Premessa
III
Con questo lavoro di tesi mi propongo di analizzare i passi
delle ultime cinque commedie di Aristofane (Lisistrata,
Tesmoforiazuse, Rane, Ecclesiazuse, Pluto) nei quali si fa riferimento
alla lettura ed alla scrittura, ed ai metodi della loro diffusione in
una società complessa -quale era quella ateniese a cavallo fra il
V e il IV secolo A.- la quale stava vivendo una fase di
transizione da una cultura a carattere prevalentemente orale ad
una in cui la scrittura costituirà uno strumento significativo per
la trasmissione del sapere.
La scelta delle commedie prese in esame si spiega innanzi
tutto con l’esigenza di voler completare una ricerca avviata
dalla dott.ssa Mansueto nel suo lavoro di tesi, che ha preso in
esame le prime sei commedie aristofanee, che si collocano in
un periodo di tempo tutto compreso nel V secolo, tra il 425 e il
418 a.C., nelle quali più forte ed evidente appare il legame tra
l’opera poetica del commediografo e il concreto contesto
storico-sociale nel quale essa si realizza, sia pure mediato dal
gioco comico che sottende tutta la produzione aristofanea.
Infatti è noto che le commedie della prima fase (quelle
rappresentate tra il 425 e il 418) sono espressione del
Premessa
IV
cosiddetto filone “politico”, giacché presentano una fitta trama
di allusioni a fatti e personaggi contemporanei e determinanti
per le sorti della città.
Nelle commedie successive -che costituiscono l’oggetto
della mia indagine- è riconoscibile, invece, un mutamento di
poetica: i contenuti fantastici, tipici del filone comico
tradizionale, si intrecciano ai contenuti reali caratteristici del
filone politico. In particolare si nota anche un mutato modo di
presentare certi personaggi: la donna, ad esempio, che nella
commedia del primo periodo era relegata a svolgere un ruolo
per lo più marginale, quand’anche di semplice comparsa (si
pensi, per citarne un caso, a Σπονδαί, la “signorina Tregua” nei
Cavalieri), ora, nella seconda fase della produzione comica
aristofanea, si trova a svolgere un ruolo importante, anzi,
protagonistico (Lisistrata, Tesmoforiazuse, Ecclesiazuse). In tal
modo è lecito affermare che nel secondo periodo della
produzione poetica di Aristofane emergono in misura
maggiore i tratti tipici della poesia di evasione, quell’elemento
“carnevalesco” che fa di queste commedie delle semplici
occasioni di evasione, di divertimento e, quindi, di
Premessa
V
allontanamento dalla realtà contingente.
Certo non manca, in questo secondo gruppo abbastanza
compatto di commedie, l’occasione per riflettere e far riflettere
su questioni importanti per la cultura ateniese, allorché si
coinvolge il pubblico in una complessa disputa letteraria (Rane).
Il capitolo relativo al Pluto non compare come unità
autonoma e definita nel presente lavoro dal momento che non
ho trovato, in questa commedia, elementi che potessero darmi
la possibilità di discutere sulle questioni oggetto del presente
lavoro. Pertanto mi sono limitato a svolgere mie personali
considerazioni, circa il misterioso silenzio di Aristofane sul
problema della scrittura e della sua diffusione in un’opera che si
colloca nei primi decenni del IV secolo (388 a.C.), nelle
Conclusioni finali (pp. 347-351).
Il Commento ai passi (pp. 1-289) è preceduto dalla Nota
bibliografica (pp. VII-XLVIII) ed è seguito dalle Conclusioni
(pp. 290-354), nelle quali ho esposto in forma sintetica tutte le
problematiche affrontate in maniera analitica nel Commento.
Per la traduzione delle commedie oggetto del mio lavoro
(Lisistrata, Tesmoforiazuse, Rane, Ecclesiazuse, Pluto) e degli Uccelli
Premessa
VI
ho seguito la traduzione di R. Cantarella (1970
2
), mentre per le
altre commedie mi sono avvalso della traduzione di G.
Mastromarco (1983).
La traduzione dei frammenti comici, tragici e di
quant’altro non sia espressamente indicato nel teso, è mia.
Per l’analisi dei passi presi in esame, mi sono giovato dei
più autorevoli commenti ad Aristofane e dei più aggiornati
studi critici relativi al problema della diffusione della cultura
scritta nella Grecia fra il V e il IV secolo a.C..
COMMENTO
LISISTRATA
Capitolo primo Lisistrata
3
La Lisistrata ἐδιδάχθη ἐπὶ Καλλίου ἄρχοντος τοῦ μετὰ
Κλεόκριτον [ἄρξαντος]. Εἰσῆκται δὲ διὰ Καλλιστράτου.
Ἐκλήθη Λυσιστράτη παρὰ τὸ λῦσαι τὸν στρατόν
1
. Queste
poche battute della ὑπόθεσις, dell’Argomento, sono
sufficienti per conoscere la data di rappresentazione di questa
commedia, che è senz’altro lo stesso anno nel quale furono
rappresentate le Tesmoforiazuse, vale a dire il 411 a.C..
Purtroppo l’Argomento non ci illumina circa l’agone
specifico nel quale fu mossa la Lisistrata: a tal proposito la
critica più recente si è espressa a favore dell’agone lenaico,
sulla base dei riferimenti a fatti ed avvenimenti di carattere
storico-politico sottesi a certe scene della commedia
medesima
2
. In effetti la contingenza del presente appare
sottesa alla trama stessa della commedia: erano quelli gli anni
in cui tutta una serie di eventi precipitosi facevano presentire,
ormai imminente, la fine di Atene: la spedizione di Sicilia, ad
1
“Fu rappresentata sotto l’arcontato di Callia che fu arconte dopo Cleocrito.
Fu messa in scena per la regia di Callistrato. Fu chiamata Lisistrata per il fatto
che scioglie l’esercito”.
2
Non è certo questa la sede in cui accennare alle discussioni degli studiosi circa
la messinscena della Lisistrata e delle Tesmoforiazuse, le due commedie del 411.
Tuttavia per maggiori dettagli si rimanda, in particolare, a J.G. Droysen,
Aristofane. Introduzione alle commedie 1998, pp. 205-214, pp. 215-221.
Capitolo primo Lisistrata
4
esempio, si tramuta ben presto in disfatta lenta e angosciosa;
l’entusiasmo, la fiducia popolare crollano e da questa
situazione ci si può fare un’idea su quello che poteva essere
lo stato d’animo col quale il pubblico attico assistette alla
rappresentazione della commedia. “E’ assai notevole che in
tempi così tristi il poeta abbia dilettato i suoi spettatori con
argomenti tanto frivoli. Il folle piano delle donne e
l’esultanza finale, allorché la conciliazione è compiuta,
poterono far dimenticare per un attimo al popolo le angustie
del presente” (Droysen, p. 213).
Occorre, dunque, trovare un mezzo per far cessare
l’inutile guerra fratricida che divide l’Ellade: è questo il
pensiero angosciante della protagonista Lisistrata. Come
fare? Ecco il colpo di genio: tutte le donne della Grecia
giureranno di negare ai rispettivi mariti i piaceri del talamo
coniugale finché essi non decideranno di comune accordo di
stipulare pace duratura. Verrà occupata pure l’Acropoli,
togliendo in tal modo agli uomini la possibilità di continuare
a dare fondo al tesoro della Lega per affrontare le ingenti
spese di guerra e saranno le donne, da brave amministratrici
Capitolo primo Lisistrata
5
della casa qual sono, a gestirlo nel migliore dei modi.
Frattanto sopraggiunge il Probulo, il commissario incaricato
di ridurre alla ragione le donne ribelli. Ben presto egli
ingaggia una disputa verbale con Lisistrata, la quale cerca di
spiegare le motivazioni che l’hanno indotta a convincere le
altre donne a scioperare e ad occupare l’Acropoli; quindi, con
atteggiamento da perfetto oratore, aggiunge:
vv. 507-515a
ΛΥ. Ἡμεῖς τὸν μὲν πρότερόν γε χρόνον <σιγῇ γ᾿>
[ἠνεσχόμεθ᾿ <ὑμῶν>
ὑπὸ σωφροσύνης τῆς ἡμετέρας τῶν ἀνδρῶν ἅττ᾿
[ἐποιεῖτε·
-οὐ γὰρ γρύζειν εἰᾶθ᾿ ἡμᾶς-, καίτοὐκ ἠρέσκετέ
[γ᾿ ἡμᾶς.
Ἀλλ᾿ ᾐσθανόμεσθα καλῶς ὑμῶν, καὶ πολλάκις ἔνδον
[ἂν οὖσαι
ἠκούσαμεν ἄν τι κακῶς ὑμᾶς βουλευσαμένους μέγα
[πρᾶγμα·
εἶτ᾿ ἀλγοῦσαι τἄνδοθεν ὑμᾶς ἐπανηρόμεθ᾿ ἂν
[γελάσασαι
Capitolo primo Lisistrata
6
“Τί βεβούλευται περὶ τῶν σπονδῶν ἐν τῇ στήλῃ
[παραγράψαι
ἐν τῷ δήμῳ τήμερον ὑμῖν ” “Τί δὲ σοὶ τοῦτ᾿ ” ἦ δ᾿ ὅς
[ἂν ἁνήρ·
“οὐ σιγήσει ” κἀγὼ ᾿σίγων.
LISISTRATA. “Noi nel tempo precedente, in silenzio, in virtù
della saggezza che è in noi, sopportavamo le cose che facevate
voi uomini -e infatti non ci lasciavate fiatare-, eppure non ci
andavate a genio. Ma eravamo bene attente a voi e spesso, pur
essendo in casa, abbiamo saputo che voi avevate pessimamente
deliberato su un affare importante; e poi, soffrendo dentro di
noi, ma col sorriso sulle labbra vi facevamo queste domande:
«Oggi nell’assemblea popolare che cosa è stato deliberato da
voi di scrivere a margine nella stele a proposito della tregua?».
«E che ti importa di questo?», rispondeva il marito, «Non vuoi
stare zitta?» - ed io me ne stavo zitta”.
Innanzi tutto occorre dire che da questo contesto viene
fuori la raffigurazione, in chiave comica, di quello che era lo
stereotipo della donna per l’uomo greco del tempo. La brava
Capitolo primo Lisistrata
7
donna, infatti, era tenuta a stare in casa (ἔνδον ἂν οὖσαι), a
fare silenzio (οὐ γὰρ γρύζειν εἰᾶθ᾿ ἡμᾶς), ad amministrare la
casa e svolgere le faccende domestiche di sua competenza,
come il tessere. Qui Lisistrata, in virtù di quel gioco
carnevalesco di capovolgimento della realtà, tipico della
drammaturgia dell’ultimo Aristofane, mostra un
atteggiamento che si distacca dal normale stereotipo
femminile in quanto afferma che le donne, sebbene costrette
a stare in casa e a tacere, tuttavia mostrano di non essere
estranee a quelle che sono le vicende politiche della città,
venendo così a prendere parte attiva alla vita pubblica
3
. A tal
proposito significativa è la domanda che le donne rivolgono
ai loro mariti al ritorno dall’assemblea politica (vv. 513-514): i
commentatori di Aristofane hanno voluto qui evidenziare un
chiaro riferimento ad avvenimenti storici avvenuti alcuni anni
prima della rappresentazione della commedia. In particolare
Rogers (1911, pp. 63-64) commenta che “in the present
passage we are dealing with the pillar containing the Peace of
3
Per ora basti questo per quanto concerne la condizione della donna in Grecia,
dal momento che l’argomento verrà affrontato più avanti in questo stesso
capitolo.
Capitolo primo Lisistrata
8
Nicia which, as we know (Thuc., V, 18), was it be erected in
the Acropolis of Athens”; e Sommerstein (1990, p. 180)
aggiunge che “this [scil. passage] refers to a decision taken
during the winter of 419/418 B.C.. The Spartans had put a
garrison into Epidaurus, Epidaurus then being at war with
Argos, an ally of Athens since 420. Argos demanded
Athenian retaliation against Sparta notwithstanding the
Athenian-Spartan peace treaty of 421, and on the proposal of
Alcibiades (at that time the chief promoter of Argive
interests at Athens) the Athenian Assembly voted (1) to
inscribe upon the stone stab (στήλη) recording the treaty of
421 the words ‘The Spartans have not kept their oaths’, (2)
to reactivate Pylos as a base of guerrilla operations in
Spartan-controlled Messenia”: questo passo, dunque,
denuncia il drammatico precipitare degli eventi all’indomani
della Pace di Nicia del 421 a.C. e la decisione degli Ateniesi
di ‘scrivere a margine’ (παραγράψαι) nella stele del trattato il
fatto che gli Spartani sono venuti meno agli accordi presi
4
.
4
Cfr. Tucidide V, 56: Ἀθηναῖοι δὲ Ἀλκιβιάδου πείσαντος τῇ Λακωνικῇ
στήλῃ ὑπέγραψαν ὅτι οὐκ ἐνέμειναν οἱ Λακεδαμόνιοι τοῖς ὅρκοις.
Capitolo primo Lisistrata
9
Ma al di là del valore di testimonianza storico-politica, il
passo in questione è significativo per comprendere il
rapporto esistente fra la istituzioni democratiche e il livello di
alfabetismo presente fra i cittadini nel V secolo a.C.. Infatti
l’espressione ἐν τῇ στήλῃ παραγράψαι suggerisce come ben
presto nelle città greche -soprattutto in quelle a vocazione
spiccatamente democratica, prima fra tutte Atene- si sia
venuta affermando la consuetudine di redigere per iscritto e
conservare in appositi archivi tutti quegli atti pubblici nei
quali si era espressa la volontà dei cittadini: leggi, decreti,
trattati, rendiconti, ecc.. Ogni volta che si riuniva l’assemblea,
compito fondamentale del segretario
5
era quello di annotare
le decisioni prese, su tavolette cerate o d’argilla, o su
tavolette imbiancate. Il testo definitivo, approvato e
corredato dal sigillo della polis e dai sigilli dei magistrati della
riunione, era depositato nell’archivio pubblico (ἀρχεῖον o
γραμματοφυλάκιον o δημόσια γράμματα o δημόσιον).
Generalmente dopo ogni riunione delle assemblee si dava la
5
Per la figura di questo ‘professionista della scrittura’ si rimanda al commento
alle Tesmoforiazuse, pp. 68-80.
Capitolo primo Lisistrata
10
possibilità a tutti i cittadini di conoscere quali fossero le
decisioni prese, esponendo provvisoriamente il testo del
decreto su appositi muri imbiancati ovvero su tavolette in
prossimità dell’archivio; se invece il documento, per la sua
importanza, richiedeva una redazione definitiva e durevole, lo
si faceva incidere (ἀναγράψαι) su pietra o su metallo: in tal
caso ciò avveniva direttamente sui muri degli edifici o,
appunto, su appositi cippi e stele
6
. In particolare la
Guarducci 1967 afferma che già in età arcaica era invalsa la
consuetudine di incidere i testi nei muri dei templi più insigni
anzitutto perché “il tempio principale della città si trovava di
solito nel luogo più frequentato, così che i documenti incisi
nei suoi muri potevano facilmente essere fatti conoscere a un
largo numero di cittadini.
6
Sul valore lessicale del termine στήλη si veda Chantraine, DELG IV-I, p.
1055: “[…] «bloc de pierre dressé, stèle, stèle funéraire, stèle inscrite» qui peut
inscrire sur une stèle un nom pour l’honorer, ou le condamner; aussi «borne»
dans une course, ou borne marquant une frontière. […] Étymologie: la
coexistence de στήλη, στάλα, στάλλᾱ s’explique en posant *σταλνᾱ,
l’allongement compensatoire est antérieur au passage de ᾱ à η en attique. Issu
de la racine de στέλλω avec vocalisme zéro, comme dans ἐπίσταλμα,
στάλσις, etc., qui sont tardif, et dans στάλιξ”; Lübker 1898 così definisce le
στήλαι: “colonne che lo Stato soleva in Atene innalzare, e sulle quali faceva
incidere leggi, ordini, deliberazioni del Consiglio e del popolo. Si chiamavano
specialmente con questo nome le colonne infami, su cui venivano incise ed
esposte al pubblico le sentenze di condanna contro persone assenti. Questo
fatto si diceva στηλιτεύεσθαι” (p. 1148).