6
Attraverso una negative campaign tipica dei maccartisti, i Prefetti avevano il compito 
di individuare nelle varie istituzioni pubbliche ( scuole, forze dell’ordine, enti statali) 
i “pericoli rossi”, di isolarli e di estrometterli. Sempre poi ai comunisti era riservato il 
Casellario Politico Centrale, organo nato nel lontano 1894 ma che era sopravvissuto 
anche con la Democrazia Cristiana ( se pur in gran segreto) che aveva il compito di 
stilare una “lista nera” in cui erano inseriti i nomi dei potenziali nemici della 
maggioranza governativa. Tuttavia, anche in questa situazione di semi-regime, il 
nostro Paese era ormai avviato alla trasformazione. I mondi rurali sono ormai 
abbandonati, sono milioni gli italiani che, soprattutto dal Sud, partono verso i grandi 
centri industriali del Nord. Andare in vacanza nel periodo estivo diventa sempre più 
importante per i lavoratori italiani. Insomma, si può guardare al futuro con 
ottimismo: si passa dal sopravvivere al vivere.  
Buona parte di questa trasformazione si deve, a nostro avviso, all’avvento della 
televisione. Anche se in quegli anni non tutti se ne erano accorti, la tv contribuì in 
maniera importante alla costruzione della nuova identità nazionale, sia sul piano 
dell’aggregazione sociale ( si pensi ai luoghi di fruizione pubblica, come bar e 
piazzette) che sul piano dei contenuti. Il 1959 è un anno fondamentale per la tv: 
Lascia o Raddoppia, il quiz storico di Mike Bongiorno, chiude i battenti. Con l’addio 
di quella che è stata la sua colonna portante per tanti anni, la tv è chiamata a reggersi 
sulle “proprie gambe”, o meglio ad affidarsi ad altri prodotti televisivi. 
Nell’analizzare il palinsesto televisivo del 1959, abbiamo raccontato e commentato 
quelle che sono state le trasmissioni più rappresentative dell’anno. Ed in questa 
analisi è emerso che la tv del 1959 offriva molti programmi di ottima qualità, tutti 
degni di affiancare Lascia o Raddoppia nei palinsesti Rai, anche se purtroppo i 
posteri non hanno riconosciuto loro gli stessi onori concessi al quiz del giovedì sera. 
Siamo quindi ben felici di rendere omaggio, anche se nei limiti delle nostre 
possibilità, a trasmissioni come Il Mattatore o Un, Due, Tre, che risultano oggi 
pressoché sconosciute, soprattutto alle generazioni più giovani. In questo lavoro, più 
che ai manuali sulla televisione, abbiamo attinto in maniera sostanziale ad articoli di 
quotidiani che raccontavano di televisione. Nello specifico, il nostro vademecum è 
stato il “Corriere della Sera” del 1959.  Ovviamente c’è una motivazione a tutto 
questo.  
 7
Rifarsi esclusivamente ai testi degli storici della televisione avrebbe sì portato ad un 
lavoro qualitativamente adeguato, ma sarebbe risultato poi ripetitivo. Invece 
raccontare la tv attraverso i quotidiani non solo rappresenta un nuovo modo d’analisi, 
ma ci permette di cogliere la tv attraverso gli occhi dell’italiano medio, 
dell’abitudinario lettore di quotidiani, il che non comporta una visione semplicistica 
del tutto, ma bensì ci permette di analizzare la tv per quello che è, cioè un mezzo di 
comunicazione di massa, anzi, per la massa.    
 
 8
I.  I progressi della televisione del 1959 
 
 
Una  breve analisi… 
 
Nel 1959 la televisione italiana ha solo 5 anni di vita. Ciò nonostante, lo status di 
“semplice elettrodomestico” è ampiamente superato. La televisione tiene compagnia, 
forma opinioni, discute e fa discutere. Ha insomma una sua identità all’interno del 
contesto sociale della popolazione italiana. D’altro canto, basta dare un’occhiata alle 
cifre per rendersi conto di come la TV sia un medium in irrefrenabile ascesa:  
 
• Nel 1958 la Rai TV registra un milione di abbonati
1
 (terzo posto in Europa, 
dietro ad Inghilterra e Germania), cifra ottenuta in quattro anni di attività; 
verso la fine del 1959, il numero di abbonati raggiunge il milione e mezzo, 
con un incremento quindi del 50% 
 
• Il bilancio Rai al 31 dicembre 1958 registra un totale di circa 55 miliardi di 
lire, somma che fa della TV di stato una delle più grandi aziende italiane
2
  
 
• Le industrie italiane producono televisori a ritmo serrato, ogni giorno 
vengono venduti 1000 televisori ( e per un Paese che da pochi anni è uscito 
da un conflitto non è affatto poco)
3
 
 
• In uno studio condotto dall’avvocato Antonio Ciampi, direttore SIAE nel 
1959, la televisione occupa dal 16,2% al 18,3% della spesa pubblica in 
attività d’intrattenimento ( seconda solo al cinema). In particolare, questa 
ricerca evidenzia un dato interessante sulla diffusione della televisione sul 
territorio nazionale: 
 
                                                 
1
 Previsti per la fine del 1959 un milione e mezzo di abbonati alla Tv, Corriere della Sera, 2 gennaio 1959 
2
 Rai, Relazione e Bilancio dell’Esercizio 1958, Corriere della Sera, 8 maggio 1959 
3
 Michele Serra, Ogni giorno in Italia mille nuovi teleschermi, Corriere della Sera, 6 gennaio 1959 
 9
Se si considera, ad esempio, lo sviluppo della TV fra 
Nord e Sud d’Italia, si hanno risultati sorprendenti. Nel 
Sud, la TV è giunta con circa tre anni di ritardo sul 
Nord; ma, a Napoli, secondo i dati del ’58, vi sono 56 
televisori ogni mille abitanti, ed a Torino soltanto 49. 
La Campania assorbe il 10,31 per cento rispetto al 
totale dei televisori esistenti nel territorio nazionale, ed 
il Piemonte il 9, 24 per cento; ma, delle due regioni, 
l’una fornisce poco più del 5 per cento del reddito 
nazionale e l’altra l’11 per cento. La media della 
densità degli abbonati alla TV – su tutto il territorio 
nazionale- È di 8,68 su 100 famiglie; ma, nella 
provincia di Roma è pari a 21,71, in quella di Milano a 
18,14, in quella di Napoli a 15,83.
4
 
 
 
Se queste cifre poi, le analizziamo con una visione prospettica, capiremo come in 
fondo gli stessi fruitori dell’epoca erano ormai consapevoli di ruolo di protagonista 
assoluto di questo “magico elettrodomestico” nel mondo della comunicazione di 
massa. Contestualmente a quegli anni, può trarre in inganno il fatto che ad esempio 
al giovedì sera non si registrano più le calche nei bar per vedere Lascia o Raddoppia. 
La fine di questi fenomeni non delinea certo una crisi del tubo catodico, anzi, 
tutt’altro: ormai quasi tutti hanno un televisore in casa, e quindi si preferisce di gran 
lunga il divano di casa allo sgabello del bar. Non è secondario poi il fatto che il quiz 
di Mike Bongiorno abbia perso lo smalto delle prime edizioni ( non è un caso che il 
1959 sia l’anno di chiusura dello storico programma). Insomma, si è passati dalla 
fruizione collettiva a quella privata, ma gli italiani sono ormai stregati dalla 
televisione. Come ogni evento che sconvolge un contesto sociale, poi, vi sono poi i 
soliti pareri discordanti sugli “ usi e abusi” di questo mezzo comunicativo. 
Parafrasando Umberto Eco, vi è in atto il solito scontro tra apocalittici e integrati.
5
 
Nel febbraio del 1959, il Corriere della Sera pubblica un articolo che prende diversi 
spunti da una ricerca scientifica della Oxford University sugli effetti della televisione 
                                                 
4
 Quanto si spende in Italia per teatro, cinema, sport e radio Tv, Corriere della Sera, 1 settembre 1959 
5
 Umberto Eco, Apocalittici ed integrati, Bompiani, Milano, 1964 
 10
sui bambini
6
. Questa ricerca “scagiona” la tv dall’accusa di essere un mezzo 
altamente persuasivo e diseducativo, ma lo fa con riserva: 
 
 
…tutto dipende dalla natura del bambino. Se essa è 
normale, il bambino non spenderà per la televisione 
che solo quel tempo che avrebbe dedicato al cinema o 
alla radio. Attività educative di maggior impegno 
saranno rispettate […] Ma se la psiche infantile è 
alquanto fragile per labilità emotiva, ansietà, 
inquietudine, il bambino si attacca allo svago televisivo 
morbosamente e ne subisce l’«assuefazione»[…] 
Purtroppo, però, l’inchiesta ha rilevato che il 
cinquanta per cento dei ragazzi sui dieci anni predilige 
lo spettacolo destinato ad adulti[…] ed i soggetti di 
proiezione di più travolgente successo fra le masse di 
adulti sono i «gialli», quelli cioè a base di furti, rapine, 
assassini, e vicende poliziesche. E questo materiale 
narrativo è dannoso per l’infanzia, anche perché i 
perturbamenti affettivi che ne derivano si assommano 
con un incremento cumulativo
7
.  
 
 
 
Anche gli esperti nostrani temono molto che la tv possa influire negativamente sui 
soggetti psicologicamente più deboli. Nel 1959 in Italia imperversava il fenomeno dei 
cosiddetti “Teddy boys”, ovvero quei ragazzi che emulando modelli sociali non 
propriamente esemplari, si rendono protagonisti di atti vandalici e altri svariati micro-
crimini. A margine di una serie di convegni che le istituzioni tengono per analizzare 
il problema, sul banco degli imputati, insieme a molti altri fattori, sale anche la 
televisione: 
 
 
La TV è stata considerata una causa indiretta 
dell'irrequietezza giovanile, non tanto per le scene di 
                                                 
6
 Mario Musella, Effetti della televisione sull’animo dei ragazzi, Corriere della Sera, 24 febbraio 1959 
7
 Ibidem 
 11
violenza incluse nei telefilm ( che non superano certi 
limiti) quanto per i modelli di vita che la tv pone sotto 
gli occhi degli spettatori: la facile conquista della 
ricchezza e della fama, il prevalere della fortuna 
sull'ingegno e sul lavoro. La TV porta in milioni di 
famiglie un mondo che esisteva già ma che era remoto. 
Gli individui psichicamente deboli ne risentono in 
misura morbosa
8
. 
 
 
Abbiamo preso in esame il lavoro di esimi studiosi della comunicazione, ma per 
capire che la televisione ha degli “effetti collaterali” si sarebbe potuto anche evitare 
di scomodare l’intellighenzia dell’epoca. Si registrano infatti diverse cronache di 
persone che usano metodi a dir poco inusuali per poter apparire in televisione: c’è chi 
f a 700 km a piedi per poter partecipare al Musichiere
9
, chi tenta di scalare l’antenna 
della sede Rai a Roma
10
, chi perde letteralmente le rotelle
11
 arrivando addirittura a chi 
attenta all’integrità fisica dei personaggi televisivi, come sa bene Mike Bongiorno
12
.  
Le considerazioni finora riportate danno in effetti un’immagine della televisione non 
certo positiva, ma sarebbe ingeneroso non attribuire anche dei meriti alla televisione. 
Anzitutto, tutti i casi considerati riguardano solo una minoranza di quella che è la 
vastissima platea televisiva. Inoltre, non va dimenticato che, soprattutto in quegli anni 
in cui la Rai deteneva il monopolio sull’etere, la televisione era anzitutto un “medium 
di servizio”, in cui programmi come telegiornali e documentari occupavano buona 
parte del palinsesto. A dimostrazione poi del fatto che la tv non sia uno strumento 
così “diabolico”, c’è la sensibilità dei vertici della Città del Vaticano al fascino del 
tubo catodico: in occasione del 19 Marzo, giorno in cui si festeggia San Giuseppe, in 
televisione viene trasmesso un film-documentario sulla giornata tipo di Angelo 
Giuseppe Roncalli, meglio noto come papa Giovanni XXIII
13
. L’evento, nato per 
celebrare l’onomastico del pontefice, è senza precedenti, perché è la prima volta 
assoluta che gli appartamenti papali vengono “profanati” da telecamere e tecnici 
                                                 
8
 Michele Serra, Qualcuno addita la tv tra i responsabili del teppismo, Corriere della Sera, 29 settembre 1959 
9
 Fa 700 km a piedi per presentarsi al Musichiere, Corriere della Sera, 3 gennaio 1959 
10
 Ibidem 
11
 Impazzisce mentre chiede di presentarsi al Musichiere, Corriere della Sera, 14 gennaio 1959 
12
 Prelevato dalla Polizia un persecutore di Mike Buongiorno, Corriere della Sera, 21 Giungo 1959 
13
 S.N., Vedremo oggi in televisione ora per ora la giornata del Papa, Corriere della Sera, 19 marzo 1959 
 12
televisivi. Come un odierno reality, la telecamera riprende il pontefice mentre svolge 
le sue attività quotidiane, dalla messa mattutina alla passeggiata pomeridiana. 
Giovanni XXIII, pur consentendo la presenza di svariati occhi elettronici, si rifiuta 
però di “mettersi in posa”, rendendo così eventuali ripetizioni di scene impossibili. 
Questo porta certamente ad un prodotto finale molto grezzo e approssimativo, ma 
l’evento in sé è talmente epocale che riesce a compensare le lacune tecniche. Altro 
evento che la televisione si preparava a trasmettere erano le Olimpiadi del 1960. La 
Rai, pur non avendo ancora ultimato i lavori per la creazione del secondo canale di 
trasmissioni ( Rai 2 nascerà ufficialmente il 4 novembre 1961
14
), riserverà alcune 
gare delle olimpiadi ad una sorta di “secondo canale provvisorio”, in modo da poter 
offrire sia ai telespettatori italiani sia a quelli collegati in Eurovisione tutti i maggiori 
avvenimenti dei Giochi di Roma. Rimanendo in ambito sportivo, non va dimenticato 
che ovviamente la Rai nel 1959 trasmette anche i gol delle partite del campionato 
italiano di calcio, argomento che sta molto a cuore ai milioni di appassionati che da 
sempre sono presenti nel nostro paese. Per assicurare agli abbonati i gol della Serie 
A, la Rai paga alla Federazione Italiana Gioco Calcio 5 milioni di lire per ogni partita 
trasmessa alla televisione, incominciando così ad essere il primo vero sostegno 
finanziario del calcio italiano.  
 
In definitiva, che se ne parli bene o male, l’avvento della televisione nella vita del 
nostro paese ha significato una svolta epocale, sia per quel che riguarda il contesto 
sociale, sia quello dei mezzi d’informazione. Già nel 1959 la tv era oramai un 
elemento essenziale, uno status symbol, avere un televisore nel proprio salotto di casa 
era un obiettivo primario di tutte le famiglie dell’epoca. Questo perché ogni famiglia 
italiana attendeva con ansia di ritrovarsi a casa la sera, specialmente dopo una tipica 
giornata pesante, per potersi sedere tutti insieme intorno a questa “scatola magica” e 
godersene le meraviglie, mostrando così i primi sintomi di quella tele-dipendenza 
verso cui si avviava l’Italia intera. 
                                                 
14
 Enciclopedia Encarta