4
ha potuto porre in essere conflittualità all’interno dell’impresa, ha
avuto di contro il vantaggio di liberare molte energie latenti, nonché di
fornire risultati significativi sia per il miglioramento dei costi che della
qualità di prodotti e servizi.
Un tale scenario ha richiesto un forte cambiamento culturale,
all’interno delle imprese, e da parte di tutti.
Certamente il “cambiare per il cambiare” non è lo scopo del Total
Quality Management (TQM). E’ quindi vitale che tutti condividano le
informazioni relative alle strategie e alla missione aziendale, ai
bisogni del mercato e dei clienti nonché alla motivazione e
soddisfazione dei collaboratori.
La similitudine tra gestione della qualità e gestione ambientale,
quindi il loro percorso di sviluppo che si svolge “in parallelo” non
sono casuali.
Sempre più aziende considerano la gestione dei problemi
ambientali come un aspetto fondamentale della qualità aziendale.
Gli strumenti di gestione finora previsti dalle differenti leggi nazionali
e internazionali si sono basati sul sistema del cosiddetto “comando e
controllo” (command and control) in base al quale rispetto a ciascuna
autorizzazione esisteva la corrispondente sanzione da applicare in
caso di superamento dei limiti preventivati.
Differenti fattori hanno invece indotto molte aziende a porsi
diversamente, in modo più “maturo” di fronte alla gestione dei temi
ambientali. Tra questi la constatazione che l’ambiente è oramai una
5
una variabile strategica ed economica per lo sviluppo dell’impresa; la
crescente richiesta da parte del mercato di prodotti e servizi
ambientalmente compatibili; la necessità di ridurre i costi e di
incrementare l’efficienza degli interventi di contenimento degli
impatti ambientali.
Sono quindi state redatte delle norme volontarie che non indicano
limiti né quantificano obiettivi ma si limitano a fornire linee guida per
la politica ambientale di un’impresa. Oltre al rispetto delle specifiche
leggi e dei regolamenti, le imprese che scelgono di aderire si
impegnano infatti a un ragionevole e costante miglioramento delle
proprie prestazioni, ispirandosi alle migliori tecnologie disponibili
economicamente applicabili. Questi riferimenti ambientali sono
inclusi in due strumenti separati per entrambi i quali è prevista
l’adesione volontaria.
Il primo strumento di gestione ambientale lo offrono le norme della
serie ISO 14000 (e in particolare la UNI EN ISO 14001). Questa è una
norma internazionale, pubblicata in Italia nel primo semestre 1997 e
che segue in modo piuttosto preciso il modo di gestione previsto dalle
norme ISO 9000.
Le norme UNI EN ISO serie 9000 costituiscono infatti uno schema
di riferimento per il Sistema di Qualità delle aziende finalizzato alla
assicurazione del soddisfacimento delle esigenze del Cliente.
Le norme UNI EN ISO 9001/2/3 si riferiscono alla Assicurazione
della Qualità ai fini esterni mentre la norma ISO 9004 fornisce una
6
guida ai fini interni e tratta i fattori tecnici, gestionali e umani che
influenzano la qualità di un prodotto o di un servizio.
In particolare, la UNI EN ISO 9001 è il modello per la garanzia
nella progettazione, sviluppo, fabbricazione, installazione e assistenza;
la norma UNI EN ISO 9002 è il modello per la garanzia della Qualità
nella fabbricazione, installazione e assistenza (e rappresenta la scelta
più frequente); la UNI EN ISO 9003 è il modello per la garanzia della
Qualità nelle prove e nei collaudi sino alla consegna del prodotto
finito al Cliente. Le norme UNI EN ISO 14000 servono, oltre che al
rispetto di norme cogenti, a definire e ad attuare programmi di
prevenzione e di miglioramento degli aspetti ambientali connessi alla
specifica attività aziendale.
Entrambe le norme ISO 9000 e ISO 14000 prendono spunto dalla
esperienza Inglese: sono nate infatti in Gran Bretagna le rispettive
normative BS 5750 e BS 7750 ( del 1992 ) cui hanno fatto
successivamente seguito, in tutto il mondo le norme ISO.
Le ISO 14000 prescrivono l’attivazione di una serie di procedure
per individuare gli aspetti ambientali all’interno delle proprie attività,
prodotti e servizi, al fine di determinare quelli che hanno o potrebbero
avere impatti significativi sull’ambiente, quindi implementandone il
loro controllo.
Il secondo strumento è il regolamento n. 93/1836 CEE, noto come
regolamento EMAS, entrato in vigore nel 1995 e per il quale è già in
atto una profonda revisione. In Italia il regolamento EMAS è entrato
7
in vigore da meno di un anno; la commissione interministeriale
incaricata della convalida nella registrazione dei siti produttivi
conformi si è infatti insediata in Italia solo da pochi mesi.
Al di là dei numerosi punti in comune, tra le ISO 14000 e EMAS ci
sono differenze di base sostanziali: ISO è una norma internazionale
mentre EMAS è europea; ISO si applica a qualsiasi organizzazione
pubblica o privata mentre EMAS si applica ai soli siti industriali; solo
in EMAS la periodicità del controllo è predefinita; l’EMAS prevede,
rispetto alle ISO, la pubblicazione e la diffusione annuale di una
Dichiarazione Ambientale soggetta a verifica da parte di un
certificatore ambientale indipendente, mentre con l’ISO si ottiene una
certificazione dell’azienda che costituisce di per sé un annuncio al
pubblico.
Questo (ed altro) è quello che cercherò di illustrare nella mia
trattazione prestando particolare attenzione all’esperienza significativa
che, Ciba Geigy prima e Ciba Specialty Chemicals ora, sta
continuando a portare avanti in tema di miglioramento, prendendo
come fondamento i concetti fin qui espressi e come riferimento
generale un comparto industriale, quello chimico, che per natura
propria costituisce il fattore trainante di comportamenti industriali e
spesso di produzioni normative che diventano successivamente misura
campione per numerosi altri settori.
8
1. ECOSISTEMA. CONCETTI E CONSIDERAZIONI.
1.1. Introduzione.
Dagli anni Settanta si è diffusa una maggiore sensibilità verso i
problemi ambientali originata soprattutto dalla percezione della
crescente alterazione dell’ambiente e delle sue conseguenze sulla
qualità della vita. Con l’aumentare della sensibilità per l’ambiente è
aumentato anche l’uso del nome ecologia, che è la scienza che indaga
sulla dinamica dei rapporti tra fattori abiotici (chimici, fisici e
geologici) e fattori biotici (individui, popolazione e comunità), i quali
danno origine agli ecosistemi della biosfera.
L’ecosistema è considerato un sistema complesso poiché è
composto da compartimenti biologici e abiotici collegati tra loro da
relazioni, ordinato perché è spazialmente eterogeneo, dinamico perché
evolve continuamente e aperto perché scambia con l’esterno materiali
ed energia
1
.
I principi fondamentali dell’ecologia sono stati elaborati prima
degli anni Cinquanta; successivamente, questi principi sono stati
analizzati alla luce di un’informazione sempre più ricca e sottoposti a
una severa critica per valutarne l’attendibilità.
1
Ravera O. Storia dell’ecologia, in Storia del XX secolo, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma
1998.
9
L’oggetto principale di indagine di questa disciplina è il modello
autocontrollato del Pianeta Terra, conosciuto come ipotesi “Gaia” del
chimico inglese Lovelock (1979)
2
. Secondo questa ipotesi la vita sulla
Terra esisterebbe non perché le condizioni del Pianeta fossero
particolarmente adatte alla sua evoluzione, ma perché gli organismi
sono stati capaci di modificare profondamente e a loro favore
l’ambiente fisico ( atmosfera, acqua, suolo).
1.2. Ambiente e sistema economico.
Per poter apprezzare le moderne dispute, sorte tra gli anni Settanta
e gli anni Ottanta, è opportuno rivedere le radici storiche
dell’economia dell’ambiente.
L’economia politica classica sottolineava la capacità del mercato di
stimolare sia la crescita che l’innovazione, ma rimaneva
sostanzialmente pessimista circa le prospettive di crescita di lungo
periodo, reputando che la crescita economica fosse una fase
puramente temporanea tra due posizioni di equilibrio stabile, dove la
posizione finale, lo stato stazionario
3
, veniva a coincidere con un
livello di esistenza di mera sussistenza.
2
L’ipotesi viene spiegata dal suo inventore J. Lovelock in Gaia: A New Look at Life on Earth,
London, Oxford University Press, 1979.
3
Storia e critica dell’analisi economica, Torino, Biringhieri, 1970.
10
Adam Smith (1723-1790) con la dottrina della mano invisibile
sosteneva che l’elemento vitale per il progresso sociale ed economico
consisteva nel permettere che gli scambi avvenissero in mercati di
libera concorrenza, nei quali il comportamento razionale da parte degli
individui avrebbe potuto soddisfare i desideri individuali, ma anche
realizzare gli interessi della società nel suo insieme
4
.
Per Thomas Malthus (1766-1834) il fatto che la terra disponibile
fosse in quantità fissa (vincolo di scarsità assoluta) implicava che, al
crescere della popolazione, i rendimenti decrescenti avrebbero ridotto
l'offerta pro capite di cibo, il livello di vita sarebbe stato abbassato al
livello di sussistenza e la popolazione avrebbe smesso di crescere.
Anche al modello economico di David Ricardo (1772-1823) la
crescita economica si esaurisce nel lungo periodo a causa della
scarsità di risorse naturali, ma i rendimenti decrescenti si determinano
perché la terra disponibile varia di qualità e la società è costretta a
spostarsi di volta in volta su terre meno fertili
5
.
Nel diciannovesimo secolo il marxismo, la teoria economica
neoclassica e le dottrine filosofiche umanistiche determinarono
cambiamenti fondamentali nei modelli di pensiero della tradizione
classica.
4
Economia delle risorse naturali e dell’ambiente, D.W. Pearce, R.K. Turner, il Mulino, Bologna,
1991.
5
Economia e ambiente, P. Leon, Cles, Roma, 1997.
11
Karl Marx (1818-1883) mutuò la teoria del valore-lavoro degli
economisti classici, secondo i quali il lavoro era l’unica fonte di
prodotto economico netto, e fu pessimista circa il futuro livello di vita
della maggior parte della popolazione (la classe lavoratrice) all’interno
della società capitalista
6
. La società capitalista sarebbe stata
inevitabilmente rovesciata da una lotta di classe per la conquista del
potere sociale, potere che sarebbe stato conseguito attraverso il
controllo delle risorse economiche.
La maggior parte della classe lavoratrice avrebbe distrutto la
piccola classe capitalista e si sarebbe impadronita del potere per creare
una società socialista.
Marx riteneva che il progresso fosse un processo di sviluppo
naturale intrinseco alla storia dell’umanità, definito in termini di
miglioramento materiale e tecnologico reso possibile dallo
sfruttamento della natura, la quale doveva essere umanizzata
attraverso la scienza in modo tale che il valore intrinseco potesse
essere trasformato in valore d’uso
7
.
Secondo l’analisi marxiana, i sistemi capitalistici sono incapaci di
autosostenersi proprio perché la distruzione dell’ambiente è
conseguenza del potere economico, dello sfruttamento e del progresso
sociale. In un modello economico ci sarebbero dei capitalisti in
competizione e alla ricerca dell’innovazione per accrescere sia la
6
Economia delle risorse naturali e dell’ambiente, il Mulino, D.W. Pearce, R.K. Turner.
7
Economia delle risorse naturali e dell’ambiente, il Mulino, D.W. Pearce, R.K. Turner.
12
produttività del lavoro nel breve periodo che il plusvalore totale
8
; nel
lungo periodo, tuttavia, le nuove tecnologie imporrebbero dei gravi
costi sull’ambiente, perché farebbero aumentare sia la tossicità che la
durabilità degli scarichi di rifiuti e anche la potenzialità di ammalarsi e
la mortalità (costi di classe).
A partire dal 1870 circa, cominciò a svilupparsi il pensiero
economico neoclassico. Gli economisti mettevano a confronto la
quantità disponibile di un bene (l’offerta) con la quantità richiesta
(domanda) e, dall’interazione tra domanda e offerta, si veniva a
determinare il prezzo di mercato di equilibrio
9
.
Il loro obiettivo principale consisteva nella definizione di un
insieme di leggi economiche che governano l’attività economica, con
gli individui razionali rappresentati come agenti che mirano alla
soddisfazione di desideri (o preferenze) tra loro sostituibili e con
l’idea che il perseguimento dell’interesse individuale avrebbe
migliorato il benessere della società.
Il valore economico di beni così diversi come i beni che si
scambiano sul mercato, i beni e i servizi ambientali che non hanno un
prezzo, o la preoccupazione delle generazioni future, è determinato
secondo la quantità di utilità procurata.
I teorici umanisti, dal canto loro, criticavano la teoria neoclassica
della razionalità che mira al raggiungimento dell’interesse personale,
sostenendo che gli individui sono capaci di compiere azioni
8
Economia delle risorse naturali e dell’ambiente, il Mulino, D.W. Pearce, R.K. Turner.
9
Il punto di svolta, Fritjof Capra, Mondadori-De Agostini, 1995.
13
squisitamente altruistiche (razionalità estesa), giudicate superiori in
termini morali, poiché gli individui hanno un senso della comunità che
si riflette nella disponibilità di considerare i beni come un patrimonio
comune.
Il sistema economico, quindi, dovrebbe essere affidato ad una
pianificazione e direzione centrale e il ruolo dello Stato non sarebbe
più semplicemente ridotto alla correzione dei fallimenti del mercato.
L’esperienza storica degli anni tra le due guerre mondiali (gli anni
Venti e Trenta), quando la disoccupazione di massa divenne la norma,
portò la formulazione della teoria economica keynesiana che poneva
in rilievo l’intervento dello Stato ed auspicava spese pubbliche
finanziate con disavanzo. Così, durante gli anni Cinquanta, una
crescita economica causata dalla innovazione tecnologica sembrava
offrire un progresso senza limiti.
Durante gli anni Sessanta l’inquinamento ambientale aumentò e
divenne un problema sempre più diffuso, con la conseguenza che in
alcune parti delle società industrializzate emerse la consapevolezza dei
problemi ambientali e furono elaborate nuove ideologie
ambientalistiche, alcune delle quali si opponevano nettamente alla
crescita economica.
Tra il 1870 e il 1970 (e anche dopo) gli economisti continuavano a
sostenere che la crescita economica potesse essere sostenuta senza
limiti, poiché non peggiora la qualità della vita.
14
A partire dal 1970 all’interno dell’ambientalismo si sono
cristallizzate alcune ‘visioni’ che costituiscono il fondamento
dell’emergente sottodisciplina dell’ambiente. Si possono distinguere
diversi tipi di visioni, che vanno dal sostegno a un processo di crescita
all’interno del mercato, basato sulla tecnologia e che danneggia
l’ambiente, ad una posizione che è a favore di una conservazione e
una crescita controllata delle risorse, fino a posizioni ‘eco-
preservazioniste’, che rifiutano decisamente la crescita economica.
Gli ecocentristi hanno cercato di portare alla ribalta del dibattito
politico questioni cruciali che si ricollegano all’accettabilità degli
obiettivi, delle strategie e delle politiche tradizionali di crescita (in I
limiti dello sviluppo).
I problemi ambientali vengono considerati un risultato inevitabile
della crescita economica nelle economie industriali avanzate e gli
istituzionalisti, dottrina economica all’inizio del 1900, avevano da
tempo accettato un approccio che ingloba la nozione dei costi sociali
dell’inquinamento e che sottolinea l’importanza delle fondazioni
ecologiche di un qualunque sistema economico. Viene sollecitato
l’intervento dello Stato per controllare le attività delle imprese
transnazionali ed anche per mediare tra i gruppi di interesse che sono
venuti emergendo nei sistemi economici moderni.
Ma come raggiungere l’ottimo sociale? “Anche se i mercati
possono non garantire la quantità ottima di esternalità, essi possono
essere spinti verso quella direzione senza che sia necessaria un’attività
15
regolamentatrice su scala completa che richieda tasse o la fissazione di
standard”. Questa idea è stata espressa per la prima volta in un saggio
di Roland Coase
1
.
La soluzione più efficiente alle situazioni in cui si manifestano dei
danni ambientali a causa dell’inquinamento consiste in un processo di
contrattazione tra colui che inquina e colui che viene inquinato, in cui
ciascuno potrebbe compensare l’altro in base al possesso o meno di
diritti di proprietà.
In un sistema economico con diritti di proprietà ben definiti e
trasferibili gli individui e le imprese hanno ogni incentivo ad utilizzare
le risorse naturali nel modo più efficiente possibile. L’inquinamento
ambientale è una forma di fallimento del mercato, che deriva di solito
dall’eccessivo sfruttamento di risorse di proprietà comune e non
possedute da nessuno: il mercato fallisce quando i diritti di proprietà
non sono specificati in maniera adeguata o non sono controllati da
coloro che possono trarre beneficio personale dall’impiegare le risorse
nel modo per loro più proficuo
2
.
I critici più innovatori hanno cercato di incorporare nella analisi
economica i modelli di bilancio dei materiali e i limiti posti
dell’entropia. E mentre l’inquinamento viene visto come un segnale di
fallimento del mercato, si riconosce che esso è un fenomeno diffuso
ed inevitabile (a causa delle leggi della termodinamica)
3
, che richiede
1
R. Coase, The problem of social cost, in “Journal of Law and Economics”, ottobre 1960.
2
“Esistenza, società, ecosistema” A. Vallega, Mursia, 1990, Milano.
3
Le basi scientifiche dello sviluppo sostenibile, N. Marchettini, E. Tiezzi, art. periodico Economia
e Ambiente, 1997.
16
l’intervento dello Stato attraverso un pacchetto di strumenti di
regolamentazione e di incentivi.
È possibile definire un livello ottimale (nel senso dell’efficienza
economica) di inquinamento dell’attività economica, ma a causa delle
lacune nei dati e dei limiti di questo approccio statico, l’ottimo non
rappresenta un obiettivo realizzabile di politica economica. Al
contrario, la società fissa dei livelli standard accettabili di qualità
ambientale, che si cerca di raggiungere attraverso gli strumenti di
politica economica.
I critici più innovatori suggerirebbero di essere cauti di fronte ai
problemi ambientali, affermando che i vincoli di sostenibilità, se
trascurati, potrebbero determinare dei fenomeni di irreversibilità per le
generazioni future sia dei sistemi economici sviluppati che di quelli in
via di sviluppo. In questo ambito è stato suggerito un approccio alla
politica economica in termini di margine di sicurezza (standard
massimo di sicurezza) e nei casi di probabili danni ambientali
localmente irreversibili provocati dallo sviluppo economico, è stata
proposta l’idea del progetto ombra, secondo la quale dovrebbero
essere aumentati i costi del progetto di sviluppo responsabile di questi
danni, di un ammontare sufficiente a finanziare un progetto ombra
destinato a rimpiazzare il patrimonio ambientale perduto.