5
   Affrontare il problema dell’educazione alla lettura significa 
soprattutto affrontare il problema delle motivazioni alla lettura. 
A tal proposito Canetti sottolinea come non esista acquisizione senza 
motivazione
3
. 
Le motivazioni alla lettura possono sorgere non certo migliorando 
soltanto le attrezzature tecnico – didattiche, bensì migliorando 
l’ambiente in cui l’individuo vive con il renderlo più libero, più 
umano. 
   Pertanto, come qualsiasi altro atto educativo, anche quello della 
guida al leggere ha alla radice un impegno democratico, un appello 
costante alla libertà quale principio, mezzo e fine dell’educazione 
stessa. 
   La lettura ci dischiude lo sguardo su un orizzonte più ampio, non 
solo perché aggiunge nuovi elementi a quelli che già possediamo, ma 
anche perché ci fa scorgere nuove e più articolate relazioni tra gli 
elementi che già conosciamo, e dunque ci allena a pensare in modo 
complesso per vedere a livelli di profondità sempre maggiori la realtà. 
Questa capacità nella vita ci serve non solo a livello di capacità 
retorica (di parlare) o di capacità cognitiva (di conoscere), ma ci serve 
anche per dominare la realtà e dunque per meglio agire su di essa
4
. 
   Un buon educatore deve conoscere le diverse pratiche della lettura, 
cioè l’esistenza e le caratteristiche delle diverse forme e delle diverse 
finalità attraverso cui si pratica questa attività, perché alla lettura è 
unanimemente riconosciuto dalle scienze dell’educazione e della 
formazione un ampio ‘potenziale formativo’, in quanto essa è in grado 
                                                 
3
 Cfr. in particolare E. CANETTI, La lingua salvata, Milano, Adelphi 2002. 
4
 A. ASCENZI, Profili della lettura e letteratura per l’infanzia, Scienze della 
formazione - C.E.L.F.I, Macerata 2006, p. 4. 
 6
di attivare nell’individuo che la pratica un processo di crescita e di 
arricchimento personale
5
.  
È dunque fondamentale per un educatore (sia esso genitore, 
insegnante, educatore o animatore socio-culturale) conoscere in 
profondità l’universo delle pratiche della lettura affinché possa 
servirsene in modo consapevole ed efficace. 
Ma nessun educatore può fare un uso consapevole ed efficace delle 
diverse pratiche della lettura senza aver compiuto prima un percorso 
di autoconoscenza e autocoscienza di sé come lettore.  
Egli deve essere consapevole del proprio vissuto emotivo, intellettivo 
ed esistenziale del proprio rapporto con la lettura, perché un educatore 
deve trasmettere empaticamente il proprio vissuto esistenziale con la 
lettura. 
Infatti, prima ancora delle tecniche di animazione alla lettura, 
sull’interlocutore, sia esso bambino, adolescente o adulto, agisce il 
nostro vissuto di lettori, che è in grado di contagiarlo positivamente o 
negativamente.  
In altre parole, non serve propagandare le virtù della lettura, se in 
prima persona non si è vissuta e non si vive l’esperienza gratificante di 
una ‘crescita’ attraverso la lettura
6
. 
   In questo lavoro abbiamo cercato di individuare un percorso di 
lettura inserito in una serie di altri percorsi volti alla conoscenza di sé 
e all’applicazione di metodologie volte alla promozione della lettura. 
Abbiamo altresì analizzato alcuni progetti nati intorno al tema del 
‘leggere’ e orientato la nostra ricerca in una prospettiva di tipo 
linguistico. 
                                                 
5
 G. GENOVESI, op. cit., p. 9. 
6
 A. ASCENZI, op. cit., p. 10 
 7
1 IL PROCESSO DI LETTURA 
 
 
 
1.1 IL PERCORSO DELLA LETTURA NELLA 
SCUOLA 
 
   Intorno al tema del leggere esiste la consapevolezza di un discorso 
articolato, nello spazio e nel tempo. 
   Dopo una fase dove la scuola era tutta ‘leggere, scrivere e far di 
conto’, in un clima di direttività metodologica, è subentrato un 
atteggiamento di disinteresse, se non di aperta critica, per tutto ciò che 
aveva a che fare con queste abilità; in particolare, contro la lettura 
dello stampato, si è formato un movimento di opinione alimentato 
dalle tesi di M. McLuhan e dei suoi seguaci circa l’esaurirsi 
dell’invenzione di Gutenberg e l’avvento della nuova comunicazione 
per immagini. 
La polemica ha investito anche i libri di lettura per le scuole 
elementari, accusati in generale di non stimolare in modo adeguato la 
riflessione e il pensiero critico, nonché di mortificare l’intelligenza e 
la fantasia degli alunni.  
   Troppo spesso, infatti, l’insegnamento-apprendimento della lettura è 
stato esplicitato sotto il profilo della trasmissione-acquisizione di 
abilità tecniche (rapidità e fluidità della lettura, cura della dizione, 
espressività, ecc.) relative al mero esercizio del leggere
7
. 
                                                 
7
 A. ASCENZI, op. cit., pp. 2-3. 
 8
Negli Anni settanta, la nostra scuola ha rispecchiato questo stato di 
crisi e, in certi casi, di vero e proprio rigetto nei confronti di abilità 
strumentali: la ricerca pedagogica e didattica hanno ampiamente 
abbandonato i loro ambiti tradizionali, aprendosi a nuove tematiche. 
   Oggi il contesto è cambiato, le posizioni sono meno drastiche e 
contrapposte; anche in pedagogia si cercano di contemperare le 
esigenze della ricerca alternativa con l’apprendimento di attività 
tecniche, fra cui ricompaiono il leggere, lo scrivere e il fare di conto. 
   L’avvento dei new media ha messo in crisi l’assolutismo del libro 
tanto che i nuovi mezzi di comunicazione sono stati demonizzati di 
essere i nemici della lettura, per cui gli specialisti del libro hanno 
cominciato a riflettere sul libro e i suoi antagonisti al fine di 
individuare le peculiarità, cioè i punti di forza e i punti di debolezza, 
di ciascun mezzo di comunicazione
8
. 
Se è vero che non più tutta la conoscenza passa attraverso la lettura e 
lo studio dei materiali stampati, è altrettanto vero che il leggere non 
può essere assimilato o messo in alternativa con altre modalità di 
comunicazione: ciascuna conserva una sua peculiarità che è giusto 
riconoscere e, anche a livello scolastico, sviluppare e potenziare. 
I mezzi di comunicazione, vuoi per l’adozione di forme comunicative 
e linguistiche necessariamente semplificate, vuoi per la condizione di 
passività cui sottopongono i destinatari a causa della scarsa o del tutto 
assente possibilità di interazione, sono oggetto di una forte critica per 
lo scarso potenziale formativo e per il livello scadente della proposta 
culturale.  
                                                 
8
 Ivi, p. 5. 
 9
Tuttavia, sarebbe ingenuo ritenere che solo il libro consenta 
all’individuo di accrescere il proprio potenziale formativo e il proprio 
bagaglio culturale.  
   I mezzi di comunicazione e il libro hanno possibilità e limiti 
analoghi: tutto dipende dall’uso che il soggetto ne fa
9
. 
   Oltre che all’esperienza personale, il luogo naturale e ideale 
preposto per lo sviluppo della lettura è la scuola, che ne ha permesso 
la diffusione. 
   Uno dei meriti da attribuire alla scuola è sicuramente quello di aver 
permesso che milioni di individui uscissero dall'analfabetismo.  
Secondo Faeti e Frabboni
10
 la scuola avrebbe operato male: “Lo ha 
fatto male, si potrebbe  dire, però sempre meglio che niente, perché il 
niente è vuoto, oscurità, arretratezza, e quindi analfabetismo”
11
.                              
   Altro merito della scuola è quello di aver saputo fornire, nel 
migliore dei casi e certo non a tutti, un sapere organico, una rete 
culturale, un contesto generale. E non vi sono dubbi che la formazione 
di individui con una cultura sistematica abbia favorito anche la lettura. 
La scuola tradizionale avviava a leggere e a scrivere con metodi 
finalizzati all'apprendimento dei meccanismi e trascurava gli allievi a 
leggere e scrivere per gusto: insomma dava gli strumenti ma non 
formava letterati.                                                                        
   Due sono gli aspetti che hanno messo in crisi la vecchia scuola: il 
primo è la scolarizzazione di massa, mentre il secondo riguarda le 
trasformazioni dei mezzi di comunicazione.                                             
                                                 
9
 Ivi, p. 8. 
10
 A. FAETI, F. FRABBONI,  Il lettore ostinato. Libri, biblioteche, scuola, mass 
media, Firenze, La Nuova Italia 1983. 
11
 Ivi, p. 9. 
 10
Come si è detto, la scuola forniva un apparato culturale generale, una 
rete di punti di riferimento utili per comprendere e per orientarsi nella 
vita.  
E' accaduto che di fronte all'invasione di molteplici informazioni, 
quell’apparato culturale non era più efficiente, non riusciva più a fare 
da contesto e da punto di riferimento.                           
Si aggiunga che la scuola va perdendo la sua egemonia formativa:  c'è 
chi
12
 sostiene che oggi un ragazzo apprende solo per un terzo dalla 
scuola, il resto gli proviene dai mezzi di comunicazione di massa, 
dalla società, dalla famiglia.                                                                  
   Sarebbe stato necessario che la scuola si fosse adeguata rapidamente 
ai nuovi tempi, avesse mutato profondamente la sua cultura, costruito 
nuovi curricoli formativi, aggiornato a tal fine il suo personale. 
Avesse, in altre parole, costruito una nuova rete culturale capace di 
fare da punto di riferimento e da contesto alla nuova realtà del mondo 
e della vita.                                                                      
Parlare delle responsabilità della scuola è certamente molto facile: 
esistono infiniti riferimenti, una vera e propria letteratura.                          
Quello che è importante è vedere come le responsabilità della scuola 
si intreccino con quelle di altri.                                                                   
   Va postulato con forza il ritorno di una pedagogia della lettura col 
compito di respingere la cultura dell'obbligo che percorre oggi i 
circuiti scolastici e il loisir di territorio.  
In termini di politica culturale, questo significa reclamare una 
programmata espansione delle biblioteche scolastiche e non, perché è 
                                                 
12
 C. PAGLIARINI,  Un ragazzo apprende solo per un terzo dalla scuola, in 
“Albero a elica. Rivista mensile di nuovi alfabeti nella scuola e nel tempo libero” 
1985.  
 11
in grado di ergersi da contromedium (di demistificazione e 
disintossicazione ideologica) nei confronti dell'istruzione 
‘mummificata’ nei manuali e delle strutture narrative, stancamente 
iterative, dei fotogrammi dei fumetti e dei serials televisivi
13
. 
   Oggi siamo in una civiltà in cui prevale la comunicazione per 
immagini rispetto alla comunicazione verbale.  
La comunicazione per immagini è più veloce, più semplice, più 
diretta, più calda, quindi più avvolgente e coinvolgente. 
La comunicazione per immagini, come la televisione e il cinema, 
agisce più sulla dimensione emotivo - affettiva, quindi è più 
manipolatoria perché usa una persuasione occulta di cui spesso 
l’utente non si rende conto.  
La comunicazione verbale, il libro, agisce più sulla sfera cognitiva e 
intellettuale, cioè cerca di convincere con argomenti razionali e 
dimostrabili 
La lettura aumenta le capacità cognitive perché ci mette in contatto 
con un lessico più ampio.  
E siccome ogni vocabolo si associa a una porzione della realtà, entrare 
in contatto con un numero più elevato di parole significa entrare in 
contatto con una realtà più grande.  
Di conseguenza, possedere un numero ridotto di parole significa 
conoscere una porzione di realtà più ridotta. 
Conoscere meno realtà significa essere meno attrezzati e quindi più 
deboli.  
                                                 
13
 R. EYNARD, La lettura nella scuola dell’obbligo, Teramo, Giunti e Lisciani 
Editori 1983, p. 10. 
 12
Al contrario, conoscere è potere, perché la conoscenza è premessa 
necessaria per la capacità di agire e di intervenire sulla realtà
14
. 
La lettura rappresenta un linguaggio certamente ricco e universale: 
come afferma Maria Montessori “un linguaggio spiritualizzato al 
massimo che mette in comunicazione gli uomini di tutta la terra”
15
. 
 
                                                 
14
 A. ASCENZI, op. cit., p. 3. 
15
 M. MONTESSORI, Sulla scrittura, Roma, Opera nazionale Montessori 2003. 
 13
1.2 IL RUOLO DELLA SCUOLA 
 
   Per quanto sia auspicabile che si entri in un’ottica di educazione 
permanente anche per ciò che riguarda il leggere, ciò non toglie che il 
periodo cosiddetto scolastico costituisca tempo privilegiato (o 
‘periodo sensibile’, secondo l’accezione montessoriana) per 
l’apprendimento e l’utilizzo del leggere. 
È nella scuola, infatti, che si pongono le basi per quell’interesse, quel 
gusto alla lettura che dovrebbe essere presente in ogni adulto. 
   Il desiderio di leggere è un'acquisizione culturale e non un fatto 
spontaneo e naturale.  
La disaffezione alla lettura che si riscontra troppo spesso tra i bambini 
e i ragazzi è riconducibile non  soltanto al ruolo catalizzatore svolto 
dalla televisione che assorbe molte volte il loro  tempo libero e il loro 
interesse, ad abitudini apprese e a modelli offerti in famiglia, ma 
anche ad una ‘fatica di leggere’ dovuta all'associare la lettura ad un 
dovere scolastico, ad una attività passiva che nega la socialità. 
   Il libro non appare, per il bambino, uno strumento facile da 
utilizzare per la propria crescita così come ‘far leggere’ i bambini è, 
per l’insegnante, tra le attività più impegnative, difficili ed esposte 
molto spesso all’insuccesso, ma è anche una delle attività più 
importanti che la scuola deve proporre nel quadro delle proprie attività 
didattiche.  
   Lo sviluppo del linguaggio infantile, di cui si riconosce la centralità 
nella comunicazione e nella costruzione delle conoscenze, individua 
nell’educazione alla lettura uno dei fondamentali obiettivi formativi 
della scuola, in quanto induce il bambino a compiere un particolare 
 14
esercizio di abilità linguistiche e cognitive essenziali per la sua 
complessiva crescita intellettuale e che, nello specifico, lo avvicinano 
alle peculiarità della parola scritta.  
   Per quanto concerne, appunto, la funzione della scuola, si possono 
individuare due aree di intervento specifiche, per quanto 
complementari, cronologicamente determinabili: quella relativa 
all’avvio del leggere, identificabile con l’‘imparare a leggere’, e quella 
relativa all’utilizzazione consuetudinaria del mezzo-lettura, acquisita 
l’abilità di decifrazione.  
Ovviamente le due aree presentano delle zone comuni, dove le 
funzioni si sovrappongono.  
In quest'ottica il compito della scuola sarà quello di stimolare gli 
interessi idonei a far emergere il bisogno e il piacere della lettura, per 
avviare i bambini alla comprensione e alla padronanza della 
complessità del fenomeno linguistico, attraverso la pianificazione di 
interventi opportuni, pluralità di itinerari e strategie di incentivazione 
dell’attività di lettura mediante un progetto specifico. 
   In un momento in cui la scuola riapre la specificità del leggere esiste 
il rischio che, proprio per non venir meno ad un dovere, il docente 
recuperi atteggiamenti mentali e schemi operativi validi forse in 
passato, ma oggi inefficaci o addirittura nocivi.  
   Essere lettori competenti oggi è difficile, per tutti i fattori esterni che 
possono interferire con questa funzione di simbolizzazione; per questa 
ragione, agli operatori scolastici è richiesta una maggiore 
professionalizzazione anche in questo àmbito
16
. 
                                                 
16
 D. BOTTINI, A. MIGLIOLI, L’arte perduta della lettura, Milano, Unicopoli 
2002.