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Capitolo primo
Il Benchmarking
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1.1 Verso una nuova strategia manageriale.
Per gestire la complessità del nuovo paradigma economico e del
suo elemento più importante, la conoscenza, occorre organizzare una
capacità di apprendimento dall’esterno continua e dinamica, che
sappia inglobare il nuovo migliorando l’esistente, in una spirale di
progresso “apprendimento-cambiamento”.
La crescente volatilità delle principali variabili macroeconomiche
determina modifiche repentine alla competitività internazionale.
Basti pensare alla variazione delle ragioni di scambio che ha
messo per la prima volta in difficoltà aziende giapponesi di successo e
successivamente l’economia del sud-est asiatico e portato la Francia
ad avere un tasso di disoccupazione simile a quello italiano.
Oppure alla forte competizione globale, l’accelerata innovazione
tecnologica, la crescente liberalizzazione di molti settori una volta
protetti, come le telecomunicazioni, i trasporti, le banche, ecc.
Le aziende stanno riconoscendo che il cambiamento è una
condizione ordinaria con la quale si deve convivere quotidianamente e
gli imperativi dell’oggi diventano:
• non morire delle proprie certezze;
• rafforzare la capacità di ascolto e di osservazione
dell’ambiente esterno;
• imparare a diventare partner;
• adattare con spirito creativo;
• favorire l’apprendimento permanente.
Questi imperativi spingono l’impresa ad aprirsi al confronto a
tutto campo, cioè apertura ad apprendere in ogni attività dalle qualità
degli altri per migliorare le proprie, e diventano il principio distintivo
delle imprese che riescono a trasformare in opportunità le
“preoccupazioni” derivanti da complessità, variabilità, incertezza.
1.2 Origine del benchmarking, vantaggi e
definizione.
Nel 500A.C., il generale cinese Sun Tzu, scrisse:
“Se conosci il tuo nemico e conosci te stesso, non dovrai aver più
alcun timore delle battaglie che verranno” (Sun Tzu, The Art of War).
Le parole del generale mostrano la strada per il successo in
ogni campo lavorativo.
Dopotutto, nella risoluzione delle problematiche tipiche del
mondo lavorativo e nella sopravvivenza alle continue “lotte” per il
piazzamento sul mercato, si possono ravvisare le sopra-citate
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battaglie del cinese Sun Tzu che vanno pertanto combattute con le
medesime, seppur antiche, strategie.
Per citare altri esempi, la stessa parola giapponese dantotsu,
indica il riuscire ad essere“ il meglio del meglio”.
Questa è la vera essenza del benchmarking.
Tutto ciò è mancato nella cultura occidentale probabilmente per
la nostra presunzione di essere già “il meglio” e dunque non ricercarlo
altrove.
E’ solo dalla fine degli anni ’70, che alcune grandi imprese
occidentali hanno iniziato a sviluppare la disciplina del confronto sia
uscendo dai limiti del settore di appartenenza, sia imparando a
quantificare le differenze, ricercandone le cause.
I concetti e le metodologie che ne sono derivati hanno
consentito di ridurre i costi, migliorare la redditività e spesso hanno
giocato un ruolo decisivo nel ristrutturare intere organizzazioni.
Il primo benchmarking risale al 1972 ed è il progetto PIMS
(Profit Impact of Market Strategy) che coinvolse centinaia di grandi
imprese, definì i parametri del confronto e spiegò le ragioni delle
differenze nelle prestazioni realizzate dalle aziende, sviluppando quelli
che poi si sono tutt’ora conosciuti come i “principi PIMS”.
Nell’intento di trovare una valida soluzione al problema, le
imprese cominciarono dunque a volgere il proprio sguardo all’esterno,
cercando di individuare quelle realtà imprenditoriali capaci di superare
la crisi e di determinare nuovi percorsi di crescita e soluzioni vincenti.
Un secondo passo importante per il benchmarking risale al
1979: l’americana Xerox, trovandosi i propri profitti in ribasso, avviò
un progetto chiamato “benchmarking competitivo” per analizzare i
costi e la qualità dei propri prodotti rispetto ai corrispettivi
giapponesi.
Il progetto ebbe così successo che negli anni successivi si
estese ai principali processi aziendali.
I risultati che ne conseguirono furono più che tangibili:
• la competizione indiretta (considerando la distanza
geografica) fu molto più fruttuosa di quella diretta;
• la produzione di forniture aumentò di circa nove volte
quella precedente;
• i difetti di assemblaggio diminuirono del 10%;
• la velocità di vendita del prodotto sul mercato fu
raddoppiata.
Il caso fu così riportato sul Financial Time: “Il potere del
benchmarking è stato dimostrato dal suo essere il fattore principale
dietro al risorgere della Xerox negli Anni ’80.”
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Al giorno d’oggi, le imprese gestite sul confronto sono più
profittevoli e creano maggiore ricchezza essenzialmente per due
ragioni:
• hanno la capacità di generare molte più idee e di scegliere
tra molte più opzioni;
• sono molto più efficaci e rapide nel progredire, su
qualsiasi aspetto decidano di agire.
Il primo è un vantaggio di creatività e le imprese che lo
praticano sono disponibili e, anzi, si sforzano di uscire dal proprio
settore di attività, di guardare e comprendere mercati e prodotti
diversi, di ricercare analogie e di porle a confronto con la specificità
dell’azienda.
La varietà del panorama che interessa le imprese gestite sul
confronto è tale da porre sul tavolo del management – continuamente
nel tempo – una quantità di idee, di esempi, di soluzioni, decisamente
superiori alle imprese meno evolute.
L’impresa gestita sul confronto riesce, con maggiore frequenza
a rompere le regole della competizione di un settore, perché si basa
su idee che appartengono “ad altri schemi” ed acquista un’abilità
fondamentale nella capacità di sorprendere e spiazzare i concorrenti,
creando barriere alla concorrenza.
Il secondo è un vantaggio di efficacia e velocità nel progredire.
La velocità e l’efficacia con cui queste imprese riescono a migliorarsi
si spiegano con l’esempio del contadino che, stanco di zappare, copiò
l’aratro di legno del vicino, e in più gli mise la punta di ferro, quella
della sua vecchia zappa.
Si parte cioè da una base che è già riconosciuta come efficace e
si giunge ad applicarla alla propria impresa con la possibilità di un
ulteriore miglioramento.
Le imprese, infatti, per migliorarsi non devono per forza
ripartire da zero, ma è sufficiente apprendere dagli altri ciò che sanno
fare meglio, adattarlo a se stessi, possibilmente migliorando ancora.
I due vantaggi del confronto spiegano il successo delle imprese
che applicano questo principio nelle decisioni strategiche, nei progetti
di innovazione, nella vita aziendale di tutti i giorni.
In sintesi, per queste imprese, decidere e gestire attraverso il
confronto significa porsi in una condizione di sistematico vantaggio,
soprattutto nell’acquisizione della risorsa più preziosa per far fronte
alla complessità: la conoscenza.
Le imprese gestite attraverso il confronto hanno la capacità di
“riconoscere” il potenziale di miglioramento presente nei propri
processi, nelle strategie, nelle funzioni aziendali e di localizzare dove
sia più conveniente intervenire.
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Queste imprese, inoltre, “conoscono” un panorama di azioni per
decidere e migliorare, non disponibile per i concorrenti meno evoluti e
“sanno” come trasformare una decisione o un programma di
miglioramento in obiettivi raggiunti con efficacia ed in tempi rapidi.
Una ricerca condotta dalla American Quality Foundation e da
Ernst & Young su ventiquattro diversi settori di attività e che ha visto
coinvolte cinquecentottanta aziende nordamericane, tedesche e
giapponesi, ha mostrato che alla diffusione del principio del confronto
corrisponde un vantaggio medio di cinque punti percentuali di
redditività sul capitale netto ( fonte www.benchmarking-italia.com ).
Il vantaggio del confronto e gli esempi di imprese di successo
che lo applicano come principio di conduzione aziendale, sono i
presupposti che hanno dato vita a una nuova disciplina che aiuta il
management a capire, decidere e gestire attraverso il confronto.
Questa disciplina è appunto il benchmarking.
Il benchmarking è trasversale agli strumenti manageriali classici
per la gestione del cambiamento, in quanto è in grado di aggiungere
la prospettiva esterna a ciascuno di essi, diventando una molla
psicologica che dice: “se l’hanno fatto altri, possiamo farlo anche noi”.
Il benchmarking è l’arte di scoprire che cosa fanno gli altri
meglio di noi e di studiare, migliorare e applicare le loro tecniche. Si
tratta, come già accennato, di un metodo antico: le aziende si sono
spiate, analizzate reciprocamente e copiate da sempre. Il confronto
avviene attraverso parametri di riferimento (benchmark) che
evidenziano l’efficacia e l’efficienza (qualità, costi, tempi) di ciò che si
sta analizzando.
Attraverso di essi si marca la migliore prestazione individuata in
modo che essa rappresenti il valore da eguagliare e superare.
La parola “benchmark” deriva dai sopralluoghi geografici in cui
prende il significato di “misurazione sulla base di un punto di
riferimento”.
In ambiente manageriale, benchmarking significa la
misurazione dell’eccellenza di prestazione di una azienda; un punto di
riferimento o una unità di misura per effettuare dei confronti; un
livello di prestazione ritenuto lo standard dell’eccellenza per uno
specifico processo aziendale ( Webster’s Dictionary ).
E’ quindi un metodo rivolto all’esterno (al di fuori della propria
azienda) per scoprire prestazioni eccellenti.
La definizione più completa di benchmarking risulta la
seguente: “il processo sistematico di confronto tra prodotti, servizi,
prassi e caratteristiche organizzative con le aziende riconosciute
leaders nei vari settori di mercato , per consentire ad una impresa di
capire e gestire i fattori che determinano prestazioni superiori.”
(Kearns - Camp 2003).
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Si tratta di un processo che, se riferito ad un impegno costante
di miglioramento, esprime il proprio valore soprattutto quando è
adottato in modo continuativo.
1.3 Oggetto del benchmarking.
L’oggetto del benchmarking può essere il più vario:
• si possono confrontare le caratteristiche, le prestazioni, la
qualità percepita, i costi dei prodotti e dei servizi;
• si possono analizzare le modalità di svolgimento e le
prestazioni di tutte le attività, da quelle più elaborate
come la pianificazione strategica e lo sviluppo di nuovi
prodotti, a quelle più semplici come la registrazione delle
presenze e la liquidazione delle note di spesa;
• si possono mettere in relazione tra loro le strutture
strategiche, organizzative e finanziarie delle imprese.
Le entità da confrontare possono essere gruppi di imprese,
singole aziende, divisioni aziendali, unità di business, funzioni
aziendali e reparti. Naturalmente il benchmarking non si limita alle
imprese, ma può riguardare la Pubblica Amministrazione, le
organizzazioni senza fini di lucro, la sanità, la scuola e così via.
Un esempio: la filiale italiana di un produttore europeo di
televisori e Hi-Fi ha voluto misurare i tempi di risposta dei suoi servizi
tecnici, amministrativi e commerciali. Ha commissionato all’esterno
una ricerca, facendo fare telefonate simulate di clienti, ai diversi uffici
della propria azienda e a quelli dei diretti concorrenti. Sono stati così
misurati i tempi di attesa e classificate le risposte, in base alla
capacità di risolvere il problema posto dal cliente.
L’obiettivo del benchmarking è duplice: da una parte, capire,
cioè analizzare i problemi e così individuare le cause che stanno
all’origine dei problemi stessi;dall’altra, gestire, cioè risolvere i
problemi e così dare corso alle azioni di cambiamento più opportune.
Comprensione e gestione riguardano gli elementi che influenzano le
prestazioni confrontate: i fattori guida (driver), variabili responsabili
delle prestazioni dell’entità sottoposta a confronto.
Per esempio, se il benchmark riguarda i tempi di consegna della
merce, i fattori da comprendere e gestire possono essere i mezzi di
trasporto utilizzati, l’organico da assegnare al reparto di spedizione, il
numero di fasi del processo produttivo, la distanza della clientela che
si è deciso di servire, il sistema informativo utilizzato e così via.
L’apprendimento si realizza perché si è osservato un divario
nelle prestazioni e si sono individuate le cause di tale divario, con
l’obiettivo ultimo di raggiungere prestazioni superiori dal punto di
vista competitivo e finanziario.
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La delicatezza e la rigorosa garanzia di riservatezza dei dati
richiede una gestione ad alto profilo di deontologia professionale, che
porta i soggetti che praticano il benchmarking a dotarsi di codici etici
e di autoregolamentazione.
Questi codici contengono veri e propri principi di
autoregolamentazione ed i più frequenti in essi contemplati sono:
• il principio della reciprocità;
• il principio della riservatezza;
• il principio della legalità;
• il principio dell’analogia;
• il principio della misurazione;
• il principio della validazione.
Il benchmarking può essere anche lo strumento per riconoscere
in anticipo i segnali di cambiamento, coinvolgere attivamente le
risorse umane e realizzare gli obiettivi aziendali. Infatti, il confronto
può essere utilizzato per stimolare il miglioramento, sia a livello di
impresa, sia a livello di attività elementari.
Il benchmarking è inoltre uno strumento d’indagine che procede
di pari passo rispetto al Business Process Reengineering,
un'insieme di attività correlate o interagenti che trasformano elementi
in ingresso in elementi in uscita. Nel BPR si “analizza il sistema
partendo dal risultato fornito dal cliente. I processi vanno identificati,
mappati e collegati ai bisogni dei clienti; non alle funzioni o ai
dipartimenti”.
Il BPR è dunque un processo che mette in luce come le
precedenti tecniche fossero troppo orientate all'interno dell'azienda e
quindi inadatte all'attuale livello di complessità del mercato e delle
relazioni con i clienti. Di fondo, il miglioramento incrementale non è
più ritenuto sufficiente. Lo scenario competitivo è troppo dinamico per
tollerare ritardi nel miglioramento.
La formulazione di obiettivi a partire da evidenze esterne
permette sia nel caso del benchmarking che del BPR di definire
traguardi realistici e credibili, perché già realizzati da altre imprese,
nel proprio o in altri settori di attività.
Così il ricorso al benchmarking permette di esercitare una
azione di catalisi (reazione chimica accelerata dall’intervento di un
catalizzatore) efficace intorno al cambiamento, sia quello orientato ai
piccoli passi del miglioramento continuo, sia quello teso ad introdurre
un reale salto di qualità per battere la concorrenza.
Fino ad ora il benchmarking è stata una disciplina riservata
unicamente alle grandi imprese, per ragioni organizzative e di costi,
ma oggi con l’utilizzo delle tecnologie informatiche e delle banche dati
è possibile portare il benchmarking anche nelle PMI.
Inoltre il benchmarking è entrato nelle priorità dell’Unione
Europea che lo sta promuovendo nell’economia e nella società, per