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nella sua vita sarebbero probabilmente differenti nelle varie razze, come
avviene del loro linguaggio." (C. Darwin 1971, p. 847).
Perciò, al di là dei tanti tipi di riso che è possibile riscontrare, il riso può
essere considerato tanto un fenomeno universale caratterizzato da certe costanti
e regolarità, quanto un fatto particolare legato allo specifico contesto sociale.
Allora bisognerà considerare il peso dei fattori sociali e dei fattori psicologici:
in quale misura i primi incidono sui secondi e viceversa? Dove finisce il
particolarismo e inizia l'universalità? Questi sono i quesiti fondamentali cui si
tenta di dare una risposta in questa sede.
Le maggiori teorie sull'umorismo e sul riso -in grandi linee suddivise in
fisiologiche, sociologiche e psicologico-psicanalitiche- hanno considerato tipi
di riso vicini al nostro modo di ridere, trascurando il vasto campo
dell'umorismo presso altre culture, ad esempio quelle dei cosiddetti "popoli
primitivi", di cui è stato approfondito per lo più l'ambito del riso rituale.
Dopo alcune considerazioni sui limiti di tali teorie, sui problemi che
possono sorgere nell'approccio ad un fenomeno così complesso e sul metodo
più idoneo per affrontare il riso, considereremo tre esempi di umorismo tratti
da ben noto materiale etnografico: la sanzione satirica, il trickster e le parentele
implicanti lo scherzo. Le abbondanti documentazioni e le fruttuose
interpretazioni intorno a questi argomenti sono infatti carenti di studi specifici
sull'umorismo; in questa sede coglieremo l'occasione per mettere in luce
proprio questo aspetto e per considerare l'importanza del riso e il rilievo delle
sue funzioni, con particolare attenzione ai relativi contesti sociali e culturali in
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cui esso si esprime e agli specifici fattori psicologici che esso coinvolge.
Tralasceremo iitenzionalmente alcuni aspetti e implicazioni inerenti i tre
soggetti, in quanto non strettamente funzionali al tema in questione. Infine,
attraverso una precisa comparazione degli esempi, tenteremo di trarre alcune
considerazioni sul particolarismo e sull'universalità del riso, sulle sue
componenti sociali e psicologiche, sulla combinazione in esso di fattori
appartenenti a questi due ambiti e sulla convergenza dei diversi metodi di
indagine e di interpretazione; confermeremo in tal modo l'ipotesi che il riso sia
politetico e politipico, oltre che polivalente e multifattoriale e riconosceremo la
sua grande forza dirompente e costruttiva.
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PARTE PRIMA:
LE TEORIE
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IL RISO FA BUON SANGUE: LE TEORIE BIOLOGICHE
Numerosi autori hanno studiato il riso come fenomeno principalmente
fisiologico, considerandolo una tra le tante manifestazioni organiche tipiche
dell'uomo. Si tratta di teorie a carattere biologico, istintive-evolutive ed
evoluzionistiche, che osservano le modalità più immediate del riso, le sue
origini fisiologiche nell'uomo, i suoi collegamenti e derivazioni dal
comportamento dei primati e le sue corrispondenze col mondo animale in
genere. Le analisi vertono direttamente sull'individuo soggetto ridente e si
ispirano alla corrente evoluzionistica che ipotizza una scala di sviluppo unica
dell'umanità, che si sarebbe evoluta per gradi in progressione crescente fino ad
arrivare allo stadio attuale. E' così che, secondo questa ipotesi, quanto meno un
sistema risulta essere evoluto e complesso, diverso dal nostro, tanto più basso è
il gradino che esso occuperebbe nella scala dell'evoluzione; i gruppi più
semplici sarebbero quindi rimasti indietro nel loro sviluppo, più vicini agli
stadi passati dell'evoluzione umana: popoli "primitivi".
Le capacità di particolari erbe, delle punture di certi insetti, di alcuni gas
e sostanze chimiche, di eccitanti fisici come la corrente elettrica o il solletico,
sono una conferma dell'esistenza di un riso puramente fisiologico che si
produce automaticamente come reazione a certi stimoli fisiologici acustici,
tattili, visivi, etc., quasi in una risposta obbligata. La manifestazione più
evidente è un notevole stravolgimento della normale mimica facciale
accompagnata da una più o meno intensa sonorità: " La bocca è aperta per la
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vocalizzazione. I muscoli degli zigomi tirano indietro gli angoli della bocca.
Come la bocca è aperta allora avviene un adattamento della banda vocalica per
la produzione del suono e l'aria è spinta fuori dalle ritmiche contrazioni dei
muscoli della respirazione." (C. Darwin in D. Hayworth 1928, p. 368). Sempre
Darwin spiega che tirare indietro gli angoli delle bocca aiuta nella
vocalizzazione e che le contrazioni ritmiche dei muscoli cooperano nel variare
il suono fino ad ottenerne una modulazione senza variazioni. Le descrizioni
tecniche si estendono a tutto il complesso dei fenomeni fisiologici riscontrabili
nel riso con un notevole approfondimento dell'attenzione scientifica e
biologica: nel riso viene riscontrata la contrazione di quindici muscoli facciali
a carattere sinergico (cioè la contrazione degli uni facilita quella degli altri) per
provocare una modificazione d'insieme dei tratti del viso; si osserva come il
respiro viene modificato dai movimenti convulsivi del diaframma -Spencer ne
identifica diciotto al secondo- che comportano una maggiore quantità di aria
inspirata nei polmoni; i grandi respiri si ripetono e sono accompagnati da una
tensione del corpo; "se l'inspirazione necessaria manca a tempo debito, il riso
diventa doloroso, il viso si congestiona, le vene del collo si gonfiano: il ridente
rischia l'asfissia." (D. Victoroff 1953, p. 7). Ma senza arrivare a tali estremi di
tollerabilità fisica, è unanime un'opinione positiva sul riso, lodato come
'salutare per il corpo' perché "ristabilisce l'omeostasi, stabilizza la pressione
sanguigna, stimola la circolazione, facilita la digestione rilassa il sistema e
produce un sentimento di benessere." (C. Darwin in J. Goldstein e P. McGhee
1972, p. 28).
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A ben vedere, questa spiccata attenzione per la posizione di tutti gli
organi coinvolti dal riso -le labbra, la lingua, le palpebre, le sopracciglia, la
pelle e i muscoli del viso, la mandibola, la testa, il collo, il busto, il sistema
arterioso, etc.- denota un'attenta osservazione preliminare e sistematica,
effettuata con metodi scientifici, test, questionari, studi di laboratorio e rilievi
statistici da cui vengono ricavati resoconti e modelli di come i soggetti
rispondono a determinati stimoli e manifestano le proprietà del riso. Lo studio
più esemplare a riguardo è probabilmente quello effettuato da E. C. Grant nel
1969, il quale si evidenzia per aver realizzato la possibilità di usare metodi
etnologici per lo studio del comportamento umano. Sottolineando la necessità
di una accurata descrizione previa, egli arriva a realizzare una "lista di
controllo" che dipende da una osservazione prolungata e dettagliata, nel corso
della quale diventa possibile distinguere e descrivere elementi di
comportamento, azioni, posizioni, espressioni, che gli individui sotto
osservazione mostrano ripetutamente; la lista comprenderà così tutti i
comportamenti osservati e gli elementi verranno raggruppati secondo
l'appartenenza al viso o al corpo. Vengono così rilevati otto tipi di riso le cui
differenze si basano sulla frequenza con cui gli elementi sono mostrati e i cui
significati comportamentali sono determinati attraverso le espressioni mimiche
ad esso associate. Significativa risulta essere la capacità di mostrare diversi
elementi simultaneamente creando così molte combinazioni di segnali: "Questa
propensione è presente in molti animali, ma diventa evidente tra i primati e
altamente sviluppata nell'uomo.....Le espressioni combinate sono
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frequentemente usate per enfatizzare il segnale...Esse sono importanti nel
comportamento sociale perché permettono di esprimere allo stesso tempo più
messaggi." (E. C. Grant 1969, p. 535).
Talvolta come supporto a simili studi, oppure autonomamente, vengono
usati metodi anche molto più tecnici: i ''modelli di apprezzamento''. Si tratta di
veri e propri strumenti, macchine per gli 'addetti ai lavori', per esperti
conoscitori della moderna ed avanzata tecnologia, come ad esempio il più noto
''modello 2305A di Bruel e Kjaer": un registratore di suono. E' uno strumento
che è in grado di rappresentare graficamente le proprietà del riso del pubblico,
riportate e rappresentate su una coppia di assi cartesiani indicanti il tempo e
l'intensità; vengono registrate la latenza della risata (tra lo 'stimolo' e l'inizio
della risata), la durata della risata (dall'inizio alla fine) e l'ampiezza della risata
(il punto, o i punti, di più alta intensità sonora).
La focalizzazione di questi studi verte sul funzionamento dell'organismo
durante il riso, sul fenomeno riso come processo biologico, su come avviene il
riso fisiologicamente nell'individuo. Degna di essere menzionata è la teoria di
Spencer secondo cui il riso funziona come uno sfogo, come mezzo di scarico di
una tensione e una eccitazione eccessive: "L'eccesso di energia nervosa non
finalizzata, che è alla ricerca di uno sfogo, segue la via che offre minor
resistenza. Questa è rappresentata dal funzionamento degli organi vocali e dai
muscoli respiratori da cui risulta il fenomeno vocale-respiratorio noto come
riso." (H. Spencer in J. Goldstein e P. E. McGhee 1972, p. 31). Secondo questa
teoria, l'esplosiva espulsione di fiato prodotta nel riso veicola lo scarico di
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energia nervosa accumulata in eccesso e repressa che, liberandosi, risolve
quella tensione che attendeva sollievo, arrecando all'individuo un senso di
benessere e rilassamento. Spencer lo definisce "meccanismo di gratificazione
dell'organismo", definizione confermata dall'effettiva capacità del riso di
produrre un certo effetto fisiologicamente catartico ricercato dall'individuo:
"Le persone possono benissimo trovarsi a disagio prima di ridere, o mentre
ridono, ma di solito dopo aver riso si sentono decisamente meglio e più
rilassate, almeno per un po'." (H. Spencer in J. Goldstein e P. E. McGhee 1972,
p. 77); "...l'organismo umano è così costituito che esso desidera l'emozione. In
altre parole, esso prova piacere in un periodo di tensione seguito dal
rilassamento." (J. Kaiser in D. Haywotrh 1928, p. 373). Ma la conoscenza
attuale del funzionamento del sistema nervoso non è in grado di confermare le
nozioni di "forza nervosa", "energia", "eccitazione" e "tensione" che
necessiterebbero e otterrebbero sollievo attraverso il riso.
All'interno delle teorie evolutive ed evoluzionistiche molti autori si sono
dedicati allo studio del comportamento animale come fonte di spiegazione di
comportamenti umani quale è il riso. Sono stati riscontrati degli stretti
collegamenti e corrispondenze in questo senso tra alcuni comportamenti
animali e il riso umano, tanto da ritenere che si possa parlare del fenomeno riso
anche per gli animali: "Gli animali non ridono come noi...Ma nulla ci
impedisce di pensare che il cane ride, ride nel senso dei cani... e che i cuccioli
di tigre ridono...nel senso delle tigri." (L. Clerici e B. Falcetto 1994, p. 107),
con un deciso superamento del postulato di Aristotele secondo il quale il riso è
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esclusiva prerogativa dell'uomo. In effetti le somiglianze sono notevoli e anche
gli etologi confermano che in molti primati è presente un comportamento
strettamente imparentato al riso umano. Viene definito "esibizione rilassata con
la bocca aperta" e consiste in questo: "Il primate se ne sta con la bocca
completamente aperta, senza mostrare i denti, e respira in modo convulso,
emettendo talvolta suoni ritmati come 'ah, ah, ah'." (J. Hoff in R. A. Hinde
1974, p. 292). Lo scodinzolare del cane, ad esempio, è ormai accertato che
corrisponde agli 'ah, ah, ah' umani. Tale 'riso' avviene spesso in risposta agli
stessi stimoli che provocano il riso umano, talvolta nelle stesse circostanze.
Questa 'esibizione vocalizzata' compare non solo in tutti i primati, ma anche
nella maggior parte degli altri mammiferi. Dal punto di vista filogenetico è una
delle manifestazioni facciali più autentiche; in mammiferi primitivi come i
marsupiali, i roditori, i carnivori primitivi e i primati primitivi, essa è spesso la
sola espressione facciale.
Ma l'ipotesi non si ferma qui; si giunge ad affermare che, al di là della
postulata somiglianza formale, il riso umano sia una diretta derivazione di
quello che è definibile come forma di riso animale. Questo atteggiamento
precorre filogeneticamente il riso umano; lo precorre soltanto perché la
funzione è del tutto diversa. L'esibizione a bocca aperta dei primati può fare ad
esempio da preludio a lotte o cacce scherzose, "...quasi l'animale dicesse ai
suoi compagni: 'attenzione, adesso non faccio sul serio'." (L. Clerici e B.
Falcetto 1994, p. 104). Oppure gli animali possono manifestare questa
esibizione vocalizzata in una forma intensa quando sono sottoposti ad una
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minaccia o a una forte stimolazione avversa, ad esempio in situazioni di difesa:
"Solitamente il soggetto manifesta una forte o moderata tendenza a fuggire.
Questa esibizione appare specialmente quando questa tendenza è frustrata, ad
esempio quando il soggetto non può fuggire semplicemente perché è con le
spalle al muro, oppure quando la fuga è inibita da altri fattori." (R. A. Hinde
1974, p. 282). In altre occasioni può veicolare messaggi di sottomissione o di
superiorità; è il caso dei babbuini maschi che impongono l'intimidazione alle
femmine digrignamdo i denti, aprendo la bocca e sollevando le labbra, mentre
le femmine rispondono anch'esse sollevando le labbra, ma per mostrare
l'assenza di canini in un autoriconoscimento di inferiorità e sottomissione: "E'
un atteggiamento mimico delle labbra che mette in evidenza i denti in senso
bonario, di sottomissione, ed è opposto all'atto di digrignare i denti." (G.
Chiarelli in F. Ceccarelli 1989, p. 28). Queste corrispondenze tra il riso umano
e quello animale, o presunto tale, hanno fatto sì che la comunicazione non
verbale umana, o meglio pre-verbale, venisse associata al comportamento
animale, convogliando anche, forse, messaggi analoghi. Il riso, considerato
come una forma arcaica di vocalizzazione, finisce per essere definito come una
reazione e una risposta ancora estremamente primitive, implicando così un
giudizio peggiorativo e svalutativo sul riso. La maggior parte dei teorici del
riso di ispirazione evoluzionistica hanno ritenuto che esso fosse una vestigia di
antichi comportamenti adattivi, dei primi tentativi dell'individuo diretti ad
affrontare il mondo reale quotidiano e a comunicare agli altri le proprie
scoperte e conquiste.
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Secondo questa linea di pensiero, prima dello sviluppo della lingua ci
sarebbe stato un lungo periodo nella storia dell'umanità, quando l'uomo
occupava ancora un gradino molto basso nella scala dell'evoluzione, in cui
esistevano segnali vocali prelinguistici, non diversi da quelli di altri animali
odierni. "Il pianto dei bambini è probabilmente il più antico linguaggio. Così i
segnali vocali, tutti gli antropologi lo ammetteranno sicuramente, precedono
l'elaborazione del linguaggio." (D. Hayworth 1928, p. 369). Allora il riso è un
genere di linguaggio, forse il primo di tutte le forme di linguaggio, che
nell'evoluzione è diventato linguaggio in senso sociale, cioè in grado di inviare
messaggi ai membri di tutto il gruppo. E se il riso in tempi prelinguistici
svolgeva funzioni comunicative, la sua funzione era quella di segnalare buone
notizie e l'attesa e sperata realizzazione di sicurezza e salvezza. Molto
interessante e degna di nota a questo riguardo è certamente la teoria esposta da
Hayworth, secondo il quale il riso si sviluppò originariamente negli uomini
primitivi come segnale vocale per gli altri membri del gruppo per avvertire che
essi potevano tranquillamente rilassarsi perché un pericolo era cessato.
Secondo Hayworth, in tempi primitivi l'uomo era circondato da continui
pericoli che lo minacciavano e a cui doveva prestare costante attenzione per
difendersi; i membri del gruppo tenevano i loro corpi e i loro nervi in tensione
per ogni possibile emergenza, preparandosi fisicamente per l'azione. In queste
occasioni era utile per il gruppo avere alcuni segnali che potevano essere usati
dal primo che scopriva l'imminenza del pericolo e che erano ugualmente utili
nel caso in cui il gruppo fosse stato disperso; e il solo mezzo per segnalare a
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distanza o da vicino era attraverso la suddetta vocalizzazione: "La mia teoria è
che il riso sia stato originariamente un segnale vocale per gli altri membri del
gruppo per avvertirlo che esso è salvo, che il pericolo è passato e che può
rilassarsi con sicurezza. Esso è profondamente radicato nella struttura sociale
della società umana come il cantare tra gli uccelli." (D. Hayworth 1928, p.
370). In quest'ottica, i grandi respiri convulsi avrebbero infatti lo scopo di
fornire una maggiore quantità di ossigeno al cervello e ai muscoli per
un'emergenza: è innegabilmente vero che è un atto istintivo prendere un gran
respiro d'aria di preparazione per affrontare un'emergenza, o per compiere
molti atti di forza fisica: "Dalla natura fisiologica dell'uomo noi possiamo
dedurre che questo istintivo grande respiro di fronte al pericolo è più antico del
riso: lo precorre filogeneticamente." (D. Hayworth 1928, p. 369). La
connessione con il senso di pericolo è evidente: in uno stato d'animo di
continuo benessere non si sentono il bisogno e la necessità di esprimere il
proprio senso di sicurezza sociale. Indubbiamente lo stato di benessere
predispone al riso, me non alla risata sonora di cui parla Hayworth; la risata
fragorosa si sviluppa senza dubbio dal riso esplosivo che segue una situazione
disperata, o presunta tale.
Quindi due aspetti sono subito notati nel ridere, i grandi respiri sospesi e
la tensione del corpo: "Il riso segue sempre una tensione corporea ed è
accompagnato dal rilassamento. La tensione e il rilassamento sono stati
determinanti per anticipare il pericolo e poi realizzare improvvisamente che
dopo tutto non c'è pericolo. E il ridere è stato determinante per il rilassamento.
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Attraverso il riso come segnale noi inviamo il messaggio o l'informazione:
'Non aver paura di me. Mi piaci e non voglio farti del male. La situazione è
sicura'." (D. Hayworth 1928, p. 373).
Anche in altri autori è possibile trovare una conferma della diffusione di
una simile teoria; bastino due esempi: "Forse la prima grande risata è stata
prodotta da un uomo o da un suo progenitore prossimo quando il sollievo è
venuto dopo la paura, o la tensione dopo la battaglia...Tra le cause del riso il
rilassamento di tensione...è una delle più comuni, se non universali...Il
piacevole senso di riposo...può senza dubbio essere dovuto alla fuga dalla
pressione di un momento prima." (J. Sully 1904, p. 176); "...Ma io ho notato
che il suo valore non è solamente di comunicare lo stato d'animo di
contentezza. Ciò che è comunicato...è stato qualcosa di molto più importante,
cioè, che il supposto pericolo è passato , che il gruppo è salvo. La contentezza
è solo conseguente alla sicurezza sociale." (G. H. Luquet 1930, p. 268).
Nella teoria di Hayworth trova spiegazione anche un'altra caratteristica
del riso: la sua contagiosità. Ognuno avrà visto un individuo ridere senza
nessun'altra provocazione che il vederne ridere un altro; questo fatto è
facilmente spiegabile in base alla teoria già citata: "Una persona riderà più
vigorosamente in un grande gruppo che in uno piccolo: vi sono più persone
alle quali comunicare la sua realizzazione che il pericolo è lontano...Quando un
uomo rideva in tempi primitivi era desiderabile avere il segnale ripetuto per i
membri più lontani del gruppo. Così si fa tra gli animali che io ho osservato,
per quanto siano lontani i loro segnali." (D. Hayworth 1928, p. 373-374). Così
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difficilmente un uomo ride quando è solo, e se questo accade lo fa a bassa
voce, come chi parla da solo, quasi bisbiglia.
Infine, Hayworth scardina in breve la teoria dello scarico di energia di
Spencer. Egli afferma che nel riso quotidiano la quantità di energia rilasciata è
ridicolmente piccola per un processo così complicato e altamente sviluppato
quale è il riso; se c'è uno scarico di energia può essere fatto in numerosi altri
modi, come la crescita del tono muscolare di tutto il corpo: è il sistema
muscolare che provvede al rilassamento.
E se pure si prendono in esame gli attacchi di riso più violenti e isterici in
cui, secondo Spencer, l'energia brucia internamente e risulta in esaurimento,
Hayworth si chiede: "Se bruciare l'energia interna fosse il fondamentale fine
del riso, perché nell'uomo si è sviluppato l'aspetto sonoro del riso? Nessun
animale cerca di attirare l'attenzione su se stesso se non è in un certo e definito
vantaggio...Il fatto che il riso sia caratteristicamente sonoro mostra che esso è
primariamente un segnale piuttosto che un bruciare energia." (D. Hayworth
1928, p. 382). Parlare di funzione comunicativa del riso, comporta che gli 'ah,
ah, ah' abbiano un significato, e pensare che delle simili vocalizzazioni
monosillabiche 'significhino' qualcosa nel senso di comunicare, come qualsiasi
altra lingua, può sembrare quantomeno ardito.
In realtà è molto meno inverosimile di quanto possa apparire -basti
pensare alle lingue tamburate e fischiate- Infatti in molti studi contemporanei,
mi riferisco in particolare alla linguistica e alla fonetica, è possibile trovare
delle spiegazioni e delle conferme di tale uso delle forme vocalizzate arcaiche.