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La ricerca che queste pagine introducono si è sviluppata in seguito alla
stipulazione di una convenzione tra il Museo Nazionale della Scienza e della
Tecnica di Milano e l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed è stata
effettuata utilizzando l'ambiente dei laboratori interattivi del Museo. Tale
ambiente è principalmente frequentato da scolaresche e si appresta quindi a
fornire indicazioni sull'attività didattica dei musei nel loro rapporto con l'ambito
scolastico.
L'aspetto più interessante del lavoro è il fatto che esso riguarda un problema
reale e non teorico e si inserisce in una situazione non inventata bensì già
esistente; il Museo sta infatti affrontando il problema della rimodernizzazione dei
laboratori al suo interno e abbisogna di informazioni sulla direzione da percorrere.
La nostra ricerca è nata ed è stata attuata proprio in questo contesto estremamente
reale.
La prima parte del presente lavoro considera la letteratura esistente a
riguardo dei musei e della didattica museale; abbiamo cominciato con i cenni
storici riguardanti la nascita dei musei nell'antica Grecia per arrivare fino ai musei
dei giorni nostri attraversando il periodo medievale, rinascimentale, l'Illuminismo
e le due grandi Guerre. Poi siamo passati alla discussione delle funzioni
economiche e culturali, definendo il museo come luogo di produzione culturale
anche attraverso la propria complementarietà con l'istituzione scolastica.
Interessante è anche la parte sui musei virtuali e sull'utilizzo delle nuove
tecnologie nelle esposizioni tradizionali che è ormai uno degli argomenti
all'avanguardia nell'ambito della didattica museale. Questa prima parte si
conclude infine con un paragrafo dedicato al Museo della Scienza e della Tecnica
di Milano, alla sua struttura ed organizzazione ed alle sue attività culturali.
La seconda parte riporta due indagini condotte attraverso questionari
somministrati all'interno dei laboratori interattivi presso il Museo della Scienza e
della Tecnica di Milano. Essa è divisa in due sezioni, una dedicata alla ricerca
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compiuta sui docenti che accompagnano le scolaresche ai laboratori ed una
dedicata alla ricerca sulle guide che lavorano all'interno dei laboratori stessi.
La prima di queste indagini, quella sui docenti, ha lo scopo di raccogliere
informazioni sul pubblico tipico dei laboratori, sulle finalità che la visita al loro
interno deve avere, sui contenuti da proporre e sul modo di proporli, sul tipo di
presenza delle guide nonché sull'effettiva soddisfazione dei docenti al termine
della visita.
La seconda indagine, quella sulle guide, indaga le aspettative, le
motivazioni e le concezioni delle guide riguardo alla didattica museale. Alcune
domande sono uguali a quelle fatte ai docenti così da permettere una migliore
confrontabilità dei dati. Interessante è che da tale confronto emerga un elevato
grado di accordo tra le guide ed i docenti sui temi indagati
La raccolta e l'elaborazione dei dati delle due indagini ha richiesto un
impegno notevole, in particolare a causa dell'elevato numero di docenti a cui è
stato chiesto di compilare il questionario e dell'organizzazione stessa del museo
con i suoi inevitabili aspetti "burocratici". Anche questo aspetto va considerato
nel bilancio generale della ricerca per sottolineare una caratteristica positiva del
lavoro che spesso ha dovuto anche confrontarsi con difficoltà non collegate solo
agli aspetti puramente scientifici.
Infine la terza ed ultima parte del lavoro è costituita dalla creazione di
pagine Web attraverso cui divulgare in rete la tesi. Ciò consiste nella conversione
in formato html dei contenuti presentati nelle prime parti e nell'aggiunta di un
capitolo finale in cui esporre e spiegare tale lavoro che è allegato su supporto
magnetico. Questa parte conclusiva non introduce contenuti nuovi ma permette di
continuare il lavoro di promozione e studio della didattica museale intrapreso
dall'Università cattolica e dal Museo della Scienza e della Tecnica di Milano e
sarà inserita in un sito internet comune ai due enti che per ora è ancora in fase di
progettazione ma che presto sarà funzionante.
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In conclusione la presente tesi si presenta come un'analisi della didattica
museale sia da un punto di vista teorico e bibliografico, sia da un punto di vista
empirico. Essa si differenzia in questo senso da buona parte degli altri studi sulla
didattica museale quasi sempre basati su riflessioni più o meno approfondite ma
pur sempre staccate dalla realtà del museo e dal tipico contesto della visita al suo
interno.
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1. STORIA DEI MUSEI, PRODUZIONE CULTURALE E NUOVE
TECNOLOGIE
1.1 IL MUSEO NELLA STORIA (Informazioni tratte da: L.Binni- G. Pinna, Garzanti, Museo, 1989)
1.1.1 Gli inizi. Dai museion greci ai musei gesuiti
Risalendo nel passato alle prime forme di museo si trovano, nel IV secolo
a.C. ad Atene, il museion dell'Accademia di Platone ed il museion del Liceo di
Aristotele, associazioni nate con la funzione di organizzare il sapere umano in
discipline e ruoli professionali. Nel terzo secolo a.C. troviamo poi il museion di
Alessandria voluto da Tolomeo I di Sotere e costruito da Demetrio di Falera sul
modello di queste due istituzioni, anche se con una funzione totalmente diversa: la
funzione politica di testimoniare la continuità tra il nuovo regno e quello di
Alessandro. Il museion di Alessandria costituisce il primo esempio di
intellettualità di stato, di istituzione formale di cultura che, come scrive Filone nel
I secolo d.C, " è costituito dall'attività scientifica degli uomini di cultura che ne
fanno parte" e non è quindi un luogo di raccolta e di esposizione di statue, dipinti,
oggetti di oreficeria ecc.; tali opere sono esposte nel Sarapeion.
Si assiste poi all'avvento del Cristianesimo che contrasta l'esposizione
pagana di statue, aedi, muse; l'iconoclastia simboleggia l'ostile atteggiamento da
parte del Cristianesimo nei confronti delle espressioni culturali della tradizione
greca. In questo contesto, perlomeno all'inizio, i musei non trovano posto. Per
circa tre secoli la situazione rimane pressoché invariata ed, anche se un graduale
interesse per il passato va sviluppandosi, ciò non porta alla creazione di una vera
e propria politica culturale per cui bisognerà invece aspettare fino al XVI secolo.
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Nel XV secolo si verifica la cosiddetta "rottura rinascimentale" e, per una
serie di circostanze (che non possiamo qui discutere), i processi economici,
politici e culturali si sviluppano al punto da produrre una cultura che recupera
l'interesse per il passato per il suo studio, la sua comprensione. Non si assiste però
all'organizzazione di collezioni in forma di museo; l'obiettivo non è classificare
l'esistente ma utilizzare il passato in funzione del presente e del futuro. La
gestione dei cosiddetti semiofori
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non è infatti affidata ai dotti od agli artisti ma ai
loro committenti che li utilizzano a fini politici ed economici. Basti a riguardo
l'esempio di Firenze e della politica culturale dei Medici.
La prima forma museograficamente significativa, sia per le sue
caratteristiche, sia per la forza del suo modello nel XVI e XVII secolo, è quello
organizzato da Paolo Giovio nella sua villa di Como intorno al 1530
comprendente i ritratti di 150 uomini famosi organizzati in vari ordini (1.persone
ormai morte che hanno lasciato opere scritte, 2.persone ancora viventi ma che già
godono i frutti delle loro doti, ecc.). L'originalità di Giovio è che egli aggiunge ai
singoli ritratti esposti il significato del percorso complessivo e che, a differenza
delle Wunderkammern (letteralmente camere di meraviglie) a lui contemporanee,
l'itinerario del museo gioviano risponde ad un ordine razionale, ad esigenze di
ordine classificatorio.
Nel XVI e XVII secolo il museo gioviano è il modello da imitare o
perlomeno da cui prendere spunto; è il caso del "Giardino dei Semplici" di Ulisse
Androvandi, la raccolta naturalistica più ampia e complessa che sia possibile
visitare in Italia ed Europa nel XVI secolo; è il caso di Federigo Borromeo e della
sua "Pinacoteca Ambrosiana" che adotta i criteri gioviani pur rinnovandoli allo
scopo di trasformare il museo in una macchina di conservazione ed educazione,
strumento di politica culturale; è il caso dei musei gesuiti tra cui il "Collegio
Romano" di Kircher e Bonanni con cui, alla fine del XVI secolo, all'interesse per i
singoli oggetti esposti si sostituisce quello per il carattere complessivo della
macchina museale. Da questo momento in poi il museo diventa una macchina
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pedagogica programmabile da chi gestisce la cultura e si trasforma, da raccolta
informe (tali erano le esposizioni tardorinascimentali) a forma organizzativa
coerente con le necessità della politica culturale. In Italia quindi, ristrutturato
secondo i criteri coerenti con i programmi della Controriforma, il museo diventa
un'istituzione culturale con la precisa funzione sociale di esporre oggetti che
documentino passato e presente a celebrazione della scienza e della storiografia
ufficiali.
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1.1.2 I musei borghesi. Dalla Royal Society ai giorni nostri
Se l'Italia è la prima in Europa e nel mondo ad attribuire ai musei una
funzione sociale, è tuttavia in Francia ed Inghilterra che la storia dei musei
conosce sviluppi importanti nel corso del XVII e XVIII secolo. Mentre in Italia
nei musei gesuiti non c'è posto per le scoperte scientifiche di Galileo, in
Inghilterra il terreno sociale è pronto a recepire le proposte di fondazione di una
nuova scienza sperimentale. Pochi decenni dopo la morte di Bacone viene infatti
istituita la "Royal Society" di Londra, che sarà poi modello delle successive
accademie scientifiche di Parigi, Berlino, Pietroburgo.
Nelle accademie della nuova scienza baconiana si aggirano specialisti della
ricerca scientifica il cui lavoro è considerato utile in quanto corrisponde ai bisogni
di sviluppo economico e culturale di ambienti sociali caratterizzati dalla presenza
della nuova borghesia finanziaria.
Nel 1753 l'apertura del British Museum segna un vero e proprio salto di
qualità nella storia dei musei: museo nazionale, sovvenzionato dallo stato, è
diretto da scienziati ed è prevalentemente un centro di ricerca scientifica. Museo
quindi non più come spettacolo da ammirare ma come luogo di produzione
scientifica. Viene in un certo senso riproposto il modello del museion di
Alessandria ma la committenza non è più la corte che vuole farsi propaganda
bensì la borghesia che richiede conoscenze esatte per la conquista del mondo.
In Francia il "Jardin du Roi" e l'"Académie des Sciences" nascono in un
contesto assai diverso. Mentre la "Royal Society" è una associazione autonoma di
scienziati dilettanti che lavorano attorno a problemi sollevati dalla propria ricerca,
in Francia gli scienziati sono professionisti pagati dal re per lavorare su problemi
strettamente pratici (ad esempio problemi relativi alle fontane reali). In seguito gli
interessi dell'"Académie des Sciences", influenzati dal pensiero di Descartes,
cambieranno e si sposteranno dagli aspetti pratici della scienza a quelli letterali e
filosofici
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Un cambiamento importante è però in corso; nel XVIII secolo in Francia ed
Inghilterra si verifica, in seguito alle continue rivendicazioni avanzate dalla
borghesia, il passaggio dalla tradizionale collezione privata al museo pubblico.
Passo cruciale, questo, nella rottura della stasi sociale perpetuata dall'aristocrazia.
Qualche anno dopo, l'avvento della rivoluzione francese, consolida questo
passaggio ai musei borghesi ed introduce anche in Francia, attraverso la creazione
di musei ciascuno dedicato ad una specifica disciplina, la separazione delle
scienze appena avvenuta anche in Inghilterra. E' nella Francia rivoluzionaria che
si accelera quindi quel processo di allargamento dell'utenza del museo; anche la
committenza però si allarga: da espressione di un ristretto ambiente sociale -la
corte- a strumento di una intera classe sociale in ascesa, la borghesia.
Se durante il Rinascimento il museo era dotato solo implicitamente di
caratteristiche politiche, con l'avvento della borghesia diventa una macchina
esplicitamente politica e funzionale agli obiettivi della nuova organizzazione
sociale. Così sarà anche nel periodo dell'imperialismo di Napoleone che
trasformerà i musei in templi della sua espansione militare.
Cambia la committenza, si allarga l'utenza ma la macchina museo rimane
quindi intatta. Ciò che più conta è però che, nel quadro generale della società
borghese, il museo viene a svolgere funzioni complementari a quelle delle altre
istituzioni (collocandosi nell'ambito dell'organizzazione culturale), viene
organizzato, aperto al pubblico ed usato come mezzo di comunicazione di massa.
Nel corso del XIX secolo questo processo si sviluppa in tutta Europa ma
non solo; è in questo periodo che nascono i musei americani. Essi derivano dalle
accademie in cui alcuni intellettuali americani si organizzano verso la fine del
XVIII secolo e fanno esplicito riferimento al museo borghese europeo; fin
dall'inizio però apportano due nuove caratteristiche: lo stretto rapporto tra museo
e collezionismo privato (i musei, pur investiti di funzioni sociali pubbliche, sono
sempre più iniziative di magnati dell'industria) ed il rapporto ancora più stretto tra
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mercato dell'arte e mercato finanziario (collezionismo come terreno
d'investimento, evasione fiscale e di prestigio sociale). Insieme alla
mercificazione dell'opera d'arte, e probabilmente anche grazie ai ritorni sociali da
essa garantiti, i musei americani svolgono inoltre un ruolo molto attivo nel campo
della ricerca scientifica e della riproduzione culturale attraverso il sistema
scolastico.
Già alla vigilia della Prima Guerra Mondiale i musei americani assumono
quindi forma e funzioni che li diversificano molto da quelli europei e che
permetteranno loro di conquistare il primato mondiale sia sul livello della
quantità, sia sul livello della qualità dell'organizzazione interna e dei servizi
nonché su quello del rapporto con le altre istituzioni culturali. Dotati di consistenti
mezzi finanziari, spettacolari ed educativi, i musei americani diventano il modello
dei musei del XX secolo in tutto il mondo.
Contemporaneamente in Russia, la rivoluzione sovietica si impossessa dei
musei zaristi e delle opere d'arte. Tali opere d'arte sono fondamentali per la
ricostruzione critica dei processi storici che hanno prodotto la nuova società
sovietica. Nei musei sovietici i visitatori ricevono da quanto vedono delle
"efficaci" lezioni di storia; tali musei sono il risultato di operazioni ideologiche
consapevolmente tendenziose e sono chiamati a partecipare alla propaganda della
storia come la considera il governo sovietico: un'impersonale lotta di classi e di
ideologie sociali. La nuova società sovietica eredita quindi la concezione del
museo come macchina istituzionale e la utilizza attribuendole funzioni sociali
coerenti con il progetto di edificazione della società socialista. Da allora fino
ancora ad oggi la moltiplicazione dei musei risponderà a criteri chiaramente
ideologici e sarà funzionale alla riproduzione della società sovietica e del suo
sviluppo scientifico.
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In questo stesso periodo in Europa la forma museo è giunta in un periodo di
paralisi. Perduta la funzione di amplificazione dell'ascesa borghese, i musei hanno
sempre più la sola funzione di conservazione del patrimonio culturale. Il
collezionismo privato non stabilisce rapporti produttivi coi musei; il mercato
dell'arte si è spostato ad ovest, negli Stati Uniti.
Infine, con il fallimento del progetto hitleriano del supermuseo pubblico di
Linz, ultima espressione e sintesi del pensiero borghese dei secoli XIX e XX, il
successo del modello ottocentesco del museo borghese si conclude.
In America intanto, nel secondo dopoguerra, i musei sono in continuo
sviluppo grazie all'ottimo rapporto venutosi a creare tra essi, il mercato dell'arte,
l'industria culturale ed il mondo universitario ma in Europa la situazione è critica.
Privi di finanziamenti e personale, nell'Europa della ricostruzione i musei non
trovano posto e muoiono davvero. Per assistere all'inizio di un dibattito sulla loro
funzione e sulla loro trasformazione in "musei vivi" bisognerà aspettare il
movimento culturale del '68.
Intanto, negli anni '60, il museo si sviluppa anche nel terzo mondo grazie
alla costituzione di musei nazionali di carattere storico-culturale in conseguenza
alla conquista dell'indipendenza politica da parte dei territori colonizzati. In tutti
questi paesi il museo rimane comunque un'istituzione esplicitamente politica,
strumento di operazioni storiografiche inequivocabili.
A oggi la discussione sui musei, sulla loro struttura e funzione è ancora
aperta ma, nonostante non sia ancora ben chiaro verso quale direzione porterà,
l'ottimismo è d'obbligo soprattutto considerando che, questa volta, interessi
culturali ed educativi sembrano essere in primo piano; di certo una rottura nei
confronti del passato.
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1.2 IL MUSEO COME LUOGO DI PRODUZIONE CULTURALE
L'"International Council of Museums (I.C.O.M.
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)", organizzazione di musei
e di professionisti impiegati nel mondo dei musei, definisce il museo come una
struttura non-profit, al servizio della società e del suo sviluppo ed aperta al
pubblico, che acquisisce, conserva, ricerca, comunica ed esibisce- per motivi che
possono essere di studio, di educazione, di divertimento- materiale riguardante gli
uomini ed il loro ambiente. Nonostante il ruolo di conservazione, che gran parte
della gente crede l'unico o quantomeno il principale del museo, venga
menzionato, appare chiaramente che i ruoli di ricerca e comunicazione -di
produzione culturale in genere- vengono messi in primo piano. Con ciò non si
vuole togliere importanza alla conservazione dei beni culturali: la tradizione
cumulativa è infatti un aspetto della vita dell'uomo che maggiormente lo
differenzia dal regno animale ed i musei sono, per eccellenza, il luogo dove tale
tradizione viene perpetuata. Inoltre, in un periodo come quello odierno in cui
l'ambiente è in serio pericolo, la conservazione del patrimonio ambientale
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diventa
di fondamentale importanza.
Il fatto è che si sta verificando, in campo museale, un salto di qualità nei
confronti del passato quando i musei erano essenzialmente basati sulla collezione
e contemplazione di oggetti; i musei della nuova generazione sono invece
maggiormente correlati con la trasmissione di idee e concetti scientifici.
Perlomeno lo sono nelle intenzioni.