The Red Shoes: A production of The Archers
Introduzione
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Un abbozzo del manifesto di questi straordinari cineasti si trova in una
lettera che Pressburger scrisse a Deborah Kerr per convincerla a partecipare al
film The Life and Death of Colonel Blimp. Gli Archers (questo il nome della
società di produzione che i due formarono) si costituiscono autonomi dal punto di
vista finanziario, rifiutando qualsiasi tipo d’ingerenza da parte di produttori
associati o distributori. I compiti all’interno della società sono distinti con
chiarezza da subito. Powell afferma immediatamente la predominanza del lavoro
dello scrittore, a cui è subordinato quello del regista. Pressburger si dedica quasi
del tutto alla scrittura, senza ambizioni di regia (dirigerà un solo film nel 1951),
lasciando a Powell la parte pratica del lavoro. I pregi ed i difetti dell’uno e
dell’altro si fusero per creare qualcosa di nuovo ed insolito. Un sodalizio durato
tredici anni in cui il talento di uno completa quello dell’altro. Imbevuto di cultura
mitteleuropea, Pressburger riesce a guardare all’Inghilterra con occhio
disincantato eppur amorevole, scorgendovi curiosità e contraddizioni
tendenzialmente rimosse dall’inglese Powell, che dava poi corpo alle intuizioni di
Pressburger grazie alla sua sconfinata fantasia ed al grande talento
cinematografico.
Nella complessa cinematografia inglese, spesso sottovalutata o peggio
ancora confusa con quella americana, Powell e Pressburger rapprendano una sorta
di unicum autoriale.
Ammirati in patria come all’estero, nonché oggetto negli ultimi anni di una
doverosa rivalutazione critica, Powell e Pressburger debbono il loro incontro e la
loro fortuna ad Alexander Korda, che per primo ebbe l’idea di affiancarli,
nell’autunno del 1937.
The Red Shoes: A production of The Archers
Capitolo 1 - The Archers
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CAPITOLO 1 – THE ARCHERS
1. Brevi cenni biografici su Michael Powell ed Emeric Pressburger
Nato nel 1905 a Bekesbourne, vicino Canterbury, Michael Powell entra
giovanissimo nel mondo del cinema. Tra il 1922 e il 1925 lavora a Nizza, presso i
teatri di posa della Victorine, come fotografo di scena e poi come assistente di
Rex Ingram. Nei primi anni ’30 ritorna in patria, dove comincia a girare una serie
di ‘Quota Quickes’, di cui rimangono solo i titoli. Nel 1937 ha l’opportunità di
girare il suo primo film, scritto da lui stesso, The Edge of the World ( Ai confini
del mondo), un melodramma a forti tinte ambientato nelle isole Shetland,
parzialmente influenzato da Flaherty e dalla scuola documentaristica inglese,
anche se Powell stesso tenne a prenderne le distanze, ribadendo la centralità della
storia e dei personaggi. Come spesso accade, in questa prima pellicola già si
avvertono quelle che saranno poi le caratteristiche della futura cinematografia di
Powell. Il film non ottiene molto successo in patria, ma viene visto da Alexander
Korda, che offre a Powell un contratto per un anno alla London Films. Come
primo incarico, il produttore ungherese gli propone di girare un film
d’ambientazione esotica, dove poter utilizzare due nuove stars da poco messe
sotto contratto, Conrad Veidt e Sabu.
Ma il pericolo di un’imminente guerra convince Korda a cambiare le carte
in tavola, sospendendo il progetto. Affida allora a Powell un nuovo film, una
storia di spionaggio ambientata nella prima guerra mondiale: The Spy in Black (La
spia in nero), che segna l’incontro di Powell con Pressburger, da poco arrivato in
Inghilterra.
Emeric Pressburger, giornalista e scrittore, nato in Ungheria nel 1902 ed
educato a Praga e Stoccarda, approda alla UFA nel 1929, intorno a cui gravitava il
meglio di quanto l’Europa avesse da offrire in campo artistico in quegli anni. Nel
1931 scrive la sua prima sceneggiatura, Abschied (Partenza) diretto da Robert
Siodmark e l’anno seguente collabora alla stesura del primo film diretto da Max
Ophüls, Dann schon lieber Lebertan ( Preferisco l’olio di fegato di merluzzo).
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Dopo la comparsa sulla scena politica tedesca di Hitler, Pressburger abbandona la
Germania, dove nel frattempo ha partecipato ad una decina di film, per la Francia,
rimanendovi due anni e collaborando a tre film. Arriva in Inghilterra nel 1935,
dove viene subito notato dal compatriota Korda, che lo ingaggia come
sceneggiatore per The Spy in Black.
2. Le prime collaborazioni ed i film di propaganda
Rimasto immediatamente colpito dal talento di Pressburger, Powell
comincia a lavorare con entusiasmo al film. The Spy in Black (1939) è il risultato
della straordinaria collaborazione, oltre che dei futuri Archers, dei due
protagonisti, Conrad Veidt e Valerie Hobson, e dello scenografo Vincent Korda.
E’un film d’atmosfera, con pochi dialoghi. La trama è semplice, da un romanzo di
J. Storer Clouston. Sbarcato in incognito in un’isola della Ocladi, il comandante di
un sommergibile tedesco (Conrad Veidt) deve affondare le navi da guerra lì
attraccate, ma gli verrà impedito da una bella inglese (Valerie Hobson), che in
realtà è un’agente del controspionaggio. Lontano da qualsiasi forma di
manicheismo, il film è dominato dalla figura del Capitano Hardt, uomo d’onore
d’altri tempi, pur essendo a tutti gli effetti l’eroe negativo del film. Come fa notare
Emanuela Martini, il soldato tedesco interpretato da Conrad Veidt, primo di una
lunga serie di personaggi complessi e sfaccettati, “è, ante litteram, Lermontov e
Theo Kretschmar-Schuldorff (l’Anton Walbrook, rispettivamente di The Red
Shoes e Blimp), stranieri dominati dal senso del dovere e della missione, in
qualche modo intrigati dalle contraddizioni dell’universo britannico”
1
.
Distribuito nell’agosto del 1939, un mese prima che scoppi la guerra, il
film è un successo, sia in Gran Bretagna sia negli USA. Decisi a continuare questa
fruttuosa collaborazione, Powell e Pressburger decidono di lavorare ad un nuovo
progetto, sfruttando gli elementi che hanno contribuito al successo di The Spy in
Black. Uscito nel 1940, dopo soli due mesi di produzione, Contraband
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Emanuela Martini, Michael Powell & Emeric Pressburger, Il Castoro Cinema, La Nuova Italia,
Firenze, 1988, p. 31
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(Contrabbando) vede ancora protagonista Conrad Veidt, impegnato stavolta a
sventare un complotto ordito dai tedeschi nella neutrale Danimarca.
Tornato a lavorare da solo dopo i due film con Pressburger, Powell
collabora nel 1940 a The Thief of Bagdad (Il Ladro di Bagdad), remake
dell’omonimo classico del 1924, interpretato ancora da Veidt e dal giovane attore
indiano Sabu. Affiancando nella regia il tedesco Ludwig Berger e l’americano
Tim Whelan, Powell girerà quasi tutte le scene con Conrad Veidt e Sabu e quelle
più dichiaratamente d’azione e spettacolari, lasciando il suo particolarissimo
segno in questo film “corale”.
Con lo scoppio della guerra, Powell e Pressburger lavorano ad una serie di
film patriottici e di propaganda: The Lion Has Wings (I Leoni dell’aria, 1939),
49th Parallel (Gli Invasori / 49° Parallelo, 1941), One of Our Aircraft Is Missing
(Volo senza ritorno, 1942) e The Life and Death of Colonel Blimp (Duello a
Berlino, 1943).
Finanziato dal Ministero dell’Informazione, 49th Parallel, diretto da
Powell e scritto da Pressburger (che vincerà l’Oscar per la miglior sceneggiatura
originale) è un atipico film di
propaganda. Descrivendo l’avanzata nel territorio canadese di un gruppo di soldati
nazisti guidati dal comandante Hirth (Eric Portman) per arrivare negli Stati Uniti
allora ancora neutrali, Powell e Pressburger tessono un elogio della libertà e della
serena convivenza di genti diverse in un paese sconfinato ed ancora giovane,
senza però cadere mai nelle rigide schematizzazioni dei film di propaganda e nei
facili effetti del melodramma. “Non tutti i tedeschi sono nazisti e alcuni di questi
sono persino riscattabili”(Mereghetti). Interpretato dai migliori attori inglesi del
periodo, dal giovane Laurence Olivier a Leslie Howard, il film è anche il primo
dell’attore austriaco Anton Walbrook con quelli che di lì a poco diventeranno The
Archers, “l’attore più emblematico di Powell e Pressburger, ricco di una teatralità
composta e intensa del quale i due accentueranno con il passare degli anni la
mefistofelica drammaticità”
2
.
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Emanuela Martini, op. cit., pp. 41 - 42
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3. The Life and Death of Colonel Blimp
Il personaggio interpretato da Walbrook in 49th Parallel, il quieto capo
della comunità pacifista degli Utteriti, Peter, anticipa direttamente quello del
“tedesco giusto” di The Life and Death of Colonel Blimp, il primo film scritto,
prodotto e diretto da The Archers, la società fondata da Powell e Pressburger nel
1942 con la Indipendent Producers di J. Arthur Rank.
Il soggetto viene ripreso da Pressburger a partire da uno scambio di
dialoghi presente in One of Our Aircraft Is Missing. Composto quasi del tutto da
un lunghissimo flashback, Blimp è la storia dell’amicizia tra due ufficiali,
l’inglese Clive “Sugar” Candy (Roger Livesey), e il tedesco Theodor Kretschmar-
Schuldorff (Anton Walbrook, ruolo scritto apposta per lui), che nasce a Berlino
nel 1902 dove i due si batterono a duello per l’onore dei rispettivi paesi senza
essersi mai visti prima, e che passa indenne attraverso due guerre mondiali e
l’amore per la stessa donna, fino al 1943.
Il film era nato come The Life and Death of “Sugar” Candy, ma nel
prosieguo del lavoro di scrittura furono sempre più evidenti le analogie di Candy
col personaggio protagonista della striscia antimilitarista di David Low, il
colonnello Blimp, appunto, paradigma della vecchia e tronfia classe militare
britannica, popolarissima negli anni ’30 e ’40. La somiglianza può sembrare
ardita, considerando la forte carica umana ed il grande senso dell’amicizia di
Candy, ma risulta evidente nel contesto in cui il personaggio si muove: in un
momento di sconvolgenti cambiamenti, Candy rimane sempre se stesso,
tragicamente immobile ed impermeabile alle mutazioni che avvengono intorno a
lui. Al suo opposto si situa il personaggio di Theo, l’elegante ufficiale del
Secondo Reggimento Ulani, travolto prima dalla sconfitta della sua patria e poi
dall’avanzata del Nazismo, ma che a differenza di Candy giunge alla maturazione
ed alla comprensione, con un profondo senso della storia. Proprio a lui appartiene
poi l’unico discorso esplicitamente a favore dell’Inghilterra. Quando vecchio e
solo dopo la morte dell’amata moglie e la scoperta che i figli sono diventati dei
“buoni nazisti”, Theo chiede il permesso di soggiorno in Inghilterra nel 1935,
questo quasi gli viene rifiutato, non avendo convinto abbastanza la commissione;
allora egli ricorda la moglie, la sua amicizia con Candy, la cortesia dimostratagli
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dagli inglesi durante la sua prigionia dopo la Grande Guerra, la perdita
irrimediabile dei figli, che non andarono nemmeno al funerale della madre, e la
campagna inglese, quasi una nostalgia di casa. Questo accorato appello (condotto
in maniera magistrale da Walbrook, in un lunghissimo primo piano) commuove
l’ufficiale che gli concede il visto. Non è difficile, leggendo fra le righe del
monologo, riconoscere i sentimenti di Pressburger nei confronti del paese che lo
ha accolto nel 1935, come anche quelli di Walbrook, giunto in Inghilterra nel
1937.
Una delle tante “eccentricità” di Blimp è quella di far interpretare dalla
stessa attrice, l’allora giovanissima quasi esordiente Deborah Kerr, le tre donne
che si avvicendano nella vita di Candy: l’insegnante Edith, il grande amore mai
dimenticato, conosciuta a Berlino nel 1902 e che sposerà Theo, la giovane moglie
Barbara ed Angela l’ausiliaria che gli fa da autista nel 1943. Come fa notare la
Martini, Deborah Kerr “resta una luminosa proiezione di giovinezza”, mentre i
due protagonisti maschili maturano ed invecchiano inesorabilmente. L’intuizione
di affidare alla stessa attrice questi tre ruoli, peraltro cosi diversi (romantica eppur
determinata Edith, tenera ed affettuosa Barbara, spigolosa e vitale Angela, che
preferisce farsi chiamare Johnny), è di “pura poesia”
3
. Entrambi i due uomini
hanno amato Edith, ma Candy la riconosce nella quieta e sognante Barbara e non
in Angela, a differenza di Theo, che nota subito la somiglianza della dinamica
ausiliaria con la moglie mentre non riesce a vederla nel ritratto di Barbara.
Blimp ebbe molti problemi fin dalla sua nascita. Il film, con la sua
concezione della guerra, della classe militare inglese e la contrapposizione tra
Candy e Theo, suscitò le ire di Winston Churchill. Egli tentò invano di bloccare il
film; fece prima pressioni affinché l’aviazione non concedesse il permesso di
girare il film a Laurence Olivier, l’interprete scelto inizialmente dagli Archers, poi
non concesse le forniture belliche, ed infine cercò di censurare il film. Alla fine
Blimp usci dopo due anni in America, nel 1945 e mutilato di ben 40 minuti,
praticamente tutta la parte che precede il flashback, la cena a casa di Candy con
Theo che viene “consolato” dagli inglesi, la lucida relazione che egli ne fa ai suoi
compagni tedeschi mentre vengono rimpatriati, e la cancellazione della
trasmissione di Candy alla BBC all’indomani dalla nascita del governo di Petain
3
Emanuela Martini, op. cit., p. 45
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in Francia, più varie scene in cui viene fuori esplicitamente l’ingenuità di Candy.
Questi tagli mutano profondamente il senso del film, eliminandone i temi
principali, oltre a privarlo della scena del bagno turco, dove con un virtuosismo
tecnico c’è un salto temporale di 40 anni in un unico piano sequenza. Il film fu
ripristinato nella versione originale all’inizio degli anni ’80 dal BFI, con l’aiuto
dello stesso Powell.
4. A Canterbury Tale, I Know Where I’m Going!, A Matter of Life
and Death, Black Narcissus
A Canterbury Tale (Un racconto di Canterbury) e I Know Where I’m
Going! (So dove vado) possono essere considerati delle opere minori, incastonati
fra la complessità narrativa di Blimp e quella figurativa di A Matter of Life and
Death e Black Narcissus, seppur ovviamente non privi di pregi.
In qualche modo ancora connesso con la propaganda, un primo livello di
lettura di A Canterbury Tale (1944) può limitarsi alla semplice celebrazione della
convivenza tra Americani e Inglesi, divisi da barriere linguistiche e culturali, ma
pur sempre uniti da valori ed intenti comuni. In realtà il senso più profondo del
film risiede nell’atmosfera di pace della campagna inglese (splendidamente
fotografata in bianco e nero da Erwin Hillier) turbata però dal misterioso
“maniaco della colla”, in realtà un mite archeologo (Eric Portman), che punisce
gettando loro della colla sui capelli l’eccessiva sessualità delle donne inglesi a
contatto con i soldati americani.
La trama di I Know Where I’m Going! (1945) è semplice e lineare: una
determinata ragazza inglese (Wendy Hiller) parte alla volta delle Ebridi per
sposare un ricco uomo d’affari che non ha mai visto; bloccata dal maltempo,
s’innamora dello squire del posto (ancora Roger Livesey) e decide di restare con
lui. Nel film ritornano i grandi temi del cinema degli Archers: la fatalità, la
predestinazione, il rapporto con la natura, la contrapposizione tra fantastico e
realismo, dove quest’ultimo viene sempre sconfitto dalla fantasia.
A Matter of Life and Death ( Scala al Paradiso, 1946) dimostra come un
film su commissione per migliorare i rapporti tra Inglesi ed Americani possa
risolversi in un capolavoro di immaginativa e romanticismo. Quando il suo aereo
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sta per schiantarsi al suolo, il pilota inglese Peter (David Niven, alla prima
collaborazione con gli Archers) si getta in mare senza paracadute, risvegliandosi
poi incolume sulle bianche spiagge britanniche, perché il “conduttore” incaricato
di prelevarlo e di portarlo in cielo (Marius Goring) lo ha perso nella nebbia.
Quando questi torna per completare il suo compito, Peter si rifiuta di seguirlo,
perché ormai ha trovato l’amore nella giovane ausiliaria americana June (Kim
Hunter). La diatriba verrà risolta nel Tribunale Celeste, dove in un acceso scontro
che mette a confronto ancora una volta America ed Inghilterra, verrà deciso di
concedere a Peter molti altri anni di vita felice con June.
Altro capolavoro dei due autori-registi, il film è saturo di straordinarie
invenzioni visive, come ad esempio l’Aldilà in bianco e nero, la scala senza fine
che porta al Paradiso, la soggettiva dell’occhio di Peter che si chiude mentre viene
anestetizzato prima di essere operato al cervello, il passaggio da bianco e nero a
colori della rosa all’occhiello del Conduttore 71 (“One is starved for Technicolor
up there!”). A Matter of Life and Death è un altro monumento alla fantasia, alla
creatività, all’ironia ed alla convivenza edificato dagli Archers. Michael Powell lo
considerava il suo film preferito.
Il desiderio di Powell di fare film in grado di trasportare lo spettatore in
mondi diversi e lontani ritorna continuamente nella sua monumentale
autobiografia, desiderio condiviso ed in parte “controllato” da Pressburger. Black
Narcissus ( Narciso Nero,1947) è l’adattamento cinematografico dell’omonimo
romanzo di Rumer Godden, ambientato sulle vette dell’Himalaya, dove un gruppo
di suore guidate da Sister Clodagh (Deborah Kerr) si scontra con l’indifferenza
degli indigeni, l’atmosfera conturbante del monastero, un tempo casa delle
concubine del principe locale, difficoltà materiali e tentazioni della carne. La più
debole delle sorelle, Sister Ruth s’innamora del residente inglese, il signor Dean
(David Farrar) e pazza di gelosia, arriva quasi ad uccidere Sister Clodagh, che alla
fine deve ammettere la sua sconfitta e ritornare a Calcutta. Girato quasi
completamente in studio, con fondali dipinti al limite della perfezione, Black
Narcissus è ancora un film di contrasti: tra India ed Inghilterra, ragione e istinto,
sessualità repressa ed eccessiva sessualità, natura e progresso, religione e
paganesimo.