6
Senza dubbio, conoscendo il percorso SSIS (sia attraverso gli studi delle
scienze dell’educazione, le leggi in materia, le “indagini sul campo” e l’ultima
esperienza di part-time universitario all’interno dell’ amministrazione della
stessa), ho modificato molte delle mie visioni.
Anzitutto, riguardo alla formazione ho potuto constatare con mano quante
difficoltà, sia gli specializzandi sia la stessa SSIS, hanno in ordine alle strutture, ai
tempi e ai modi di gestire tale formazione, che sovente va ad intrecciarsi con
storie di vita, percorsi formativi e idee differenti e disparate sulla professione e
sulla preparazione degli insegnanti.
Una modifica sostanziale vi è stata circa le reali prospettive e condizioni
della professione insegnante e del contesto scuola, che (esulando anche un po’ dal
nostro discorso) assume in sè un alto potenziale, in termini di risorse umane,
proveniente dal vasto mondo della cultura e realmente capace di far crescere e
sviluppare la società, qualora gliene venga concessa la possibilità.
Tornando al nostro discorso, posso dire che le tre “azioni”,prima
richiamate, costituiscono gli obiettivi di questo lavoro.
A loro volta, questi obiettivi sono stati accompagnati e perseguiti, tenendo
conto della tensione tra “ideale e reale”, che contraddistingue ogni attività umana.
Infatti, un altro obiettivo, e allo stesso tempo l’ipotesi fondante di questo
lavoro, è stato: cogliere lo iato esistente tra l’ ideale e il reale nella formazione
iniziale in SSIS.
Ho voluto associare all’ideale tutte quelle leggi e quegli studi, che a partire
dagli anni novanta hanno promosso il cambiamento nella formazione iniziale,
mentre per conoscere il reale, ho realizzato due indagini volte a comprendere
“come” e “cosa” dei dettami della legge è divenuto realtà in alcune SSIS italiane.
Senza pretesa di esaustività e completezza, per conoscere l’ideale ho letto,
analizzato e passato al vaglio della mia riflessione e di quella degli “esperti”, tutte
le leggi (a partire dalla n. 341 del 1990) relative alla formazione dei docenti.
La scelta del 1990, come momento di partenza, non è casuale ma è
spiegabile perchè “sin dai primi anni ’90 l’educazione e la formazione sono di
nuovo divenute priorità politiche in molti Stati membri dell’Unione Europea.
Focalizzando l’attenzione sulle teorie del capitale umano, che sottolineano
l’importanza di uno sviluppo delle risorse umane globale, la formazione è
divenuta sempre più parte integrante della politica economica e sociale”
2
.
Ancora, il 1990 segna nella storia della formazione degli insegnanti
l’emersione definitiva (tanto da divenire legge dello Stato italiano) di quelle
istanze del dibattito pedagogico, che già da più decenni chiedevano una migliore e
prolungata formazione per gli insegnanti.
Il riferimento alle leggi, però, è assunto con la consapevolezza che “le
norme non sono tutto: la partita si gioca nell’applicazione efficace di esse, tale da
definire nella pratica un disegno organico, in una prospettiva di complessivo
miglioramento del sistema formativo italiano”
3
.
2
TNTEE, Libro verde sulla formazione degli insegnanti in Europa. Una formazione di qualità degli
insegnanti per un insegnamento di qualità, in “Università e Scuola”, n°1/R, 2000, p. 20.
3
vedi G. GAMBALE, Formazione degli insegnanti: conditio sine qua non del rinnovamento della
scuola in Italia, in “Quaderni Iter”, n. 6, 2002, Treccani, p. 6, in www.treccani/iteronline.it.
7
Perciò, oltre all’attenzione necessaria agli studi e alle riflessioni del mondo
della scuola, dell’Università e della ricerca, che ho adoperato come fonti per il
mio studio, mi è sembrato necessario “interrogare” la realtà.
Infatti, per indagare il reale ho compiuto un’ indagine sugli ordinamenti
didattici, sui piani di studio e sui programmi di alcune SSIS in Italia, comparando
i vari sistemi e cogliendo “cosa” della legge questi avevano recepito.
Un altro interrogativo, rivolto alla realtà, era mirato a capire quale aspetto
(se alle conoscenze-saperi o all’esperienza) le SSIS indagate avevano concesso
maggior spazio e in quale modo.
“L’ interrogazione” della realtà, poi, si è spostata sui corsisti SSIS.
E’ stato possibile, tuttavia, entrare in relazione con una sola “tipologia” di
corsisti SSIS e di conseguenza dare vita ad una primissima analisi della realtà.
Tutto ciò è stato compiuto attraverso un questionario, volto a conoscere la loro
esperienza. È stato chiesto, partendo da un auto valutazione degli obiettivi
formativi della SSIS espressi nella legge, di chiarire se tale percorso ha permesso
loro di crescere e in quale aspetto maggiormente.
Questo desiderio di conoscere il reale, non è stato volto solo a cogliere
l’ hic et nunc della SSIS, ma ha mosso i suoi passi dall’ assunto, parafrasando
Laneve, che coloro che vivono tali contesti “producono una conoscenza
alternativa, di solito efficace e creativa, in grado di risolvere problemi giudicati
insuperabili rispetto alle conoscenze canoniche, ispirate appunto dalla teoria”
4
.
Infatti, accostandosi a questa realtà, è stato possibile cogliere l’effettivo
grado di maturazione di tale percorso.
Passo ora a presentare l’articolazione dei quattro capitoli di questo lavoro.
Nel primo capitolo ho preso in esame tutto il percorso legislativo, (Legge n. 341
del 19 novembre 1990, art. 4; D.P.R. n. 470 del 31 luglio 1996; Decreto
MURST 26 maggio 1998: “Criteri generali per la disciplina delle SSIS”;
ulteriori disposizioni legislative dal 1998 al 2004; Decreto legislativo n. 227 del
17 ottobre 2005) sino agli attuali sviluppi.
Nel secondo capitolo ho analizzato la storia, le componenti didattiche e le
risorse umane della SSIS.
E’ stato possibile in questa sezione presentare alcuni di quei corsi di
perfezionamento, nei quali andava maturando la prospettiva di dotare i docenti dei
saperi pedagogico-didattici e di creare connessioni tra questi e i saperi disciplinari
in vista delle necessarie competenze e dei nuovi “compiti”, ai quali era chiamato
il docente nella scuola.
Inoltre, ho analizzato tutte le componenti didattiche (lezioni, laboratori e
tirocinio) e le risorse umane (docenti, supervisori, docenti accoglienti e corsisti),
individuando caratteristiche e priorità.
Tra le caratteristiche:
- necessario riferimento e interscambio tra teoria e pratica;
4
C. LANEVE, La formazione degli insegnanti. Appunti per una nuova modellistica, in “Pedagogia
e Vita”, 1999, n. 3, p. 53.
8
- connessioni tra le varie attività didattiche con l’obiettivo di far maturare
nel “docente in fieri”
5
quelle attitudini e quelle competenze proprie della
professionalità insegnante.
Tra le priorità:
- favorire la nascita di un dialogo formativo tra i bisogni degli
specializzandi e l’offerta formativa della SSIS, considerando anche la
preparazione culturale e professionale dei formatori.
Infine, ho proceduto alla comparazione tra le varie SSIS in Italia
indagando le caratteristiche e l‘importanza assegnata, in termini di crediti e di ore,
alle componenti didattiche.
Nel terzo capitolo sono partito dalla chiarificazione del termine
formazione, e in modo particolare “formazione degli insegnanti” nel percorso
SSIS e ho individuato il “probabile esito” di tale formazione, condividendo con
Scurati che: “la prospettiva da seguire è quella di fornire una preparazione iniziale
che renda fattualmente possibile lo svolgimento di tutto l’itinerario di
professionalizzazione nelle sue successive tappe di evoluzione personale e di
carriera, e che non pretenda di esaurirne in se stessa ogni movenza e ogni
acquisizione”
6
.
Ho cercato di rispondere ai seguenti interrogativi, sorti in progress, e di
individuare i possibili esiti:
- La SSIS richiede e rilascia dei titoli: nella realtà essi a cosa
corrispondono? A quale tipo di formazione? In quale misura concorrono a
formare un’insegnante all’altezza dei compiti della professione?
- Quali sono le competenze sviluppate nel percorso e quelle, che da più parti
vengono richieste ai neo-docenti nella scuola? Ho cercato di illustrare e
rendere ragione dei vari modelli di analisi delle competenze.
- Riflettere, in modo particolare, sul “saper essere” insegnante, quale cartina
di tornasole della “cifra” reale di umanità dell’insegnante nella scuola di
oggi. Mi sono chiesto: in quale misura la SSIS contribuisce a rendere i
corsisti consapevoli della necessità di “essere insegnante” ( e non solo di
fare l’insegnante)?
- Presentare due caratteristiche del neo-insegnante, formato in SSIS: “agente
del cambiamento” e “professionista riflessivo” (cercando di chiarire
l’importanza della riflessività nella formazione SSIS).
Nel quarto capitolo ho dato spazio alla “realtà”, presentando tutti i passaggi
del questionario, dal titolo: “In realtà la SSIS è…”.
In modo particolare ho illustrato le aspettative, l’esperienza e la
“riprogettazione-rimodulazione” degli specializzandi rispetto alla SSIS.
Ribadisco che dato il piccolo numero di corsisti intervistati e avendo indagato
un’ unica tipologia di corso SSIS, ho inteso vedere in questa esperienza un primo
approccio alla realtà, una prima indagine pilota, che può trovare uno sviluppo e
dei risultati più significativi, in una successiva e più organica ricerca.
5
L. GENOVESE, La formazione dell’insegnante secondario tra teoria e pratica. Riflessione e
proposte per il tirocinio, Armando editore, Roma 2005, p. 13.
6
G. DALLE FRATTE (a cura di), La Scuola e l’Università nella formazione primaria degli
insegnanti. Il Tirocinio e il Laboratorio, FrancoAngeli, Milano 1998, p. 144.
9
Per concludere, richiamerei, rifacendomi anche ai contributi degli “esperti”
(ulteriori fonti di questo studio), i seguenti esiti:
a) Le riforme della formazione degli insegnanti, varate in tutta Europa,
hanno allungato, in termini quantitativi e qualitativi i percorsi di formazione
iniziale e hanno dato valore e spazio anche alla formazione continua.
Si registra che la popolazione scolastica, con la quale gli insegnanti
lavorano oggi, è sempre più eterogenea e sempre più adulta e vi è la necessità di
docenti- adulti adeguatamente formati
7
. Questo generale “aumento di formazione”
“può essere affrontato in modo soddisfacente, solo se collocato nella prospettiva
della formazione nell’arco di tutta la vita. Non si può smettere di imparare e
passare solo ad insegnare, ma è necessario nutrirsi di formazione per conoscere,
saper interpretare e interagire con il mondo circostante, che muta velocemente.
In questo modo, anche la formazione in servizio, componente costitutiva
permanente della professionalità docente, può essere compresa e vissuta
attivamente e configurarsi come una crescita.
Infatti, è importante che “ogni insegnante, e meglio ancora ogni
specializzando (motivato e orientato a divenire insegnante), si dia un progetto
personale di formazione di lungo periodo, della cui realizzazione deve assumersi
la piena responsabilità”
8
.
b) La compresenza e la cooperazione rappresentano due caratteristiche
fondamentali per garantire il successo formativo in SSIS.
Questi due aspetti investono una serie di coppie con elementi, che
all’apparenza potrebbero sembrare in antitesi, come:
- l’Università e la Scuola;
- la teoria e la pratica;
- la riflessione e l’azione;
- gli specializzandi e i docenti;
ma, che in realtà non lo sono.
Infatti, se allo stesso tempo,riconosciamo ad ognuno di questi elementi
determinati compiti e un certo valore e li assumiamo in maniera integrata,
possiamo garantire una reale crescita nel futuro docente.
Ad esempio: il ricorso all’ ampia tipologia di attività didattiche (lezioni,
laboratori e tirocinio) va colta come occasione che consente di conoscere,
affrontare e manipolare una determinata tematica nei suoi vari aspetti, con l’
obiettivo di favorire la crescita, non solo culturale, del soggetto in formazione.
Ancora, nel presentare le tematiche, è tornata con una certa insistenza il
continuo bisogno di cooperare, lavorando in gruppo a più livelli:
- tra gli specializzandi,
- tra i docenti,
- tra i docenti e gli specializzandi.
7
Cfr. EURYDICE, La professione docente in Europa. Formazione iniziale e passaggio alla vita
professionale. Introduzione, in “Quaderno degli Annali dell’Istruzione”, n. 101, Le Monnier,
Roma 2003, p. 5.
8
TREELLE, Quali insegnanti per la scuola dell’autonomia. Dati, analisi e proposte per la
valorizzazione della professione, Tipografia Araldica, Genova 2004, p. 93.
10
Ricordo che a livello europeo è richiesta “una stretta cooperazione tra la
professione docente, le scuole e la formazione degli insegnanti nelle sue diverse
componenti (formazione iniziale, induzione, formazione in servizio e sviluppo
professionale continuo, formazione ulteriore, sviluppo scolastico, ricerca e
sviluppo nelle istituzioni formative), proprio per dar vita ad una formazione di
qualità”
9
.
c) Intensificare la ricerca sull’insegnamento, non solo nell’ambito delle
scienze dell’educazione, ma anche in tutte le prospettive disciplinari.
Infatti, si è notato che “come per altre professioni, una formazione di
qualità dipende molto da una conoscenza basata sulla ricerca e dalla messa a
punto, attraverso la ricerca e lo sviluppo in stretta collaborazione con insegnanti e
con altri operatori del settore dell’istruzione, di pratiche convalidate.
Ciò indica la necessità di sviluppare iniziative nelle quali all’interno del
settore dell’istruzione siano interconnesse formazione degli insegnanti, ricerca e
pratiche professionali”
10
.
Tale proposta vuole cercare di legittimare e testimoniare l’importanza
della riflessione sui processi didattici, sin ora compiuta in percentuale maggiore
dalle scienze dell’educazione e su come favorire l’ insegnamento e l’
apprendimento in ogni disciplina.
Tutto ciò dovrebbe cominciare dallo stimolare, in prima linea, tutti gli
studiosi delle scienze dell’educazione ad apportare contributi validi e che possano
essere realmente all’altezza del dibattito scientifico e dei problemi reali della
professione docente, senza riduzionismi ed eccessive semplificazioni,
rintracciando ascoltatori sensibili a tali tematiche e collaborando con questi per
dar vita ad un’ attenta riflessione sulla formazione docente per gli aspetti più
generali e poi in rapporto alle varie discipline.
In questo senso, la collaborazione tra il “didatta” e “l’esperto della
disciplina” potrebbe essere molto proficua.
Risulta necessario favorire il passaggio alla comprensione che l’insegnante
è un professionista a tutti gli effetti, chiamato a curare la sua formazione
professionale e a progettare i suoi interventi formativi, in relazione ai contesti e ai
destinatari che ha dinanzi.
Si dovrebbe consentire il passaggio, per selezionare candidati validi per la
professione docente, da un sistema garantista e di massa, dove alto valore si
assegna alla quantità dei titoli (magari accaparrati qua e là per necessità più che
per volontà, interesse e scelta) ad un sistema che sia capace di cogliere l’effettivo
percorso formativo realizzato e misurare la reale motivazione e il reale interesse
verso l’apprendimento e la crescita totale della persona: vero obiettivo della
professione docente oggi.
In definitiva dal nostro questionario, è emerso che più del 50% di coloro
che scelgono la SSIS, lo fanno per assicurarsi un posto di lavoro, grazie ad un
percorso, che mai avrebbero pensato di intraprendere.
9
TNTEE, op. cit., p. 57.
10
TNTEE, op. cit., p. 59.
11
d) Ripropongo un’idea presente nelle pagine delle riviste di settore e nelle
pubblicazioni sul tema, curate dal CoDiSsis e dal ConCuRED, di istituire un
osservatorio nazionale sulle SSIS, che possa monitorare l’attività, costituirsi come
luogo di raccolta delle “pratiche efficaci”, capace di consentire a livello nazionale
il confronto delle esperienze per una crescita reale di questa scuola di
specializzazione o dei futuri percorsi, previsti dalla legge.
Si potrebbe costituire, anche riqualificando l’esperienza, le competenze e
le risorse umane dei tanti enti ministeriali, tra i quali l’ IRRE, un centro che
coordini, affiancando le Università, le attività dei futuri Centri di Ateneo o
InterAteneo locali e/o regionali.
Concludendo, spero che in un futuro prossimo l’Università, che
dall’ottobre 2005 è stata investita della quota maggiore di responsabilità nella
formazione iniziale, si prodighi per lavorare in rete con le scuole e le agenzie
formative del territorio, preoccupandosi sempre più di formare insegnanti efficaci,
capaci di ottimizzare tempi, risultati, valutazione del processo e delle componenti
di insegnamento-apprendimento, mettendo in campo le risorse umane migliori e
tutto quel portato di pratica, sin ora realizzato nella SSIS.
12
CAPITOLO I
LA LEGGE
(L’IDEALE)
Questo capitolo intende analizzare la storia delle decisioni politiche, alla
luce dei contributi della riflessione pedagogica, che hanno condotto all’assetto, sin
ora in vigore, della formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria
superiore.
Pertanto, cercheremo di analizzare, con un taglio pedagogico, il percorso
normativo, che ha innovato l’Università e la formazione iniziale dei docenti in
Italia, sforzandoci di mettere in luce le positività e i punti di ombra, dati dalla
legge a questa nuova formazione.
Per far questo abbiamo fatto ricorso, oltre ai testi legislativi, anche alle
monografie, agli articoli di riviste specializzate contemporanei alle leggi, ma
anche ai contributi attuali, che ne hanno messo in luce il carattere storico e
innovativo.
Abbiamo, inoltre, voluto assegnare all’esame della legislazione
l’aggettivo: ideale, in quanto si vuole vedere nella varie leggi prese in esame, ciò
che è stato richiesto alle varie SSIS italiane e non la loro declinazione e
configurazione reale.
Tutto ciò per riconoscere, prima, e considerare attentamente poi, le
differenze
11
, frutto dell’autonomia universitaria, che hanno portato le varie SSIS
di Italia a dar vita in modo diverso a questo percorso, che pur nasce con un
obiettivo comune: “dotare di un adeguato profilo professionale ( e non solo) i
nuovi insegnanti”.
Le leggi non saranno analizzate tout court, ma solo nelle parti riguardanti i
momenti cruciali
12
della vita della SSIS , certamente però, non
decontestualizzandole dagli oggetti e dalle situazioni che andavano a disciplinare,
con tutta la serie di provvedimenti, che contemporaneamente alla SSIS, hanno
visto nascere (a volte anche sopprimere) le riforme nel sistema scolastico e
universitario del nostro paese.
11
Certamente non in termini negativi, ma nelle accezioni, care alle scienze dell’educazione, che
ritengono le differenze come:
- ricchezza,
- personalizzazione e adattamento dei percorsi di formazione in base alle reali esigenze dei
formandi e dei contesti scolastici e universitari locali.
12
Loro istituzione, ordinamento, strutturazione e sviluppo.
13
1. IL DIPLOMA DI SPECIALIZZAZIONE E LA SSIS:
LEGGE N. 341 DEL 19 NOVEMBRE 1990, ART. 4
Prima di passare all’illustrazione-riflessione dell’ articolo di questa legge,
che riguarda ad hoc l’istituzione la SSIS, vogliamo chiarire il contesto storico e
formativo, entro il quale lo Stato italiano ha voluto collocare questo percorso di
formazione per gli insegnanti secondari.
Per non incorrere in una errata interpretazione bisogna dire che l’
istituzione della SSIS non viene formulata in questa legge come un “fulmine a ciel
sereno”, ma trova proprio l’occasione per essere data alla luce, recependo e
nutrendosi delle istanze, provenienti dall’ampio dibattito legislativo, pedagogico e
professionale, che ha pervaso la storia della scuola italiana dalla fine
dell’ottocento sino ai primi anni del 1990.
A sostegno di questa affermazione vogliamo rilevare che da più parti
(docenti secondari, risultati rilevati nella scuola italiana, convegni e interventi di
illustri docenti universitari, proposte delle tante commissioni parlamentari create
appositamente e precedenti interventi legislativi)
13
si metteva in luce
l’inadeguatezza del percorso formativo, che sino ad allora formava gli insegnanti
e di come le conseguenze di un tale sistema si avvertano, nonostante il lungo
percorso quasi secolare di maturazione attorno a questo tema, ancora oggi.
Infatti, nell’ attuale scenario, si registra ancora che i docenti ritengano “la
formazione ricevuta all’università generalmente insufficiente; in particolare si
ritiene che l’Università non abbia dimostrato sensibilità, nella preparazione dei
curricoli e nell’attività didattica, per la formazione specifica degli insegnanti
(anche se tradizionalmente alcune facoltà, e non solo umanistiche, trovavano
nell’insegnamento uno sbocco professionale ‘naturale’ per i propri laureati)”
14
e
inoltre “resta confermato, in ogni caso che, gli insoddisfatti della formazione sono
gli insegnanti, che credono più alla professionalità. E dalle loro posizioni che si
conferma la necessità di ripensare la formazione degli insegnanti in termini assai
più globali e profondi di quanto non si sia fatto sino ad ora”
15
.
La legge giunge, infatti, non solo nutrita degli elementi, precedentemente
esposti, ma anche del lungo iter legislativo, iniziato con l’unificazione- già della
precedente legislatura (del 1990)- di proposte di diversi gruppi parlamentari. Il
testo poi è stato profondamente modificato in ognuno dei passaggi subiti, dalle
commissioni ristrette sino all’analisi nelle Camere
16
.
13
Per una completa disamina di tutte queste componenti si vedano i capitoli introduttivi dei
seguenti testi: G. BONETTA, Storia della scuola e delle istituzioni educative, Giunti, Firenze 1997;
G. LUZZATTO, Insegnare a insegnare. I nuovi corsi universitari per la formazione dei docenti,
Carocci, Roma 1999; S. SANTAMAITA, Storia della scuola. Dalla scuola al sistema formativo,
Bruno Mondatori, Milano 1999; S. ULIVIERI- G. GIUDIZI- S. GAVAZZI, Dal banco alla cattedra,
Edizioni ETS, Pisa 2002.
14
A. DAL LAGO, Le prospettive della formazione nella scuola che cambia, in “Quaderni Iter”, n. 6,
Treccani 2001, p. 21, in www.treccani/iteronline.it.
15
A. CAVALLI (a cura di), Gli insegnanti nella scuola che cambia. Seconda indagine IARD sulle
condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana, il Mulino, Bologna 2000, p. 82.
16
M. CORDA COSTA, S. MEGHNAGI (a cura di), Insegnanti : formazione iniziale e formazione
continua, NIS, Roma 1990, pp. 139-140.
14
“La novità della riforma del 1990 non fu cosa da poco al punto da poterla
definire, una vera e propria svolta storica.”, afferma Chiosso.
“Si affermava il valido principio che per insegnare occorre saper insegnare e
occorreva affiancare alla solida competenza disciplinare un’adeguata preparazione
nel campo delle scienze dell’educazione ed in quello professionale”
17
.
Nelle speranze e nelle attese degli studiosi, i pedagogisti in prima linea, la
scuola di specializzazione era intesa come l’occasione opportuna per “porre fine
ad un antico male della scuola italiana. Attualmente – si legge nelle pagine
dell’epoca- i docenti che entrano nell’ insegnamento medio e secondario hanno
titoli di laurea diversi, che spesso, però, non sono finalizzati all’insegnamento.
Quando iniziano a fare scuola i giovani professori hanno una preparazione
professionale largamente carente: ignorano la normativa scolastica, non
conoscono le scienze dell’educazione, non hanno competenze di didattica
disciplinare e non hanno seguito alcuna forma di tirocinio […]. Nelle supplenze
può accadere che entrino nella scuola professori che conoscono poco la loro
materia di insegnamento, con danno notevole alla preparazione degli studenti
secondari a loro affidati “
18
.
Le forti attese,dunque, spingono perché l’istituzione della SSIS, insieme al
Corso di Laurea in Scienze della formazione primaria, entri nell’ ampio processo
di riforma degli ordinamenti universitari.
Infatti ,la legge 341 del 1990 vede nascere per l’università di quei tempi:
- una pluralità di occasioni formative e di titoli: diploma universitario, diploma di
laurea, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca;
- la modifica, se pur solo per accenni, degli ordinamenti didattici;
- la definizione delle funzioni dell’attività di docenza e del Consiglio
Universitario nazionale;
- l’ istituzione del tutorato;
- il raggruppamento degli insegnamenti in settori scientifico-disciplinari
appositi
19
.
All’interno, poi, dell’ articolo relativo al diploma di specializzazione
20
,
sono stati collocati i passaggi relativi:
- all’ istituzione della SSIS,
- alla durata e ai contenuti degli studi in essa compiuti,
- alla validità del titolo, in essa conseguito,
che riportiamo di seguito:
“Con una specifica scuola di specializzazione articolata in indirizzi, cui
contribuiscono le facoltà e i dipartimenti interessati, ed in particolare le attuali
facoltà di Magistero, le università provvedono alla formazione, anche attraverso
attività di tirocinio didattico, degli insegnanti delle scuole secondarie, prevista
dalle norme del relativo stato giuridico. L’esame finale per il conseguimento del
17
G. CHIOSSO, Una partita da non perdere, in “ Nuova Secondaria”, settembre 2002, n. 1, p. 36.
18
C. DESINAN, La specializzazione per gli insegnanti della scuola secondaria, in “Nuova
Secondaria”, dicembre 1992, n. 4, p. 12.
19
Chi conosce la legge in oggetto sa che essa disciplina altri elementi dell’ordinamento
universitario e inoltre in essa vi sono rimandi a vari decreti attuativi successivi.
20
Legge 341/1990, art. 4, comma 2-3.
15
diploma ha valore di esame di Stato e abilita all’insegnamento per le aree
disciplinari cui si riferiscono i relativi diplomi di laurea. I diplomi rilasciati dalla
scuola di specializzazione costituiscono titolo di ammissione ai corrispondenti
concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie. Si applicano le
disposizioni di cui all’articolo 3, comma 8.
Con D.P.R., da adottare nel termine e con le modalità di cui all’articolo 3, comma
3, sono definiti la tabella della scuola di specializzazione all’insegnamento di cui
al comma 2 del presente articolo, la durata dei corsi da fissare in un periodo non
inferiore ad un anno ed i relativi piani di studio. Questi devono comprendere
discipline finalizzate alla preparazione professionale con riferimento alle Scienze
dell’educazione e all’approfondimento metodologico e didattico delle aree
disciplinari interessate nonché di attività di tirocinio didattico obbligatorio. Con
decreto del Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica,
emanato di concerto con il Ministero della pubblica istruzione , sono stabiliti i
criteri di ammissione alla scuola di specializzazione all’insegnamento e le
modalità di svolgimento dell’esame finale. Si applicano altresì le disposizioni di
cui all’articolo 3, comma 7”.
Si può ben capire che in questa legge vengono tratteggiate le linee
essenziali di tale Scuola e che già in esse è possibile scorgere elementi di forte
innovazione e di grande valore, presenti ancor oggi nell’attuale formazione dei
docenti.
A nostro parere, gli elementi di maggior interesse sono questi tre:
il primo: istituzione nell’università di una singola scuola per la formazione dei
docenti secondari con tutte le implicazioni che ne derivano.
Il secondo: valorizzazione del tirocinio, come attività formativa indispensabile,
per il futuro professionale del docente di scuola secondaria, dello studio
disciplinare ordinato a finalità didattiche, che vanno oltre il sapere e dei tempi per
l’attivazione della scuola.
Infine, il terzo: necessità e opportunità di avere un percorso di formazione,
scandito e racchiuso in tempi precisi ( almeno un anno come dice la legge, un
biennio per le proposte successive e come avviene nella realtà odierna).
Per quanto concerne il primo aspetto possiamo dire che “l’opzione
legislativa per una singola scuola è motivata dall’opportunità di creare un
ambiente formativo, unitario per i futuri docenti, dotati di diverse competenze
disciplinari, ma destinanti a collaborare in strutture scolastiche che devono
divenire capaci di una forte collegialità”
21
.
Tutto ciò risultava essere molto qualificante sia per l’università, chiamata
ad uscire , per quanto possibile, dal suo disciplinarismo (in alcuni casi esasperato,
sia per il formando-docente, che già acquisiva la tensione alla interdisciplinarietà
più volte auspicata nei programmi della scuola, e che invitava la stessa università
a farne oggetto di analisi, di riflessione e confronto nella pratica accademica.
Nasceva una nuova istituzione nella quale entravano in dialogo discipline
diverse, “know how”della cultura diversi nei metodi e nelle forme di pensiero,
21
G. LUZZATTO, Insegnare a insegnare. I nuovi corsi universitari per la formazione dei docenti,
Carocci, Roma 1999, pp. 31-32.
16
favorendo il passaggio dal nozionismo di ogni singola disciplina ad una
formazione dal carattere complesso, necessaria per i tempi, a cui si andava
incontro.
Inoltre, tale carattere multicomprensivo e interdisciplinare, invitava
l’università del tempo, dovendo dar vita ad una struttura “ di ateneo o
interateneo”, a prestare il proprio contributo, in relazione alla esperienza e alle
necessarie competenze maturate nella formazione dei docenti
22
, favorendo un
proficuo dialogo sui livelli: del sapere, del “saper fare” e del “saper essere”,
eliminando “l’ipotesi di scuole centrate esclusivamente sulla didattica
disciplinare” e promuovendo un’unicità della Scuola di specializzazione, ove
dando rilievo al ruolo delle Scienze dell’educazione accanto a quello delle
didattiche specifiche, si poteva contribuire a far sì che, nella futura pratica
scolastica, i docenti delle diverse materie , essendosi formati professionalmente in
un ambiente comune, si sentissero parti di un’ equipe docente e superassero le
tendenze all’isolazionismo culturale
23
.
La ratio studiorum della scuola veniva a colmare anche l’inadeguatezza
della formazione iniziale dei neo- insegnanti, più volte manifestata sia
nell’esercizio della funzione docente, espressa in forme di disagio degli insegnanti
causate anche del declino sociale della professione
24
, sia nelle prove di selezione
(i concorsi), dove i candidati dimostravano di possedere una formazione,
schiacciata solo sul piano disciplinare
25
.
Per ciò che concerne il secondo aspetto, si individua l’obbligatorietà del
tirocinio quale elemento di novità, con i seguenti obiettivi:
- Lo studente, non è più da solo, vive il passaggio dall’essere studente
all’essere docente attraverso le pratiche osservative e riflessive del
tirocinio, entrando gradatamente nella professione. docente e in tutte le
dinamiche che essa porta con sé: rapporto con l’istituzione-scuola,
rapporto con gli alunni e con i colleghi e compiti della didattica.
- L’Università è chiamata a collaborare con la scuola, attraverso l’immissione
degli insegnanti secondari per le funzioni di supervisione e di accoglienza dei
tirocinanti nelle scuole, in un rapporto che in questa prima formulazione resta
tutto da definire.
L’ introduzione del tirocinio, affiancato allo studio di contenuti, che devono far
riferimento alle Scienze dell’educazione e “all’approfondimento metodologico e
didattico delle aree disciplinari interessate, colma quella carenza di formazione
professionale, avvertita non tanto per quanto riguarda i contenuti disciplinari
22
Dando qui spazio ad un’opera di sano e orgoglioso campanilismo, confermata anche dalla
citazione della legge circa il ricorso alle allora facoltà di Magistero, che da sempre si sono
occupate delle problematiche relative all’insegnamento.
23
Cfr. L. SANTELLI BECCEGATO (a cura di), La Scuola di Specializzazione per l’insegnamento.
Considerazioni di fondo, proposte indicative, possibili esemplificazioni, Adriatica editrice, Bari
1996, pp. 120-121.
24
Cfr. A. CAVALLI (a cura di), Gli insegnanti nella scuola che cambia. Seconda indagine IARD
sulle condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana, il Mulino, Bologna 2000, p. 372.
25
Cfr. G. ELIA, Il concorso come dimensione formativa, in L. SANTELLI BECCEGATO (a cura di),
Formazione docenti e curricoli universitari, Eudinova, Lecce 1992.
17
specifici della materia insegnata, quanto piuttosto in riferimento ai problemi
educativi, pedagogici e soprattutto didattici”
26
.
“Viene infine estesa alla scuola l’applicazione dei commi 7 e 8
dell’articolo precedente
27
“
28
.
Per ciò che concerne, invece il terzo aspetto, nella parte finale, il comma
stabilisce che il diploma della scuola è abilitante all’insegnamento e costituisce
“titolo di ammissione ai concorsi corrispondenti” […] Ciò conferma quanto aveva
stabilito la legge 270 del 1982, ove la funzione abilitante era stata attribuita ai
concorsi sino al momento dell’istituzione dell’abilitazione universitaria; e
conferma, soprattutto, quanto suggerisce il buon senso , che non fosse pensabile
una formazione professionale dell’insegnante – attivata con un rilevante impegno
di risorse materiali e intellettuali- come un optional, al quale prendervi parte senza
alcun obbligo. Tutto ciò spiega il carattere obbligatorio dato alla frequenza delle
lezione ed alla fondata e seria strutturazione e messa in opera del tirocinio.
Il comma 3 riconferma quanto disposto per il corso di laurea e precisa poi la
durata “non inferiore ad un anno”. Questa indicazione, difforme dalla normativa
generale sulle scuole che prevede almeno due anni, è stata voluta da chi, nel
dibattito parlamentare, ha espresso la preoccupazione per una durata troppo lunga
del ciclo formativo; di fatto, in tutte le successive proposte attuative la durata di
due anni è stata ritenuta indispensabile, anche se viene in base ai numeri di crediti
riconosciuta la possibilità di abbreviazioni del percorso.
Naturalmente, come già auspicato dalle legge, il percorso per l’istituzione
della SSIS non si conclude qui ma prosegue nelle successive disposizioni
legislative, che andremo a prendere in esame.
26
G. LUZZATTO, op.cit., pp. 31-32.
27
Legge 19 novembre 1990, n. 341, art. 3, comma 7-8: “I corsi di laurea di cui al comma 2 sono
attivati a partire dall’anno accademico successivo a quello dell’emanazione del decreto del
Presidente della Repubblica. Con decreto del Ministero della pubblica istruzione, emanato di
concerto con i Ministri per la funzione pubblica e del tesoro entro un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge, sono stabiliti i tempi e le modalità, per il graduale passaggio al nuovo
ordinamento, anche con riferimento ai diritti degli insegnanti di scuola materna ed elementare in
servizio”.
28
G. LUZZATTO, Ibidem.
18
2. QUIS, QUID, QUANDO ET UBI?: D.P.R. N. 470 DEL 31 LUGLIO
1996
La legge viene con questo D.P.R. a definire in una tabella
29
, la XXIII-bis,
il regolamento concernente l’ordinamento didattico della scuola, stabilendone in
undici articoli i tratti essenziali
30
.
Partendo dalla finalità, il regolamento specifica che la scuola è articolata in
indirizzi corrispondenti ad abilitazioni all’insegnamento nelle scuole secondarie e
che si deve provvedere a dar vita a piani di studio adeguati alla formazione
professionale corrispondente alla materia che si insegnerà, creando, appunto, un
raccordo con l’ordinamento scolastico vigente
31
.
In questa formulazione, si riafferma l’affidamento della formazione
docente alla partnership, per l’epoca da ben congegnare e pensare , tra Università
e scuola secondaria. La prima, dedita a curare l’area disciplinare con relativi
laboratori didattici e l’area trasversale in toto per la durata di 700 ore; la seconda,
che riceve la responsabilità del tirocinio, affidato ai docenti della secondaria per
una durata di 300 ore.
Tutte le componenti didattiche qui indicate sono dirette a fornire conoscenze ed
esperienze formative, valide a far maturare nei futuri docenti una buona
professionalità (senza pretese di esaustività), in quanto, forse, nei vari tavoli di
confronto l’Italia si era resa conto di essere, rispetto agli altri paesi europei,
alquanto indietro nel formare i suoi docenti e di conseguenza nel non avere un
sistema scolastico di alta qualità
32
.
Proseguendo nell’analisi della legge, si rintracciano le formulazioni circa il
titolo rilasciato, la durata dei corsi, l’articolazione del piano di studi, i contenuti e
i criteri di ammissione a tale scuola
33
, favorendo sempre la personalizzazione dei
piani di studio dei corsisti, ai quali vengono riconosciuti crediti per insegnamenti
affini o debiti per le lacune disciplinari.
Rispetto al titolo conseguito al termine del percorso, la legge precisa due
sue caratteristiche:
- “diploma di abilitazione”,
- “titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle
scuole secondarie”.
29
Modo solito di chiamare una legge che fornisce un regolamento in ambito universitario.
30
Con una coloritura pedagogica Frabboni definisce questa legge come: “ le ruote alla nuova
diligenza della professionalità docente, diligenza importante per la scuola della riforma dal
momento che la qualità della formazione iniziale degli insegnanti appare architrave d’appoggio di
qualsivoglia nuovo edificio scolastico compatibile con una società del cambiamento della
complessità e in transizione”.F. FRABBONI, Cambiare la scuola, in “Nuova Secondaria”, n. 5,
gennaio 1998, p. 97.
31
Cfr. D.P.R. 470 del 31 luglio 1996, art. 1.
32
In riferimento a quest’aspetto si vedano le varie pubblicazioni, in bibliografia, degli organismi
europei che si occupano di cultura e di educazione tutti tesi a sostenere che la scuola in Europa
persegue l’obiettivo dell’alta qualità.
33
Cfr. D.P.R. 470 del 31 luglio 1996, art. 2-7.
19
A suo tempo, questo titolo è venuto a realizzare quelle richieste che buona parte
del mondo pedagogico e “non”, avevano circa la formazione docente e la
professione docente.
Finalmente, infatti, si dotavano i futuri insegnanti di una formazione più
complessa e organica, cercando di eliminarne con gradualità lo scarso valore sin
ad allora assegnatole.
Per una maggiore comprensione di questo concetto, si pensi che le occasioni
formative per i neo-docenti erano ristrette agli studi universitari e alla
preparazione ai concorsi, sicuramente entrambi privi di quella attenzione
all’insegnamento, e con la conseguenza che, in occasione dei concorsi (anche solo
per conseguire l’abilitazione) si spingevano i candidati ad ingozzarsi di
formazione, che in un futuro (non tanto prossimo), una volta nella scuola, avrebbe
incitato al nozionismo, all’eccessivo verbalismo e perpetuato un modello di
insegnamento inefficace ai tempi e ai destinatari.
Ponendo invece il valore abilitante e la preferenza del titolo SISS per
l’ammissione al concorso si offre un ulteriore tempo e una nuova- più adatta
accezione di formazione alla professione docente
34
.
La durata e l’articolazione dei piani di studio, poi, segnano un incisivo
contributo nella innovazione formativa, in quanto portano lo studente a riflettere,
approcciando le scienze dell’educazione e le discipline d’insegnamento in modo
nuovo, sull’azione didattica ed educativa, necessaria per l’insegnamento nella
scuola. Non era concepibile che un insegnante continuasse a “sciorinare sapere” e
a non tener conto dei destinatari , del contesto, della didattica e dei metodi, con i
quali dava vita alla sua azione educativa. Inoltre, nel segnalare quali discipline
proporre e con quali finalità, come obiettivi fondanti vengono indicati i seguenti
elementi:
- “caratterizzazione di insegnamenti storico-epistemologici con una precisa
valenza didattica;
- individuazione di singole componenti delle scienze dell’educazione,
ritenute rilevanti per la formazione degli insegnanti”
35
;
- strutturazione di un percorso di formazione, ove tutte le componenti sono
intessute in un proficuo dialogo, come rappresentato dal seguente schema
a blocchi:
34
Penso che con questa mia opinione non sarebbero d’accordo i precari della scuola, che si sono
visti superare nelle immissioni in ruolo dai primi abilitati alla SSIS.
35
G. LUZZATTO, L’ordinamento didattico della scuola, in L. SANTELLI BECCEGATO (a cura di),
op. cit., pp. 123-124