnetici. Spazi pubblici nella città moderna e contemporanea. Franco Angeli,
Milano 2000, p. 15
7
che non intrattengono alcuna rilevante relazione con i rispettivi contesti
insediativi e culturali.
Dunque, le caratteristiche dello spazio collettivo, al di là degli aspetti tipologici
e funzionali, sono di tipo sociale e culturale e si possono rintracciare
nell’accessibilità libera a tutte le categorie di utilizzatori, nelle relazioni con il
contesto e nei sentimenti che la popolazione locale, ma non solo, nutre nei
confronti di tali luoghi.
Lo spazio collettivo ideale dunque non è di norma uno spazio “nuovo” ma uno
spazio che ha una storia che ne permette l’inserimento in un contesto ben
preciso, i cui utilizzatori non siano in alcun modo diretto o indiretto selezionati,
che sia l’espressione di una realtà socio culturale, nel senso di manifestazioni di
appartenenza di rispecchiamento dell’economia locale di riconoscibilità del
luogo rispetto al contesto. In questo senso non sono considerabili spazi collettivi
tradizionali i grandi shopping mall suburbani (frutto della globalizzazione)
dove non solo la struttura architettonica spesso non intrattiene alcuna relazione
con il contesto
3
ma la presenza di esercizi commerciali non rimanda ad alcuna
realtà locale, per cui ad esempio uno shopping center sudamericano è quasi
identico per offerta, presenza di marchi, decoro ad uno inglese o tedesco o
italiano. Inoltre lo spazio collettivo non ha valenza esclusivamente di tipo
culturale o economico, ma anche in senso allargato, politico. Per valore politico
di spazio collettivo s’intende principalmente l’idea che la società esprima
attraverso uno specifico tipo di spazio i suoi valori
4
.
1.2. Lo spazio collettivo: alcuni meccanismi della sua formazione e
suo valore nella società contemporanea
Un solo aggettivo accostato alla città può fotografare perfettamente la sua
individualità e la sua vocazione, che devono perciò essere valutate e
3
Pensiamo ad esempio ai negozi IKEA, luoghi di grande successo di pubblico in tutto il mondo,
ma uguali tra di loro, non c’è consistente differenza tra l’IKEA di Roma e quello di New York o
di Pechino.
8
rispettate; accostamenti che creano un nesso evidente tra qualità
dell’insediamento e caratteristiche dei suoi abitanti, cosicché il paesaggio
urbano non è solo il risultato di contrasti volumetrici o quantità di
decorazioni, ma è depositario di valori civili e morali.
5
In queste poche parole si condensa una delle necessità cruciali per il
ripensamento dello spazio collettivo; ovvero la necessità di individuare un
carattere specifico dello spazio, dal quale ripartire in sede di ripensamento
formale e funzionale degli spazi collettivi. Il recupero dei valori di identità di
uno spazio collettivo passa quindi attraverso la focalizzazione e la rilettura
critica della storia dello spazio stesso, l’individuazione di funzioni, simboli,
valori formali e sociali che devono essere la base dalla quale partire per
un’operazione di ripensamento dello spazio.
Altro punto essenziale per una giusta riconsiderazione degli spazi collettivi è
l’analisi dei meccanismi di formazione degli spazi collettivi, elemento
fondamentale per comprendere come e dove agire per rivitalizzare gli spazi
collettivi.
1.2.1. Meccanismi della formazione dello spazio collettivo
Come si è detto nel paragrafo precedente, l’analisi dei processi della formazione
e del riuso degli spazi collettivi è importantissima per approcciarsi alla
riqualificazione. Esistono tre processi principali che generano un riuso di spazi
già esistenti o la creazione di nuovi spazi collettivi: il primo è di tipo
tradizionale che sfrutta la distribuzione e l’agglutinazione di funzioni lungo
linee e punti creando così alternativamente o contemporaneamente punti di
sosta o di movimento. Il secondo si è sviluppato più recentemente, dagli anni
Settanta ad oggi ed è il frutto di un profondo cambiamento della società che ha
4
Sull’argomento dello spazio collettivo come spazio politico sarà dedicato un paragrafo in
seguito.
5
E. Gugliemi, La lettura storica del paesaggio urbano come fase preliminare alla sistemazione degli spazi
esterni, in: La qualità diffusa. Il dettaglio degli spazi collettivi nel progetto di arredo urbano. A.
Ubertazzi (a cura di), Progetti museali editore, Milano 1994, p. 129.
9
portato la cultura giovanile, in aperta rottura con i valori e i modi d’uso
tradizionali dello spazio, ad appropriarsi e rifunzionalizzare spazi nodali per il
tempo libero. Un altro meccanismo, questo recentissimo, è basato sulle
migrazioni periodiche di fasce di popolazione per eventi legati al tempo libero,
in aggiunta a quelle tradizionali degli spostamenti residenza lavoro.
Questi meccanismi sono legati a diversi tipi di tessuti urbani. Il primo si
configura come uno spazio continuo, che si articola su punti e linee collegati tra
di loro e che costituiscono una rete organica e continua, tipica inoltre dello
spazio della città storica. Nel secondo meccanismo si evidenzia invece un
tessuto formato da punti scollegati tra di loro, anche se abbastanza
uniformemente distribuiti sul territorio, il terzo meccanismo invece presenta
grandi emergenze circoscritte nel tempo e nello spazio.
1.2.2. Valore dello spazio collettivo nella società contemporanea,
ovvero il valore politico dello spazio collettivo.
Nella società delle comunicazioni di massa, può sembrare che lo spazio
collettivo sia un residuo di altre epoche ormai lontanissime, nelle quali le
notizie venivano portate dai mercanti, le leggi annunciate nella pubblica piazza
e gli avvenimenti delle vite dei cittadini condivise sotto i portici o nelle vie.
Dove sta dunque oggi il valore dello spazio collettivo?
Fino a quando la comunicazione a distanza e la comunicazione di massa
saranno controllate dall’alto e utilizzate come strumenti di produzione
dell’egemonia e di gestione del consenso, le città e le metropoli sono ancora
gli unici spazi collettivi disponibili per le classi subalterne: gli unici spazi
cioè, nei quali è possibile che si realizzi la circolazione delle informazioni e
il confronto delle esperienze in presenza di una concentrazione di persone
sufficientemente ampia da costituire un sottoinsieme di rapporti non
irrilevante rispetto all’intero sistema sociale. Gli spazi collettivi, gli spazi
usati da tutti o da molti, non sono di per sé modalità di emancipazione o di
liberazione: sono però spazi il cui uso può collegarsi all’emergere di una
10
struttura di rapporti sociali […] capace di agire per il soddisfacimento di
bisogni che i membri della struttura stessa riconoscono come comuni,
attraverso lo scambio di informazioni e il confronto delle esperienze.
6
In queste poche frasi si condensa quello che è a mio avviso il maggiore dei
significati residui dello spazio collettivo, e cioè la possibilità che lo spazio
collettivo rappresenta in termini di libera espressione delle necessità e delle
opinioni di gran parte dei cittadini delle città, che non avendo libero accesso ai
mezzi di comunicazione di massa, se non nei termini decisi da chi i mass-media
li controlla, devono avere la possibilità di sfruttare gli spazi della città per ogni
espressione collettiva che non trovi spazio di libera espressione altrove.
Con l’espressione “valore politico dello spazio collettivo” si vuole quindi
intendere il valore dello spazio collettivo come spazio di libera espressione così
come si è configurato nei secoli di vita urbana dell’umanità.
1.3. Una riflessione sull’equivalenza tra società dei consumi e spazi
di consumo.
Rispetto a quanto esposto prima in merito alla necessità da parte delle persone
di trovarsi fisicamente in un luogo per farne un’esperienza diretta, si è detto che
in qualche modo possono essere considerati rituali collettivi anche momenti
dedicati al consumo e non solo al consumo di beni ma anche a quello culturale,
in particolare oggi che le città e le istituzioni culturali hanno allargato l’offerta
di consumi culturali per attirare turisti e viaggiatori. Nella società di oggi si
scorge una rapida e tumultuosa mutazione. Non si può non cogliere il fatto che
la democrazia, le espressioni della società cominciano ad essere rappresentate
in modi diversi, nuovi ed eterodossi rispetto al passato. L’idea dello spazio
collettivo è mutata radicalmente, e sarebbe estremamente miope non accorgersi
che la concezione di spazio collettivo non può più essere quella valida in un
tempo precedente alle telecomunicazioni mobili, alla rete internet, alla
6
A. Signorelli, Antropologia urbana. Introduzione alla ricerca in Italia, Guerini Studio, Milano 1996.
11
partecipazione massiccia della “gente comune” alle trasmissioni televisive, e a
tutte quelle forme nuove e sorprendenti nelle quali si esprime la collettività.
Inoltre la stessa riflessione sull’identità porta a conclusioni talvolta estreme,
come ad esempio quella di considerare come l’unica vera occasione-espressione
di identità collettiva quella del consumo di massa. Difatti partendo dal fatto che
le identità umane si sono polverizzate in una miriade di diversissime realtà, si
giunge alla conclusione che l’unica identità valida, diffusa, che raccoglie un
numero sufficiente di persone è quella del consumo.
Oggi, ogni persona è un consumatore che soccombe alle regole del mercato, del
desiderio indotto, della sensazione temporanea di soddisfazione sensoriale data
dall’acquisto di un determinato oggetto o dal consumo di uno spettacolo o di
un avvenimento. Ma se l’uomo di oggi è uomo–consumatore, allora, lo spazio
pubblico dell’uomo consumatore sarà prevalentemente uno spazio di consumo,
e ciò determina una mutazione dello spazio collettivo.
Lo spazio di consumo assume diverse forme, che vanno dallo shopping mall
suburbano, alla strada commerciale del centro cittadino celebre per i suoi
negozi, passando per la riqualificazione di edifici industriali dismessi nel centro
cittadino. Ma non è solo la presenza di funzioni commerciali a caratterizzare lo
spazio di consumo, si possono definire spazi di consumo in senso lato anche
tutti quegli spazi che vengono temporaneamente attrezzati per manifestazioni
culturali, sportive o politiche, e che una volta terminato l’evento vengono
nuovamente inglobati nella non-esistenza quotidiana.
1.3.1. Una riflessione sullo spazio di consumo
Si affacciano dunque nuove categorie di lettura degli spazi, non più di tipo
esclusivamente funzionale, ma estetico – sensoriale. In effetti, non credo che si
possa dire che tali categorie siano novità assolute, poiché in epoche passate il
bello come categoria filosofica era decisamente presente nella mente del
pianificatore o dell’architetto che pensava a veicolare con un linguaggio
12
simbolico ed estetico condiviso dalla popolazione e dalla classe dirigente, i
valori della società dell’epoca. Si pongono in questo modo due ordini di
problemi: il primo relativo ad un sistema estetico – simbolico condiviso e
riconoscibile che possa essere specchio e rappresentazione della società
odierna
7
, il secondo investe la rilettura del sistema del passato e le ragioni della
suo duraturo ed attuale successo. In pratica si tratta di capire quali forme deve
assumere lo spazio collettivo “nuovo” per ottenere veri luoghi collettivi, e
dall’altra capire perché a distanza di secoli dalla loro realizzazione alcuni spazi,
e nel caso italiano, quelli dei centri storici, riescono ancora ad avere la capacità
di attrarre grandi quantità di persone che li frequentano non solo per le
esigenze pratiche che vi si possono espletare ma per il “piacere” di frequentarli.
1.4. La struttura della vita moderna e la frantumazione percettiva
dello spazio di vita. Lo spazio collettivo come una mappa di punti
slegati – tempi della vita e mappatura dello spazio collettivo.
Esistono inoltre spazi collettivi di diverso tipo: quelli centrali e quelli locali. Le
moderne metropoli, in special modo in Italia, sono luoghi dove la mobilità
risulta una discriminante enorme di accesso esistono di riflesso, con ogni
probabilità, intere categorie di persone che non frequentano per motivi di
inaccessibilità pratica gli spazi collettivi “centrali”: i grandi spazi di
rappresentazione per. Si creano così grandi spazi del consumo, e micro – spazi
collettivi. Nel caso di Roma poi, si è addirittura detto che è divisa in diverse e
separate sotto-città, così ci sono interi strati della popolazione le cui necessità
sono necessariamente esaudite da questi micro-spazi locali. Bisognerà dunque
esaminare anche questi micro spazi di quartiere. Ritengo opportuno che queste
due categorie siano esaminate con gli stessi criteri, poiché le necessità e le
7
Nell’epoca della comunicazione scritta e verbale di massa, si è persa la forza della
rappresentazione simbolica. Nel passato l’analfabetismo diffuso era compensato da una
profonda conoscenza di un codice simbolico riconosciuto che caratterizzava in maniera forte
anche il costruito e il decoro urbano e che serviva proprio a quel senso di “identità” che oggi si
lamenta come perso.
13
caratteristiche dello spazio collettivo non possano essere diverse se si tratta di
una piazza di quartiere o di una piazza monumentale.
La stragrande
maggioranza delle
persone svolgono le
proprie attività
quotidiane tra due o tre
punti diversi della città.
Il luogo in cui si abita e il
luogo in cui si lavora
sono in genere i due
estremi di un percorso
lungo il quale si snodano
le giornate. In questo modo, dato il progressivo spopolamento dei centri storici,
e la collocazione generalmente isolata delle grandi strutture dello spazio di
consumo, questi spazi della città sono fuori dagli itinerari “normali” della
stragrande maggioranza delle persone. Nella percezione della maggioranza dei
suoi abitanti dunque il vero cuore della città dunque è quello dove si svolgono
le funzioni necessarie, quelle del lavoro e della quotidianità. Tali funzioni, che
sono distribuite in modo relativamente omogeneo nel tessuto urbano, a causa
degli spostamenti quotidiani, vengono normalmente percepite come punti
separati sia nelle nostre mappe mentali che nei percorsi che facciamo. Nella
giornata tipo di molti di noi è assolutamente normale percorrere molti
chilometri in automobile lungo percorsi a scorrimento rapido che ci portano in
tempi (relativamente) brevi da una parte all’altra della città. Riflettendo sui
nostri percorsi possiamo considerare che al momento di prendere il nostro
autobus quotidiano o imboccare la tangenziale entriamo in una sorta di tunnel
spazio temporale attraversato il quale ci si trova a destinazione senza la benché
minima idea di quello che abbiamo visto lungo il nostro percorso. Riflettendoci
bene è possibile che non abbiamo alcuna idea di dove portino tutti gli svincoli
stradali che non usiamo né di che tipo di spazio urbano e quartiere troveremmo
scendendo ad una fermata imprevista della metro o dell’autobus, ignorando di