INTRODUZIONE
Lo sviluppo della finanza etica è dovuto alla necessità, diffusa e radicata presso i
risparmiatori, di tutelare il risparmio da frodi, raggiri e truffe che negli ultimi anni sono
stati causa di scandali finanziari rilevanti. I risparmiatori, in primo luogo, in seguito ai fatti
Parmalat e Cirio, soprattutto per quanto riguarda l’Italia, si sono sentiti traditi da un
sistema non in grado di tutelarli da una cultura fondata ormai sull’utilitarismo,
sull’accumulazione e sulla furbizia. Per poter combattere queste situazioni, bisogna, allora,
andare alle radici del problema, della causa scatenante.
Bisogna cambiare quella cultura fondata sul benessere individuale a scapito degli
altri, fondata sull’accumulazione della ricchezza individuale anche a costo di danneggiare i
diritti e i bisogni delle stesse persone che a loro volta contribuiscono in diversi modi a tale
accumulazione, senza però poi beneficiarne. Mi riferisco ai lavoratori, e ai loro diritti, alla
comunità, e naturalmente agli stessi risparmiatori. Si è reso necessario, quindi, ribaltare
questa cultura a favore di un nuovo modo di pensare fondato sul rispetto degli altri,
intendendo per altri non solo gli individui ma anche l’ambiente nel quale si opera, al fine di
rispettarlo e valorizzarlo. E’ nata quindi la cultura della responsabilità sociale d’impresa a
cui segue la volontà di dare un’impronta etica agli investimenti attraverso codici etici e di
condotta. Le Nazioni Unite con il Global Compact del 1999, l’OCSE con i Principi
Direttivi per le imprese multinazionali, l’OIL con la Dichiarazione sulle imprese
multinazionali e la politica sociale, e l’Unione Europea con la Carta Sociale e il Libro
Verde - Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese (2001),
il Ministro del Welfare Maroni con il progetto CSR-SC (Corporate Social Responsibility -
Social Commitment) sono all’avanguardia di questo movimento. Per responsabilità sociale
d’impresa s’intendere quel comportamento libero e attuato di propria iniziativa da parte
delle imprese al fine di rendersi partecipi al miglioramento economico, sociale e
ambientale della comunità.
Tale responsabilità si esprime nei confronti dei dipendenti e di tutte le parti
interessate all’attività dell’impresa, tra cui azionisti, investitori, consumatori, poteri
pubblici ed ONG che possono a loro volta influire sulla riuscita del medesimo obiettivo.
Molteplici sono state le cause che ne hanno generato lo sviluppo: dalla necessità di
governare il fenomeno della globalizzazione e il crescente divario tra ricchi e poveri,
all’evoluzione dei mercati finanziari, che hanno indotto l’esigenza di una maggiore
3
trasparenza e pressione degli investitori istituzionali; dai numerosi scandali e fallimenti
aziendali, che hanno implicato una riforma della corporate governance e una maggiore
trasparenza e correttezza, ad una maggiore attenzione ai diritti umani e dei lavoratori in
termini, soprattutto, di lavoro minorile, pari opportunità tra i sessi, maggiore sicurezza sul
lavoro e tutela dei soggetti svantaggiati. Da non dimenticare, infine, la consapevolezza
della natura sistemica dell’equilibrio ambientale e i disastri ecologici a cui sono
strettamente connessi i rischi per la salute e la sopravvivenza del pianeta, consapevolezza
che ha dato vita ad uno sviluppo della cultura e dei movimenti ambientalisti. Per avere una
corretta definizione di responsabilità sociale d’impresa, possiamo far riferimento al “Libro
verde”, Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese,
presentato dalla Commissione delle Comunità Europee nel luglio 2001, che definisce la
responsabilità sociale d’impresa come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni
sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti
con le parti interessate”.
“Essere socialmente responsabili -continua la commissione europea nel Libro
verde- significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma
anche andare al di là investendo nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le
altre parti interessate”.
1
La responsabilità sociale deve essere considerata al pari di un
investimento strategico che consente alle imprese, nell’ambito della loro strategia
commerciale, attraverso i propri strumenti di gestione e nelle loro operazioni, di generare
profitti e contemporaneamente concorrere allo sviluppo sociale nonchè ad una maggiore
competitività. Il concetto di responsabilità è stato promosso essenzialmente dalle grandi
imprese ma, azioni socialmente responsabili, si riscontrano anche in altri tipi di società,
pubbliche e private, quali le cooperative e le piccole e medie imprese. Per quanto riguarda
proprio queste ultime, a causa del loro importante apporto all’economia e all’occupazione,
e alla loro natura flessibile e familiare, che le rende più attente alle esigenze locali, è
necessario che la responsabilità sociale sia ampiamente applicata e sviluppata.
Quando si parla di responsabilità sociale d’impresa i concetti connessi ad essa sono
quelli di sviluppo sostenibile, cittadinanza attiva d’impresa e triple bottom line. Con il
termine sviluppo sostenibile s’intende quel tipo di sviluppo che mira a soddisfare le
esigenze del mondo presente senza compromettere le capacità delle generazioni future di
1
Commissione delle Comunità europee, LIBRO VERDE, Promuovere un quadro europeo per la
responsabilità sociale delle imprese, (presentato dalla Commissione, Bruxelles, 18.7.2001).
4
soddisfare i propri bisogni
2
. Questa definizione ci permette di porre attenzione all’obiettivo
da raggiungere ma non sui mezzi attraverso cui raggiungerlo. Esistono altre definizioni di
sviluppo sostenibile tutte, però, che richiedono la necessità di rispettare l’ecosistema, le
leggi dell’economia e promuovere la dignità umana in tutte le sue forme. Da quanto detto,
quindi, emerge che la sostenibilità dello sviluppo si persegue attraverso un triplice
equilibrio tra: sostenibilità ambientale, ossia equilibrio di risorse naturali nei processi di
trasformazione e i loro output in modo da garantire il funzionamento e la produttività dei
sistemi ecologici; sostenibilità economica, che mira al mantenimento del capitale vale a
dire consumare solo il reddito prodotto dal patrimonio senza intaccare le sue capacità di
continuare a generarne, e sostenibilità sociale, che si fonda sul principio d’equità nel tempo
e nello spazio fra le generazioni nel rispetto dei diritti umani e civili di chiunque, l’accesso
alle opportunità di sviluppo e la partecipazione ai processi decisionali
3
.
Il termine cittadinanza attiva invece è stato coniato per indicare il comportamento
di quelle imprese che, oltrepassando i propri doveri, s’impegnano nel creare benessere
nella comunità in cui operano. Tale atteggiamento affonda le sue radici nella
consapevolezza che non esiste incompatibilità tra risultati economici di lungo termine e
responsabilità sociale. Questo approccio si traduce in una serie d’azioni che prevedono
l’inserimento di programmi di sviluppo sociale nell’ambito delle strategie dell’impresa e
nell’ambito della propria missione, la costituzione di rapporti collaborativi con le
organizzazioni civiche, al fine di promuovere iniziative e progetti per la tutela dei diritti
umani, investimenti in risorse umane, tecnologiche ed organizzative oltre che finanziarie,
puntare su prodotti che abbiano come valore aggiunto lo sviluppo di nuovi servizi ed
opportunità. In tale modo si verrebbe a creare un rafforzamento della presenza dell’impresa
nel mercato oltre che un maggiore sviluppo della stessa. Infine il termine triple bottom line
richiama la gamma di valori, temi e procedure che le imprese devono considerare per
minimizzare gli impatti negativi della loro attività e per creare valore aggiunto economico,
ambientale e sociale
4
.
Sono proprio quest’ultime, infatti, le aree d’intervento della responsabilità sociale
d’impresa. Passiamo ora ad analizzarle. Con riferimento all’area sociale, per capire come si
traduce in pratica il concetto di responsabilità sociale d’impresa, bisogna considerare due
2
Si tratta della definizione “ufficiale” di sviluppo sostenibile data dalla Commissione Brundtland delle
Nazioni Unite (Wced, 1987).
3
ABI, Responsabilità Sociale d’Impresa, concetti e strumenti per le banche, Bancaria Editrice, Roma 2002,
pagg. 70-71
4
Idem, pag. 75
5
dimensioni connesse ad essa: la dimensione interna, che fa riferimento ai dipendenti e agli
azionisti, e quella esterna che coinvolge un ampio ventaglio di parti interessate (partner
commerciali e fornitori, ONG, poteri pubblici, ecc). Per quanto riguarda la dimensione
interna, questa si concentra sugli investimenti nel capitale umano, nella salute, nella
sicurezza e nella gestione del personale, mentre le prassi ecologiche riguardano in
particolar modo la gestione delle risorse naturali utilizzate nella produzione. Nell’ambito
della gestione delle risorse umane, la principale sfida che devono affrontare le imprese, è la
capacità di attrarre e mantenere nel tempo lavoratori qualificati.
L’azienda a tal proposito potrebbe investire nelle risorse umane offrendo la
possibilità di partecipare a corsi di formazione dei cui risultati ne beneficerebbero sia i
lavoratori sia l’azienda stessa. Oppure potrebbe introdurre assetti che tutelano i lavoratori
comunicando agli stessi, ad esempio, l’importanza del lavoro che svolgono e prestando
attenzione alle loro esigenze; o ancora garantendo un migliore equilibrio tra lavoro
famiglia e tempo libero, una maggiore diversità delle risorse umane, l’applicazione del
principio d’uguaglianza per le retribuzioni e le prospettive di carriera per le donne.
Rivestono notevole importanza anche i temi della salute e della sicurezza nel lavoro, temi
affrontati prevalentemente attraverso misure legislative e coercitive a cui oggi si
aggiungono anche forme integrative e complementari di promozione della salute e della
sicurezza che fanno di questo elemento un criterio di selezione per l’acquisto di prodotti e
servizi presso altre imprese.
Parallelamente allo sviluppo di questa cultura della prevenzione, è sorta la necessità
di misurare, documentare e comunicare all’esterno i risultati sulla qualità dei prodotti e dei
servizi nell’ambito di una politica di marketing dell’impresa. Sono nati pertanto programmi
di certificazione e d’etichettatura dei prodotti o attrezzature, dei sistemi di gestione e dei
subappaltatori. Sempre nell’ambito della dimensione interna della responsabilità sociale
d’impresa, una questione importante, soprattutto negli ultimi anni, è quella delle
ristrutturazioni che suscitano preoccupazioni in termini di licenziamenti e chiusure
d’imprese le quali, a loro volta, possono generare profonde crisi economiche. Ristrutturare
in un’ottica socialmente responsabile richiede l’informazione e la partecipazione di tutte le
persone interessate, l’individuazione dei rischi più rilevanti, la stima dei costi diretti ed
indiretti delle diverse azioni strategiche e la possibilità di valutare tutte le soluzioni
alternative che siano in grado di limitare i licenziamenti. E’ importante, inoltre, che
l’impresa al proprio interno sia dotata di codici, programmi e valori etici, che abbiano un
6
sistema di governance
5
che tuteli gli azionisti di minoranza, che garantiscano una
trasparenza sul funzionamento degli organi di governo e un loro buon funzionamento, che
preveda un piano d’azionariato per i dipendenti e forme di partecipazione ai risultati,
sistemi di controllo interno e presenza d’amministratori indipendenti. Per ciò che concerne
la gestione ambientale interna, infine, essa attiene alla minimizzazione degli impatti
ambientali causati dall’attività svolta dall’impresa.
La responsabilità sociale delle imprese, come già accennato, si estende di là del
perimetro dell’impresa, rivolgendosi alla comunità locale, al rapporto con il territorio e alle
istituzioni pubbliche. Essa può apportare il proprio contributo alla comunità locale
attraverso la creazione di posti di lavoro ad operai locali, donazioni ad opere di carità,
cessione gratuita o a condizione di favore dei propri attrezzi/prodotti, lo sviluppo di
formazioni professionali complementari, il sostegno delle associazioni non profit attive
nella tutela dell’ambiente e non solo, la realizzazione di partnership locali, la
sponsorizzazione di manifestazioni sportive o culturali locali, l’impegno in interventi a
favore dei gruppi marginalizzati, l’intervento nell’educazione all’ecologia della comunità
in cui operano, l’investimento nel sociale ossia in progetti di sviluppo sociale della
comunità d’appartenenza, il supporto ad iniziative socio-culturali o sportive a scopo
pubblicitario. La familiarità dell’impresa con l’ambiente locale rappresenta un vero e
proprio patrimonio. La stretta collaborazione con i partners commerciali, tra cui
organizzazioni civiche e volontarie, Pubblica Amministrazione e terzo settore, con i quali
si condividono determinati obiettivi e si scambiano risorse operative per il raggiungimento
degli stessi, favorisce una migliore valutazione e gestione dei rischi ambientali e sociali
consentendo il rafforzamento della propria reputazione e della fiducia all’interno della
società in cui opera. La scelta dei fornitori non più attraverso bandi di gara, ma sulla base
delle loro qualità e della loro valutazione, genera ritorni per l’impresa in termini
d’immagine e quindi di maggiore competitività.
Alcune grandi imprese manifestano la propria responsabilità sociale promuovendo
lo spirito imprenditoriale nella regione ospitante. Il corporate venturing, ossia
l’acquisizione di una quota minoritaria nel capitale di una start up promettente,
promuovendone lo sviluppo, è un’altra strategia realizzata dalle grandi imprese per
agevolare la creazione d’imprese innovative. Per quanto riguarda i rapporti con i
5
La corporate governance “definisce la distribuzione dei diritti e delle responsabilità tra i partecipanti alla
vita di una società, con riferimento alla ripartizione dei compiti, all’assunzione di responsabilità e al potere
decisionale”
7
consumatori è necessario disporre strumenti a tutela degli stessi, realizzare indagini sulla
soddisfazione del consumatore e contribuire ad una maggiore integrità delle pratiche
sociali. Le PMI si dimostrano spesso più abili nel gestire queste relazioni, dal momento che
esse stesse sono parte integrante e visibile della comunità in cui operano.
Infine, una delle dimensioni della responsabilità sociale d’impresa, è collegata ai
diritti dell’uomo, in particolare per quanto riguarda le operazioni internazionali e le catene
di produzione a livello planetario. A tal proposito sono stati disposti controlli della supply
chain o catena delle forniture
6
e certificazioni sociali (ad esempio la SA 8000
7
). Con
riferimento invece allo sviluppo e quindi alla partecipazione delle imprese a favore di Paesi
sottosviluppati o in via di sviluppo, che richiedono interventi immediati e durevoli, le
imprese socialmente responsabili si sono impegnate nello sviluppo di un commercio equo-
solidale, in donazioni a favore d’aree svantaggiate e adesioni a programmi di risposta a
situazioni d’emergenza, come gli interventi umanitari d’aiuto e sostegno ad esempio.
Un’altra area d’intervento della RSI (responsabilità sociale d’impresa) concerne
l’ambiente e quindi l’impegno delle imprese socialmente responsabili nella tutela dello
stesso. Oggi c’è la consapevolezza da parte delle imprese che l’ambiente rappresenta non
tanto un vincolo alla produzione quanto piuttosto un’opportunità di sviluppo competitivo
che è imposta dalla stessa natura evolutiva del gioco economico di mercato
8
.
L’ottimizzazione energetica, la prevenzione dell’inquinamento, la minimizzazione di rifiuti
e il riciclaggio, l’adesione a programmi di sviluppo sostenibile e a procedure di controllo
dei fornitori nonché il ricorso a certificazioni ambientali può portare ad una riduzione dei
costi e favorire quindi la vitalità economica di un’impresa. Queste iniziative possono
contribuire, come già accennato, a migliorare i rapporti con la comunità, gli enti di
controllo ed altre istituzioni. Possono far nascere nuove opportunità commerciali con
clienti alla ricerca di fornitori “verdi”.
6
S’intende il rapporto che lega un soggetto cliente ai propri fornitori e questi a loro volta agli utenti sub-
fornitori. Si genera in questo modo una struttura a rete che unisce soggetti che operano su un solo specifico
prodotto favorendo attività d’outsourcing e specializzazione che estende la catena del valore. Questa rete di
relazioni è importante in quanto le grandi imprese, avvalendosi della propria forza contrattuale, sono in grado
di influenzare l’offerta e di incidere sulle caratteristiche dei beni e dei servizi da loro prodotte.
In termini di responsabilità sociale si hanno cambiamenti in termini di garanzie per i lavoratori oppure la
possibilità che il cliente non riconosca più nel suo fornitore diretto il garante della qualità dei prodotti che gli
sono venduti.
7
Si tratta di una certificazione standard internazionale in tema di diritti dei lavoratori che attesta l’operato
delle imprese e permette di migliorare le condizioni e l’ambiente di lavoro, di ridurre il rischio d’incidenti e
di migliorare la reputazione dell’impresa sul mercato.
8
Giuliana Birindelli, Elena Bruno, Angela Taraballa, La Business Ethics e la comunicazione esterna di
impresa, FrancoAngeli, Milano, 2002, pag. 30.
8
Infine, analizzando l’ultima area d’intervento della RSI, ossia quella economica,
bisogna soffermarsi sui temi della finanza e dell’accountability. Per quanto riguarda il
primo dei due temi, la responsabilità sociale d’impresa ha portato allo sviluppo della
finanza etica e di quella socialmente responsabile. Entrambe queste espressioni indicano un
comportamento rivolto non solo alla massimizzazione del profitto, ma anche alla tutela
ambientale, alla garanzia dell’equità sociale e allo sviluppo dei diritti umani e civili.
Sembrerebbe che questi due concetti si equivalgano. In realtà non è così.
La finanza etica è la ricerca di una finalità sociale all’attività dell’impresa ossia, ad
esempio, la raccolta del risparmio remunerata attraverso la massima possibile utilità
sociale, la soddisfazione del diritto soggettivo d’accesso al credito garantito dalla pratica
degli impieghi…La finanza socialmente responsabile, invece, è riferita ai prodotti
finanziari o in ogni modo ad iniziative legate al core business. Le imprese impegnate in
investimenti socialmente responsabili potrebbero, ad esempio, indirizzarsi nella gestione
d’attività finanziarie in aziende che presentano un profilo ottimo di rischi e superiori
potenzialità di crescita per l’alta qualità dei rapporti con gli stakeholder, in finanziamenti
ad organizzazioni non profit e a soggetti che normalmente non avrebbero accesso al
servizio bancario (a causa d’assenza di garanzia o perché soggetti in condizioni
svantaggiate). Con riferimento al secondo tema, invece, l’espressione italiana che meglio
traduce il termine accountability è “render conto”. Un’organizzazione è quindi accountable
se rende conto periodicamente e comunica in modo trasparente ai propri stakeholder
quanto è stato fatto e raggiunto nel corso delle proprie attività
9
.
Sul piano pratico ciò si traduce in una misurazione degli obiettivi prefissati ed in
una valutazione dei costi e dei ricavi percepiti dalle diverse parti interessate. La
rendicontazione permette di dare una misura del grado di trasparenza dell’impresa nei
confronti delle sue controparti accrescendone la reputazione e quindi la fiducia e il
consenso dell’ambiente in cui essa opera. L’attività di rendicontazione etico-sociale si
traduce nella predisposizione di bilanci ambientali, sociali e report tematici, house-
organ/newsletter contenenti informazioni relative alla responsabilità sociale d’impresa,
valutazione della coerenza tra gli obiettivi prestabiliti e quelli raggiunti, coinvolgimento
degli stakeholder, la valutazione della loro soddisfazione o insoddisfazione sulla base dei
risultati raggiunti dall’impresa e il miglioramento delle strutture di governance
dell’impresa attraverso il dialogo con questi ultimi.
9
ABI, Responsabilità Sociale d’Impresa, concetti e strumenti per le banche, Bancaria editrice, dicembre
2002, Roma, pag. 23.
9
Analizzando le tre aree d’intervento della RSI (responsabilità sociale d’impresa)
abbiamo potuto osservare che molteplici e diversi sono gli strumenti di cui essa si avvale.
Passiamo ad analizzarne sinteticamente alcuni. L’audit ambientale e sociale è un tipico
strumento di gestione aziendale che consente di realizzare una valutazione sistematica,
documentata, periodica ed obiettiva delle prestazioni di un’organizzazione e si realizza di
solito attraverso check list che guidano l’attività dell’auditor.
10
La redazione di un bilancio sociale ed ambientale, invece, è un’attività di tipo
volontario che consente di gestire, analizzare e controllare tutti i fattori d’integrazione tra
l’organizzazione e l’ambiente, da una parte, ed i propri stakeholder dall’altra. Dà la
possibilità di prendere visione di dati sia qualitativi che quantitativi sull’impatto
dall’attività svolta dall’impresa e del suo impegno nella protezione dell’ambiente e sulla
promozione della fiducia e del benessere sociale nella comunità d’appartenenza. A questi
strumenti si aggiungono le certificazioni ambientali e sociali che attestano se l’azienda
garantisce il raggiungimento degli standard presupponendo il rispetto di una serie
d’adempimenti da parte dell’impresa sia per quanto riguarda i prodotti sia per quanto
riguarda l’organizzazione. Le principali certificazioni oggi esistenti sono il regolamento
Emas e ISO 14001 per quanto riguarda i sistemi di gestione ambientale e Social
Accountability 8000, l’unica per quanto riguarda le certificazioni sociali. Da non
dimenticare i Codici etici, considerati carte dei diritti e dei doveri morali fondamentali,
attraverso i quali l’impresa chiarisce le proprie responsabilità sociali ed etiche verso i
portatori d’interesse e s’impegna pubblicamente a rispettarli, il microcredito, ossia la
concessione di prestiti, alla persona e per l’avvio di piccole attività imprenditoriali, ai
soggetti che hanno difficoltà d'accesso al finanziamento tradizionale delle banche al fine di
contribuire allo sviluppo locale, e modelli organizzativi e relativi alla gestione interni al
fine di una condotta responsabile dell’impresa.
L’obiettivo da raggiungere è quello di integrare le tre aree della RSI nella cultura,
nei valori, nelle operazioni e nelle decisioni a tutti i livelli dell’organizzazione, al fine di
creare migliori pratiche gestionali
11
. Con riferimento esclusivamente al settore bancario si
possono individuare altri strumenti di RSI, quali prodotti bancari d’impiego e di raccolta
etici, per avvicinarsi alle fasce più deboli, ai soggetti a basso reddito o ad elevata valenza
sociale tra cui i mutui e le polizze vita a prezzi agevolati, i pacchetti di servizi dedicati agli
immigrati, i mutui per adozioni internazionali…. In campo ambientale esistono diverse
10
Idem, pag. 81
11
Idem, pag. 110
10
forme d’impiego che rientrano nella categoria eco-banking
12
. Da ultimo, si è diffuso
ampiamente anche il servizio bancario di base o Social banking con il quale si fa
riferimento ad una serie d’iniziative da parte delle banche tese a promuovere lo sviluppo
economico e la lotta alla povertà al fine di soddisfare le esigenze di credito e di servizi
della clientela marginale. Gli elementi considerati da molti strumenti di RSI, tesi a
misurare, fare il rendiconto, verificare le performance d’impresa, tendono a convergere in
indicatori di performance, elementi per il rating e variabili considerate per la certificazione
e gli standard. Dopo questo quadro introduttivo sulla RSI, vogliamo soffermarci ora su uno
dei prodotti di cui la stessa si avvale: i fondi etici.
L’approccio della RSI nella gestione del risparmio e quindi negli investimenti
socialmente responsabili può essere applicata ad una vasta gamma di prodotti tra cui quello
tipico è rappresentato dal fondo comune d’investimento socialmente responsabile, meglio
conosciuto come fondo etico, la cui composizione è elaborata tramite uno screening del
portafoglio operato da agenzie specializzate che gestiscono informazioni circa il
comportamento d’imprese e Paesi
13
. I primi fondi etici nacquero negli Stati Uniti intorno
agli anni Settanta, per rispondere ad alcune situazioni create dal mercato e che erano
profondamente respinte dalla coscienza e dall’opinione pubblica. In quegli anni si fece
sempre più viva, a livello di coscienza collettiva, l'esigenza di conoscere e indirizzare la
destinazione dei propri risparmi: si voleva investire i propri risparmi con profitto, ma senza
che essi, a loro volta, servissero per il finanziamento d’imprese o Stati che si riteneva
avessero comportamenti immorali, lesivi della dignità dell'uomo, non rispettosi
dell'ambiente. Fu decisivo in questo senso l'impatto violento che la società occidentale,
soprattutto quell’americana, subì dalle vicende e dalle immagini della guerra del Vietnam.
Ciò che è contestato da chi investe eticamente i propri risparmi è in primo luogo la
guerra, la produzione e il commercio d’armi e di materiale bellico; ma sono duramente
osteggiati anche il razzismo, la dittatura, le attività industriali e commerciali che
danneggiano l'ambiente, il commercio d’alcool, di tabacco e il gioco d'azzardo e,
naturalmente, chi li favorisce. Si criticano anche le pratiche poco trasparenti con cui gli
istituti finanziari, specie le banche, investono le somme provenienti dai depositi dei
risparmiatori per generare massimo profitto. In pochi anni nacquero così diversi fondi
d’investimento, come il Pax World Fund (1971) o il Dreyfus Third Century Fund (1972). Il
12
Idem, pag. 117. Eco-banking è un termine utilizzato per indicare l’attività finanziaria rivolta
all’investimento e ad iniziative di carattere ambientale del risparmio.
13
Idem, pag. 104.
11
primo fondo comune d’investimento etico a comparire in Europa, precisamente in Gran
Bretagna, fu invece il Friends Provident's Stewardship Trust (1984). In Italia la strada
dell'investimento finanziario eticamente orientato fu aperta dal gruppo San Paolo di
Torino, oggi San Paolo IMI, che nel 1997 collocò sul mercato i primi fondi etici.
Il continuo incremento nel numero di fondi comuni d’investimento etici ha
condotto alla creazione d’indici azionari etici, strumento importante ai fini di un confronto
e di una valutazione delle performance di detti fondi, quali ad esempio il Domini 400
Social Index negli Stati Uniti o il Dow Jones Sustainability Index in Europa. Si sono
parallelamente sviluppate "agenzie di rating etico" che valutano i settori economici e le
attività imprenditoriali da un punto di vista etico; ad esse si affiancano anche società di tipo
consulenziale che studiano, approfondiscono e suggeriscono alle imprese i comportamenti
da attuare per essere socialmente e ambientalmente responsabili. Tra gli investimenti
finanziari etici si trovano libretti e conti di risparmio, conti di deposito a breve e a lungo
termine, fondi comuni d’investimento o di collocamento, società d’investimento a capitale
variabile o a capitale fisso, banche etiche.
Il fondo etico ha caratteristiche molto simili rispetto al fondo comune
d’investimento tradizionale. Una delle differenze caratterizzanti e peculiari è lo screening
etico. Questa metodologia consiste nell’escludere o includere titoli in portafoglio in
conformità a criteri ambientali e sociali. Le strategie di screening, quindi, implicano una
valutazione etica dell’oggetto dell’investimento, più semplice nel caso si debba scegliere in
quali titoli non investire (criteri d’esclusione) e più complessa nel caso di selezione di titoli
o aree geografiche che si desidera supportare attraverso l’attività d’investimento (criteri
d’inclusione). Tale elemento permette di evidenziare una delle più accreditate
classificazioni dei fondi etici: fondi a devoluzione e fondi etici veri e propri. Per i primi,
l’eticità consiste nel fatto che al sottoscrittore è data la possibilità di destinare una parte
delle commissioni di gestione o dei rendimenti ottenuti ad una o più organizzazioni non
profit, di solito incluse in un paniere d’enti già selezionati dal gestore.
A volte il gestore stesso fa una donazione, a forfait o calcolata in conformità ad una
percentuale del patrimonio gestito. Per i secondi, l’eticità consiste nel fatto che si
selezionano gli investimenti in conformità a determinati parametri etici di screening che
comunemente sono definiti come criteri negativi, o d’esclusione, e criteri positivi, o
d’inclusione. Si ricorre ai criteri negativi, quando il gestore di un fondo seleziona i titoli –
azionari, obbligazionari o di Stato a seconda che l’emittente sia un’impresa o un governo -
12
escludendo, per esempio, quelli d’imprese che inquinano, che operano nei settori della
produzione e del commercio d’armi, della produzione e distribuzione del tabacco, ecc...
Si applicano, invece, criteri positivi, quando la selezione dei titoli comprende,
invece, aziende che adottano codici etici di comportamento, codici di corporate governance
(internal control, separazione dei ruoli, composizione del consiglio d’amministrazione),
mirano alla valorizzazione del capitale intellettuale (la formazione continua, la definizione
di percorsi di carriera), e alla partecipazione alle decisioni ed ai risultati finanziari da parte
degli stakeholder. Nel caso degli Stati, poi, si favoriscono quelli che hanno adottato le
convenzioni internazionali sui diritti umani, nei quali vigono consolidati sistemi
democratici, e dove si applicano leggi severe contro lo sfruttamento del lavoro minorile.
Esistono poi anche i cosiddetti “fondi verdi”, ossia quelle gestioni che pongono particolare
enfasi sul discorso ambientale, investendo in società impegnate a rispettare l’ambiente.
Tale tipo di fondi si potrebbe, a volte, definire “misto”, poiché una parte delle commissioni
o dei risultati conseguiti potrebbero essere devoluti in progetti di rilevanza socio-
ambientale anche se in realtà la maggior parte degli operatori ingloba questa classe di
fondi, nei fondi etici veri e propri. Un’altra caratteristica che differenzia i fondi etici da
quelli tradizionali è la presenza di un comitato etico all’interno della società di gestione,
vale a dire un organismo che dovrebbe garantire l’eticità delle scelte intraprese dai gestori
dei fondi etici.
Il lavoro che segue ha l’obiettivo di approfondire la conoscenza dei fondi etici,
appunto. Esso sarà articolato in tre capitoli, preceduti da una breve introduzione sul tema
della responsabilità sociale delle imprese in cui sono affrontate le cause della stessa ed è
fornita una breve panoramica dei diversi strumenti di cui dispone, per poi soffermarsi sui
fondi etici. Nel primo capitolo tratterò l’evoluzione dei fondi etici a livello italiano, a
livello europeo ed infine a livello statunitense.
Il secondo capitolo approfondisce le iniziative adottate a livello europeo, al fine di
favorire lo sviluppo e l’affermazione di questa nuova cultura, per poi illustrare il processo
d’investimento adottato dai gestori degli indici etici. Si conclude con un focus sui
questionari adottati da alcuni gestori d’indici etici ai fini della selezione dei fondi
eleggibili; in particolar modo sarà realizzato un confronto fra SAM e Axia, gestori che
adottano, così come FTSE 4Global, i questionari quale strumento per la raccolta
d’informazioni sui fondi etici, eleggibili ai fini dell’inserimento nell’indice.
Infine, l’ultimo capitolo è incentrato sul processo d’investimento dei fondi etici e
sull’analisi delle loro caratteristiche tecniche ed economiche.
13