Introduzione
2
Il lavoro è organizzato nel modo seguente. Dopo una breve introduzione agli stili
d’investimento azionario value e growth e ai relativi indici e fondi di stile (capitolo 1),
ci si concentra sulle principali anomalie riscontrate nel mercato dei capitali, ossia
l’effetto value e dimensione, e sull’inadeguatezza del Capital Asset Pricing Model come
modello di equilibrio in grado di giustificarle (capitolo 2). Il capitolo 3 analizza gli studi
condotti da Fama e French nel corso degli anni ’90, incentrati su una spiegazione
razionale del premio per il rischio dei titoli value, supportata dal modello a tre fattori da
loro proposto, il quale considera le caratteristiche value/growth e dimensione come
ulteriori fattori di rischio, oltre al beta. Nel capitolo 4 si analizzano i principali aspetti
della finanza comportamentale e la loro influenza sul mercato dei capitali, in grado di
spiegare gran parte del value premium: secondo tale teoria la superiorità dei profitti
delle strategie value, rispetto a quelle growth, deriva dall’eccessivo pessimismo che gli
investitori ripongono sui primi e dall’eccessivo ottimismo riposto sui secondi, derivante
da tendenze estrapolative. Successivamente vengono approfondite le previsioni fatte
dagli analisti finanziari sulle due categorie di titoli e, dall’analisi degli errori, revisioni e
dispersioni di queste, si giunge a negare l’eccessivo ottimismo/pessimismo degli
investitori, bensì s’individua nella dispersione delle previsioni un fattore di rischio
(capitolo 5). Nel capitolo 6 sono riportati i dati relativi ai titoli value e growth
statunitensi nel corso degli anni ’90: essi rappresentano un’eccezione al fenomeno del
value premium, che smentisce la teoria dei mercati efficienti e può venire spiegata
esclusivamente attraverso i principi della finanza comportamentale. Infine ci si sofferma
su varie implicazioni rilevanti dell’investimento in titoli value e growth: l’effettiva
possibilità di extra-guadagni proveniente dalle strategie value, misurata dagli indici e
dai fondi comuni d’investimento di stile, è in realtà scarsa e interrotta da periodi più
favorevoli allo stile growth; mediamente si registrano value premium anche in mercati
dei capitali esterni agli Stati Unti e in relazione ad orizzonti temporali d’investimento
piuttosto lunghi.
L’ultimo capitolo riassume e conclude lo studio. La spiegazione del value
premium non è rintracciabile in assoluto in nessuna delle due teorie principali, ma essa è
un connubio delle due: sia la teoria comportamentale sia l’ipotesi dei mercati efficienti
sono corrette ma limitatamente ad un orizzonte temporale o ad un campione di titoli. Per
esempio, il maggior rischio sembra essere la ragione del maggior rendimento dei titoli
Profili di rendimento – rischio per stili d’investimento azionario: value e growth stocks
3
value; tuttavia, il minor rendimento dei titoli growth non può venir spiegato dal loro
minor rischio, piuttosto dagli errori nelle aspettative. Il punto chiave sta proprio nel fatto
che si possono supportare entrambe le teorie, a seconda di come s’imposta lo studio e si
affina la ricerca.
Introduzione
4
Profili di rendimento – rischio per stili d’investimento azionario: value e growth stocks
5
CAPITOLO 1
Value e Growth Investing
All’interno della gestione professionale del denaro si sono andati individuando,
nel corso del tempo, diversi stili d’investimento azionario che stanno alla base delle
politiche gestionali e influenzano il modo col quale i gestori selezionano i titoli da
inserire in portafoglio.
Lo stile azionario può essere definito come un gruppo di titoli azionari che hanno
caratteristiche e rendimenti simili, riconosciuti da ampi gruppi d’investitori. Le
caratteristiche cui di solito si fa riferimento sono gli indicatori fondamentali di ciascun
titolo: price-cash flow (P/CF), price-earnings (P/E), price-book value (P/BV, o il suo
reciproco book-to-market equity, BE/ME), dividend yield (DIV/P), return on equity
(ROE), crescita degli utili, beta e dimensione dell’impresa. Alcuni stili d’investimento
conseguono, nel corso degli anni, profitti sempre simili (per esempio, le obbligazioni
governative americane), mentre altri presentano andamenti altalenanti. Una delle ragioni
per cui appaiono sul mercato nuovi stili d’investimento è l’innovazione finanziaria
(come per l’invenzione dei titoli mortgage-backed); altri motivi fanno riferimento alla
superiorità di performance raggiunta da gruppi di titoli con caratteristiche comuni. In
genere, gli stili scompaiono dopo lunghi periodi di scarsi rendimenti (com’è accaduto
per le obbligazioni ferroviarie).
Ci sono fondamentalmente due motivi per cui sia gli investitori individuali che
quelli istituzionali preferiscono seguire uno, o più, stili d’investimento azionario. Il
primo fa riferimento alla semplicità nei processi decisionali d’investimento, in quanto
scegliere tra i vari stili azionari è sicuramente meno complicato che decidere su quale
delle migliaia di imprese quotate investire. Secondariamente, la creazione di classi
azionarie aiuta gli investitori a valutare la performance dei gestori professionali, poiché
è inevitabile che molti gestori seguano lo stesso stile d’investimento ed è quindi
Capitolo 1. Value e Growth Investing
6
possibile confrontarli; inoltre, la valutazione della performance avviene anche in
confronto ai relativi indici di stile.
Uno degli stili di gestione sicuramente più seguito fa riferimento alla
capitalizzazione di borsa1 di un’impresa: si sono creati, così, titoli small, cioè
appartenenti ad imprese di piccole dimensioni, e titoli big, ossia di grandi imprese.
Due stili azionari opposti sono quelli relativi alla old e new economy. I titoli della
old economy rappresentano imprese grandi e stabili che operano in settori tradizionali e
maturi e che fanno o hanno fatto pochi investimenti nelle nuove tecnologie; di solito
presentano bassa volatilità dei rendimenti e tendono a pagare alti dividendi. In contrasto,
i titoli della new economy appartengono ai settori tecnologici: ottimi esempi d’imprese
della new economy sono quelle operanti nel settore dell’e-commerce (es. Google ed
eBay). Normalmente questi titoli hanno rendimenti piuttosto volatili, presentano alte
prospettive di crescita futura (generalmente sono classificati come titoli growth, in
quanto hanno alti P/E) e tendono a non pagare dividendi, preferendo reinvestire il
capitale nell’espansione dell’attività. La new economy si differenzia dalla old economy
soprattutto per la possibilità delle aziende di accedere ad un mercato globale eliminando
molti costi d’infrastrutture. La bolla finanziaria che ha colpito i mercati dei capitali di
tutto il mondo alla fine degli anni ’90, ha interessato proprio i titoli della new economy,
i cui prezzi hanno raggiunti livelli astronomici a causa dell’eccessivo ottimismo del
mercato sulle prospettive future della Rete, per poi ricadere a livelli molto bassi quando
la bolla è esplosa.
Diversi stili d’investimento azionario riguardano i titoli ciclici e non-ciclici: i due
termini fanno riferimento al grado di correlazione del prezzo azionario di un impresa e
l’andamento dell’economia. I titoli non-ciclici, detti anche titoli difensivi, producono
alti profitti e battono il mercato nelle fasi decrescenti dell’economia, perché la domanda
dei loro prodotti e servizi prescinde dall’andamento dell’economia: le imprese non-
cicliche producono e distribuiscono beni e servizi indispensabili alla comunità in ogni
periodo economico (acqua, gas, beni alimentari, energia elettrica, articoli casalinghi non
durevoli…). I titoli ciclici, invece, sono altamente correlati con l’andamento
dell’economia, ossia conseguono alti rendimenti quando l’economia è in crescita e la
comunità ha denaro extra da poter spendere in beni di lusso, e rendono poco quando
1
La capitalizzazione di borsa di una società quotata si calcola moltiplicando il prezzo dell’azione per il
numero delle azioni in circolazione (flottante).
Profili di rendimento – rischio per stili d’investimento azionario: value e growth stocks
7
l’economia precipita rapidamente. Esempio classico di titoli ciclici sono quelli delle
imprese automobilistiche: quando l’economia va bene e le persone lavorano, le vendite
automobilistiche sono buone ma, se ci sono interruzioni o incertezze nei rapporti di
lavoro o alti tassi d’interesse, le persone possono decidere di posticipare l’acquisto di
una nuova automobile.
Sicuramente, gli stili d’investimento azionario più discussi nell’ambito
accademico sono il value e growth investing.
1.1 Value Investing
Il value investing è l’approccio più prudente tra i vari modi di selezione dei titoli.
Precursore di questo stile di gestione fu Benjamin Graham nel 1934, seguito da Sir John
Templeton, fondatore dell’omonima società di gestione.
Il value investing è pensato come l’acquisto di attività cheap. Nella sua forma più
semplice, il value investing sostiene che gli investitori sfrutterebbero la differenza di
prezzo tra il valore che il mercato attribuisce all’impresa e il valore attuale o intrinseco
della società quotata.
Lo scopo è quello di individuare i titoli che hanno un prezzo particolarmente
scontato rispetto al loro valore reale. Questo approccio fa quindi largo uso dell’analisi
fondamentale e dei rapporti P/E, P/CF, P/DIV e P/BV.
Il punto centrale di questo stile è quindi il prezzo dei titoli e inerente a tale
approccio c’è l’ipotesi che spesso il mercato non valuta le imprese in modo corretto. Gli
investitori value analizzano il margine di sicurezza per prendere le loro decisioni di
investimento, cioè il gap esistente tra il prezzo dell’investimento e il suo valore
sottostante: gli investitori richiedono che il prezzo del titolo sia ben al di sotto del
valore intrinseco (cioè, sia a sconto), generalmente non meno del 33% inferiore rispetto
al valore intrinseco. L’aspetto difficile sta nella giusta determinazione del valore
intrinseco: per questo ci deve essere un margine di sicurezza abbastanza ampio da
controbilanciare l’incertezza nel calcolo del vero valore del titolo.
Per riuscire a sfruttare la differenza tra il valore di mercato e quello intrinseco,
l’investitore deve essere abile, allontanarsi dalla folla e selezionare titoli che il mercato
in genere non è disposto a tenere. Il risultato di tale approccio di controtendenza è che i
titoli nei portafogli degli investitori value avranno alcune caratteristiche comuni, come
Capitolo 1. Value e Growth Investing
8
bassi P/E, P/BV, P/CF, P/S (price-sales), alti dividend yield (dividendi superiori alla
media), bassa crescita delle vendite e degli utili; generalmente, le imprese value operano
in settori maturi e presentano quindi minori margini di redditività (le azioni hanno meno
possibilità di slanci borsistici ma anche minori rischi di tonfi repentini).
Gli investitori value acquistano titoli con basse aspettative, con la convinzione che
tali aspettative siano troppo basse e che i fattori che rendono i titoli sottovalutati siano
solo temporanei; essi credono che le aspettative aumenteranno col trascorrere del tempo
perché le condizioni attuali, ma temporanee, passeranno.
L’aspetto pericoloso di questo stile di investimento è che gli investitori value nella
loro ricerca dell’impresa cheap spesso finiscano a detenere titoli di imprese in declino
perenne.
Poiché il prezzo delle azioni value registra aspettative di utili inferiori, piacciono
meno al pubblico della Borsa, più incline a investire su società dalla redditività
potenzialmente maggiore. Tra l’altro il concetto value è associato a una rischiosità più
elevata, perché il fatto di “costare poco” è spesso visto come la spia di una situazione
non brillante dell’azienda, il che si ripercuote appunto sul prezzo di Borsa.
1.2 Growth Investing
Il growth investing è generalmente considerato come un investimento di qualità,
cioè in imprese con una crescita rapida e/o consistente. Al contrario degli investitori
value che cercano le occasioni del mercato, gli investitori growth vogliono i titoli delle
migliori imprese disponibili sul mercato. Questo stile di gestione va alla ricerca delle
società che operano in settori in rapida crescita e che reinvestono nel business gli utili
prodotti allo scopo di massimizzare le possibilità di sviluppo e di crescita.
Il tipico modus operandi di un tale approccio è, per prima cosa, l’identificazione
del migliore settore in crescita: l’investitore considera tutti gli indicatori riguardanti il
settore e cerca di prevedere le sue prospettive future.
La parte più difficile sta nell’identificare, all’interno del settore, l’impresa con la
miglior performance: ciò non significa necessariamente che sia quella con le vendite o
rendimenti più alti ma quella che è meglio predisposta a trarre vantaggi dalle condizioni
future in relazione ai diversi indicatori di settore. Il growth investing è tra le strategie
d’investimento più difficili da praticare.
Profili di rendimento – rischio per stili d’investimento azionario: value e growth stocks
9
Dato che i titoli growth sono di alta qualità e hanno aspettative di alti utili futuri, il
loro prezzo normalmente è sopra la pari (a premio): ne risultano alti rapporti di P/E,
P/BV, P/S, bassi o nulli dividend yield.
Gli investitori growth acquistano titoli con alte aspettative ma con la convinzione
che tali aspettative siano troppo basse e che aumenteranno nel futuro: anche se le
aspettative sono già alte, essi credono che le aspettative aumenteranno poiché l’impresa
continuerà a produrre di più dei risultati finanziari attesi.
Le imprese growth hanno aspettative di rapida crescita dei cash flows; inoltre, la
maggior parte di loro opera con un alto ROIC (return on investment capital): è chiaro
che ROIC è una componente importante dei titoli growth, perché senza un alto ROIC
l’impresa non può finanziare la crescita. Il buon esito dell’investimento si ha quando la
crescita dei cash flows e i rendimenti sul capitale investito sono maggiori delle
aspettative.
I gestori che privilegiano la crescita tendono a contrapporre all’analisi
fondamentale del titolo, l’analisi sulle attese di sviluppo del business societario,
scegliendo quelle società che possono avere un tasso di crescita tale da creare utili
inattesi dagli analisti. In genere le società selezionate in base a questo stile sono di due
tipi: imprese con redditività storica superiore alla media e buone prospettive di crescita
e imprese che per fattori interni, settoriali o economici si prevede potranno generare utili
a breve termine superiori alla media. Un esempio di questa tipologia di titoli sono le
aziende della new economy (tecnologici, media e telecomunicazioni), che nonostante le
alte aspettative di utili e il ritmo imponente di crescita presentano bilanci in perdita.
Il precursore di questo stile di gestione fu T. Rowe Price negli anni ’30.
1.3 Gli stili a confronto
In entrambi gli stili, l’investitore scommette che le aspettative siano troppo basse
e che aumenteranno col passare del tempo: li differisce il livello di aspettative iniziale
(basse aspettative: value investing; alte aspettative: growth investing). Si usa identificare
l’investimento value come la strategia di “acquisto a basso prezzo, vendita ad alto
prezzo”, mentre l’investimento growth come “acquisto ad alto prezzo, vendita a prezzo
ancora più alto”. Si tratta quindi soltanto di due diversi metodi di approccio al mercato
azionario.