Nel contesto di un mercato libero ormai privo di barriere il ruolo delle
PMI assume una valenza peculiare. Pertanto, l’Ue ha inteso elaborare una
organica politica per le imprese, allo scopo di sostenere la creazione di
nuove realtà competitive, stimolare le capacità di crescita e d’innovazione,
creando un ambiente imprenditoriale dinamico, e assicurare un effettivo
accesso ai mercati. Diventano dunque importanti i diversi Programmi di
azione elaborati dall’Unione, come il “Quarto Programma pluriennale per le
PMI (2000-2005)”, volto a migliorare il contesto giuridico-amministrativo
delle piccole e medie imprese e a promuovere la partecipazione delle stesse
ad un mercato allargato.
Essenziale, ai fini della concessione degli aiuti, è la definizione di PMI,
facendo riferimento alla raccomandazione 2003/361, che a decorre dal 1°
gennaio 2005 ha sostituito la precedente raccomandazione n. 96/280/CE.
Essendo il contesto economico e competitivo nel quale si trovano a
operare le imprese in continuo divenire, si impone un’analisi delle
prospettive future delle PMI e delle rispettive politiche industriali volte al
loro sostegno.
Il capitolo si conclude con la descrizione della Carta Europea per le PMI,
indirizzata agli Stati membri e tesa al miglioramento dell’ambiente in cui
operano le piccole aziende.
Il secondo capitolo approfondisce invece il concetto di aiuto di Stato nel
diritto comunitario, attraverso il quale si cerca di indirizzare le decisioni
degli imprenditori, al fine di favorire obiettivi ritenuti di importanza
strategica dalle autorità pubbliche competenti. Tale funzione d’indirizzo
esercitata attraverso gli aiuti, generalmente volta a correggere inefficienze
di mercato all’interno dei singoli Stati, può provocare, però, conseguenze
indesiderate sia a livello nazionale che comunitario, poiché può determinare
effetti distorsivi sulla concorrenza. Proprio la volontà di raggiungere
2
l’obiettivo di un’integrazione economica effettiva degli Stati membri
all’interno della Comunità ed impedire ogni ostacolo agli scambi e alla
concorrenza, ha spinto i redattori del Trattato CE ad inserire, tra le
disposizioni che riguardano la regolamentazione della concorrenza, gli
articoli 87, 88 e 89, volti a dare alla concessione degli aiuti di Stato una
disciplina che limitasse al massimo gli effetti, per così dire indesiderati, e al
contempo desse la possibilità, attraverso un sistema di deroghe, di
concedere aiuti che fossero in linea con gli obiettivi stabiliti dal Trattato
stesso. La Commissione applica, di conseguenza, una politica rigorosa nei
confronti di tali aiuti al fine di evitare che le risorse pubbliche vengano
utilizzate per favorire alcune imprese a scapito di altre.
Vengono quindi analizzati gli interessi coinvolti e gli effetti degli aiuti
stessi sulla concorrenza e sugli scambi fra gli Stati membri.
Successivamente, si elencano gli aiuti compatibili con il mercato comune e
le deroghe ammesse, tra le quali gli aiuti a finalità regionale, gli aiuti
orizzontali, e gli aiuti settoriali.
Il capitolo si conclude con l’analisi della procedura di controllo degli aiuti
messa in atto dalla Commissione europea, e la repressione degli aiuti
dichiarati illegittimi e il recupero degli stessi.
Il terzo capitolo, infine, è volto ad analizzare l’evoluzione della politica di
coesione dell’Unione europea, mezzo importante per promuovere lo
sviluppo delle piccole e medie imprese. Politica finalizzata a promuovere
un grado elevato di competitività e di occupazione, aiutando le regioni
meno prospere o con difficoltà strutturali a perseguire uno sviluppo
sostenibile attraverso l’adeguamento alle nuove condizioni del mercato del
lavoro e alla concorrenza comunitaria e mondiale.
Dopo aver analizzato gli articoli del Trattato CE, dal 158 al 162, che
prevedono una specifica azione comunitaria intesa appunto a promuovere
3
uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità attraverso la
realizzazione della coesione economica e sociale, si è inteso analizzare i
principali principi che caratterizzano tale politica, quali il partenariato (o
partnership), la concentrazione, l’addizionalità e la programmazione.
Particolare attenzione viene data ai nuovi obiettivi introdotti con Agenda
2000, documento avente lo scopo di descrivere le linee di sviluppo
dell’Unione e del rafforzamento delle sue politiche nella direzione
dell’allargamento, offrendo un coerente quadro finanziario. A tal fine, la
Commissione ha varato Programmi finanziari su misura per il periodo
2000-2006 allo scopo di aiutare i paesi PECO ad ammodernare il loro
apparato amministrativo e il loro assetto economico all’ingresso nell’Ue.
Tra questi particolare importanza rivestono i Programmi di preadesione,
quali ISPA, SAPARD e PHARE, indirizzati a sostenere gli investimenti
volti a colmare il divario con i paesi membri dell’Unione.
Si passa così alla descrizione degli strumenti di finanziamento della
politica regionale, ossia dei Fondi Strutturali destinati a Programmi
pluriennali di sviluppo regionale, concordati tra regioni, Stati membri e
Commissione europea, in conformità agli orientamenti proposti da
quest’ultima e negoziati dagli Stati membri per l’intera Unione. Essi
costituiscono i cosiddetti fondi indiretti, e quindi lo strumento principale
con cui l’Unione europea persegue la propria politica comunitaria di
coesione economica e sociale tra le regioni degli Stati membri e
contribuisce a ridurre le disparità nello sviluppo regionale, o meglio tende
ad accrescere la competitività delle regioni fornendo un sostegno alle
imprese affinché sviluppino le loro attività, creino occupazione e
incrementino la produttività.
La programmazione pluriennale per il periodo 2000-2006 si fonda su tre
obiettivi, attraverso i quali la Comunità intende promuovere uno sviluppo
4
armonioso, equilibrato e duraturo delle attività economiche, e su quattro
Programmi a sostegno dei Fondi Strutturali, ossia il Fondo Europeo di
Sviluppo Regionale, il Fondo Sociale Europeo, il Fondo Europeo Agricolo
di Orientamento e Garanzia, e lo Strumento Finanziario di Orientamento
della Pesca.
L’Unione europea ha inteso semplificare l’iter della programmazione,
(ovvero del processo di organizzazione, decisione e finanziamento
effettuato per fasi successive, su base pluriennale, e volto ad attuare
l’azione congiunta della Comunità e degli Stati membri per il
raggiungimento degli obiettivi della coesione economica e sociale)
attraverso l’elaborazione di Quadri comunitari di sostegno, di Programmi
operativi nazionali e regionali, e di Documenti unici di programmazione.
Completano il quadro degli interventi indiretti le Iniziative comunitarie
lanciate dalla Commissione, le quali contribuiscono, in varia misura, a
sviluppare una dinamica imprenditoriale europea per favorire la creazione,
la crescita e lo sviluppo delle imprese nonché la loro capacità di innovare,
accedere a nuovi mercati ed adeguarsi alla nuova economia.
Per il periodo di programmazione 2000-2006 si ricordano: Interreg III,
Urban II, Leader+ ed Equal.
Essenziale perché i Fondi Strutturali possano operare è l’intervento della
Banca Europea per gli Investimenti, la quale al fine di migliorare la
competitività delle PMI concede prestiti rimborsabili a tassi più favorevoli.
Poiché l’accesso al finanziamento è fondamentale per le PMI, l’Unione
europea ha rafforzato i propri dispositivi di sostegno finanziario,
segnatamente tramite il Fondo Europeo per gli Investimenti, per
incoraggiare lo sviluppo del capitale di rischio e delle garanzie per le PMI
stesse. Sono stati così creati nuovi meccanismi finanziari, come il
Meccanismo europeo delle tecnologie e la “Iniziativa a favore della crescita
5
e dell’occupazione”, e nuovi programmi, quali lo Sportello MET per
l’avviamento, il Meccanismo di garanzia per le PMI, e il programma
“Impresa comune europea” (ICE).
Particolare attenzione è riservata all’analisi di alcuni Programmi
comunitari a favore delle PMI, strumenti attraverso i quali vengono erogati
i fondi europei, direttamente gestiti dall’Unione, o meglio gli strumenti
finanziari con i quali la Commissione europea finanzia i suoi obiettivi. Tra
questi viene dato un certo rilievo al “Programma pluriennale per le imprese
e per l’imprenditorialità (2001-2006)”, attraverso il quale l’Unione europea
ha cercato di migliorare la competitività delle imprese, semplificare e
migliorare il quadro normativo, amministrativo e finanziario di riferimento,
facilitare l’accesso ai servizi di sostegno e ai programmi comunitari, nonché
promuovere l’imprenditorialità.
Tale Programma è stato rifinanziato per il periodo 2007-2013 attraverso
l’elaborazione del “Programma quadro per l’innovazione e la
competitività”, volto a promuovere l’innovazione e la competitività delle
imprese europee, in particolare delle piccole e medie imprese; ad accelerare
lo sviluppo di una società dell’informazione sostenibile, innovativa ed
inclusiva; e a incoraggiare il rendimento energetico attraverso l’impiego di
nuove fonti di energia rinnovabili con un elevato livello di tutela e
miglioramento dell’ambiente.
Rispetto al quadro di finanziamenti elaborati dall’Unione un ruolo
importante è assunto dalle reti di sostegno alle piccole e medie imprese a
livello europeo, quali ad esempio la rete degli Euro Info Centres e le altre
reti d’informazione comunitaria, che offrono alle imprese informazioni e
consulenza sulla normativa e sui Programmi comunitari nonché un
meccanismo di feed-back delle informazioni.
6
Il capitolo si conclude con l’analisi della nuova programmazione
comunitaria per il periodo 2007-2013, e la descrizione quindi dei nuovi
obiettivi prioritari, delle nuove Iniziative (JASPER, JEREMIE e JESSICA),
e dell’azione dei Fondi Strutturali volti a finanziare i vari Programmi
comunitari.
In conclusione, la teoria economica ha cercato negli ultimi tempi di
ridisegnare gli spazi per l’intervento pubblico favorendone gli effetti
correttivi e contenendone quelli distorsivi. Si è così arrivati all’elaborazione
di un sistema integrato di aiuti, in grado di comprendere misure per
l’accesso agevolato alle fonti di finanziamento e servizi di sostegno alle
imprese, azioni per la formazione professionale e incentivi all’innovazione,
progetti per la realizzazione delle infrastrutture di base e interventi
legislativi per la semplificazione del quadro legislativo. In tale quadro
priorità è riconosciuta ai meccanismi per lo sviluppo della Società
dell’informazione e della conoscenza, all’acquisizione delle nuove
tecnologie della comunicazione e alla promozione dei servizi on line.
Infine, si accentua contemporaneamente il ruolo delle amministrazioni
locali e delle Istituzioni comunitarie, e si ridefinisce l’identità dei
beneficiari degli aiuti, sempre più spesso identificati con le PMI più
dinamiche e innovative.
7
CAPITOLO PRIMO
LA POLITICA COMMERCIALE
DELL’UNIONE EUROPEA
1. L’Unione europea e il commercio internazionale
L’Unione europea rappresenta tutti i suoi Stati membri in campo
commerciale e nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio
1
.
Essa rappresenta oltre un quinto del volume globale delle importazioni ed
esportazioni
2
ed è pertanto il più grande attore commerciale a livello
mondiale.
1
L’ Organizzazione mondiale del commercio (OMC) è stata istituita il 1° gennaio 1995 e ha sede
a Ginevra. Tuttavia, il sistema multilaterale degli scambi sul quale essa si basa risale a molti anni
prima. In effetti, i precedenti negoziati internazionali promossi nel quadro dell’accordo generale
sulle tariffe doganali e sul commercio internazionale (GATT), intorno agli anni quaranta, hanno
progressivamente abolito le tariffe e le altre barriere commerciali nel corso degli ultimi 50 anni.
L’OMC conta oggi 144 membri e rappresenta l’elemento centrale del sistema di norme
internazionali per il commercio mondiale, l’unico organismo internazionale che disciplina
l’interscambio di merci, servizi e diritti di proprietà intellettuale tra i propri membri. Gli accordi
vengono negoziati dai governi. L’obiettivo è garantire che gli importatori ed esportatori di tutto il
mondo possano disporre di un quadro normativo completo e affidabile ed essere al riparo da
improvvisi e imprevedibili cambiamenti nella politica commerciale.
2
L’Unione europea è: il principale esportatore di merci e di servizi a livello mondiale; la
principale fonte di investimenti esteri diretti a livello globale e il secondo maggiore beneficiario
8
Con la globalizzazione
3
un numero crescente di paesi partecipa
all’economia mondiale, modificando così gli schemi del commercio
internazionale, fondamentale per promuovere la competitività e la crescita.
La ricchezza generata dal commercio aiuta i paesi dell’Unione europea a
garantire ai propri cittadini una migliore qualità di vita. Se gestita in
maniera corretta, la partecipazione agli scambi internazionali offre anche ai
paesi in via di sviluppo l’opportunità di promuovere la crescita economica.
In tal modo, l’Unione europea, aderendo appieno all’agenda di Doha per lo
sviluppo
4
fissata nel novembre 2001 nel quadro dell’OMC, attua una
politica commerciale innovatrice basata su un multilateralismo efficace.
Essendo la prima potenza commerciale a livello mondiale, l’Ue è
fortemente interessata a creare le condizioni necessarie per un’espansione
degli scambi. Essa svolge un ruolo di guida nei negoziati sugli scambi
internazionali ed è impegnata a creare condizioni commerciali eque e a
guidare la globalizzazione facendo ricorso alle norme dell’Organizzazione
mondiale del commercio. L’Ue quindi si adopera affinché i paesi in via di
sviluppo con i quali intrattiene dei rapporti commerciali possano partecipare
a tale sistema e, ove opportuno, fornisce loro la sua assistenza.
Il commercio è uno dei primi settori in cui i singoli paesi dell’Unione
hanno deciso di cedere la propria sovranità, trasferendo alla Commissione
europea le competenze riguardanti la gestione degli affari commerciali, ivi
compresa la negoziazione degli accordi commerciali internazionali. In tal
modo tutti gli Stati membri partecipano in veste unica ai negoziati con i
degli stessi investimenti; il principale mercato di esportazione per circa 130 paesi; un’ economia
relativamente aperta.
3
Il termine globalizzazione indica la circolazione, a livello mondiale, di merci, servizi, capitali,
tecnologie e persone attraverso l’apertura reciproca e l’intensificarsi dei contatti tra i vari paesi.
4
L’agenda di Doha intende consolidare il sistema commerciale multilaterale adoperandosi in
particolare per un costante rafforzamento delle norme commerciali internazionali ma anche per
una maggiore integrazione dei paesi in via di sviluppo (PVS) nell’economia mondiale. Questo
obiettivo coincide con le priorità dell’Unione che, dall’introduzione della sua politica commerciale
comune, non ha mai smesso di aprire progressivamente il proprio mercato a tali paesi.
9
propri partner commerciali e nell’ambito dell’OMC. Tale approccio
permette loro di esercitare la massima influenza sulla scena internazionale.
Numerosi attori partecipano all’elaborazione della politica commerciale
dell’Unione. I rappresentanti dei governi dei paesi membri vengono
consultati regolarmente e direttamente e gli stessi ministri sono chiamati a
prendere le decisioni più importanti. Il Parlamento europeo partecipa in
prima persona a tutti gli sviluppi della politica commerciale. Per conto suo,
la Commissione organizza costantemente ampie consultazioni degli attori
della società civile, come ad esempio le organizzazioni non governative
(ONG), i sindacati e l’industria. Ciò consente all’Ue di tener conto degli
interessi di tutti mentre lavora per incrementare il volume degli scambi e di
creare una situazione reciprocamente vantaggiosa per tutte le parti
interessate.
Obiettivo dell’Unione europea è garantire la libertà e l’equità degli scambi
internazionali, creando un sistema in cui tutti i paesi possano commerciare
liberamente tra di loro in maniera equa e senza barriere protezionistiche.
Per realizzare tale obiettivo, essa si è impegnata ad aprire il proprio
mercato, eliminando così gradualmente le barriere commerciali ed
elaborando una serie di norme concordate a livello internazionale,
favorendo di conseguenza la cosiddetta “apertura”, o “liberalizzazione”,
degli scambi
5
.
5
Aprire i mercati significa eliminare le barriere commerciali tra i paesi. Questo è stato uno dei
principali obiettivi della Comunità sin dai suoi primi giorni di vita. Negli anni sessanta i paesi
membri hanno istituito tra di loro una “unione doganale”, in modo che ciascun paese della
Comunità poteva scambiare una quantità illimitata di prodotti con qualsiasi altro paese membro
senza dover pagare dazi e tariffe doganali. Parallelamente è stata introdotta una “tariffa esterna
unica”, secondo la quale i paesi non appartenenti alla Comunità che esportavano i propri prodotti
nel suo territorio dovevano pagare la stessa tariffa a prescindere dal paese di importazione. Ciò
rendeva la vita più facile agli operatori commerciali, snellendo nel contempo le procedure
burocratiche.
Nonostante l’eliminazione delle barriere tariffarie, permanevano tuttavia numerosi ostacoli
commerciali non tariffari. Ad esempio, i diversi paesi della Comunità applicavano disposizioni
amministrative e norme differenti in settori quali l’imballaggio e l’etichettatura, il che contribuiva
10
L’apertura degli scambi stimola l’intera economia, aumenta le entrate dei
paesi esportatori e offre ai consumatori dei paesi importatori una scelta più
ampia di beni e servizi a prezzi ridotti grazie alla maggiore concorrenza. La
globalizzazione può pertanto contribuire a promuovere la crescita
economica, creando maggiore prosperità per tutti, ma può anche produrre
un impatto negativo, e ciò spiega la necessità di una regolamentazione
mediante norme internazionali. L’apertura e l’espansione dei mercati,
infatti, si traduce in un aumento della concorrenza tra le imprese e anche tra
i singoli paesi. Contrapponendo le economie con diversi gradi di sviluppo,
la globalizzazione degli scambi può, se non controllata, ampliare il divario
tra paesi ricchi e paesi poveri, contribuendo in tal modo ad emarginare
ulteriormente le economie meno avanzate. Essa, quindi, non deve provocare
l’esclusione dei paesi più poveri. Per questo motivo l’Unione ha elaborato
delle strategie per aiutare tali paesi a tenere il passo con il resto del mondo e
combattere di conseguenza l’emarginazione
6
.
Pertanto, la politica commerciale dell’Ue assume oggi una dimensione più
ampia, che va al di là della semplice liberalizzazione degli scambi. Si tratta
di aggiornare e migliorare le norme internazionali, estendendo il loro campo
di applicazione al fine di garantire l’equità degli scambi e promuovere una
globalizzazione controllata. È inoltre necessario definire un programma
internazionale che vada a vantaggio dei paesi in via di sviluppo, e garantire
che le norme sugli scambi internazionali tengano conto anche dei temi non
direttamente legati al mercato, in particolare l’ambiente, i servizi pubblici,
la sicurezza alimentare, l’agricoltura e la cultura.
ad ostacolare gli scambi tra di essi. Ciò spiega perché, nel 1992, l’Unione ha creato il “mercato
unico” (ora mercato interno) eliminando gli ostacoli non tariffari agli scambi di merci e aprendo il
commercio nel settore dei servizi all’interno dell’Ue.
6
Nel marzo 2001 l’Ue ha dimostrato il proprio sostegno a favore dei paesi meno sviluppati
mediante il varo dell’Iniziativa “Everything but arms” (“Tutto tranne le armi”), in base alla quale
l’Unione si impegna ad aprire i propri mercati ad una quantità illimitata di prodotti (ad eccezione
delle armi) provenienti da tali paesi senza applicare alcun tipo di dazio.
11