II
Si è così giunti ad una situazione in cui il marketing è ampiamente conosciuto, tanto
da divenire quasi una moda, ma i suoi concetti sono applicati poco e male, tentando
per lo più di “copiare” le strategie seguite da famose firme internazionali che mal si
addicono al mondo della piccola e media imprenditoria, componente fondamentale
della struttura industriale del nostro Paese.
L’internazionalizzazione diffusa e le nuove forme di concorrenza hanno tramutato
l’orientamento al mercato da una semplice velleità teorica, buona per un discorso tra
amici, in un’impellente necessità pratica, si direbbe quasi “di vita o di morte” per
queste piccole e medie imprese.
Ecco allora la possibilità di indicare un percorso che porti le aziende di dimensioni
minori ad un corretto rapporto con il mercato, all’applicazione di un modello di
marketing più consono alle esigenze di quel tipo di unità produttive.
L’orientamento al marketing non verrà comunque analizzato solo nel modo
tradizionale, cioè come una sorta di sequenza di attività (pianificazione di marketing,
analisi dell’ambiente, segmentazione ecc.) ma si partirà dal concetto più generale di
rapporto con il mercato che tali imprese hanno.
Prima di tutto infatti, le piccole e medie imprese necessitano di conoscere, interagire e
dialogare con il loro mercato che per troppo tempo ha occupato una posizione di
secondaria importanza nelle loro strategie, totalmente incentrate sul prodotto.
La direzione corretta per le aziende di piccole e medie dimensioni è dunque quella di
porre molta più attenzione nel mercato, alla domanda, senza però dimenticare quello
che da sempre è il punto di forza di tali imprese: la qualità ed il livello del prodotto.
Come si vedrà, un corretto orientamento al mercato unito in modo inscindibile ad un
ottimo prodotto, e con questo termine non si intende il solo bene “fisico” ma tutto ciò
che costituisce l’offerta dell’impresa, servizi accessori inclusi, rappresenterà per le
piccole e medie imprese una strategia competitiva talmente efficace da sconfiggere la
concorrenza di aziende anche di dimensioni maggiori, sia in Italia che sui mercati
internazionali.
III
Appare ora chiaro l’obiettivo, difficile e ambizioso, che questo lavoro si propone:
fornire un modello di orientamento al mercato nuovo, adeguato alle esigenze ed alle
peculiarità della piccola e media impresa.
Tale modello non sarà però uno schema necessariamente vincolante o una rigida
sequenza di operazioni da attuare, ma rappresenterà una direzione, un suggerimento
che possa indicare ai piccoli imprenditori un nuovo modo di competere, non astratto,
non “lontano”, bensì vicino alla loro “cultura”.
Le risorse necessarie per implementare questo processo non sono elevate, anzi si
comprenderà che per molte piccole e medie imprese il costo per seguire questa
“nuova” strada può essere nullo: basterà che l’imprenditore cambi determinate
convinzioni e abbandoni certi comportamenti, adotti insomma un atteggiamento
mentale diverso; questo anche se apparentemente facile è uno dei più grossi ostacoli
per un corretto orientamento la mercato poiché ogni fase di questo modello comporta
un radicale cambiamento di mentalità dell’imprenditoria.
Per questa ragione la tesi non è stata una ricerca sul campo in senso tradizionale,
basata su interviste a singoli imprenditori.
Data l’estrema scarsità di letteratura riguardante questo specifico argomento, poiché
la gran parte della manualistica di marketing tratta i “soliti” casi di multinazionali e i
libri inerenti al fenomeno distrettuale sono troppo rivolti ad un’analisi prettamente
economico-industriale della realtà delle piccole e medie imprese, il lavoro è invece
frutto dell’assidua partecipazione a congressi, convegni, tavole rotonde e riunioni di
associazioni.
Proprio qui, fuori dalle formalità che un incontro in azienda richiede, nei saloni di
lussuosi hotel, di fiere internazionali o di sfarzose ville secentesche che è stato svolto
il compito più difficile: catturare le attuali “tendenze” del sistema dei piccoli e medi
imprenditori italiani nel suo complesso e soprattutto parlare e chiedere loro cosa
pensano, cosa vogliono e come pensano di agire.
IV
Ascoltare le esigenze degli imprenditori è servito come base per la costruzione di
questo modello che comunque, inconsapevolmente, era già nelle loro menti, e che
pochissimi di loro hanno avuto il coraggio, o meglio la lungimiranza, di attuare.
Il lavoro si propone perciò di formalizzare tale modello e di dimostrare che
intraprendere la direzione di un coretto orientamento al mercato non solo è possibile
ma è molto più facile di quello che molti piccoli e medi imprenditori pensano.
Nel testo verranno proposti esempi di imprese di dimensioni comunque medio-
piccole che hanno raggiunto livelli molto elevati di competitività grazie ad un
orientamento al mercato efficace ma soprattutto alla portata di ogni azienda, piccola o
media, che abbia la volontà , non solo la forza, di operare un tale cambiamento nelle
sue strategie competitive.
Lo studio ha privilegiato, proprio per ricondurre l’analisi a temi vicini alla piccola
imprenditoria, un approccio schematico, dove possibile, accompagnato da grafici e
tabelle che in ogni momento ricordano al lettore che l’argomento affrontato non è una
dissertazione puramente teorica ma è radicato nella realtà di tutti i giorni, dalla
bottega artigiana all’impresa che guida un sistema distrettuale.
Il perché sono state prese piccole e medie imprese come esempi e non le usuali
multinazionali è ormai ovvio: per un piccolo imprenditore risulta “più vicino”,
dunque più facilmente realizzabile o emulabile, il comportamento di un impresa di
dimensioni simili e che opera nello stesso sistema territoriale, a pochi chilometri di
distanza, che non le grandi aziende d’oltreoceano.
Questo fatto, anche se può apparire scontato, è una grave lacuna che la letteratura
inerente a tale argomento non riesce a colmare, fornendo procedimenti e strategie che
scoraggiano le piccole imprese perché offrono soluzioni che sono state proposte per
le aziende di grandi dimensioni e che mal si adattano ad unità produttive più piccole.
V
La tesi prende spunto proprio da questa mancanza della letteratura scientifica
(Capitolo uno), della poca e approssimativa conoscenza che esiste intorno alla piccola
e media impresa e del suo particolare rapporto con il mercato; si dimostra dunque che
libri e manuali di marketing a tutt’oggi sono incapaci di fornire un valido
orientamento al mercato per le piccole e medie imprese.
I libri non sono perciò il punti di riferimento per l’analisi che invece si concentra su
due “protagonisti” che risultano fondamentali in tutto il lavoro: i “campioni nascosti”,
aziende di dimensioni minori dotate di caratteristiche particolari e di un livello di
competitività altissimo, e l’imprenditore; i primi sono “indicatori” reali della
direzione da seguire, il secondo è l’esclusivo e indispensabile promotore di questo
nuovo modo di rapportarsi al mercato.
La comprensione delle peculiarità distintive dei “campioni nascosti” e le
caratteristiche inerenti alla figura dell’imprenditore occupano la gran parte del primo
capitolo, infatti l’analisi delle differenze tra imprese “tradizionali” e campioni di
competitività e soprattutto lo studio dei problemi che determinati atteggiamenti e
convinzioni imprenditoriali comportano, sono di importanza vitale per capire i motivi
della crisi che grava sulla piccola e media impresa e, di conseguenza sul sistema
industriale italiano.
Crisi che intacca profondamente l’intera struttura industriale del nostro Paese che,
come spiega il Capitolo due , vede nella piccola e media impresa la sua componente
più importante, organizzata in quello che è uno dei caratteri più tipici dell’industria
italiana: il distretto.
Nel corso del capitolo grafici e tabelle mostrano il panorama industriale italiano,
indicandone i caratteri salienti, soffermandosi sulla struttura del distretto e sui
problemi che lo affliggono; l’attenzione viene poi rivolta alle imprese che guidano
tali distretti, dette “trainanti”, che vengono identificate come campioni di
competitività, dunque come quel modello di impresa al quale tutte le piccole e medie
aziende tradizionali dovrebbero tendere per condurre se stesse , il distretto di
appartenenza e tutto il sistema industriale oltre la crisi.
VI
Nel secondo capitolo viene documentato che l’Italia è uno dei paesi nel mondo che
presenta il maggior numero di tali aziende campioni di competitività ma non tutte
appartengono ad un distretto ben definito; è dunque importante comprendere che
rapporti esistano fra questo tipo di imprese e il distretto di appartenenza e soprattutto
in che modo l’appartenere o meno ad un sistema distrettuale influisce su di esse e sul
rapporto con il mercato.
Capire questo è fondamentale per proporre un modello di orientamento al mercato
che sia adeguato a tutte le imprese di dimensioni minori, sia dentro che fuori il
distretto; a tale scopo il Capitolo tre riporta i casi concreti di aziende italiane, piccole
e medie, riconducibili alla tipologia dello “hidden champion”, appartenenti e non al
sistema distrettuale; vengono analizzate le strategie perseguite da tali imprese dalla
loro fondazione ai giorni nostri, se durante questo periodo sono state acquisite
competenze esterne a livello direzionale, quale posizione sul mercato occupano, quali
siano le competenze distintive, quale tipo di diversificazione e di globalizzazione
viene intrapreso e per quale motivo; per ogni caso si cerca di esaminare in quale
modo l’appartenenza o meno ad un distretto abbia favorito, od ostacolato, il
perseguimento delle strategie aziendali.
Lungi dall’essere infallibili anche i campioni sbagliano; la fine di questo capitolo è
dedicata a due casi emblematici di un distretto e di un’impresa che pur essendo
campioni di competitività hanno commesso gravi errori dovuti ad un orientamento al
mercato sbagliato ed a strategie inadeguate.
Il caso del distretto di Como introduce le problematiche, trattate diffusamente nel
Capitolo quattro, che oggi affliggono il sistema distrettuale: la competizione prezzo-
costi e l’imprenditore.
A questo proposito una recente ricerca svolta su un territorio come quello brianzolo,
dove sono presenti alcuni fra i più competitivi distretti italiani, aiuta il lettore a
scoprire quali siano i punti di forza e di debolezza delle piccole e medie imprese, le
strategie perseguite da un campione di esse e i motivi della totale inadeguatezza di
VII
una competizione sui costi che purtroppo molte imprese distrettuali si ostinano a
seguire.
L’imprenditore stesso, che il terzo capitolo ha consacrato come l’unico artefice del
successo di un’impresa, è anche, come risulta dai dati forniti dalla suddetta ricerca,
una delle principali cause della distruzione di un’azienda e soprattutto della crisi del
distretto.
E’ importante sottolineare, concetto comunque ripreso più volte nel testo, che
l’accezione “media” impresa non riveste un significato puramente dimensionale ma
qualitativo. Tale livello “qualitativo” più elevato, proprio di queste imprese, comporta
un diverso ruolo dell’innovazione, da sempre uno dei punti di forza dei distretti,
rapportata maggiormente al mercato (si pensi all’utilizzo in questo senso della
normativa ISO, caso trattato nel testo) e “meno” al prodotto e una maggiore
collaborazione interaziendale, argomento fondamentale al quale viene data la dovuta
importanza nell’ultimo capitolo.
L’evoluzione della piccola e media impresa e del distretto oltre crisi deve dunque
necessariamente passare da un diverso modo di rapportarsi con il mercato.
Si giunge così al cuore di tutto l’elaborato: fornire un modello di orientamento al
mercato per le piccole e medie imprese (Capitolo cinque).
Sono state considerate due tipologie di imprese: le piccole e medie aziende
tradizionali e le medie trainanti; questo comporta una maggiore applicabilità anche da
parte delle imprese più piccole che per ovvie ragioni non sono confrontabili con
un’azienda che guida un distretto.
Le strategie competitive che il testo suggerisce mirano a sfruttare i punti di forza
tipici della cultura delle piccole imprese, puntando sull’innovazione, sulla qualità dei
prodotti, sulla flessibilità, sullo stretto rapporto con i clienti, amalgamando però
queste competenze con un diverso modo di interazione con il mercato.
VIII
Lo scopo di tali strategie, studiate ad hoc per tali imprese, non è dunque quello di far
divenire “piccole multinazionali” queste particolari unità produttive, ma “grandi
piccole aziende”; quando una piccola impresa è riuscita ad implementare con
successo queste strategie mediante una profonda conoscenza del suo mercato è pronta
per affrontare il passo successivo del modello: quello dedicato alle medie imprese (si
ricordi che il termine “medio” ha qui valenza qualitativa).
In questa parte vengono formalizzate tutte le caratteristiche di un campione di
produttività viste nei capitoli precedenti per poter delineare un percorso strategico che
non porti solo un’azienda al rango di “hidden champion” ma che prosegua oltre,
fornendo gli strumenti necessari per mantenere la posizione, per rimanere leader di
mercato.
In questo capitolo viene infine introdotto un argomento al quale viene dato ampio
spazio nell’ultima parte dell’elaborato: l’importanza della collaborazione
interaziendale.
La collaborazione tra aziende è necessaria, sia per le piccole che per le medie, per
completare il percorso di orientamento al mercato proposto; non bisogna pensare che
questa sia una parte accessoria, tutt’altro, molti distretti che appaiono competitivi
appaiono minacciati più dalla violenta competizione interna che da pericoli esterni.
Il Capitolo sei si addentra nel complesso problema di questa collaborazione e con una
spiegazione solo in apparenza teorica e complicata riesce a spiegare l’importanza di
un organizzazione interaziendale ai fini di un corretto orientamento al mercato.
La “protezione” del distretto o di determinati consorzi, che è stata una delle cause
della crisi del sistema della piccola e media impresa italiana, viene rivista e
rielaborata in veste scientifica proprio in questo capitolo per essere trasformata in una
potente arma competitiva a disposizione delle aziende minori; attraverso un
innovativo processo di creazione del valore, più consono al distretto, si perviene ad
un orientamento al mercato profondamente diverso da quello presente nella teoria
classica.
IX
La grande novità che questo elaborato vuole proporre infatti, in maniera anche
provocatoria, è il considerare il cliente come parte integrante di una squadra vincente
e non un semplice punto di arrivo, porre attenzione ai suoi obiettivi come se fossero i
nostri; questo è possibile solo grazie alle peculiarità che distinguono le aziende di
dimensioni minori dalle grandi imprese, per le quali, essendo troppo “lontane” fra
loro e dalla clientela, è strutturalmente impossibile perseguire una strategia
collaborativi simile.
Lavorare con la domanda per la domanda: se le piccole imprese riusciranno a fare
questo allora avranno certo realizzato la massima espressione del marketing e perciò
rappresenteranno i soggetti da “battere” sui mercati del 2000