3
«una suggestione fantastica»
1
, per fare letteratura. Dalle sue
creazioni letterarie emergono dottrine, dogmi, paradossi,
allegorie, quali il ritorno ciclico, la direzione del corso del tempo,
l'universo come sogno, la coincidenza degli opposti, la
predestinazione. Inoltre, forse come nessun altro autore
contemporaneo, Borges ha avuto una conoscenza eccezionale,
quasi universale, della letteratura, che traspare non solo dalle
citazioni che frequentemente compaiono nelle sue opere, ma
anche dai numerosi saggi dedicati ad autori inglesi, francesi,
spagnoli, ispano-americani, dagli studi danteschi e sulle
letterature germaniche. Più avanti negli anni, la sua conoscenza si
è estesa persino alle letterature ed alle filosofie orientali.
Dalle sue creazioni letterarie traspaiono quei tratti originali e
distintivi che hanno conferito al suo modo di comporre la forza
del nuovo e dell'esemplare. Una delle prerogative per cui Borges
viene ricordato è il suo spiccato interesse per l'antica Grecia. La
passione per il mondo greco ha inizio durante l'infanzia
dell'autore: a sette anni scrisse in inglese, lingua che apprese
quasi prima dello spagnolo, un riassunto di mitologia greca.
Dell'antica Grecia amò la poesia, soprattutto quella epica di
Omero, la filosofia, a cui il padre, avvocato e professore di
psicologia, lo iniziò in tenera età, raccontandogli il paradosso di
Achille e la tartaruga. La sua attenzione non si limitò a Zenone;
grande interesse suscitò in Borges anche Eraclito, il pitagorismo,
1
PAOLI, R., Tre saggi su Borges, Roma, Bulzoni Editore, 1992, p. 11.
4
Platone, persino Apollodoro, dalla cui Biblioteca estrapolerà
l'epigrafe di La casa de Asterión.
Ma i miti greci risulterranno essere la sua vera e grande
passione: ad impressionarlo profondamente sarà soprattutto
Ulisse, mitico eroe dell'Odissea. Ad ogni modo, anche altri miti,
come quello del labirinto, del Minotauro, di Proteo, di Edipo
ecc., si affacceranno frequentemente nella sua opera. L'interesse
per i miti non si evince solamente dalle sue opere, ma è lo stesso
Borges a dichiararlo esplicitamente: «Io dò una grande
importanza al mito: è forse la sola cosa che esiste, il sogno»
2
.
Il rapporto fra mitologia e letteratura scritta rappresenta una
costante di qualsiasi cultura. Nella seconda metà dell'Ottocento
si assiste ad una demitologizzazione della cultura ad opera del
realismo, tendenza predominante del periodo. Gli scrittori
realisti, nel tentativo di eleborare nelle creazioni letterarie un
quadro del mondo simile a quello reale, instaurarono un clima di
liberazione dall'eredità mitiche della storia, considerate
irrazionali. Fra gli ultimi anni dell'Ottocento e gli inizi del
Novecento si assisterà ad un ritorno dell'interesse culturale per il
mito, in seguito alla crisi del positivismo
3
e delle conoscenze
analitiche in generale, e come conseguenza della critica che già
da lungo tempo interessava il mondo borghese. Il tentativo di
2
BORGES, J. L., Testamento poetico letterario, a cura di Antonio Bertoli,
Firenze-Milano, Giunti Editore, 2004, p. 22.
3
Nel secolo XIX il positivismo sosteneva che la mitologia dovesse essere ricercata
solamente in un lontano passato o fra i popoli arcaici ma non nelle culture
contemporanee.
5
ricreare una visione del mondo legata alla sfera mitica nasceva,
pertanto, nell'ambito del realismo e del positivismo, ma, rispetto
a tali concezioni, si rapportava spesso in modo polemico.
Borges s'inserisce chiaramente nella schiera di coloro che
propendono alla rivalutazione del mito, sviluppando il rapporto
fra mitologia e letteratura scritta nella forma di inserimento del
mito nella produzione letteraria. In Borges tale relazione non
assume l'aspetto evolutivo, in cui le due entità stabiliscono un
rapporto di opposizione, poiché, essendo il mito, dal punto di
vista cronologico, precedente all'avvento della letteratura scritta,
non esisteranno mai nello stesso tempo; nello scrittore argentino
la mitologia e la letteratura scritta costituiscono due tendenze
complemementari, in quanto ognuna di esse presuppone
l'esistenza dell'altra e si afferma pienamente solo in contrasto con
il suo complemento.
Ed è proprio per la rivalutazione del mito nella sua produzione
letteraria che Borges viene insignito del titolo di Omero della
pampa: nei confronti della mitologia classica l'autore argentino si
pone non solo come grande estimatore ma anche come abile
riscrittore, attraverso una personale interpretazione attualizzante.
Nella maggior parte dei casi Borges viene ricordato come un
autore raffinato ed erudito, le cui opere raramente superano le
dieci pagine, richiamando nella struttura la parvenza di note
critiche, recensioni, divagazioni teoriche. Scopo del seguente
lavoro non è quello di inquadrare il celebre scrittore argentino in
6
immagini che sembrano limitanti. Del resto, il tentativo di
definire uno scrittore che rifiuta le definizioni, di proporre un
ritratto verosimile, scegliendo fra le molteplici fisionomie tutte
probabili che la critica ci tramanda, sfocierebbe nel paradosso.
Pertanto il lavoro si propone di analizzare parte della vasta opera
di Borges, mezzo attraverso cui si esprime realmente la sua
poliedrica essenza, rintracciando la presenza di Ulisse, cardine di
una tematica specifica della narrativa, della poesia e della
saggistica dello scrittore argentino, ed esaminando gli aspetti che
il mitico eroe di volta in volta assume nell'intera produzione
letteraria.
7
CAPITOLO I
8
Il mito di Ulisse nel racconto El Inmortal
La figura d’Ulisse può essere assimilata ad un’entità che,
nell’ambito della letteratura, si può definire contemporaneamente
antica e moderna: difatti, le traversie del mitico eroe dell’Odissea
rappresentano un banco di prova per commisurare le dissonanze
e le affinità fra epoche passate e presenti. Lo sradicamento
forzato per partecipare alla guerra di Troia, il dolore per la
lontananza dalla patria e la scelta del ritorno costituiscono realtà
che migliaia di uomini hanno vissuto attraverso i secoli. Ad ogni
modo, il mito d'Odisseo esplicita poeticamente non solo le
situazioni appena menzionate, ma anche molte altre circostanze
peculiari della vita umana ed è per questo che la sua storia viene
percepita sempre attuale.
Nella finzione omerica, Ulisse si presenta come un
personaggio eclettico, dai mille volti ed identità. Egli viene
dipinto, fin dall’inizio del poema epico, come modello di
conoscenza vessato dal dolore: «Egli vide le città di molti uomini
e ne conobbe i costumi: soffrì molte traversie in mare cercando di
salvar la sua vita e il ritorno dei compagni»
4
. Ulisse è simbolo di
sapienza, esperienza e maestria nella navigazione, eccelle in
qualità di artigiano e costruttore
5
, primeggia nell’arte della
retorica, ossia nel persuadere, talvolta con il fine di ingannare,
4
OMERO, Odissea [O∆YΣΣEIA], trad. it. di Giuseppe Tonna, 3 voll., vol. I,
Milano, Garzanti Libri s. p. a., 1999, p. 1.
5
Ulisse progetta e costruisce il cavallo di Troia, realizza una zattera ed il proprio
letto nuziale.
9
attraverso lo strumento della parola. Tuttavia, Ulisse è
principalmente l’eroe del nostos, del ritorno che s’avvolge su se
stesso come un simbolico labirinto
6
, colui che oltrepassa i limiti
dello scibile umano attraverso la discesa all’Ade, nel canto XI
dell’Odissea, ed il superamento, nella versione dantesca, delle
Colonne d’Ercole, confini ultimi della conoscenza del mondo.
Il mito di Ulisse è una presenza costante all’interno della
nostra cultura, è una figura che si reincarna nell’ambito letterario.
L’eroe dell’Odissea si è prestato sin dall’inizio a molteplici
versioni, a volte anche divergenti dalla tradizionale immagine
omerica che ci viene tramandata, assumendo aspetti differenti nel
corso dei secoli fino ai nostri giorni; il suo mito ha attraversato
tutta la civiltà occidentale fino a raggiungere anche l’America.
Sintetizzando attraverso le parole di Piero Boitani, Ulisse
rappresenta
un archetipo mitico che si sviluppa nella storia e nella letteratura
come un costante logos culturale. [...] Egli è un personaggio
mitico e letterario che interpreti, poeti e storici leggono
retoricamente e profeticamente come typos: ombra che si
allunga, trasformandosi, nell’immaginazione occidentale
7
.
Quindi, utilizzando un concetto molto caro ad Erich Auerbach, si
può affermare che il protagonista dell’Odissea è figura o typos
8
,
6
CHIARINI, G., Odisseo. Il Labirinto Marino, Roma, Kepos, 1991, p. 67-101.
7
BOITANI, P., L’ombra di Ulisse, Bologna, Società editrice il Mulino,
«Intersezioni», 1992, p. 12, 19-20.
8
Erich Auerbach, filologo e critico tedesco, considera realizzata la fusione dello
stile umile e di quello sublime (i Latini distinguevano tre generi di stile, scelti
dall'oratore in base al soggetto da trattare: il sublime per commuovere, l'umile per
informare e spiegare, il mediocre per piacere) grazie al concetto di figura o typos.
In un celebre saggio (AUERBACH, E., Figura, in Studi su Dante, Milano,
10
ossia colui che anticipa e prefigura continue interpretazioni
nell’immaginario collettivo.
Ed è a partire dall’ultimo ed enigmatico viaggio profetizzato
da Tiresia che, nell’ambito della finzione letteraria, Odisseo
intraprenderà le più svariate rotte con molteplici esiti finali. Nel
canto XI, difatti, l’indovino Tiresia predice ad Ulisse un’ultima
prova: dopo aver ucciso i Proci, dovrà viaggiare portando con sé
un remo, fino a quando non giungerà presso una terra i cui
uomini non conoscono né il mare né il cibo condito con il sale né
i remi, «che sono le ali per le navi»
9
. Dopo aver incontrato un
viandante che scambierà il remo per un ventilabro
10
, Ulisse dovrà
compiere appropriati sacrifici per placare l’ira di Posidone e
successivamente tornare in patria, dove la morte gli «verrà dolce
dal mare», cogliendolo «indebolito da serena vecchiaia»
11
. La
profezia di Tiresia venne da subito interpretata come impulso per
le interpretazioni future: le avventure di Odisseo successive alla
Feltrinelli, 1966), Auerbach mostra come alla base dell'esegesi biblica medievale ci
sia l'interpretazione tipologica o figurale, secondo cui i fatti ed i personaggi del
Vecchio Testamento prefigurano quelli del Nuovo. Per il filologo tedesco
l'interpretazione figurale stabilisce fra due fatti o persone un nesso in
cui uno di essi non significa soltanto se stesso, ma significa anche
l'altro, mentre l'altro comprende o adempie il primo. I due poli della
figura sono separati nel tempo, ma si trovano entrambi nel tempo,
come fatti o figure reali (Ibidem, p. 204).
L'interpretazione figurale, nata sulla pagina sacra, risulta facilmente applicabile, in
quanto punto di contatto fra l'eterno ed il tempo, ad ogni evento della storia umana
in cui si riscontri il segno dell'esemplarità di avvenimenti solo apparentemente
casuali.
9
OMERO, Odissea [O∆YΣΣEIA], trad. it. di Giuseppe Tonna, 3 voll., vol. II,
Milano, Garzanti Libri s. p. a., 1999, p. 145.
10
Larga pala di legno usata sull’aia per spargere al vento la pula, dopo averla
separata dal grano.
11
Ibidem.
11
strage dei Proci vennero prontamente narrate in poemi, andati
perduti, del Ciclo epico. Con lo scorrere del tempo, Ulisse
diventò portavoce delle diverse civiltà.
Borges fu un appassionato cultore del mondo classico. Nelle
pagine finali di Lo scrittore argentino e la tradizione
12
egli
sostiene fermamente, per tutelarsi dall’accusa di cosmopolitismo
culturale, che
[...] la nostra tradizione è tutta la cultura occidentale, e credo
inoltre che abbiamo diritto a questa tradizione, e anche maggiore
di quello che possono avere gli abitanti di una qualsiasi nazione
occidentale [...]. Noi argentini [...] possiamo adoperare tutti i
temi europei, [...] tentare tutti i soggetti, e non limitarci a ciò che
è argentino.
Ed è così che i racconti e le poesie di Borges traboccano di
personaggi e motivi della tradizione culturale occidentale, in
particolar modo dell’antichità greco-latina: ne è un esempio la
figura di Ulisse, personaggio che appare in molte delle opere
dello scrittore argentino, a simbolo universale del viaggio e del
viaggiatore.
Lo scrittore argentino, seguendo le indicazioni di Tiresia, fa
intraprendere al protagonista de El Inmortal
13
l’ultimo viaggio
della sua vecchiaia «movido, como Ulises, por el propósito de
llegar a los hombres que no saben lo que es el mar ni comen
12
BORGES, J. L., Discussione, Milano, Rizzoli Editore, 1973, p. 167-8.
13
Racconto contenuto nella raccolta del 1949 dal titolo El Aleph.
12
carne sazonada con sal ni sospechan lo que es un remo»
14
.
Pertanto, è possibile dedurre che l’Ulisse della narrazione di
Borges agisce da viaggiatore insoddisfatto, mosso dalla sete di
conoscenza.
La storia de El Inmortal ha inizio nel 1929, a Londra, con la
figura di Joseph Cartaphilus, misterioso antiquario di Smirne,
nell’atto di offrire alla principessa di Lucinge i sei volumi
dell’Iliade di Pope. Nell’ultimo tomo dell’opera la principessa,
dopo aver ricevuto notizia della morte di Cartaphilus in mare alla
volta di Smirne, trova un manoscritto. Nel testo, il tribuno
romano Marco Flaminio Rufo narra la propria storia. Deluso per
aver appena scorto «el rostro de Marte»
15
(p. 8) mentre militava
nelle guerre egiziane, il tribuno romano si lancia alla scoperta
della Città degli Immortali e del fiume le cui acque donano
l’immortalità, dei quali aveva ricevuto notizia, mentre si trovava
di stanza presso Tebe, da un cavaliere agonizzante. Attraversa
paesi sconosciuti, aridi deserti; uno ad uno gli uomini della scorta
lo abbandonano o muoiono sfiniti dagli stenti. Oramai solo,
Marco Flaminio Rufo si ritrova, esausto e ferito, in una nicchia di
pietra scavata sulla parete di una montagna. Scorge in lontananza
la Città degli Immortali; assetato, beve la torbida acqua di un
ruscello sabbioso ai piedi della montagna. Il territorio è popolato
da uomini che vivono allo stato primitivo, tali da sembrare
14
BORGES, J. L., El Inmortal, in Obras completas, 3 voll., vol. III, Buenos Aires,
Emecé Editores, 1957, p. 19.
15
D’ora in poi il numero di pagina relativo a El Inmortal sarà indicato, tra
parentesi, direttamente nel testo.
13
trogloditi. Il protagonista si assimila alla vita monotona ed
elementare dei trogloditi; questi, dal canto loro, ignorano il
tribuno romano. Soltanto uno di loro accompagna il protagonista
lungo il cammino verso la Città degli Immortali. Le mura della
costruzione non sono provviste di alcuna sorta di entrata; l’unico
punto d’accesso risulta essere un pozzo che sfocia in un labirinto.
Dopo aver vagato nel labirinto, il protagonista entra nella città,
che si rivela deserta e dall’architettura assurda. Uscito dalla città,
incontra il troglodita che lo aveva seguito fino all’entrata.
Ricordandogli il cane di Ulisse, il protagonista decide di
chiamare il troglodita Argo; invano tenta di insegnargli a parlare
fino a quando, all’arrivo di una pioggia insperata, il troglodita
balbetta: «Argos, perro de Ulises. [...] Este perro tirado en el
estiércol» (p. 18). La verità viene rivelata: i trogloditi sono gli
immortali e la loro miserabile condizione è il risultato
dell’indifferenza che il vivere in eterno comporta; il ruscello
sabbioso è il fiume che dona l’immortalità e la mostruosa città
era stata costruita sull’originale Città degli Immortali come
monumento al caos. Argo risulta essere Omero; più di mille e
cento anni erano trascorsi da quando aveva scritto l’Odissea.
L’immortalità pesa a Rufo quanto la mortalità, tanto che, con
Omero, partirà alla ricerca di un fiume che annulli la vita eterna.
Il lettore, alla fine, si rende conto che il manoscritto riportante la
vicenda è stato scritto da Rufo-Cartaphilus poco prima di morire.
El Inmortal può essere considerato una sorta di riscrittura
14
dell’Odissea, in quanto dietro la figura di Marco Flaminio Rufo
si adombra quella di Ulisse. Odisseo ed il tribuno romano sono
accomunati dal fatto di vagare entrambi in luoghi labirintici, il
mare per il primo ed il deserto per il secondo; tali territori
possono essere assimilati ad un labirinto, poiché sono
caratterizzati da un’infinita uniformità e dalla totale mancanza di
punti di riferimento.
All’inizio del racconto, il cavaliere moribondo dice al tribuno
romano che presso la sua patria «era fama que si alguien
caminara hasta el occidente, donde se acaba el mundo, llegaría al
río cuyas aguas dan la inmortalidad» (p. 8): in tali confini è
possibile riconoscere le Colonne d’Ercole, oltrepassate da Ulisse
nella versione dantesca. La Città degli Immortali ed il fiume che
dona l’immortalità, ricercati dal protagonista del racconto,
rappresentano il nuovo mondo che Tiresia aveva predetto nel
poema omerico.
L’Ulisse di Borges riproduce fedelmente il viaggio che
l’indovino tebano aveva profetizzato nell’Odissea anche nel suo
termine estremo, la morte: il protagonista de El Inmortal muore
in mare, nel tornare a Smirne, così come Tiresia aveva
pronosticato
16
.
Sia Ulisse sia Marco Flaminio Rufo devono fare i conti con
l’immortalità: all’eroe del poema omerico viene offerta per ben
due volte durante il suo lungo viaggio, mentre il protagonista del
16
Si ricordi quanto Tiresia aveva preannunciato sulla morte di Ulisse (p. 10, cit.
11).
15
racconto di Borges la cerca intenzionalmente, intraprendendo una
spedizione al fine di diventare immortale. Sull’isola di Ogigia, la
dea Calipso accoglie Ulisse, reduce da un naufragio, con l’intento
di renderlo immortale ed immune per sempre da vecchiaia,
mentre nel palazzo dell’isola Ea, Odisseo viene trattenuto dalla
maga Circe, che lo brama come marito; nessuna delle due riesce
a persuaderlo, poiché nell’eroe il desiderio di ritornare in patria è
preminente. Marco Flaminio Rufo, al contrario, ottiene
l’immortalità dalle acque dell’omonimo fiume, ma in seguito la
rifiuta, decidendo di tornare ad essere mortale come tutti gli
uomini.
L’immortalità presuppone l’assoluta abolizione della memoria
di essere uomo; essa prevede anche la perdita della concezione
della dimensione temporale, con l’annullamento dei limiti
imposti all’uomo dal presente, passato e futuro. Tali conseguenze
emergono dal racconto di Borges, rievocando gli episodi
dell’Odissea del paese dei Lotofagi, di Circe e di Calipso. Ulisse
ed i suoi compagni giungono al paese dei Lotofagi, popolo
leggendario delle coste settentrionali dell’Africa, dopo essere
scampati ai temibili Ciconi. Scesi a terra, alcuni compagni di
Ulisse vengono inviati verso l’interno del paese per assumere
notizie degli abitanti, «i quali mangiano un cibo di fiori»
17
.
Omero ci informa che «chi via via assaggiava il dolce frutto del
loto, non aveva più voglia di recar indietro notizie, più voglia di
17
OMERO, Odissea [O∆YΣΣEIA], trad. it. di Giuseppe Tonna, 3 voll., vol. II,
Milano, Garzanti Libri s. p. a., 1999, p. 112.
16
tornare, ma volevano restare là, tra i Lotofagi, a masticar loto,
dimentichi di ogni ritorno»
18
. La maga Circe, invece, cerca di
indurre alla dimenticanza Ulisse e i suoi compagni mescolando al
cibo «droghe malefiche: voleva che si scordassero
completamente della patria»
19
. Se sull’isola Ea Ulisse viene
trattenuto ed ammaliato da Circe per un anno, ad Ogigia l’eroe
vive con Calipso nella parziale dimenticanza del ritorno per ben
sette anni, di giorno sospirando il ritorno in patria e di notte
dormendo in una grotta accanto alla dea innamorata.
Ulisse, lungo tutto il suo percorso, è soggetto ad un continuo
cambio d’identità. Il protagonista dell’Odissea è provvisto di un
carattere composito, in quanto l’epica, di per sé, ignora i ritratti
psicologici individuali; Omero, quindi, non fa altro che
ricondurre situazioni diverse sotto un unico personaggio. Ulisse è
re di Itaca, marito di Penelope, guerriero e stratega a Troia,
viaggiatore ed ingannatore, amante di Calipso e Circe, Nessuno
nella terra dei Ciclopi, mendicante di fronte ai Proci. Infine, nelle
parole di Tiresia, l’eroe omerico si presenta, nell’ultimo viaggio
che è destinato a compiere, come «un viandante ignoto e non
riconosciuto [...], e allo stesso tempo come il rappresentante di
un’intera civiltà, quella basata sul mare e sulle navi»
20
. Allo
stesso modo, il protagonista del racconto di Borges racchiude in
18
OMERO, Odissea [O∆YΣΣEIA], trad. it. di Giuseppe Tonna, 3 voll., vol. II,
Milano, Garzanti Libri s. p. a., 1999, p. 112.
19
Ibidem, p. 132.
20
BOITANI, P., L’ombra di Ulisse, Bologna, Società editrice il Mulino,
«Intersezioni», 1992, p. 33.