necessari per affrontare l’analisi di un caso particolare di inno-
vazione che occuperà tutta la seconda parte della tesi: la conver-
genza multimediale, ovvero quel fenomeno - al quale stiamo
assistendo proprio in questi anni - di progressivo avvicinamen-
to e ibridazione fra settori economici, prodotti, tecnologie e usi
sociali dell’audiovisivo, dell’informatica, della telefonia e dell’e-
lettronica di consumo.
Solitamente descritta come necessaria conseguenza del digitale,
la convergenza multimediale è stata fino a pochi anni fa argo-
mento per i soli addetti ai lavori, generalmente sostenitori di una
visione dell’innovazione tutta interna alla tecnica e fortemente
deterministica, che tende ad ignorare quel complesso insieme di
variabili che una volta fuori dal laboratorio condiziona il desti-
no di ogni oggetto tecnico. Non necessariamente, infatti, tutto
ciò che è tecnicamente funzionante si rivelerà poi economica-
mente e politicamente convenitene, nonché culturalmente e
socialmente accettabile.
Senza la pretesa di fare previsioni a lunga scadenza e senza voler
diminuire il grado di incertezza che ancora avvolge il destino di
questa nuova frontiera dell’innovazione, le riflessioni che ver-
ranno fatte nei capitoli quarto e quinto serviranno a mettere in
evidenza la pluralità e l’eterogeneità degli attori e dei fattori che
stanno spingendo verso un’integrazione fra mezzi tecnici un
tempo anche molto lontani fra di loro. La globalizzazione dei
mercati, sostenuta da una politica liberale e sempre più a dimen-
sione sovranazionale, l’emergere di una nuova soggettività, la
fine della società di massa e l’avvento del “villaggio globale”
sono gli elementi che costituiscono l’immaginario sociale di que-
sto fine millennio e con i quali i prodotti della convergenza mul-
INTRODUZIONE 11
steccati accademici che finora hanno impedito alle diverse disci-
pline che si sono occupate di innovazione di lavorare insieme
alla costruzione di un approccio sistemico ai processi di cambia-
mento tecnico. D’altronde, come si vedrà in seguito, la letteratu-
ra più recente si muove proprio in questa direzione, convinta
che criteri di convenienza economica, motivazioni di carattere
storico-politico o fattori socio-cultrali non riescono da soli a spie-
gare la natura pluridimensionale e a volte anche irrazionale del
cambiamento tecnico.
La prima parte di questo lavoro sarà dunque dedicata all’analisi
critica delle teorie e dei modelli di innovazione elaborati nel-
l’ambito dell’economia, della storia sociale delle tecniche e della
sociologia, le tre discipline che hanno dedicato maggiore atten-
zione al tema dell’innovazione tecnologica.
Mettere insieme in modo organico la frammentaria produzione
scientifica su questo tema non è stato compito facile. In partico-
lare per le teorie sociologiche, molta parte della documentazio-
ne bibliografica non è mai stata tradotta in Italia e, tranne per
alcune rare eccezioni, nessuna scuola o corrente di studio si è
mai dedicata in modo esclusivo a questo argomento. Nella mag-
gior parte dei casi, quindi, si tratterà di dar conto delle tesi di
singoli autori o gruppi di ricercatori che, nell’ambito delle tradi-
zionali aree di indagine sociale, si sono saltuariamente occupati
di tecnologia o l’hanno cominciato a fare solo di recente. Il crite-
rio di classificazione che verrà adottato per la presentazione dei
diversi punti di vista sarà quindi basato su una suddivisione per
temi ed argomenti, più che per scuole.
In ogni modo, al termine di questa rassegna, si disporrà della
terminologia, dei principi teorici e degli strumenti metodologici
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE10
timediale sono chiamati a confrontarsi.
Nel quinto e conclusivo capitolo si analizzeranno poi, in modo
specifico, le diverse forme di integrazione, o, meglio, le “conver-
genze possibili” fra computer, Internet, telefono cellulare, radio
e televisione.
Nonostante, infatti, l’integrazione multimediale abbia ormai
interessato praticamente tutti i settori della comunicazione, ad
un esame più attento, si intuisce che il processo sembra aver
intrapreso due direzioni abbastanza distinte. Da una parte c’è
l’ormai consolidata alleanza fra telefonia e Internet, tecnologie
molto simili per storia e usi sociali, che sembrano doversi fon-
dere definitivamente nel Web Mobile Phone, un cellulare poten-
ziato facente funzioni di Pc, e nei palmari, computerini tascabili
pensati per essere facilmente collegati alla Rete.
Aspetti diversi presenta, invece, il matrimonio più volte annun-
ciato tra Internet e la televisione, ma sulla cui realizzazione pesa-
no ancora insufficienze di ordine tecnico, connesse alla scarsa
qualità della visualizzazione sullo schermo delle pagine Web,
ma anche e soprattutto incompatibilità di carattere profonda-
mente sociale fra la fruizione dei due mezzi.
E’ necessario, quindi, chiedersi fino a che punto queste due dire-
zioni di integrazione siano da considerarsi come parte di un
unico processo o se, al contrario, la convergenza multimediale
vada intesa, più che come un unico paradigma di innovazione,
una modalità di cambiamento tecnico, al cui interno si stanno
sviluppando soluzioni anche molto diverse.
L’obiettivo ultimo di questa tesi resta però quello di scoprire die-
tro il proliferare di questi mezzi ibridizzati il messaggio di una
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE12
società turbolenta, sospesa fra la dimensione globale e planeta-
ria della comunicazione e la frammentazione e la personalizza-
zione degli stili di vita e delle abitudini di consumo.
INTRODUZIONE 13
PARTE I
TEORIE E MODELLI DI INNOVAZIONE
L’economia ha sentito presto l’esigenza di interessarsi allo studio
dell’innovazione tecnologica, al punto che oggi questa scienza
sociale è in grado di offrire un patrimonio di ricerche e riflessio-
ni sull’argomento, utili anche a chi, come il sociologo o lo scien-
ziato della comunicazione, non si occupa direttamente di model-
li di sviluppo economico.
Non deve stupire, quindi, che questa analisi critica sulle teorie
dell’innovazione tecnologica abbia inizio proprio qui, apparen-
temente lontano dai confini tradizionali di una tesi redatta in
una facoltà di Sociologia. In ogni modo, la trattazione che verrà
fatta in questo capitolo offrirà, credo, più di un’occasione per
giustificare questa scelta.
Con ciò non si vuole certo ridurre l’innovazione ad un fenome-
no soltanto economico. Al contrario, l’obiettivo di questo studio
è proprio quello di gettare un ponte fra discipline come l’econo-
mia, la storia delle tecniche e la sociologia che fino a poco tempo
fa hanno preferito indagare il fenomeno separatamente, per vie
parallele, interessandosi solo a ciò che ricadeva all’interno della
propria sfera di pertinenza.
Capitolo 1
Il contributo dell’economia
nologico, hanno insegnato come sia difficile descrivere l’innova-
zione nei termini di un meccanismo lineare e unidirezionale,
trainato o solo dal mercato o solo dall’offerta.
Le industrie produttrici, così come i consumatori, presi singolar-
mente, non sono in grado di decidere nulla, così come – traslan-
do la controversia in ambito sociologico -, né la sola tecnologia
né la sola società possono guidare i processi di innovazione. Il
fenomeno è più complesso e qualsiasi determinismo è inutile e
fuorviante. Non solo: è necessario inserire l’innovazione in un
modello a più variabili, in cui rivestano un ruolo importante,
non solo una pluralità di fattori economici (tra i quali anche, ma
non solo, l’offerta e la domanda), ma anche quegli elementi cul-
turali, storici, politico-istituzionali e sociali, in cui l’innovazione
nasce e si sviluppa.
Infine, per quel che attiene specificatamente a questo studio sui
mezzi di comunicazione a tecnologia integrata, è necessario pre-
mettere che dalla disciplina economica verranno presi a prestito
alcuni concetti chiave, come quello di “paradigma tecnologico”:
una nozione molto controversa e per certi aspetti anche ambi-
gua, ma che, opportunamente riformulata, risulterà estrema-
mente funzionale all’analisi della convergenza multimediale di
cui si discuterà nella seconda parte di questo lavoro.
1.1 La tecnica nel pensiero economico
Il contributo degli economisti classici all’analisi del cambiamen-
to tecnico è stato spesso sottovalutato perché ritenuto troppo
frammentario per poter fornire un quadro teorico compiuto. In
effetti, nell’economia classica l’innovazione tecnologica faceva
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
19
Contro questa visione “internalista” dell’evoluzione tecnologica,
si proporrà qui un approccio multidisciplinare al cambiamento
tecnico, fenomeno che, per sua natura, si colloca necessariamen-
te in una zona di frontiera fra tecnica, storia, economia e società.
Tratteremo punto per punto i princìpi e le teorie che meglio si
prestano ad essere esportati al di fuori dei confini economici.
Si può premettere fin d’ora, però, che alle riflessioni economiche
sull’innovazione possono essere riconosciuti due meriti princi-
pali. Innanzi tutto, l’aver compreso, da Schumpeter in poi, che è
necessario spostare l’attenzione sulle questioni delle scelte e
delle origini, più che sulle conseguenze dell’innovazione per
comprendere la natura anche sociale della nascita di nuove tec-
nologie: un passaggio che gran parte delle teorie sociologiche
stenta ancora ad intraprendere con decisione. Se è, infatti, utile
esaminare anche le conseguenze sociali dell’introduzione di
nuove tecniche, il filone di studi sugli effetti dei media elettroni-
ci si è rivelato forse fin troppo frequentato. Al contrario, invece,
ancora scarseggiano tesi e ricerche sociologiche che si interessi-
no alle cause dell’affermazione sociale dei nuovi prodotti tecni-
ci. Eppure, in un mondo dove la tecnologia ci circonda sotto
forma di tanti, piccoli e grandi oggetti d’uso quotidiano, dovreb-
be essere facile incuriosirsi ai motivi e alla storia di queste appa-
rentemente improvvise “tempeste elettroniche”. La sociologia e
le scienze della comunicazione, invece, hanno per molto tempo
trascurato la riflessione sull’origine della trasformazione dei
prodotti e degli usi tecnologici, giungendo solo i recente ad una
formulazione, per quanto ancora frammentaria, dei principi che
regolano i processi di trasformazione tecnologica.
In secondo luogo, i tentativi fatti da alcune teorie economiche di
spiegare in modo deterministico le fonti del cambiamento tec-
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
18
canizzazione del lavoro che provoca il capitalismo o l’alienazio-
ne, ma una struttura economica, un modo di produzione capita-
listico che informa una sovrastrutturante organizzazione politi-
ca e normativa e quindi una certa coscienza
7
.
Marx, infatti, scrive che «nella produzione sociale della loro esi-
stenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari,
indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che
corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle forze
produttive materiali.
L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttu-
ra economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva
una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondo-
no forme determinate della coscienza sociale
8
». All’origine del-
l’alienazione dell’uomo, quindi, non c’è la tecnica in sé, ossia il
fatto di lavorare servendosi di una strumentazione meccanica,
ma una certa organizzazione sociale tipica delle società indu-
striali avanzate, in cui «il lavoratore non ha la possibilità di
attuarsi nel lavoro, ma essendo costretto a vendere ad altri la
propria attività, che è la sua stessa umanità, si trova conseguen-
temente dinanzi al risultato del suo lavoro come dinanzi ad un
oggetto estraneo
9
». Come sostiene lo storico dell’economia
Nathan Rosenberg, è difficile trovare in Marx spiegazioni deter-
ministiche a proposito dello sviluppo tecnologico. «In effetti,
nell’ambito di un processo talmente centrale per Marx come la
nascita storica del capitalismo, i fattori tecnologici non giocano
alcun ruolo diretto. Secondo Marx il capitalismo si sviluppò
nell’Europa occidentale principalmente in risposta all’espansio-
ne dei mercati ed alle connesse opportunità di profitto, entram-
be associate alle esplorazioni geografiche del XV secolo
10
». La
spiegazione marxiana dell’evoluzione delle tecniche di produ-
zione, cioè, si accompagna sempre ad una riflessione più ampia
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
21
parte solo marginalmente dell’oggetto di studio dal momento
che questi autori non si interessavano all’evoluzione dei sistemi
economici, ma allo studio dei problemi di equilibrio e delle que-
stioni inerenti agli aggiustamenti in un sistema economico stabi-
le
1
. Come ricorda però Antonella Penati
2
in una recente pubbli-
cazione sulle teorie dell’innovazione, già Adam Smith
3
aveva
formalizzato concetti che poi sarebbero stati ripresi dalla più
recente letteratura economica sul cambiamento tecnologico.
Smith, ad esempio, rilevava, a differenza dei successivi autori di
tradizione neoclassica, la natura endogena del processo inventi-
vo, richiamando anche l’attenzione su numerosi casi di perfe-
zionamento degli strumenti di produzione apportati alle mac-
chine da parte di coloro che le utilizzano.
Ma più di tutti è sicuramente Karl Marx
4
, - che, fra l’altro,
riprende a questo proposito molte delle idee di Smith -, l’autore
che nell’ambito di una prospettiva classica ha contribuito mag-
giormente a gettare le basi per una metodologia di indagine eco-
nomica (e non solo) sul tema della tecnica. L’idea secondo cui
«una storia critica della tecnologia dimostrerebbe, in genere,
quanto piccola sia la parte d’un singolo individuo in un’inven-
zione qualsiasi del secolo
5
» dimostra la straordinaria attualità
dell’analisi marxiana rispetto a storie della tecnica e teorie socio-
logiche scritte ad oltre cento anni di distanza. Karl Marx è tra i
primi a concepire l’attività di invenzione, non come frutto del-
l’improvvisa ed eroica folgorazione di un genio, ma come un’a-
zione collettiva da inserire all’interno del più complesso sistema
di relazioni economiche e sociali di un’epoca.
Nonostante ciò, Marx è stato spesso accusato di sostenere una
visione deterministica della tecnica. In realtà, al di là dell’ambi-
guità suscitata da alcuni aforismi
6
, tecnologia e società in Marx
non sono legate da un rapporto di causa-effetto. Non è la mec-
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
20
economiche statiche, all’evolversi dei sistemi economici e, quin-
di, anche della trasformazione tecnologica. In ogni modo, il cam-
biamento tecnologico resterà a lungo relegato nel ruolo di varia-
bile esogena, introdotta con il solo scopo di spiegare una cresci-
ta produttiva non completamente riconducibile alle variazioni
intervenute in quei fattori giudicati responsabili degli incremen-
ti produttivi, ossia un aumento del capitale, del lavoro, della
popolazione o del tasso di risparmio.
La tecnica, dunque, è, per i neocalssici, l’escamotage necessario a
giustificare un aumento di produzione nel caso in cui gli altri
fattori della funzione rimangano costanti.
Il problema, però, come fa notare Flichy, è che, nelle ricerche
condotte da molti esponenti di questa scuola, «tale fattore sco-
nosciuto diventa il principale elemento esplicativo della cresci-
ta
13
». Un imbarazzo che viene risolto facendo rientrare a pieno
titolo il cambiamento tecnologico nella funzione di produzione,
insieme al capitale e al lavoro
14
.
Il passo decisivo verso un’economia più attenta alla tecnica
viene compiuto da Joseph Schumpeter
15
(1883-1950). Anche in
questo caso, però, la variabile tecnologica, seppure chiamata in
causa adesso come l’unico fattore in grado di spiegare gli effetti
sul sistema economico, continua ad essere evocata ma non inda-
gata, confermando quell’impostazione economica che esclude
dall’analisi dei fenomeni innovativi le dinamiche specifiche del-
l’evoluzione tecnologica. Di origine austriaca, ma operante negli
Stati Uniti, Schumpeter è in ogni modo il primo economista a
mettere al centro della propria analisi il ruolo dell’innovazione
tecnologica, riconosciuta, a questo punto, come la vera protago-
nista della crescita economica nelle società capitalistiche.
Motore dell’innovazione è l’imprenditore, figura chiave del
modello schumpeteriano. Raffigurato come capo carismatico,
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
23
in cui trovano posto altri fattori contestuali. Ma forse, più che
ogni altra considerazione, questo breve passo può dire molto di
più:
«Le reliquie dei mezzi di lavoro hanno, per il giu-
dizio su formazioni sociali scomparse, la stessa
importanza che ha la struttura delle reliquie ossee
per conoscere l’organizzazione dei generi anima-
li estinti. Non è quello che viene fatto, ma come
viene fatto, con quali mezzi di lavoro, ciò che
distingue le epoche economiche. I mezzi di lavo-
ro non servono soltanto a misurare i gradi dello
sviluppo della forza lavoro umana, ma sono
anche indici dei rapporti sociali nel cui quadro
vien compiuto il lavoro
11
».
Ci si rende allora conto di come, per Marx, la tecnica abbia il
potere di determinare l’organizzazione del lavoro allo stesso
modo in cui un termometro determina la temperatura corporea o
un barometro determina la pressione atmosferica.
Il mezzo tecnologico, in altre parole, in sé non é né buono né cat-
tivo e se, con l’ascesa del capitalismo, ci si trova di fronte ad
un’organizzazione del lavoro che riduce l’uomo a merce, alie-
nandolo, «il fattore causalmente prioritario di tale situazione è il
modo capitalistico di produzione: per numerosi teorici successivi
è la tecnica di per sé
12
».
A parte le riflessioni anticipatrici di Marx, la tecnica entra a far
parte degli interessi dei neoclassici solo a partire dagli anni
Cinquanta di questo secolo, quando gli esponenti di questa
scuola passeranno ad occuparsi, dallo studio di configurazioni
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
22
tore avrebbe a propria disposizione un fondo inesauribile di
invenzioni non sfruttate da altri cui attingere in modo pratica-
mente gratuito. Nella realtà, invece, una serie di ostacoli impe-
discono ad un soggetto economico di assicurarsi, ad esempio,
l’acquisizione o l’esclusiva su un brevetto. L’invenzione, infatti,
è «un risorsa rara che ha un prezzo notevole e un accesso reso
spesso difficile da forti sbarramenti
18
».
1.2 Storia di un mito: i cicli economici
Nel modello proposto da Schumpeter il progresso tecnologico,
vera e propria forza motrice delle fasi di sviluppo nelle società
capitalistiche, segue un andamento ad ondate ricorrenti. Questa
tesi, nota come “teoria dei cicli “ (o delle “onde lunghe”), basata
sulla ricerca statistica che l’economista russo Nikolaj
Kondrat’ev
19
ha compiuto negli anni Venti, è stata ripresa anche
da Gherard Mensch
20
, secondo il quale gli avanzamenti tecnolo-
gici più significativi scaturiscono sempre a seguito di un perio-
do di particolare crisi economica.
Il dibattito sui ritmi dell’innovazione è ancora aperto ed è diven-
tato un tema ricorrente anche negli studi non economici sull’in-
novazione. Un attento osservatore del sistema dei media come
Peppino Ortoleva, ad esempio, si richiama direttamente al
modello economico delle onde lunghe per descrivere l’evoluzio-
ne delle tecnologie di comunicazione dalla fine dell’Ottocento
ad oggi
21
.
Secondo Ortoleva è possibile individuare nella storia delle tecni-
che di comunicazione un’alternanza ciclica fra fasi “esplosive”,
«in cui le innovazioni nel campo della comunicazione appaiono
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
25
capace di grandi iniziative, l’imprenditore, è, infatti, l’artefice
dei processi di innovazione, colui che, rischiando, decide di
investire in una delle innovazioni possibili tra quelle messe a
disposizione della scienza.
A sollecitare questo “salto nel buio”, l’aspettativa di una massi-
mizzazione dei profitti e la possibilità di occupare una posizio-
ne monopolistica all’interno del nuovo mercato. Così sarebbe
accaduto, secondo Schumpeter, nel caso della costruzione delle
ferrovie occidentali in America: decisione presa da imprenditori
coraggiosi che avevano agito senza alcuna certezza sul ritorno
economico degli investimenti fatti. L’esempio rivela una conce-
zione semplicistica del mutamento tecnologico, in cui l’innova-
zione assume i caratteri di un evento eccezionale, che si verifica
solo in periodi particolari (le cosiddette “aree di equilibrio”),
ovvero in presenza di condizioni favorevoli al rischio economi-
co (disponibilità delle banche a fornire crediti e possibilità
monopolistiche).
Nonostante l’importanza del contributo dato da Schumpeter al
tema dell’innovazione nel campo degli studi economici, il suo
rimane, quindi, un modello ancora troppo schematico di tra-
sformazione tecnologica, in quanto prevede la centralità di un
unico attore (l’imprenditore) e di un’unica classe di variabili
(relative alla convenienza economica del rischio economico).
Nathan Rosenberg
16
e gli esponenti della scuola evoluzionistica
Richard Nelson e Sidney Winter
17
, hanno poi anche messo in
dubbio un altro punto della teoria schumpeteriana: l’esistenza di
un nesso causale tra innovazione e crescita economica, ma di
questo si dirà anche più avanti.
Infine, come fa giustamente notare lo storico e sociologo Patrice
Flichy, deve far suscitare molte perplessità anche il postulato,
implicito nel modello schumpeteriano, secondo cui l’imprendi-
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
24
ficazione cronologica delle innovazioni, ripercorriamo la storia
del medium più significativo di questo secolo: la televisione
25
.
I primi prototipi di televisione appaiono negli anni Venti, ma
una serie di brevetti per la trasmissione a distanza delle imma-
gini cominciarono ad essere depositati già dai primi del
Novecento. Le trasmissioni sperimentali di televisione meccani-
ca di John Baird in Inghilterra risalgono al 1925 (al 1930 per la
sincronizzazione fra suono e immagine). Poco più tardi inizia a
prendere forma la televisione elettronica grazie a Vladimir
Zworykin, che nel 1929 mette a punto il cinescopio e due anni
dopo realizza l’iconoscopio
26
. Nonostante questi avanzamenti
tecnologici, però, ancora nel 1945 le famiglie americane dotate di
apparecchi televisivi erano solo il 4 per cento della popolazione,
mentre saranno il 48 per cento nel 1956 e l’89 per cento nel 1960,
quando si conteranno oltre cinquanta milioni di apparecchi. In
Europa, invece, il fenomeno televisivo arriverà con un ritardo di
almeno una decina di anni.
Ora, nel modello di Ortoleva gli anni Quaranta e Cinquanta,
nonostante abbiano assistito al boom della televisione, sarebbero
da considerare comunque anni di consolidamento, più che di
rinnovamento. Ciò che interessa all’autore, infatti, è che le scelte
tecniche che condussero alla realizzazione della moderna televi-
sione elettronica vennero compiute nei quindici anni successivi
al 1920, epoca degli esperimenti di Zworykin e periodo che cor-
risponde, secondo la cronologia di Ortoleva, alla terza ondata
esplosiva.
Limitando l’analisi dell’innovazione alle conquiste tecniche rag-
giunte, la tesi sui cicli di innovazione – che tra l’altro sono state
contestate anche sul piano strettamente cronologico da Nathan
Rosenberg
27
– potrebbe anche essere valida in questo caso parti-
colare della televisione come in altri.
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
27
addensarsi e sovrapporsi l’una all’altra (fino a raggiungere un
effetto di ridondanza quando più tecnologie, nate all’incirca
simultaneamente, si scontrano per uno stesso mercato) e periodi
“riflessivi”, nei quali le innovazioni di rilievo sono sporadiche e
si hanno invece soprattutto processi di diffusione delle tecnolo-
gie già introdotte
22
». Esplosivi sarebbero stati i periodi tra il 1830
e il 1840, il ventennio tra il 1875 e il 1895, i quindici anni succes-
sivi al 1920, nonché il periodo dal 1975 ai giorni nostri
23
.
Lo stesso Ortoleva, però, sostiene che i cosiddetti periodi rifles-
sivi non devono essere considerati come momenti morti: «la loro
funzione nella storia dei mezzi di comunicazione, e nel processo
globale di industrializzazione della cultura di massa […], è stata
probabilmente altrettanto importante
24
». E’ in queste fasi non
esplosive dell’evoluzione tecnologica, infatti, che si verifichereb-
bero fenomeni come l’effettiva adozione di massa dei nuovi
oggetti tecnici, la trasformazione e il consolidamento di nuove
abitudini di uso e consumo tecnologico, nonché la ridefinizione
degli assetti legislativi e istituzionali all’interno della società in
cui le nuove tecnologie si sono diffuse. Ecco allora che l’architet-
tura dei cicli proposta da Ortoleva inizia a scricchiolare. Come è
possibile, infatti, considerare concluso un ciclo di innovazione
prima ancora che il cambiamento tecnico si sia effettivamente
dispiegato anche a livello sociale e istituzionale? E, quindi, come
è possibile separare la fase esplosiva da quella riflessiva?
Il modello dei cicli, inoltre, pone il difficile problema di definire
quale sia il giusto criterio da adottare per “datare” un’innova-
zione. In poche parole, quando nasce un’innovazione? Nel
momento della registrazione del brevetto, con l’inizio della sua
commercializzazione o nella fase di massima espansione del
nuovo mercato?
Per comprendere meglio quali problemi pone una rigida classi-
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
26
menti del sistema al processo di trasformazione tecnologica. E se
è vero che è possibile rintracciare periodi di accelerazione dei
processi di cambiamento tecnologico, ciò è possibile solo in
quanto l’innovazione è tutt’altro che un fenomeno razionale, in
cui continuità e discontinuità, più che poli contrapposti, devono
essere concepiti come modalità ugualmente possibili di evolu-
zione tecnologica.
Il modello delle onde lunghe quindi non è assolutamente in
grado di descrivere la complessità e per certi aspetti anche l’in-
coerenza dei processi di innovazione tecnologica. E’ di questa
opinione anche Nathan Rosenberg, storico dell’economia e uno
dei maggiori critici della teoria delle onde lunghe. Secondo
Rosenberg i sostenitori delle onde lunghe non hanno ancora
dimostrato alcuni princìpi base di questa teoria, come, ad esem-
pio, il supposto nesso causale fra innovazione e sviluppo econo-
mico, la necessità del carattere ricorrente dei cicli e la distribu-
zione temporale del processo di diffusione delle innovazioni che
non sempre corrisponde ai cicli di Kondrat’ev. Secondo
Rosenberg l’innovazione tecnologica non procede a balzi regola-
ri: essa è piuttosto un processo immanente, fatto di continui per-
fezionamenti, che procedono a piccoli passi, in modo cumulati-
vo e graduale. Nella maggior parte dei casi, infatti, «larga parte
della crescita complessiva della produttività assume la forma di
una lenta e spesso quasi invisibile proliferazione di perfeziona-
menti apportati alle innovazioni, ciascuno di entità limitata se
preso singolarmente
28
».
Questa visione dell’innovazione ha il limite di spiegare con
qualche difficoltà la fase della rottura e del cambiamento
improvviso, che viene ammessa solo per casi particolari, ma ha
il merito di mettere in guardia contro l’abuso di accenti rivolu-
zionari, tanto diffusi ogni qual volta si parla di nuovi espedien-
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
29
Effettivamente gli esperimenti di Zworykin si collocano in un
periodo, quello immediatamente successivo al primo conflitto
mondiale, particolarmente denso di ricerche tecnologiche, ma
adottare questo criterio per descrivere il più ampio fenomeno
del cambiamento tecnico significa ignorare completamente o,
come fa Ortoleva, marginalizzare, il momento altrettanto decisi-
vo in cui un prodigioso, ma insignificante, congegno tecnico si
trasforma in un oggetto con specifiche funzioni d’uso universal-
mente riconosciute, confrontandosi con il mondo e il destino che
lo attende al di là del laboratorio.
Come dimostra il caso della televisione, costruire una cronologia
delle innovazioni è un’operazione difficile, che a volte può risul-
tare anche artificiosa perché, in un certo senso, l’innovazione
tecnologica non conosce una data di nascita. Innovazione tecno-
logica e innovazione sociale sono parti di un unico processo di
trasformazione che, ben lontano dal concludersi dopo la fase di
ricerca e di realizzazione tecnica di un nuovo oggetto, prosegue
anche oltre l’adozione sociale del nuovo prodotto. Come la tec-
nica si propone alla società, infatti, così la società risponde all’of-
ferta tecnologica manifestando rifiuti, preferenze, nuove desti-
nazioni d’uso e, in casi particolari, anche soluzioni tecniche
innovative, che l’industria e la ricerca tecnico-scientifica si
preoccuperanno di rendere possibili in conformità con gli obiet-
tivi economici e le esigenze produttive che si erano preposte, e
così via, in un processo continuo di interscambio che ha davve-
ro poco in comune con il formale modello dei cicli.
Più che il ciclo o l’onda, la metafora che meglio descrive il pro-
cesso di innovazione è quella di una spirale irregolare che conti-
nuamente collega tecnica, società e fattori contestuali, assumen-
do forme diverse in relazione alla forza impressa dai diversi ele-
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
28
dimostra un’attenzione nuova all’origine del cambiamento tec-
nico, inserendo l’innovazione nella storia e nell’intero contesto
sociale in cui un nuovo prodotto tecnico nasce e si sviluppa. Paul
David
29
, ad esempio, accompagna la sua teoria ad un’apprezza-
bile ricerca storiografica.
Secondo David l’innovazione è path-dependent nel senso che le
scelte fatte a monte del processo di innovazione sono in grado di
condizionare le scelte successive. In pratica, per David, «la com-
prensione del cambiamento tecnologico risulta inseparabile
dalla sua storia
30
». Il potere performante delle scelte tecnologi-
che si deve al fatto che l’affermazione di una tecnologia porta
con sé conseguenze pratiche importanti sul piano dell’apprendi-
mento, ovvero su quel bagaglio di esperienze e di abitudini lega-
te alla pratica produttiva difficili da soppiantare, anche in pre-
senza di tecnologie decisamente migliori di quelle affermatesi in
un primo momento.
A sostegno della sua teoria sul “predominio non ottimale”,
David ricorda il caso della tastiera anglosassone della macchina
da scrivere “QWERTY”
31
, costruita nel 1870 con barre di sup-
porto molto pesanti, in modo da rallentare la battitura ed evita-
re, così, che le asticelle dei caratteri si intrecciassero. Questo tipo
di tastiera fu accolta dalle industrie Remington
32
senza sostan-
ziali modifiche, per il futile motivo che quella disposizione dei
caratteri permetteva di digitare velocemente “type writer” (due
parole le cui lettere si trovano tutte sul primo rigo in alto della
tastiera, n.d.r), il che avrebbe fatto una buona impressione in
sede di dimostrazione.
Quando poi venne proposta un secondo tipo di tastiera con una
disposizione dei caratteri diversa, ma in grado di velocizzare
fino al 40 per cento la battitura, malgrado i diversi tentativi, essa
non fu mai accolta con successo e, ancora oggi, la parola “type
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
31
ti tecnologici. Anche la stessa convergenza multimediale, come
vedremo, nonostante le trasformazioni sociali, economiche e di
consumo che porta con sé, per molti aspetti, soprattutto di carat-
tere tecnico, non ha nulla di rivoluzionario. Essa, infatti, è, a
livello tecnico, la conseguenza di una rivoluzione precedente: il
passaggio dall’analogico al digitale.
A Rosenberg si deve anche la formulazione di due principi
molto importanti per la comprensione dei meccanismi di affer-
mazione dei nuovi prodotti tecnologici: quello di complementari-
tà e di interdipendenza industriale. Caratteristiche che si riferisco-
no alla capacità di un’innovazione di stabilire rapporti, rispetti-
vamente, con invenzioni parallele o con altri settori industriali.
L’affermazione di una tecnologia dipende molto, infatti, anche
dalla disponibilità sul mercato di tecnologie complementari, così
come dalla possibilità di essere sfruttata in industrie diverse da
quella in cui era stata inizialmente ideata. La necessità di miglio-
rare le comunicazioni militari durante la seconda guerra mon-
diale, ad esempio, rese possibile quella produzione in serie del
transistor che fu determinante per la diffusione degli apparecchi
radio portatili domestici. La tecnologia del transistor, che sosti-
tuiva le ingombranti valvole termoioniche, risultò vincente, per
dirla con Rosenberg, grazie all’interdipendenza industriale che
si venne a creare fra industria bellica e industria radiofonica.
1.3 I meccanismi path-dependent
Le teorie sull’evoluzione tecnologica path-dependent rappresenta-
no uno dei contributi più interessanti dell’analisi economica al
tema dell’innovazione. Qui, infatti, la riflessione economica
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
30
non si sente di ascrivere fino in fondo l’intera responsabilità del-
l’esito di un’innovazione. David, infatti, precisa che, se anche la
competizione non è per certi aspetti flessibile, nel senso che c’è
un momento in cui una tecnologia la spunta definitivamente
sulle altre e si deve allora parlare di “blocco tecnologico”, è
anche vero che l’innovazione è imprevedibile: l’esito non può
essere previsto sulla base delle informazioni disponibili nella
fase di avvio.
Alla luce di queste considerazioni diventa molto interessante
analizzare la “teoria del rendimento crescente da adozione” di Brian
Arthur
33
, un altro economista che, come Paul David, considera
l’evoluzione tecnologica così poco continua e razionale, da met-
tere la problematica delle scelte tecnologiche al centro della pro-
pria analisi.
Secondo la tesi di Arthur, l’attrattiva verso una tecnologia si raf-
forza al crescere della sua diffusione. In altre parole, per quanto
un nuovo prodotto possa essere tecnicamente migliore di quello
nascente, un’innovazione radicata e diffusa da tempo può con-
tare su cinque punti di forza.
Rendimento crescente da informazione - Quando una tecnologia si
diffonde, aumenta inevitabilmente anche la sua notorietà. Il cir-
colare delle notizie fa venire meno le incertezze legate all’effica-
cia e alla redditività dell’innovazione e, di conseguenza, ciò
favorisce un allargamento del numero di adozioni.
“Conoscere per adottare” è un principio elementare, facilmente
esportabile in campi anche molto distanti da quelli cui fa riferi-
mento Arthur. Che si tratti di un nuovo prodotto tecnico, di un
emergente candidato politico o di una novità nel campo dei
detersivi per lavatrice, infatti, aziende, media adviser e pubblici-
tari sanno benissimo che i loro pubblici non si porranno mai
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
33
writer” è compresa nel primo rigo delle tastiere dei nostri Pc.
Questo esempio storico consente a David di dimostrare che le
scelte fatte nel 1870 per evitare un iniziale inconveniente tecnico
e quelle, solo propagandistiche, fatte dalle industrie Remington,
ebbero la capacità di determinare il fallimento di un secondo
prodotto, in realtà, tecnicamente migliore del primo.
Per rendere utilizzabile la teoria della dipendenza in campo
sociologico, basta aggiungere che il potere performante di una
tecnologia non è determinato solo dalle consuetudini produtti-
ve, ma anche dalle modalità di fruizione, dalle competenze
d’uso e dagli immaginari tecnologici che il tempo ha come sedi-
mentato negli utilizzatori del prodotto. Una tecnologia di suc-
cesso, insomma, lascia il segno, sia a livello di produzione che di
consumo, e, se un nuovo prodotto vuole affermarsi su quello già
esistente e collaudato, deve confrontarsi con questa realtà, ini-
ziando a camminare nel solco vecchio prima di tracciarne uno
nuovo. Si deve poi ammettere che il potere performante delle
scelte tecnologiche è legato anche al grado di competenza pro-
duttiva e d’uso richiesto dal prodotto: maggiore è lo sforzo fatto
nel produrre e nell’imparare ad utilizzare un oggetto tecnico,
maggiore sarà la resistenza al cambiamento da parte sia delle
aziende che del mercato.
Detto questo, però è necessario anche ricordare l’irrazionalità
che a volte guida i processi di innovazione. Se, infatti, l’effettiva
superiorità tecnica di un prodotto può non influenzare le scelte
tecnologiche, come sostiene David, altri fattori possono far deci-
dere di deviare dal percorso fatto a monte. Una rinnovata com-
petitività del mercato, così come la nascita di nuovi comporta-
menti e bisogni sociali, sono fattori cruciali che possono anche
molto bruscamente interrompere quel determinismo path-
dependent ipotizzato da David e al quale lo stesso economista
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
32
Apprendimento mediante l’uso o learning by using - Formulato da
Rosenberg
36
, questo principio si riferisce alla sempre maggiore
familiarità che i produttori acquistano, nel tempo, in seguito
all’utilizzo pratico di un qualsiasi prodotto o processo tecnolo-
gico. Familiarità che, secondo questa tesi, rafforzerebbe il potere
di attrattiva verso quel prodotto o processo.
A differenza del learning by doing, che ha che fare con l’iniziale
produzione dell’innovazione a partire dal prototipo, il learning
by using attiene ad una fase successiva, in cui l’avvenuta com-
mercializzazione del bene (e quindi il suo impiego da parte degli
utilizzatori) ha portato alla luce l’opportunità di alcune modifi-
che o miglioramenti necessari a correggerne imperfezioni e
aumentarne le potenzialità.
Volendo seguire questa tesi, si potrebbe concludere che nel caso
di una tecnologia diffusa, ma imperfetta, e di una seconda,
nuova e in apparenza migliore, la tendenza prevalente non sarà
quella di sostituire la vecchia con la nuova, quanto, piuttosto di
migliorare la vecchia, perché di questa già si conoscono limiti,
esigenze e potenzialità. La continuità, quindi, è spesso econo-
micamente (ma anche socialmente) molto più conveniente del-
l’innovazione radicale, anche se – è importante ricordarlo - il cri-
terio di convenienza non è certo l’unico motore dell’innovazio-
ne.
Tra i diversi esempi di learning by using Rosenberg cita anche
l’industria del software, settore in cui il principio del learning by
using avrebbe trovato addirittura una propria istituzionalizza-
zione. Gli accordi che prevedono un’assistenza tecnica al cliente
dopo la vendita, infatti, possono essere considerati a tutti gli
effetti strategie imprenditoriali finalizzate a migliorare il flusso
di informazioni sul prodotto proveniente dagli utilizzatori
37
.
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
35
neanche il problema di scegliere o rifiutare qualcosa che sempli-
cemente non conoscono. Il raggiungimento della soglia di atten-
zione nei confronti di una novità (e del messaggio che la accom-
pagna) costituisce, insomma, la condizione necessaria, anche se
non sufficiente, per l’adozione.
Da una recente ricerca
34
sull’equipaggiamento tecnologico nel-
l’ambito domestico di alcuni paesi europei (Francia, Germania,
Gran Bretagna, Spagna e Italia) emerge, ad esempio, che la scar-
sa propensione alla sottoscrizione di un abbonamento ad
Internet ha sicuramente a che vedere con il basso livello di pene-
trazione del personal computer nelle abitazioni, ma anche con
una scarsa conoscenza delle potenzialità della Rete. Più del 55
per cento degli intervistati, infatti, affermava di non avere anco-
ra un’idea precisa di Internet, mentre appena il 10 per cento
aveva avuto occasione di vederlo in azione. Un deficit informa-
zionale che sicuramente si lega, in Europa, ai problemi, in gran
parte generazionali, dell’analfabetismo informatico, ma che con-
ferma l’ipotesi di Arthur.
Il valore dell’informazione nei processi decisionali si ritrova
anche in numerosi studi sociologici, da quelli di Elihu Katz e
Paul Lazarsfeld a quelli di Everett Rogers di cui si parlerà più
avanti
35
.
Apprendimento mediamente la pratica produttiva o learning by doing
- Una tecnologia largamente diffusa ha la possibilità di sfruttare
tutti i vantaggi della produzione in serie, riducendo i costi, sia
adottando economie di scala, sia mettendo a frutto l’esperienza
fatta nel tempo nella pratica produttiva. Il learning by doing si
riferisce a questo secondo aspetto, ovvero a quelle crescenti abi-
lità nell’attività di produzione che, maturate nel tempo, consen-
tono di ridurre i costi reali del lavoro per unità di prodotto.
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
34
non può ignorare questo fenomeno, anzi, dovrebbe sfruttarlo a
proprio favore perché essere complementari e non innovativi, a
volte, conviene.
E’ quello che ha fatto ad esempio la IBM consentendo la costru-
zione di cloni a buon mercato dei suoi computer, i cosiddetti
IBM compatibili. Un atteggiamento antimonopolista che ha per-
messo l’affermazione del Pc (ossia lo standard proposto dalla
IBM) sugli altri concorrenti, con grossi guadagni, non solo per le
altre aziende produttrici che avevano optato per questo stan-
dard, ma anche e soprattutto per la stessa IBM.
Un altro esempio classico dei benefici connessi alla complemen-
tarità sono gli accordi sugli standard.
Si pensi, ad esempio, all’accordo europeo sul Gsm
43
, a quello
che ora si tenta di realizzare per la radiotelefonia mobile di terza
generazione
44
, o ancora al protocollo standard per le trasmissio-
ni via Internet, il TCP-IP
45
, che per la prima volta ha permesso
di mettere in comunicazione fra di loro computer con sistemi
hardware e software diversi. In tutti questi casi, accordarsi per
l’affermazione di uno standard ampiamente riconosciuto ha per-
messo di sfruttare al meglio il principio della complementarità,
favorendo lo sviluppo dei prodotti e dei mercati collaterali alla
tecnologia oggetto di standardizzazione e, di conseguenza,
penalizzando gli altri.
Economie esterne di rete - Questo vantaggio derivante da un’ado-
zione diffusa riguarda un genere particolare di tecnologie, che,
come le telecomunicazioni, sono strutturate a rete e la cui utilità
è strettamente collegata al numero di utilizzatori o, meglio, degli
abbonati alla rete.
Questo principio elementare è stato recentemente riformulato
dal fondatore della 3Com Corporation e progettista del proto-
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
37
Con l’affermazione del principio di learning by using, entra defi-
nitivamente in crisi il modello epidemiologico (chiamato così in
quanto presuppone che le innovazioni si diffondano per “conta-
gio” ossia per imitazione) proposto da Edwin Mansfield
38
e Zvi
Griliches
39
. Secondo questi autori, infatti, la curva di diffusione
di un nuovo prodotto seguirebbe un andamento regolare a “S”.
Dopo un avvio lento e una fase di improvviso boom, il mercato
andrebbe via via saturandosi fino alla completa stagnazione.
Pur avendo fatto luce su alcuni dei fattori che sono in grado di
influenzare il comportamento economico delle imprese in tema
di adozione delle innovazioni
40
, questo modello – ripreso anche
in campo sociologico dai cosiddetti diffusionisti
41
- non prende
affatto in considerazione la prassi, sempre più comune, di
apportare modifiche e migliorie al nuovo prodotto anche dopo il
lancio, né considera l’eventualità, anch’essa invece molto comu-
ne, che solo una seconda o terza versione di un oggetto tecnico
possa avere successo. Oggi, quindi, sia sul versante degli studi
economici, sia su quello degli studi sociologici, il modello epi-
demiologico è ormai criticato per diversi motivi: «per la suppo-
sta dimensione unidirezionale della diffusione, per la passività
dei fruitori che, di fronte all’offerta tecnologica, si limiterebbero
ad accettare o rifiutare l’innovazione, per l’uso della tecnologia
come variabile astratta e immutabile che non subisce trasforma-
zioni nell’arco del processo
42
».
Complementarità tecnologiche - Una tecnologia già largamente
adottata ha il vantaggio di avere a sua disposizione tutti i pro-
dotti collaterali di cui produttori e utilizzatori hanno bisogno,
dalle materie prime, ai macchinari per la fabbricazione, ai pezzi
di ricambio.
Una nuova tecnologia che voglia imporsi su quella già esistente
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
36
semplicismo tipico di ogni sforzo classificatorio, ma descrive
bene come si muovono gli studi economici in questo campo.
Fatta questa precisazione, si può affermare che sul primo ver-
sante, quello del demand-pull, si trovano economisti come J. M.
Utterback
48
e altri che si rifanno all’opera di Jacob Schmookler
49
secondo il quale «l’allocazione delle risorse dell’attività inventi-
va è determinata principalmente da forze che agiscono dal lato
della domanda
50
». Come fa notare Patrice Flichy, però, l’opera
di Schmookler «si interessa non tanto all’influenza della doman-
da sull’innovazione, quanto alle modalità con le quali il mercato
influenza l’allocazione delle risorse attraverso l’attività di idea-
zione
51
», dove per “attività ideativa” di un settore economico si
intende un indice basato sul numero di brevetti depositati, non
su quelli effettivamente commercializzati. Una teoria “pura” del
market-pull è oramai ampiamente contestata da più fronti, ma
criticabile è anche qualsiasi versione estremizzata della teoria
del technological-pull. Entrambe le posizioni, infatti, conducono
ad un determinismo tecnologico vecchia maniera incapace di
considerare il più complesso intrecciarsi di fattori alla base del-
l’innovazione tecnologica.
L’economista Giovanni Dosi fa notare inoltre come, in entrambi
i casi, rimanga irrisolta, ad esempio, l’ambiguità del concetto di
“bisogno”, messo in gioco sia dalla teoria del market-pull, sia
dagli economisti del demand-pull
52
. Se, infatti, si prende per
buona l’accezione antropologica del termine “bisogni” (e quindi
ci si riferisce al bisogno di mangiare, avere una casa, comunica-
re, ecc..), c’è da obiettare che per soddisfarli, qualsiasi mezzo è
da considerarsi valido, purché adatto allo scopo. Questo genere
di bisogni, quindi, è economicamente irrilevante.
IL CONTRIBUTO DELL ECONOMIA
39
collo Ethernet
46
, Robert Metcalfe. La cosiddetta “equazione
Metcalfe” afferma che l’utilità di una rete è uguale al quadrato
del numero di utenti e questo valore cresce esponenzialmente
una volta superato il punto di massa critica
47
.
Secondo Larry Downes e Chukna Mui, massimi esperti ameri-
cani in strategie aziendali per lo sviluppo di nuove tecnologie,
«se Internet è diventata la rete globale dominante che è oggi, è
perché è stata la prima a raggiungere la massa critica sulla curva
di Metcalfe», grazie al basso costo di accesso che ha caratteriz-
zato fin dall’inizio questa nuova tecnologia: la rapidità con cui
viene raggiunta la massa critica, infatti, è tanto più veloce quan-
to più basso è il prezzo che i nuovi utenti devono pagare per
entrare nella rete.
Come si è visto, tolte alle rigidità del modello economico, le idee
di Arthur, David e Rosenberg offrono spunti interessanti per una
riflessione anche storico-sociologica sulle caratteristiche che i
nuovi strumenti di comunicazione devono e dovranno avere per
ottenere larghi consensi.
1.4 Le fonti dell’innovazione
Nella recente letteratura economica sulla genesi e la diffusione
delle innovazioni tecnologiche, è possibile rintracciare due
orientamenti prevalenti. Da una parte gli esponenti del cosid-
detto demand-pull (o market-pull) che attribuiscono al mercato la
capacità di dirigere l’innovazione. Dall’altra, invece, l’orienta-
mento technological-pull ritiene fondamentale la capacità delle
imprese di individuare e precorrere, in un certo senso, i bisogni
dei consumatori. Questa distinzione pecca, ovviamente, di quel
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E CONVERGENZA MULTIMEDIALE
38