V
Per la democrazia l’informazione è il nutrimento, la linfa vitale:
è infatti la premessa perché abbia senso un qualsiasi tipo di
discussione e di decisione che riguardi lo spazio pubblico [Bettetini,
2000, p.20]». I media sono infatti i principali responsabili della
costruzione del senso sociale dei fenomeni collettivi. I media
giornalistici non si limitano infatti a trasmettere le informazioni sul
reale, ma “ordinano” il reale, attraverso la presentazione degli eventi
meritevoli di attenzione e la valutazione degli stessi.
Il giornalista inoltre concorre, attraverso la raccolta di fatti
significativi interpretati criticamente, alla formazione della coscienza
critica e del libero consenso di ogni cittadino e lo aiuta nella riduzione
della complessità dell’interpretazione della realtà. Questo compito può
essere portato a termine solo cercando di raccontare la verità
2
, ovvero
rispettando alcune regole di natura etica, ovvero regole
deontologiche
3
.
L’informazione è quindi un bene primario, ma solo a patto che
essa riesca a cogliere i tratti essenziali del reale e li renda fruibili, e
riutilizzabili, dal grande pubblico. Molto spesso i fondamenti morali
sono minati proprio dalla stessa natura del lavoro del giornalista: esso
è sottoposto infatti ai condizionamenti esterni di editori, politici,
gruppi di pressione, interessi economici.
2
Poter raccontare la verità, ovvero l’oggettività del mondo reale è probabilmente impossibile. La
comunicazione è definita secondo alcune variabili spazio temporali che non sono prescindibili. I
mass media quindi non dipingono la realtà, ma sono (o dovrebbero essere) un’accurata ed onesta
selezione degli avvenimenti che accadono
3
Il termine “Deontologia” deriva dal Greco tò deòn,, il dovere, e viene comunemente usato come
sinonimo di etica. Oggi con questo termine infatti sono indicati quei particolari settori
professionali dove moralità ed etica sono strettamente collegati alla natura stessa della professione.
Più in generale quando si fa riferimento alla deontologia si intende tutti quei codici professionali di
autoregolamentazione o carte di autoregolazione riferite a settori particolari della moralità
professionale; cfr. in Betttini, op. cit.
VI
Che cosa accade dunque se il giornalista, sviato da una terza
parte, ovvero un corruttore, sia esso uomo politico, un faccendiere, un
imprenditore, deforma le notizie? Quali e verso chi sono le
responsabilità del giornalista?
A queste domande cercheremo di dare risposta nel corso di
questo studio, andando ad esplorare le diverse modalità di
manipolazione delle notizie, i settori più sensibili alla corruzione
dell’informazione, valutando le cause che favoriscono o meno la
deformazione dell’informazione.
Nei casi in cui alcuni attori esterni, attraverso pratiche illecite,
riescano a creare un rapporto di scambio con i professionisti
dell’informazione, la professione giornalistica, considerata eroica
sotto molti aspetti per la sua già citata funzione basilare, perde
completamente la sua funzione deontologica, il che accade quando
«anziché informare, il giornalista deforma la realtà dei fatti e quindi
nega lo scopo stesso della professione [Grossi, 2002, p.18−19]».
Nel passato, con la nascita delle prime gazzette, non si poneva il
problema dell’informazione manipolata o della de-formazione. Brevi e
sporadici bollettini informativi erano rivolti ad un esiguo gruppo di
elitari lettori che rappresentavano una classe, o casta, dominante
all’interno della società. Oggi, a quattro secoli di distanza, molto è
cambiato. Nella società odierna, avvolta dal velocissimo processo di
modernizzazione che offre tecnologie e mezzi d’informazione sempre
più avanzati alla portata di tutti, l’informazione diviene un diritto
sempre più fondamentale, ma al tempo stesso preda di facile
manipolazione. Il fatto che negli ultimi sessanta anni i giornalisti
abbiano provveduto a creare il sistema più avanzato di
regolamentazione della professione e che si sia assistito alla
VII
proliferazione di codici di condotta ed alle dichiarazioni di doveri, sta
a sottolineare il delicato momento attraversato da coloro che lavorano
nel settore dell’informazione. Come sostiene Bettetini « il fatto che si
parli di etica e deontologia della professione giornalistica, e che se ne
parli tanto, porta a pensare che questa etica venga vissuta assai poco»
[Bettetini, 2000, pp.20−21].
Il problema dell’informazione manipolata fa dunque sorgere
almeno due tipologie di questioni: una di evidente natura etica,
deontologica, l’altra investe la sfera economica e sociale. La
corruzione del giornalista non solo è fonte di un problema etico e
morale che mina il buon funzionamento delle società democratiche,
ma rappresenta anche un costo per il pubblico che non possiede i
necessari strumenti per valutare ed interpretare criticamente la realtà
circostante. Basti pensare alle implicazioni economiche che
discendono da un’informazione non veritiera, diffusa a causa della
corruzione: quali sarebbero gli effetti di una falsa notizia relativa ad
una società quotata in borsa oppure ad una falsità rispetto ad un atto di
un politico o di un rappresentante delle istituzioni? Quali sarebbero le
ricadute sulla pubblica opinione?
Il fatto che esista una più o meno elevata incertezza sui profili
qualitativi dei beni o dei servizi può risultare un serio fattore
d’inefficienza che va a colpire l’efficienza degli scambi, e che si
traduce in un costo che va poi a ricadere sulla collettività intera.
Inoltre, come sostengono Cubeddu e Vannucci :
« la presenza di meccanismi e mezzi di comunicazione efficaci, pluralisti,
imparziali e concorrenziali è d’importanza cruciale per trasmettere notizie
affidabili ai diversi attori economici e sociali, tra cui consumatori,
VIII
imprenditori, investitori. Le informazioni così trasmesse costituiscono
segnali utilizzabili dagli individui per orientare le loro scelte di mercato,
nelle transazioni internazionali così come in quelle domestiche. Si riducono
infatti i rischi degli scambi, a seguito della maggiore efficacia degli effetti di
reputazione e degli altri meccanismi formali e informali di applicazione
delle sanzioni».[Vannucci e Cubeddu, 2006]
Una corretta informazione è infatti alla base del funzionamento
sia del sistema democratico, garantendo ai cittadini di ricevere le
informazioni necessarie all’effettivo esercizio dei diritti civili e
politici, sia dei sistemi di mercato concorrenziale, in cui
l’informazione garantisce al cittadino la possibilità orientare le proprie
scelte. La deformazione dell’informazione attraverso la corruzione dei
giornalisti rappresenta una particolare, e gravissima, forma del
problema più generale e diffuso della corruzione. La corruzione è un
fenomeno che interessa settori diversi, anche se il più coinvolto, e
quello dove si manifesta in modo più evidente, è quello della pubblica
amministrazione.
Nel corso di questo studio dimostreremo come anche il campo
dell’informazione giornalistica sia interessato da questa pratica. E’ il
giornalista che, attivamente o passivamente, accetta da una terza parte,
il corruttore, di essere sviato dal suo dovere di informare il suo
principale, appunto il cittadino lettore. Le carte deontologiche e di
autoregolamentazione della professione attribuiscono al giornalista il
ruolo di agente informativo, e sottolineano che questi risponde
direttamente al cittadino lettore, ultimo giudice nonché principale del
giornalista.
IX
Nei prossimi capitoli cercheremo di mettere in luce il rapporto
tra la corruzione e il mondo dell’informazione (in particolare quello
del giornalismo della carta stampata), cercando di analizzare i motivi e
le concause che portano a deformare la verità, le motivazioni che
spingono il giornalista ad essere corrotto e quali sono gli effetti di
questo scambio illecito sulla società.
Questo studio verrà condotto comparando alcuni casi
emblematici di deformazione della verità in Italia e negli Stati Uniti,
mettendo a confronto i sistemi informativi dei due paesi,
evidenziandone le analogie e le differenze, soffermandoci sulle
ambiguità. Verranno portati ad esempio alcuni recenti fatti
particolarmente significativi di corruzione dell’informazione, che
hanno coinvolto alcuni giornalisti in Italia. Analizzeremo il ruolo di
alcuni giornalisti nel caso calciopoli e nello scandalo che ha coinvolto
i servizi segreti, e negli Stati Uniti, prendendo spunto dalla la
propaganda giornalistica durante l’era Reagan e dalla gestione
dell’informazione durante i periodi di guerra successivi all’ 11/9, con
particolare attenzione alla Seconda guerra del golfo.
PARTE I
L’INFORMAZIONE CORROTTA:
I SISTEMI DELLA CORRUZIONE
GIORNALISTICA
2
Capitolo Primo
Il rapporto giornalista-lettore nella prospettiva
della teoria dell’agenzia
1. Il contratto tra principale ed agente
Oggi è impossibile concepire la vita in un mondo senza
informazione. Durante le nostre giornate siamo inondati, spesso
frastornati, dall’innumerevole quantità di fatti che ci vengono proposti
da telegiornali, programmi di approfondimento, giornali, radio.
Soprattutto negli ultimi venti anni l’offerta di informazione è divenuta
assai maggiore rispetto al bisogno. Viviamo, come sostiene Giorgio
Bocca, nell’era del «giornalismo quantitativo o gigantista» [ Bocca,
1989, p.41 ].
Molto spesso interpretiamo il reale proprio sulla base di ciò che
vediamo, larga parte dei fatti viene recepita ed analizzata grazie al
preziosissimo lavoro dei giornalisti.
4
4
Gli assunti di fondo dei più recenti modelli teorici sottolineano il fatto che i media
contribuiscono alla costruzione sociale della realtà. In tale contesto, i fruitori utilizzano le
rappresentazioni dei fenomeni sociali fornite dai media come risorse per orientarsi, per
comprendere, per allinearsi nelle proprie interazioni quotidiane. Tuttavia, l’influenza attribuita ai
media si realizza necessariamente attraverso il “filtro” degli schemi propri dei fruitori, per mezzo
dei quali essi organizzano e rielaborano informazioni ricevute. In tal modo, l’influenza dei media
3
Il giornalista non è altro che un mediatore, ovvero colui che
seleziona fatti che ritiene meritevoli di approfondimento ed
esposizione al grande pubblico, ovvero al cittadino lettore [Lepri,
1999, p.8]. La posizione mediatrice pone il giornalista nella
condizione di poter scegliere il modo e il tempo o la necessità di
esporre al suo pubblico un particolare fatto. L’obiettività del
giornalista è quindi un parametro fondamentale per il buon
funzionamento di qualsiasi sistema informativo. Il ruolo di chi lavora
nell’informazione va ad influenzare anche le basi delle società
moderne: le democrazie contemporanee non potrebbero definirsi tali
senza un’ informazione corretta. Sin dalla nascita della stampa, e con
la sua diffusione capillare avvenuta alla fine del XIX secolo, essa ha
sviluppato il ruolo di arbitro dell’arena politica. Mentre fino alla prima
metà dell’800 i giornalisti influenzavano fortemente la vita politica,
scrivendo su giornali fondati molto spesso da partiti o movimenti
politici, alla fine del secolo essi avevano assunto la veste moderna di
“arbitri neutrali”, commentatori della vita politica. Il grado d’influenza
dei media sulla vita politica, proprio grazie alla funzioni di arbitri
imparziali, è divenuto via via più importante, fino a diventare
essenziale nei sistemi politici contemporanei. [Mancini e Hallin, 2004]
Il giornalista contemporaneo si trova quotidianamente davanti
ad una scelta tra i fatti da raccontare. Se questa scelta viene condotta
seguendo alcuni parametri deontologici, il giornalista svolge la sua
mansione in modo ottimale. Ma se il giornalista sceglie, dietro
compenso in denaro o in natura, di manipolare o falsificare una
non è diretta, immediata, subita passivamente dallo spettatore. Cfr. M.Wolf, Gli effetti sociali dei
media, Bompiani, Milano, 1992, pp. 115-23.
4
notizia, ecco che si creano le condizioni per cui si possa parlare di
corruzione dell’informazione o de–formazione.
Andremo ora a vedere in dettaglio come si sviluppa questo
scambio illecito, presentandone gli attori, evidenziandone gli effetti,
utilizzando il modello teorico delle teorie dell’agenzia.
1.1 La teoria dell’agenzia
Come già accennato nel capitolo introduttivo la corruzione può
essere definita come « quei modi criminali, o quantomeno illegali, di
impiegare denaro pubblico per conseguire scopi privati con mezzi
politici, inducendo individui che ricoprono incarichi pubblici ad
abusare della funzione loro assegnata e trasgredire i propri doveri»
[Vannucci, 1997, p.7].
Nel caso della corruzione del giornalista non abbiamo, o almeno non
abbiamo sempre, l’impiego di denaro pubblico, né è possibile
considerare lo stato come rappresentante degli interessi della
collettività: nel nostro caso il rapporto è tra il giornalista, il quale non
adempie ai suoi doveri, e la pubblica opinione. In definitiva, i
principali protagonisti sono il giornalista e il cittadino lettore.
Affinché si possa parlare di corruzione, occorre che si
verifichino alcune condizioni, che Vannucci riconosce in: «– (a) una
violazione occulta delle clausole di un contratto (implicito ed
esplicito) di lavoro; (b) che prevede l’utilizzo di un potere
discrezionale,da parte del dipendente che, in contrasto con gli interessi
del principale; (c) agisce a beneficio di una terza parte da cui riceve, in
cambio, un compenso» [Vannucci, 1997, p.8].
5
Il rapporto di scambio illecito può infatti essere analizzato come una
deformazione del rapporto contrattuale tra un principale ed un agente,
seguendo lo schema teorico della teoria dell’agenzia. I modelli
principale-agente nascono all’ interno dell’ economia dell’
organizzazione per spiegare la formazione di linee gerarchiche, la
scelta fra alternative forme di controllo all’interno delle aziende.[
Zucchini, 2005]
In qualsiasi forma di organizzazione (Stato, azienda, comunità) può
realizzarsi un contrasto tra: «i membri dell’organizzazione chiamati a
prendere delle decisioni (l’agente), e il titolare degli interessi per i
quali l’organizzazione opera (il principale) che può essere un soggetto
collettivo, come il popolo sovrano, la comunità dei cittadini.»
[Vannucci, 2004, p. 308]
Molti attori sociali sembrano assolvere il ruolo di principale o
quello di agente, o entrambi, e molti fuori dalla sfera delle transazioni
economiche. E’ possibile ritrovare le figure in qualsiasi rapporto
contrattuale, figure che non sono solo entità individuali. Nelle
pubbliche amministrazioni, ad esempio, il rapporto tra principale (lo
stato, le organizzazioni burocratiche che rappresentano tutti i cittadini)
e l’agente (il funzionario dipendente, o il politico) è definito da un
contratto che impegna gli agenti (ovvero i funzionari) ad operare per
soddisfare gli interessi (pubblici) del principale (lo Stato). La
violazione del contratto interviene nel momento in cui l’agente viene
contattato da una terza parte, il corruttore, che pagando una tangente
lo induce a cedere alcune risorse ( potere, protezione, informazione)
caratteristiche della sua posizione, in cambio di rendite economiche o
politiche (a scopo privato). [Vannucci,1997]
6
1.2 L’agente
Adattando il corpus teorico al caso della corruzione
dell’informazione, o meglio, alla corruzione del giornalista, la
definizione del rapporto tra principale ed agente acquista delle forme
nuove. E’ assai complicato infatti definire il principale e l’agente,
soprattutto quando essi non possono essere riconosciuti − ovvero nella
maggior parte dei casi empirici − in un soggetto individuale.
Per chiarire meglio la questione è innanzitutto opportuno definire in
maniera puntuale chi è l’agente, nel nostro caso, il giornalista.
Chi è un giornalista? Seguendo il testo della legge italiana istitutiva
dell’Ordine professionale, possiamo trovare più di una definizione
della categoria dei giornalisti, ovvero:
1) i giornalisti professionisti,
2) i giornalisti pubblicisti.
«Sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e
continuativo la professione di giornalista. Sono pubblicisti coloro che
svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se
esercitano altre professioni o impieghi
5
.» Esiste inoltre un'altra
categoria , ovvero i free lance, che invece non hanno un rapporto di
collaborazione continuativa o dipendente da un giornale, ma sono veri
e propri liberi professionisti dell’informazione.
Di qualsiasi categoria il giornalista faccia parte, egli intrattiene
un rapporto contrattuale, più o meno continuativo, con un editore (sia
esso della carta stampata, televisivo o di testate internet), in cui si
5
Testo dell’art 1 della legge n. 63/1969, istitutiva dell’ordine dei giornalisti.
7
impegna a prestare la propria professione, ovvero a selezionare notizie
e scrivere un certo numero di articoli, seguendo o meno una
particolare linea editoriale.
1.3 Il principale
L’editore, nella prassi, è colui che ha l’ultima parola sull’operato
del giornalista, ovvero colui che spesso decide o influenza la linea
editoriale o le sorti professionali.
Nonostante questo non si può affermare che il principale possa
essere riconosciuto nell’ editore: guardando infatti alle carte di
autoregolamentazione si capisce come il giornalista sia responsabile
tanto nei confronti dell’editore che davanti alla pubblica opinione,
ovvero davanti al cittadino lettore.
Tuttavia neppure la pubblica opinione può essere considerato
come l’unico principale: i giornalisti nello svolgere la propria
professione sono responsabili di fronte ad una pluralità di soggetti:
davanti al partito, se la professione è svolta all’interno di un giornale
schierato politicamente, di fronte allo stato, se lavorano nelle emittenti
pubbliche. In altre parole il giornalista ha una serie di principali, man
mano riconoscibili a seconda del tipo di rapporto contrattuale che si
vuol mettere in evidenza.
La difficoltà di individuare un singolo principale per l’agente
giornalista è suffragata dal fatto che esistono svariati codici di
autoregolamentazione
6
, codici deontologici, che prevedono sanzioni
6
L’italia è uno dei paesi che conta il maggior numero di codici e carte di autoregolamentazione.
Le più significative sono: legge n. 69/63 istituitva dell’ordine dei giornalisti, la Carta informazione
e pubblicità, la Carta di Treviso, la Carta dei doveri del giornalista, la carta informazione e
8
(anche penali) per coloro che contravvengono alle norme previste,
7
ma
non esistono precise forme di controllo contrattuale a favore di un solo
principale.
Tuttavia, se andiamo a leggere i testi delle carte deontologiche,
specialmente quelle italiane, ci accorgiamo che i giornalisti
riconoscono come loro unico principale il cittadino lettore. La carta
dei doveri del giornalista (1957) afferma infatti che: «– giornalisti ed
editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle
notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a
promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la collaborazione
tra giornalisti ed editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori. Il rapporto
di fiducia tra gli organi d'informazione e i cittadini è la base del lavoro
di ogni giornalista.»8
La carta dei doveri del giornalista riconosce il cittadino lettore come
primo principale rispetto al proprio lavoro, e lo distingue dal resto
della pubblica opinione.
Le moderne teorie relative alle comunicazioni di massa tendono a
separare infatti la “massa dei cittadini” da coloro che sono i veri
consumatori dell’informazione, ovvero i lettori e gli ascoltatori. Gli
effettivi fruitori dei contenuti dei giornali e più in generale dei media
non possono essere riconosciuti nell’insieme dei cittadini, in quanto
nella realtà i fruitori sono limitati [Volf, 1987, pp.16–28].
sondaggi. Per una rassegna delle carte deontologiche approvate a livello europeo si veda Barbara
Grossi, 2002, pag 22–26.
7
L’italia è l’unico paese europeo a prevedere strumenti repressivi di diritto pubblico. La legge
69/63 istitutiva dell’ordine dei giornalisti, la quale verrà ampliamente analizzata nei successivi
capitoli, contiene infatti le procedure e le sanzioni che scattano nei confronti degli iscritti
all’ordine nel caso in cui infrangano le norme disciplinari o deontologiche.
8
Tratto dall’articolo 2 della carta dei doveri del giornalista, Ordine dei Giornalisti, Consiglio
nazionale, 1957.
9
Al contrario dei casi di corruzione che interessano l’apparato
burocratico oppure la pubblica amministrazione, dove il principale è
rappresentato dallo stato o da un altro ente pubblico,
9
il quale si fa
garante del buon andamento della cosa pubblica in nome e per conto
dei cittadini, nel mercato dell’informazione il principale è
rappresentato, almeno al livello che interessa questo studio,
direttamente da tutti coloro che fruiscono dei canali d’informazione.
In definitiva, relativamente al mondo dell’informazione, è possibile
affermare che il principale è il cittadino lettore.
I giornalisti contemporanei, nel “contratto”
10
che stipulano con i
cittadini, si accollano il compito di selezionare i fatti più significativi,
sintetizzarli e renderli comprensibili per la comunità, cercando di dare
un’approssimativa versione della verità. Non esistono particolari
meccanismi di controllo sull’operato da parte del principale, se non il
lavoro di altri giornalisti che vigilano sulla qualità e sulla veridicità
delle notizie riportate da altri colleghi. In altre parole il controllo sul
reale adempimento delle clausole del contratto da parte dei giornalisti
non è svolto dal principale, ovvero il singolo lettore, ma dai giornalisti
stessi, che attraverso l’Ordine professionale, (in Italia), o attraverso
altre forme di regolazione (nel resto del mondo), adottano forme di
auto–controllo. La mancanza di modalità di controllo effettivo da
parte di un autorità esterna sul lavoro dei giornalisti aumenta le
opportunità degli agenti di non rispettare il contratto con il cittadino
lettore, favorendo in definitiva la possibilità di deformazione delle
notizie.
9
A. Vannucci, op. cit., p. 9
10
Il “contratto” esiste, ed è rappresentato dalle varie carte e codici di autoregolamentazione
deontologica e nella legge istitutiva dell’ordine dei giornalisti, che verranno ampliamente discussi
nella seconda parte di questo lavoro.