5
La presente ricerca prende in esame uno dei periodi più turbolenti, più
affascinanti ed allo stesso tempo meno indagati, perlomeno con la profondità
che meriterebbe, della storia medievale di Lodi. Il XIII secolo rovesciò infatti
sulla città lombarda le peggiori conseguenze del conflitto tra papato ed impero;
della personalità feroce, autoritaria ma anche lungimirante di Federico II; dei
conflitti intestini, fosco destino cui si erano avviate quasi tutte le città
settentrionali nel lacerarsi delle loro istituzioni ancora fragili; e, infine, della
pressione svolta sulla città stessa dalla Chiesa attraverso i suoi rappresentanti.
Tutte le indagini storiche rappresentano una sfida volta alla ricostruzione
di fatti di cui restano magari solo poche e aride fonti, e l’interpretazione delle
carte inedite del periodo 1238 – 1252 conservate nell’Archivio della Mensa
Vescovile di Lodi è stata spesso di difficile contestualizzazione, richiedendo
un’integrazione tra fonti edite e studi già svolti in ambito perlopiù locale e
informazioni fornite da pergamene capaci però di aprire squarci anche di
estremo interesse in un momento buio di Lodi.
Ne è emerso un quadro coerente e dettagliato, per il quale ho scelto una
prospettiva cronologica ed una periodizzazione basata sulla vita di quello che fu,
per il clero lodigiano del Duecento ma anche per le stesse sorti della città, la
figura più influente, nonché un rappresentante fiero ed incisivo: il vescovo
Ottobello Soffientini.
Il primo capitolo traccia quindi le linee generali della situazione di una
Lodi reincarnatasi nella seconda metà del XII secolo per volontà del Barbarossa
dopo la sua completa distruzione, ma preda già negli anni ’20 del XIII di
lacerazioni insanabili che porteranno ad una vera faida interna per l’esercizio del
potere economico e politico. Si approfondiranno, ricollegandosi alla storiografia
già esistente in merito, le cause profonde della spaccatura nel contesto
extracittadino del conflitto tra i due poteri, quello imperiale e quello
ecclesiastico; e si introdurrà la figura di Ottobello, il cui lungo episcopato
accompagnò attivamente la fase conflittuale sin dai suoi esordi.
6
Dal secondo capitolo verranno prese in esame le fonti inedite presenti
nell’archivio diocesano, che mostrano l’attività diplomatica residua
dell’episcopato dopo l’emanazione, da parte di papa Gregorio IX, dell’interdetto
(e quindi la chiusura delle chiese cittadine e l’interdizione della città a qualsiasi
sacramento). Un’attività che l’energico vescovo tentò di mantenere entro i binari
dell’imposizione di un’autorità formalmente annullata ma fisicamente ancora
ben presente, pur tra mille ostacoli, e che ancor più che nei decenni precedenti
mostrò con forza il suo lato signorile.
Il terzo capitolo mostrerà invece, attraverso il gruppo più numeroso di
documenti rimastici per il periodo, un caso particolare che fece da perno degli
ultimi anni di episcopato di Ottobello: quello, controverso e dalle radici
profonde, di Castiglione d’Adda e del suo monastero benedettino di San Vito.
Dopo un’indagine sui singoli passaggi del contrasto tra il vescovo ed i monaci si
condurrà un parallelo con un’altra contesa fondamentale che vide protagonista il
Soffientini: quella con la potente comunità Umiliata di Ognissanti in Fossadolto.
La seconda parte della tesi, parafrasando la periodizzazione comunemente
utilizzata per il Canzoniere del Petrarca, verte invece sul periodo in morte di
Ottobello e si prefigge di ricercare le conseguenze sul clero laudense
dell’assenza, in una situazione politica tanto difficoltosa, di una figura così
carismatica, l’unica che seppe probabilmente evitare lo sbando del clero rimasto
fedele a Roma. Il quarto capitolo mostra le poche attività testimoniateci per gli
amministratori episcopali nominati da Innocenzo IV nell’ottica di un
progressivo disgregarsi delle forze ghibelline e con la prospettiva, quindi, di un
rovesciamento di fronte che stava per essere attuato a breve.
Il quinto capitolo, l’ultimo, tratta invece le circostanze della rivolta interna
ai ghibellini che portò al potere il golpista Sozzo da Vistarino, futuro signore di
Lodi, e della ripresa del regolare svolgimento dell’attività curiale con la nomina
del vescovo Bongiovanni Fissiraga, capace in breve tempo, soprattutto grazie
alla sinergia con l’autorità signorile appena insediatasi in Lodi ed alla
7
disponibilità economica di cui poté godere, di restaurare gradualmente lo status
di un clero abbattuto (e diviso esso stesso) ormai da quasi un ventennio.
8
Capitolo 1
La lotta tra fazioni a Lodi nel XIII secolo
9
1.1 La ‘guerra Overgnagorum’
L’instabilità politica generata dagli squilibri sociali, politici ed economici
che attanagliavano i comuni
1
della Penisola nel corso del XIII secolo
2
coinvolse
naturalmente anche Lodi, che si trovò al centro della lotta tra Impero e Papato in
ambito extracittadino e tra le fazioni dei Sommaripa (o Sommariva) e
Overgnaga in quello interno. Nel primo decennio di quel secolo, infatti, la città
stava ancora riorganizzando le proprie strutture politiche dopo la pace conclusa
nel 1198 con la città di Milano, contro la quale aveva svolto una guerra dagli
esiti rovinosi: Lodi si apprestava ad entrare definitivamente nell’orbita milanese,
1
Per un necessario orientamento nell’infinita storiografia avente come argomento il Comune
italiano e lo sviluppo delle sue dinamiche interne ed esterne dobbiamo considerare alcune
opere considerate dei veri e propri “classici” nel campo per originalità di temi e profondità di
ricerca: tra le prime in ordine cronologico sono da segnalare G. SALVEMINI, Magnati e
popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Firenze, 1899; G. VOLPE, Una nuova teoria sulle
origini dei comuni, in Archivio Storico Italiano (1904), ora in ID., Medioevo italiano, Firenze,
1922. È però dalla metà del ‘900 che il Comune è stato fatto oggetto di ricerche approfondite,
a partire da G. CASSANDRO, voce Comune in Nuovissimo Digesto Italiano, III (1959);
proseguendo con E. SESTAN, La città comunale italiana dei secoli XI-XIII nelle sue note
caratteristiche rispetto al movimento comunale europeo, Stoccolma, 1960, ora in Forme di
potere e struttura sociale in Italia nel Medioevo, a cura di G. ROSSETTI, Bologna, 1977; C.
VIOLANTE, La società milanese nell’età precomunale, Bari, 1953; O. BANTI, 'Civitas' e
'Comune' nelle fonti italiane dei secoli XI e XII, in Critica Storica, n.s. IX (1972), ora in
volume Forme di potere cit.. Studi più specifici sono i seguenti: A. I. PINI, Città comuni e
corporazioni nel Medioevo italiano, Bologna, 1986; E. ARTIFONI, Tensioni sociali e
istituzioni nel mondo comunale in La Storia II: Il Medioevo, Torino, 1986; R. BORDONE,
Nascita e sviluppo delle autonomie cittadine, ibidem. Alcune riflessioni sulla storiografia
della società comunale sono state infine espresse da Gabriella Rossetti in G. ROSSETTI, Tra
storia e storiografia comunale: cambiamo rotta e Civiltà urbana e sistema dei rapporti
nell'Europa del Medioevo e della prima età moderna: una proposta di ricerca, entrambi in
Spazio, società, potere nell'Italia dei comuni, a cura di G. ROSSETTI, Napoli, 1986; ed in G.
ROSSETTI, Il comune cittadino: un tema inattuale?, in L'evoluzione delle città italiane
italiane nell'XI secolo, a cura di R. BORDONE e J. JARNUT, Bologna, 1988.
2
Cfr. ad esempio G. TABACCO, G. G. MERLO, Medioevo, Bologna, 1981, pp. 412-413: la
nascita degli organismi comunali avvenne in risposta alle tensioni sociali, alla volontà di
superamento dell’autorità vescovile ed al progetto di conquista del contado, base territoriale
necessaria per il consolidamento del potere di quei cives che vi possedevano signorie, beni ed
interessi. Cfr. anche R. MANSELLI, Egemonia imperiale, autonomia comunale, potenza
politica della Chiesa, in Storia d’Italia, Torino, 1981; G. TABACCO, Ghibellinismo e lotte di
partito nella vita comunale italiana, in Federico II e le città italiane, Palermo, 1994; ID.,
Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano, Torino, 1979; D. WALEY, La
città-repubblica dell’Italia medievale, Torino, 1980, oltre alla bibliografia citata alla nota 1.
10
nell’ambito dell’espansione del predominio di questa città in area padana
3
, con
un interesse politico diretto che essa renderà sempre più invasivo, sino
all’assorbimento del comune lodigiano nel proprio stato verso la fine del secolo.
Le due fazioni interne citate si dividevano interessi economici specifici e
godevano di differenti appoggi: Cesare Vignati
4
, alla fine del XIX secolo,
assegna agli Overgnaga una rappresentanza popolare, ponendo invece a capo
della nobiltà i Sommaripa e le famiglie a loro alleate e descrivendo i primi come
una fazione assetata di potere e ben disposta all’uso della forza per ottenerlo. Più
articolata e verosimile la ricostruzione di Alessandro Caretta
5
, che colloca
entrambe le fazioni nella classe capitaneale
6
, da cui gli Overgnaga, associati alla
sola famiglia dei de Cuzigo, si staccano per tentare un colpo di mano e ottenere
l’esercizio del potere in Lodi, insieme ai privilegi annessi. Questa fazione
costituiva naturalmente una minoranza e, sempre seguendo il ragionamento
dello storico lodigiano, possedeva una minore influenza sulle masse popolari
così come sulla “borghesia”, a differenza dei Sommaripa, che potevano vantare
la presenza di esponenti in grado di rivestire cariche consolari nei comuni. Da
3
Cfr. E. OCCHIPINTI, L'Italia dei comuni: secoli XI-XIII, Roma, 2000; G. MILANI, I
comuni italiani: secoli XII-XIV, Roma, 2005; R. PERELLI CIPPO, Tra arcivescovo e
comune, Milano, 1997, p. 43 sgg.
4
C. VIGNATI, Lodi e il suo territorio, Milano, 1860, pag. 35
5
A. CARETTA, La lotta tra le fazioni di Lodi nell’età di Federico II (1199 – 1251), a cura
dell’Archivio Storico Lodigiano, Lodi, 1983, p. 38 e ss. Il principale problema per la
storiografia di ambito lodigiano riguarda la mancanza di una cronaca locale, cui Alessandro
Caretta ha sopperito, nell’unica ricerca disponibile sul periodo preso in esame, incrociando
fonti primarie locali e delle città circostanti, con le quali Lodi intratteneva naturalmente
rapporti sia commerciali e politici sia militari.
6
Un riassunto della situazione politica e sociale a Milano (e quindi sintomatica di quanto
avveniva nei comuni settentrionali duecenteschi) è presente in Storia di Milano, p. 116: si
rileva soprattutto lo svincolarsi dell’aristocrazia cittadina (cioè dei capitanei) dagli obblighi di
fedeltà all’imperatore, che già da decenni stavano passando in secondo piano rispetto ai
doveri verso la propria città. La creazione della figura del podestà, che quasi inevitabilmente
proveniva proprio dalle file dei capitanei, fu lo sviluppo massimo della tendenza
all’autonomia cittadina da parte di questa fascia sociale. Sulle dinamiche sociali, economiche
e politiche interne ai comuni del XIII secolo cfr. P. JONES, The italian city-state – From
commune to signoria, Oxford, 1997; K. BOSL, Il risveglio dell’Europa: l’Italia dei Comuni,
Bologna, 1985; R. FOSSIER, Il balzo in avanti, in Storia del Medioevo, vol. II: Il risveglio
dell’Europa – 950-1250, Torino, 1985. Per il titolo di capitanei cfr. il caso esaminato in A.
CASTAGNETTI, Governo vescovile, feudalità, ‘communitas’ cittadina e qualifica capitanale
a Trento fra XII e XIII secolo, Verona, 2001.
11
qui forse la definizione di “popolari” attribuita agli Overgnaga dal Vignati, che è
però in errore nel descriverli come trascinatori del popolo: l’utilizzo degli
strumenti dell’arte politica (in aggiunta all’uso della forza) fu infatti
appannaggio dei Sommaripa, cui gli Overgnaga si trovarono a rispondere
prevalentemente con le armi.
Già nel decennio citato sono evidenti, a dispetto o a volte a causa della
scarsità di fonti, diversi indizi che ci portano a considerare un contrasto tra
diverse parti sociali: il silenzio totale evidenziato dal Caretta per le fonti
nell’anno 1209 sembra infatti preludere alla nomina di un unico podestà
forestiero negli anni 1210 e 1211, con lo scopo apparente di riappacificare gli
animi all’interno del comune lombardo. Ugo Prealone, milanese, veniva quindi
posto in carica in via straordinaria, dato che uno statuto del 1232
7
ci conferma la
consuetudine di annualità per la nomina del podestà, e ciò ci induce a sospettare
la presenza di lotte intestine; come riportato del resto da Vignati
8
, che cita una
doppia elezione podestarile, con la nomina di “uno degli Overgnaga” cui
Prealone avrebbe contrapposto la propria, ottenendo una momentanea pausa nei
contrasti attraverso l’esercizio contemporaneo della carica. Nessuna traccia di
questa doppia elezione appare nei documenti del Comune di Lodi
9
, e lo stesso
7
Statuta vetera Laude 79, p. 564, in CDLaud, 2/2
8
VIGNATI, Lodi, pag. 35
9
Cfr. Il Liber Iurium del Comune di Lodi, a cura di A. GROSSI, Roma, 2004. Compilato nel
nucleo di base nel 1284 per mano di un unico notaio, il Liber Iurium venne in seguito
aggiornato sino al 1335, anno che vide l’inizio della signoria di Azzone Visconti su Lodi. A
quest’anno si giunge attraverso 160 documenti (a cui ne vanno aggiunti altri 7 contenuti in
carte oggi perdute, pervenuti attraverso copie tratte dallo stesso Liber ed editi in appendice)
datati a partire dall’ultimo quarto dell’XI secolo. La base dell’odierna ricerca sui libri iurium
dei comuni italiani è stata fornita in P. TORELLI, Studi e ricerche di Diplomatica Comunale,
I, in Atti e memorie della R. Accademia Virgiliana di Mantova, n.s., IV, 1911, p. 3-99 e ID.,
Studi e ricerche di Storia Giuridica e Diplomatica Comunale, Mantova, 1915, oggi raccolti
con il titolo Studi e ricerche di Diplomatica Comunale, Roma 1980. Solo negli anni recenti
però la storiografia si è occupata in modo approfondito di questo argomento: cfr. A.
ROVERE, I «libri iurium» dell’Italia comunale, in Civiltà comunale: libro, scrittura,
documento, Atti del convegno, Genova, 8-11 novembre, Genova, 1989, pp. 159-199; A.
BARTOLI LANGELI, Le fonti per la storia di un comune, in Società e istituzioni dell’Italia
comunale: l’esempio di Perugia (secoli XII-XIV), Congresso storico internazionale, Perugia
6-9 novembre, Perugina, 1988, I, pp. 5-21; L. PUNCUH - A. ROVERE, I «libri iurium»
dell’Italia comunale: una iniziativa editoriale degli Archivi di Stato, in Rassegna degli
12
Caretta non ne tiene conto nella propria indagine: non siamo quindi in grado di
risalire alle fonti originariamente utilizzate dal Vignati.
A descrivere brevemente questa prima controversia concreta è Defendente
Lodi
10
, che usufruiva nel XVII secolo di un codice per noi perduto in maniera
quasi integrale: l’erudito cita, per il novembre del 1211, una “divisione notabile
fra il popolo e la nobiltà”, che venne sopita solo grazie all’intervento del
podestà Prealone e all’azione di quattro pacieri. La composizione di questo
collegio consolare
11
, con un solo membro di provata parte Overgnaga
12
, ci porta
a intuire un maggior favore popolare verso i Sommaripa, da cui probabilmente
gli Overgnaga si sentivano oppressi e danneggiati nella proprietà. Dobbiamo
ricercare le prove di questa affermazione all’interno dei pochi documenti
superstiti, alcuni dei quali
13
documentano azioni di risposta alle operazioni
compiute a proprio vantaggio dal Comune di Lodi.
L’inizio vero e proprio della guerra Overgnagorum è però da collocarsi
dopo il 1219: una leggera prevalenza della parte Overgnaga nell’organismo
consolare in quell’anno, grazie alla presenza di due propri membri e di un
podestà identificabile come filosvevo (e quindi, in questo momento, allineato
Archivi di Stato, XLIX, 1989, pp. 580-585; C. CARBONETTI VENDITTELLI, Documenti
su libro. L’attività documentaria del comune di Viterbo nel Duecento, Roma, 1996; A.
ROVERE, Tipologia documentale nei Libri iurium dell’Italia comunale, in La diplomatique
urbaine en Europe au moyen âge, Actes du congrès de la Commission internationale de
Diplomatique, Gand, 25-29 août 1998, a cura di W. PREVENIER e T. DE HEMPTINNE,
Leuven-Apeldoorn, 2000, pp. 417-436; Libri Iurium e organizzazione del territorio in
Piemonte (secoli XIII-XVI), Atti del Convegno, Mondovì, 29 marzo 2003, a cura di P.
GRILLO e F. PANERO, Cuneo, 2003. Una visione complessiva è presente in D. PUNCUH,
La diplomatica comunale in Italia dal saggio di Torelli ai nostri giorni, Ibidem, pp. 383-406.
10
D. LODI, Discorsi historici in materie diverse appartenenti alla città di Lodi, Lodi, 1629,
p. 487
11
Sul consolato nei comuni italiani cfr. G. ZANETTI, Il Comune di Milano dalla genesi del
consolato fino all'inizio del periodo podestarile, in “Archivio Storico Lombardo”, XLVII
(1935) e la bibliografia citata alla nota 1.
12
CARETTA, p. 22
13
Il documento presente in C. VIGNATI, Codice Diplomatico Laudense (d’ora in avanti
CDLaud), Milano, 1879, n. 251 ne è un esempio. La raccolta del Vignati, edita tra il 1879 e il
1885, comprende per la maggior parte documenti provenienti dall’archivio della mensa
vescovile di Lodi (d’ora in avanti AMVLo), ma anche una prima edizione integrale del Liber
Iurium ed alcuni documenti provenienti dagli archivi di stato di Cremona e Milano.
13
con gli Overgnaga stessi), seguita da un capovolgimento di fronte nell’annata
successiva, induce a pensare al seme della discordia armata che scoppierà di lì a
breve. Un altro indizio - non comprovato, ma verosimile - riguarda una
concessione rilasciata dall’imperatore Federico II il 28 novembre del 1220
14
,
ribadendo sostanzialmente quanto già attribuito alla città da Ottone IV, tra cui il
controllo delle acque del territorio ed in special modo quelle del fiume Lambro.
Questo provvedimento poneva Lodi in diretto contrasto, quantomeno a livello
formale, con Milano, dato che la pace di Costanza
15
e il trattato del 1198
riservavano il fiume a quest’ultima, e anche se non sembra ci siano state
conseguenze concrete è lecito supporre che la concessione possa essere stata
sollecitata da alcuni membri della fazione Overgnaga, ansiosi di procurarsi un
appoggio da parte imperiale e far scattare qualche scintilla nei confronti di
Milano per ottenerne, di riflesso, prestigio in Lodi.
È comunque difficile stabilire con esattezza la durata e i termini della vera
e propria guerra: Vignati, senza alcuna prova documentale evidente, la colloca
nel 1221
16
, mentre Caretta
17
basa la propria ipotesi sull’elezione, dopo il luglio
1224, di un podestà, Negro Prealone, il quale ordina il recupero di una carta del
27 febbraio 1223 andata persa a causa della discordia
18
; lo storico anticipa al
1222 l’inizio delle schermaglie, collegandolo all’assenza di fonti per quell’anno,
ed è un dato di fatto che per tutto il 1222, sino proprio al febbraio 1223, tutti gli
atti del comune rimastici (riguardanti perlopiù l’Abbazia del Cerreto) siano stati
redatti a Crema
19
, a differenza delle annate immediatamente precedenti e
successive. Pare comunque certo che il terminus ante quem della discordia sia
14
CDLaud, n. 258, p. 267-70
15
Sulle clausole della pace di Costanza cfr. P. BREZZI, La pace di Costanza (1183): un
difficile equilibrio di poteri fra società italiana ed impero - Milano-Piacenza, 27-30 aprile
1983, Bologna, 1984 e Studi sulla Pace di Costanza, Milano, 1984. Per una visione locale
delle sue conseguenze cfr. B. PALLASTRELLI, Degli atti della pace di Costanza in ordine
alla storia piacentina, Piacenza, 1862.
16
CDLaud, 2/2, p. 568, nota 3
17
CARETTA, p. 38
18
CDLaud, 2/1, n. 269, p. 286
19
Cfr. Liber Iurium
14
l’elezione del suddetto Negro Prealone, chiamato a porre rimedio ad una
situazione rapidamente degenerata, con danni in termini economici ma anche e
soprattutto di vite umane (non si spiega altrimenti l’utilizzo, da parte delle fonti,
del termine guerra
20
al posto del precedente discordia
21
), con una serie di
conseguenze materiali minuziosamente elencate da uno statuto citato da
Caretta
22
; il quale a sua volta considera probabile il termine della guerra
precedentemente al 10 marzo 1224
23
. Casus belli potrebbe essere, nella
situazione presa in esame, una controversia legata alla coabitazione delle due
fazioni in un identico territorio, con relativi problemi di rivalità, cui si tentò di
porre rimedio da parte milanese con un lodo il 25 marzo del 1226
24
: dopo la fine
delle ostilità, quindi, ma in un momento in cui la situazione interna a Lodi è
tutt’altro che stabile, tanto da preludere al futuro capovolgimento di fronte.
Dalla ‘guerra Overgnagorum’ gli Overgnaga, che le conferiscono il nome
e sembrano esserne stati i principali promotori, uscirono sconfitti: imprigionati,
dovettero rifondere i vincitori Sommaripa ed i loro alleati utilizzando i propri
beni e proprietà. La prigionia della fazione sconfitta dovette però essere
relativamente ‘morbida’, dato che un atto milanese ci informa di condizioni
decisamente agevoli per i suoi esponenti: la reclusione non era effettuata nelle
carceri, ma in case private, in cui ci si poteva procurare cibo, bevande o altro
semplicemente pagando
25
. Una prigionia dalle maglie tanto larghe da permettere
agli Overgnaga di recarsi in gruppo (51 persone in totale, di cui 33 della sola
famiglia Overgnaga e 18 di famiglie alleate) a Milano, nel 1225, dichiarando al
20
CDLaud, 2/1, n. 327, p. 332
21
CDLaud, 2/1, n. 269, p. 286
22
Statuta vetera Laude 117a
23
Caretta si ricollega al contenuto di Statuta vetera Laude, n. 108, p. 557
24
Gli atti del Comune di Milano nel secolo XIII, Milano, 1976, a cura di M. F. BARONI, n.
151, p. 227
25
Gli atti del comune di Milano nel secolo XIII, a cura di M.F. BARONI, R. PERELLI
CIPPO, Alessandria, 1982-1987, n. 151b, p. 228
15
podestà di quella città, Avenno da Mantova
26
, di sottomettersi alle sue decisioni
in merito alla passata faida.
Ed è proprio questo il prezzo maggiore che l’intera Lodi dovette pagare
dopo la guerra Overgnagorum: la consapevole introduzione del polo di potere
milanese nelle controversie interne alla città, che portarono Milano a superare la
status di formale parità con la più piccola vicina e ad emettere, il 15 novembre
1225
27
, un arbitrato
28
tra le due parti (anche i Sommaripa avevano infatti inviato
i propri rappresentanti al podestà milanese
29
) che ordinava una forzata pace nel
territorio lodigiano, condannava all’esilio per una durata di cinque anni la
fazione Overgnaga e, soprattutto, sanciva indirettamente l’autorità milanese sui
fatti di politica interna della città di Lodi.
26
Che doveva rappresentare un interlocutore affidabile agli occhi degli Overgnaga, in quanto
già responsabile nel 1221 della riconciliazione tra arcivescovo e comune di Milano. Cfr.
Storia di Milano, pp. 208-209.
27
Ibid., n. 151, p. 223 sgg.
28
Cioè la soluzione della controversia emessa in quanto arbitro definito da entrambe le parti.
Sull’uso dell’arbitrato a partire dall’XI secolo cfr. L. MARTONE, Arbiter-Arbitrator – Forme
di giustizia privata nell’età del diritto comune, Napoli, 1984.
29
CARETTA, p. 57
16
1.2. Guelfi e Ghibellini: Federico II, Cortenuova e la rottura (1237)
Un secondo arbitrato, dopo quello del 1225, venne emanato dal consiglio
milanese il 25 marzo 1226, non solo ribadendo le proibizioni fatte
precedentemente agli Overgnaga, ma impedendo loro di presentare contro di
esso “rescriptum, auxilium, priuilegium, supplicatio”
30
: chiudendo quindi
definitivamente la questione a favore dei Sommaripa, fazione che ormai
governava saldamente Lodi. Alla base di una presa di posizione così netta vi era
certamente l’interesse milanese a vincolare a sé la parte vincitrice, avvicinandola
ulteriormente alla propria politica e garantendo un interesse della stessa nella
conservazione dello status quo stabilito dai due arbitrati.
È a questo punto probabilmente che gli Overgnaga iniziarono a
propendere dichiaratamente per la parte filosveva
31
, nella speranza di recuperare
altrove quella protezione che il comune di Milano, cui si erano rivolti
speranzosi, non aveva voluto offrire loro. Federico II
32
stava presentando se
stesso come difensore della cristianità di fronte alle agitazioni create dalle
30
CARETTA, La lotta, p. 62
31
In realtà non esistono riferimenti certi alla posizione filosveva degli Overgnaga
precedentemente alla presa del potere dopo Cortenuova (1237), quando gli Annales
mediolanenses, a cura di G.H. PERTZ, in Monumenta Germaniae Historica, Hannover, 1863,
p.646, testimonieranno la predilezione di Federico II per gli Overgnaga stessi e della sua
avversione per i Sommaripa.
32
Base degli studi su Federico II, nell’enorme quantità di storiografia che gli è dedicata, resta
E. KANTOROWICZ, Federico II imperatore, Milano, 1988; D. ABULAFIA, Federico II. Un
imperatore medievale, Torino, 1990 ne propone una visione sostanzialmente aggiornata e
spesso modificata. Cfr. anche W. STÜRNER, Friedrich II., Darmstadt, 1992 – 1997 e G.
VITOLO, Federico II di Svevia, Napoli, 1995. Per un’esauriente guida dell’imponente
materiale biografico su Federico II cfr. C.A. WILLEMSEN, Bibliografia federiciana: fonti e
letteratura storica su Federico II e gli ultimi svevi, Bari, 1988, che però non comprende
ovviamente le decine di atti dei convegni tenutisi nel 1994 in occasione dell’ottavo centenario
della nascita dell’imperatore. Tra questi ultimi è necessario citare Federico II, Atti del
Convegno, a cura di A. PARAVICINI BAGLIANI e P. TOUBERT, 3 vol., Palermo, 1995 e
Federico II e la civiltà comunale nell'Italia del Nord : atti del Convegno internazionale
promosso in occasione dell'VIII centenario della nascita di Federico II di Svevia - Pavia,
Aula foscoliana dell'Università - Rivellino, Castello visconteo 13-15 ottobre 1994, a cura di
C. D. FONSECA e R. CROTTI, Roma, 2001.
17
eresie
33
e con la volontà dichiarata (e per il momento non attuata) di organizzare
una crociata
34
. Incoronato infatti nel 1220 imperatore in Roma da papa Onorio
III
35
, sposò nel 1227, in concomitanza con l’avvento al soglio pontificio di
Gregorio IX, Isabella di Brienne
36
, erede del titolo di Gerusalemme
37
, il che lo
portò ad una maggiore attenzione alla politica ‘mediterranea’ che aveva già
espresso precedentemente, e di cui la crociata avrebbe costituito lo strumento
finale. A questo scopo (o quantomeno come ‘copertura’ ufficiale
38
) l’imperatore
convocò una dieta a Verona, con l’obiettivo di ottenere l’appoggio delle città
italiane, ma il rifiuto all’adesione da parte di queste ultime e la ricostituzione
della Lega Lombarda, dopo decenni di inattività
39
, creò le condizioni per un asse
di rivolta comunale all’autorità dell’impero. A capo della Lega non poteva che
esservi Milano, che ormai controllava di fatto le decisioni in materia di politica
estera delle città circostanti, ad eccezione di Cremona, che per ragioni territoriali
e di conflitti economici e commerciali (senza dimenticare la sua antica
tradizione filoimperiale) si schierò immediatamente con Federico
40
.
33
Dal 1224 Federico II introdusse, sul piano del diritto laico, la pena di morte per la colpa di
eresia, presto imitato da altri sovrani europei. Cfr. MANSELLI, Egemonia imperiale, p. 122,
nota 1
34
Cfr. E. KANTOROWICZ, Federico II, cit., vol. 1, p. 133 sgg. e PERELLI CIPPO, Tra
arcivescovo, p. 52.
35
MANSELLI, Egemonia imperiale, p. 121
36
Cfr. M. PACIFICO, Isabella di Brienne, voce nel Dizionario biografico Siciliane, a cura di
G. FIUME, Siracusa, 2006, pp. 144-146.
37
MANSELLI, Egemonia imperiale, p. 123. L’appena tredicenne Isabella era figlia di
Giovanni di Brienne, che nella quarta crociata ottenne il titolo di Re di Gerusalemme da papa
Innocenzo III e da Filippo II, re di Francia. Sui rapporti tra Federico II ed il regno di
Gerusalemme cfr. anche M. PACIFICO, Federico II e il regno di Gerusalemme. Oriente e
Occidente a confronto nella prima metà del XIII secolo, Tesi di dottorato di Ricerca in Storia
medievale presso l’Università di Palermo, Palermo, 2006.
38
Scopo non dichiarato era infatti la volontà di riacquistare un predominio territoriale ormai
da tempo compromesso, con un’azione simile a quella messa in pratica nella più governabile
Germania.
39
Dal 1183. Per la “prima” Lega Lombarda, nella lotta contro Federico I Barbarossa, cfr. K.
SCHULZ, “Poiché tanto amano la libertà…” – Rivolte comunali e nascita della borghesia in
Europa, Genova, 1995, p. 187 sgg. Schulz prospetta la Lega Lombarda come una sorta di
‘comune potenziato’.
40
Sulla tradizione vicina all’impero di Cremona cfr. Cremona città imperiale nell’VIII
centenario della nascita di Federico II, Cremona 1999.
18
In questo contesto Lodi assumeva un ruolo strategico: sia per la propria
posizione geografica, sulle vie che da Milano conducono a Piacenza ed
all’avversaria Cremona, sia per l’instabilità politica che, come visto, la
caratterizzava e la rendeva vulnerabile all’azione milanese. Milano doveva poter
contare su una fazione in cui si identificasse l’intera autorità comunale di Lodi.
L’evoluzione della crisi portò quindi, prima del fatidico 1237, ad una divisione
netta delle rispettive influenze, con i Sommaripa ormai saldamente aggrappati al
polo milanese in funzione anti-imperiale e gli Overgnaga, come detto, sul fronte
opposto.
La contrapposizione ormai esplicita con i comuni lombardi portò però
Federico II a scoprire le proprie carte, annullando le concessioni della pace di
Costanza e preannunciando uno scontro che venne solo momentaneamente
posticipato dall’intervento papale. La battaglia di Cortenuova del 27 novembre
1237, che vide infine le truppe imperiali schiacciare i Milanesi ed i loro alleati
41
,
pur senza per questo gettare le basi di un dominio ghibellino effettivamente
unitario
42
, segnò quindi una cesura netta nei giochi politici del quindicennio
precedente: ribaltando gli equilibri di potere, pose fine alla soggezione diretta di
Lodi alla città di Milano, solo per inserirla in quella forse ancor più pesante
dell’imperatore svevo. Feroci furono infatti le vendette che Federico II perpetrò
contro i suoi oppositori in tutta l’area passata sotto al suo controllo, con eccidi
continuati nel tempo e non solo immediatamente successivi alla vittoria. A Lodi,
Federico entrò il 12 dicembre successivo
43
: fu un ingresso incruento,
determinato dalla spontanea resa della popolazione, che destituì il podestà e
41
MANSELLI, Egemonia imperiale, p. 125 o P. CAMMAROSANO, Federico II e i Comuni,
in Federico II e l’Italia, Roma, 1996, p. 32
42
G. PEPE, Lo stato ghibellino di Federico II, Bari, 1938, p. 78. Pepe rileva l’incapacità
dell’imperatore e dei cavalieri tedeschi di adattarsi alla situazione dei comuni padani, ben
diversi da quelli tedeschi, assoggettati senza praticamente fare uso della forza: qui città come
Brescia, che lo stesso Federico definisce “velut leena rugiens”, oppongono una vittoriosa
resistenza all’imperatore, causando una frammentazione forzata del territorio a lui
assoggettato.
43
CARETTA, La lotta, p. 80. Nel cap. 5 si vedrà il loro rientro nella città passata nel
frattempo alla signoria di Sozzo da Vistarino.