delle Comunicazioni. Dal 28 febbraio del 1998, dopo anni di
profonde ristrutturazioni aziendali, sono organizzate secondo il
modello della società per azioni (SpA)
1
e rappresentano per il
paese un’importante azienda di servizi integrata attraverso una
rete capillare distribuita su tutto il territorio nazionale,
costituita da circa 14 mila uffici, fonte di lavoro per oltre
150 mila dipendenti.
1.1. Alcuni cenni storici sulla CDP dal 1850 ad oggi
2
La Cassa depositi e prestiti nasce a Torino, capitale
dell’allora Regno di Sardegna, nel 1850
3
, con la funzione di
ricevere depositi quale luogo di "fede pubblica". Dal 1857
allarga il suo ambito operativo alla concessione di prestiti ad
enti pubblici.
Con l’unificazione dell’Italia, a partire dal 1863 la
Cassa incorpora le altre Casse del Regno in una nuova
istituzione con sede prima a Firenze e poi, dal 1870, a
Roma. Nel 1875 nascono i libretti di risparmio postale, le
cui risorse vengono utilizzate per il finanziamento degli enti
locali volti alla realizzazione delle infrastrutture necessarie
per l’ammodernamento del paese nonché all'ammortamento
1
La trasformazione in società per azioni dell'Ente poste Italiane è avvenuta con la
Deliberazione n. 244 del 18 dicembre 1997 da parte del comitato interministeriale per la
programmazione economica, CIPE, “con effetto dalla data della prima assemblea della
società, che verrà convocata il 28 febbraio 1998 e che approverà lo statuto sociale,
nominerà gli amministratori ed il presidente del consiglio di amministrazione, i sindaci
ed il presidente del collegio sindacale”.
2
Per approfondimenti si veda sito istituzionale CDP, www.cassaddpp.it
3
Vedi Filippi G. (1998), La Cassa Depositi e Prestiti: 150 anni di storia, in “CDP-
Quaderni Monografici”, 4.
2
dei debiti pregressi, focalizzandosi così su ciò che sarà la
sua mission nel corso degli anni.
Nel 1896 fu istituita la sezione autonoma di credito
comunale e provinciale per la concessione di prestiti con
emissione di cartelle fondiarie per il consolidamento delle
passività di bilancio degli enti locali. Nel 1898 la CDP,
trasformata in Direzione generale, passa sotto il controllo
diretto del Ministero del Tesoro, decisione che prelude
implicitamente all’affermarsi di una tendenza centralista.
Tuttavia, è nel 1923 che allarga la sua sfera di competenza:
furono istituiti i buoni fruttiferi postali (BFP)
4
, che con i loro
piccoli tagli, la diffusione capillare sul territorio, i
rendimenti certi, l'elevato grado di liquidità e la garanzia
dello Stato consentirono di raccogliere risparmio in modo
più facile rispetto ai buoni ordinari del Tesoro
5
.
Nel 1925, in linea con i cambiamenti in atto nella
società italiana, emette buoni fruttiferi postali in dollari e
sterline, rivolti principalmente agli emigranti
6
. Nello stesso
periodo, tramite il R.D.L. 22 dicembre 1927, vengono
4
Titoli le cui straordinarie caratteristiche consentono ancora oggi di esseri competitivi e
unici nel convulso mercato mobiliare.
5
I BFP ebbero così successo che venne addirittura sospesa, temporaneamente,
l'emissione dei buoni ordinari del Tesoro.
6
“Credevo di sapere qualcosa della storia finanziaria del nostro paese ma, iniziando le
ricerche dei cui esiti si dà conto in questo libro, non avevo idea dell’enorme importanza
quantitativa dell’Istituto. Alla fine del primo decennio del XX secolo le attività della
Cassa superavano il 22 per cento del PIL e, quel che più conta, costituivano oltre il 40
per cento delle attivitá totali del sistema bancario italiano. La Cassa era di gran lunga il
maggiore intermediario finanziario del paese. Alla metà degli anni Trenta, questi valori
relativi si erano ancora accresciuti”. Intervento di Gianni Toniolo alla presentazione del
libro “Storia della Cassa depositi e prestiti”, 1 Dicembre 2000, Torino.
3
istituiti ed emessi anche dei titoli a breve termine
denominati “Buoni annuali fruttiferi della Cassa depositi e
prestiti”, le cui emissioni dureranno circa un ventennio
facendo entrare la Cassa in operazioni finanziarie a breve e
brevissimo termine.
Gli anni Trenta segnarono l’ingresso della Cassa nelle
partecipazioni di capitale: il 9 novembre 1931 venne
costituito l’Istituto Mobiliare Italiano (IMI)
7
, il cui scopo
era quello di reperire fondi sul mercato obbligazionario per
concedere alle industrie prestiti ipotecari a lungo termine. Il
23 gennaio 1933 fu costituito l’Istituto per la ricostruzione
industriale (IRI) al cui capitale parteciparono inizialmente la
CDP, l’INA e l’INPS (l’allora Cassa Nazionale per le
Assicurazioni Sociali). L’Istituto era organizzato in due
sezioni: i finanziamenti e gli smobilizzi. La sezione
finanziamenti fu assorbita dall’IMI nel 1936. Il 12 marzo
dello stesso anno, con la nuova legge sul credito, fu
riformata anche la Banca d’Italia. Alla costituzione del
capitale dell’istituto di vigilanza concorsero le casse di
risparmio, le banche di diritto pubblico ed istituti
previdenziali ed assicurativi, mentre vennero estromessi gli
azionisti privati.
Durante l’intero ventennio la Cassa fu usata dal regime
come strumento al servizio del potere: facendo lievitare le
7
Con un capitale iniziale di mezzo miliardo di lire, di cui circa la metà in mano alla
CDP, che ne fu, pertanto, il principale sostenitore.
4
esigenze di provvista finanziaria della Cassa e del Tesoro, il
Governo italiano, in cerca di visibilità e consenso attraverso la
realizzazione di opere pubbliche di grande rilievo sia locale
che nazionale, realizzò la bonifica delle paludi pontine
8
(1926/1935) con la creazione di cinque nuove città: Littoria,
ora Latina [1932], Sabaudia [1934], Pontinia [1935], Aprilia
[1937] e Pomezia [1938]. Per sottolineare l’importanza
strategica della Cassa, basti pensare che fra il 23 settembre
1943 e il 25 aprile 1945, in un Italia divisa dagli eventi bellici,
operò a Brescia presso il Ministero delle finanze repubblichino
un’omonima Direzione generale della Cassa depositi e prestiti
e degli Istituti di previdenza, attiva nelle le regioni del nord
controllate dalla Repubblica Sociale Italiana. L’Istituto gestiva
anche il servizio credito per i dipendenti della R.S.I.
La seconda guerra mondiale lasciò l’Italia distrutta ma
protesa verso la ricostruzione: la situazione richiedeva
amministrazioni pubbliche in grado di confrontarsi con la
realtà dei problemi del territorio. La tendenza verso il
decentramento e la spesa pubblica diveniva l’asse portante
della strategia politica d’intervento nell’economia nazionale.
Il 22 giugno 1944 si ricostituì il Ministero del tesoro e
tramite decreto (1947) si separò definitivamente la Cassa
dagli Istituti di previdenza, che assunsero la veste di
direzioni generali autonome e separate, di cui tuttavia il
8
A tal fine, accanto ai libretti postali di risparmio, vengono istituiti i buoni postali
fruttiferi. Cfr. Filippi G. (1998), pag. 18.
5
Ministro continuò a presiederne il Consiglio di
amministrazione. L’attività della Cassa venne interessata
dalle leggi finalizzate alla ricostruzione e alla creazione di
nuove infrastrutture
9
.
Negli anni ’60 e ’70 il boom economico comportò ciò
che si temeva: massicce rivendicazioni sociali avevano da
poco ottenuto maggiori interventi di spesa pubblica, quando
la situazione si aggravò dal primo shock petrolifero. Con gli
enti locali che si trovarono esposti finanziariamente oltre le
loro possibilità, lo Stato tentò di ripianare annualmente i loro
deficit di spesa corrente tramite autorizzazioni a contrarre
mutui con la Cassa e con altri istituti di credito a carico degli
stessi enti
10
. Il Ministro Stammati
11
nel 1977 pose fine a
questa spirale perversa tramite un’operazione globale di
consolidamento di tali passività a carico del Tesoro,
obbligando da allora gli enti locali a contrarre con la Cassa
soltanto operazioni finanziarie di investimento
12
.
9
Cfr. De Cecco M. e Toniolo G. (2000), Storia della Cassa Depositi e Prestiti, Editori
Laterza, Bari.
10
In quegli anni il 90% dell’importo complessivo dei finanziamenti concessi dalla
Cassa a favore di comuni e province era costituito da tali mutui, che di anno in anno
divenivano più cospicui e, quindi, più onerosi per le casse statali.
11
Ministro del Tesoro del Governo Andreotti (1976).
12
Amplius Corigliano F. (1980), La Cassa Depositi e Prestiti e le casse di risparmio
postale, Editore Franco Angeli, Milano.
6
1.1.1. Verso il nuovo modello societario: il D.lg. n. 269/2003
Alla fine degli anni ‘70, nella prospettiva di una
chiarificazione dei ruoli all’interno della pubblica
amministrazione - fra i momenti di esercizio delle funzioni
dello Stato definite dalla Costituzione e quelli di esercizio
delle attività semplicemente strumentali - determinata dal
cosiddetto “rapporto Giannini”
13
, il Ministro Stammati istituì
una commissione di studio per la formulazione di un’ipotesi
di riforma della Cassa depositi e prestiti, la cui presidenza
fu affidata al senatore Lombardini
14
.
La commissione, certamente influenzata dalla riforma
della finanza locale, considerò come punto centrale della
ipotizzata riforma non la Cassa come istituzione, bensì
l’attività finanziaria da questa gestita a favore degli enti
locali. Ne derivò una proposta che, togliendo alla Cassa
alcune delle sue tradizionali gestioni, ne ipotizzava la
trasformazione in Azienda Nazionale per i finanziamenti
pubblici (ANFIP). La proposta, così come presentata, cadde.
La Cassa, infatti, come istituzione, rappresentava un
momento completamente autonomo e separato dallo Stato,
mentre, come amministrazione, ne faceva parte integrante,
nella sua qualità di direzione generale del Ministero del
Tesoro. Da ciò nasceva un evidente conflitto.
13
Il rapporto sulla pubblica amministrazione prende il nome da Massimo Severo Giannini,
emerito professore di Diritto amministrativo e Ministro della funzione pubblica.
14
Della commissione faceva parte anche Maria Teresa Salvemini, divenuta Direttore
generale dell’Istituto a vent’anni di distanza.
7
All’inizio degli anni ‘80, allora, il Ministro Pandolfi
15
,
per proposta del direttore generale Giuseppe Falcone,
risollevando il problema della riforma della Cassa presentò alla
Camera un apposito disegno di legge, in cui veniva ipotizzata la
trasformazione dell’Istituto in Azienda autonoma, al di fuori
dell’apparato ministeriale e con un proprio statuto. La riforma, se
da un lato era sollecitata dalla direzione dell’Istituto e sostenuta
dalle associazioni rappresentative degli enti locali e dalle
organizzazioni sindacali, dall’altro era avversata dall’intero
mondo bancario: la Banca d’Italia s’opponeva all’introduzione di
circuiti finanziari che risultassero al di fuori del proprio controllo
ed esterni anche al Tesoro, mentre l’A.B.I. vedeva nella nuova
Cassa una concorrente troppo temibile per gli istituti di credito ad
essa associati.
Il testo della legge fu modificato più volte, e alla fine
scomparve la dizione “azienda autonoma”. La Presidenza del
consiglio di amministrazione restò affidata al Ministro del
Tesoro, nel consiglio furono immessi i rappresentanti degli enti
locali. Quando tutto il testo era ormai pronto per l’approvazione
furono sollevati ulteriori problemi relativamente al personale
dell’Istituto, mentre alla Camera (aprile 1983) era stata appena
approvata la legge quadro sul pubblico impiego
16
. Nella
sistematica ricerca di collocare tutta la realtà nello schema
15
Ministro delle Finanze del Governo Andreotti (1976); in quegli anni il Ministero delle
Finanze era separato dal Ministero del Tesoro, ora riuniti nel Ministero dell’Economia.
16
Legge 29 marzo 1983, n. 93.
8
adottato, anche la Cassa fu inserita, in modo del tutto illogico e
singolare, nei comparti di contrattazione previsti dalla predetta
legge
17
. Il testo della legge di riforma, così formulato, era
pieno di contrasti e di punti oscuri: in particolare, restava
assolutamente inespressa la natura giuridica dell’Istituto.
Infatti, il Parlamento, che sotto la pressione del mondo
bancario aveva soppresso la dizione Azienda autonoma, non
era riuscito a coniare nessun’altra definizione alternativa. Il
disegno di legge fu frettolosamente approvato con le modifiche
introdotte, divenendo la legge 13 maggio 1983, n. 197.
La Cassa, fino alla legge di riforma per l’attività
finanziaria ordinaria
18
, aveva sempre operato all’interno del
mercato ristretto del credito locale in diretta concorrenza col
sistema bancario e con gli istituti specializzati nel credito alle
opere pubbliche, occupandone una fascia compresa fra il 40 e
il 50%. Tuttavia nel 1983, a causa dalla generalizzata
restituzione da parte dello Stato delle rate di ammortamento
dovute dagli enti locali, si verificò un forte rallentamento
dell’attività finanziaria dell’Istituto
19
. Per arginare il fenomeno
nell’anno 1984, su iniziativa del sottosegretario al tesoro
Fracanzani fu approvata una norma di legge che, obbligando
gli enti a richiedere i mutui alla Cassa, di fatto veniva a creare
17
Nonostante tale legge ne escludesse esplicitamente l’applicazione agli istituti e agli
enti che esercitavano il credito.
18
Riguarda tutta l’attività non assistita da contributi statali.
19
Infatti, rimborsando lo Stato gli oneri di ammortamento, non aveva più alcuna
importanza per gli enti locali ottenere finanziamenti a condizioni di maggior favore,
comportamento che aveva l’effetto di aumentare la spesa pubblica oltre il dovuto.
9
a favore dell’Istituto le condizioni di un regime di quasi
monopolio. Gli enti, infatti, potevano accedere ad un altro
istituto di credito soltanto dopo l’espresso diniego da parte
della Cassa. La nuova normativa fece immediatamente
impennare la percentuale di mercato della Cassa, che si
mantenne per tutti gli anni ‘80 intorno all’85%.
Il monopolio ebbe termine nel 1989 per opera del
Ministro Carli, che si adoperò per rimuovere gli ostacoli alla
libera concorrenza
20
. Con la stessa logica il Ministro Carli e il
suo successore Barucci decretarono la fine delle partecipazioni
della CDP nell’IMI, nel Crediop e nel Meliorconsorzio ed il
loro spostamento sotto il diretto controllo del Tesoro, che
avrebbe poi dovuto provvedere alla trasformazione in s.p.a. dei
tre istituti. Solo nel ‘93 il Ministro Barucci inserì nelle
disposizioni annuali per la finanza locale un articolo che,
modificando la legge di riforma, attribuiva in modo esplicito
all’Istituto una propria personalità giuridica
21
. Finalmente la
Corte dei conti poteva riconoscere nella Cassa depositi e
prestiti un ente autonomo completamente separato dallo Stato
persona giuridica. Con lo stesso articolo veniva anche
attribuita alla Cassa la facoltà di acquisire e di cedere
liberamente partecipazioni di capitale in istituti di credito
22
.
20
Modifica resasi necessaria in relazione all’intervenuta approvazione dell’atto unico
europeo di Lussemburgo, che dettava tempi e modi per la liberalizzazione dei mercati
finanziari comunitari.
21
Vedi D.lg. 8/93, convertito con modificazioni in legge 19 marzo 1993, n. 68.
22
Per approfondimenti Dongili P. (1990), Uno strumento della politica economica: la
Cassa Depositi e Prestiti, in “Economia Pubblica”, 12.
10
Nel 1996 con la nomina di Maria Teresa Salvemini
quale Direttore generale, si attua un repentino cambio di
orientamento: il bilancio 1996 viene impostato in conformità
ai criteri generali definiti dalle direttive europee
23
. Da quel
momento i bilanci della Cassa divengono confrontabili con
quelli di qualsiasi altro istituto di credito dell’Unione Europea.
Nel 1999 ha inizio il riordino dell'assetto organizzativo e
funzionale dell'Istituto
24
: è ribadita la natura della CDP quale
amministrazione dello Stato, dotata di propria personalità
giuridica e di autonomia ordinamentale, organizzativa,
patrimoniale e di bilancio, svolgente attività di interesse
economico generale. Alla CDP, pertanto, non sono applicate le
norme del testo unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia; l'ordinamento comunitario la esclude dal campo di
applicazione delle Direttive comunitarie sul credito. Per la
compilazione dei conti economici e finanziari, la CDP è
classificata nel settore delle Amministrazioni pubbliche
25
.
Nel 2002 è autorizzata a costituire una società
finanziaria per azioni denominata Infrastrutture S.p.A. la
quale, in via sussidiaria rispetto ai finanziamenti concessi da
banche e altri intermediari finanziari, finanzia sotto qualsiasi
forma le infrastrutture e le grandi opere pubbliche
26
.
23
Talice C. (1996), L’accesso al credito della Cassa Depositi e Prestiti da parte degli
Enti Locali con le istruzioni impartite dalla circolare n. 1207/1996, Ed. Maggioli, Rimini.
24
Tramite D.lg. 284/99.
25
Per approfondimenti, vedi Salvemini M. (2002), in particolare pag 69-72.
26
D.lg. 63/2002, convertito dalla Legge 112/2002.
11
Il 12 dicembre 2003 la Cassa depositi e prestiti è stata
trasformata in S.p.A.
27
, per adeguarla ai profondi cambiamenti
del quadro normativo e istituzionale dei suoi mercati di
riferimento, potenziandone la capacità d'azione e rendendo più
flessibile e funzionale la gestione operativa.
La trasformazione in società per azioni mira a favorire il
potenziamento del sistema di finanziamento degli investimenti
pubblici in infrastrutture. La CDP S.p.A. subentra nei rapporti
attivi e passivi e conserva i diritti e gli obblighi anteriori alla
trasformazione. La nuova forma giuridica, comunque, lascia
inalterate le finalità pubbliche e di interesse generale che da
sempre l'Istituto persegue.
Novità principale della trasformazione è l’ingresso,
dopo una dura trattativa con l'allora direttore generale
Domenico Siniscalco, nell’azionariato della Cdp delle
fondazioni bancarie che in cambio del 30% del nuovo soggetto
economico versano al Tesoro 1,05 miliardi di euro
28
, ottenendo
tra l’altro un rendimento minimo garantito per il loro
investimento e una governance di loro gradimento
29
.
Infatti, nel decreto di attuazione della riforma sono
individuate le azioni del Ministero dell' Economia e della
finanze da trasferire alla nuova CDP SpA, in particolare, viene
27
D.lg. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla Legge 326 del 24 novembre 2003.
28
Tale operazione ha permesso allo Stato italiano di far uscire dal perimetro delle P.A.
la nuova Cassa depositi e prestiti, consentendo una riduzione del debito pubblico.
29
Il Consiglio di amministrazione della nuova Cassa sarà composto di 9 membri, di cui
3 designati dalle Fondazioni.
12
ceduto il 10,35% di Enel, il 10% di Eni ed il 35% di Poste
Italiane, per un controvalore complessivo di 11 miliardi di
euro. Aziende che, ormai completamente risanate, permettono
ai loro azionisti, e quindi anche alla Cassa, di incassare ogni
anno cospicui dividendi
30
.
Di fatto se si guarda complessivamente alla storia della
Cassa depositi e prestiti, si può osservare come, nel corso del
tempo, siano cambiate le sue funzioni caratterizzanti: quella
per la quale era stata creata - raccogliere i depositi cauzionali e
di natura simile gestendoli in modo centralizzato - è venuta
progressivamente perdendo di rilievo, mentre al contrario è
aumentato dapprima il peso della raccolta di risparmio presso
gli uffici postali, ed in seguito, dopo la trasformazione in
S.p.A, è cresciuto il ruolo della Cassa come detentore di
partecipazione in asset strategici per consentire allo Stato una
diminuzione dello stock di debito pubblico, senza tuttavia
perdere il controllo di aziende fondamentali per lo sviluppo del
paese.
30
“Del resto il Tesoro ha una fame insaziabile di entrate. E per pagare ricchi dividendi a
se stesso li deve pagare anche ai suoi soci. Il 2005 sarà anche difficilmente replicabile”,
come ha detto il presidente della Cdp Salvatore Rebecchini alla presentazione del
bilancio 2005 della Cassa depostiti e prestiti. IL SOLE 24 ORE , 04-04-2006
13