I PARTE
CAPITOLO I
STEROIDOGENESI MATERNA E
FETALE DURANTE LA
GRAVIDANZA
1.1 PROGESTERONE
In numerose specie di mammiferi domestici affinché sia mantenuta la
gravidanza sono necessari elevati livelli di progesterone (P
4
). Questo per
l’equino è vero in parte, in quanto in questa specie i livelli sierici di
progesterone calano da circa metà gravidanza, mentre aumentano i livelli
di un'altra classe di steroidi, i progestageni, precursori o metaboliti del P
4
(Ousey et al., 2005).
Inizialmente il corpo luteo primario, derivante dal follicolo ovulatorio, è
il solo produttore di progesterone, in seguito, dal 30° al 40° giorno, si
assiste ad un apprezzabile aumento di progesterone dovuto alla
produzione di gonadotropina corionica equina (eCG) o Pregnant Mare
Serum Gonadotropin (PMSG), che avendo attività follicolo-stimolante
causa la formazione di corpi lutei accessori che a loro volta producono
progesterone fino al 60°-90° giorno, per mantenere le concentrazioni di
progesterone ad un plateau fino al 120°-150° giorno (Squires, 1993).
L’eCG è prodotto dalle coppe endometriali, strutture di circa 2 cm di
diametro formate da tessuto trofoblastico che proliferando si insinua
nell’endometrio.
Dal 150° giorno la concentrazione di progesterone cala e aumenta quella
di altri steroidi ad attività e struttura simile, ma di derivazione fetale detti
progestageni (Ousey et al., 2005). Intorno al giorno 180°-200° giorno il
4
corpo luteo primario e gli accessori sono regrediti del tutto e la loro
regressione è sincrona con il calo dei livelli di eCG circolante.
I progestageni sono steroidi a 21 atomi di carbonio, prodotti da diversi
organi quali l’ovaio, la placenta, l’utero e le ghiandole surrenali. Il P
4
è
solo uno di questi steroidi, e mentre un tempo si pensava che fosse
l’unico ormone responsabile della quiescenza uterina, nel 1979 Holtan et
al. dimostrarono il contrario. In questo studio, utilizzando cavalle
ovariectomizzate tra il 25° e il 210° giorno, è stato evidenziato che le
ovaie sono indispensabili per il mantenimento della gravidanza fino al
50°-70° giorno di gestazione, ma non dopo il 120° giorno.
Nove altri progestageni sono stati isolati con l’uso della gas-
cromatografia associata alla spettrofotometria di massa. Le loro
concentrazioni raggiungono quantità cospicue, dai 5 ai 50 ng/ml, durante
la seconda metà della gravidanza. Due di questi, il 20α-idrossi-5α-
pregnan-20-one (20α-5P) e il 5α-pregnane,3β,20α-diolo (βα-diolo),
raggiungono concentrazioni maggiori di 500 ng/ml, nel sangue materno,
soprattutto nell’ultima parte della gravidanza (Ousey, 2004).
Ci sono differenze quantitative tra le varie razze di cavalli riguardo alle
concentrazioni dei singoli ormoni, per esempio i pony mostrano una
grande variabilità individuale nei livelli di progestageni e un picco
preparto di entità minore rispetto alle fattrici purosangue. Questo
avviene probabilmente per differenze nel rapporto madre/feto, inteso in
termini di peso della madre e peso del feto, o per differente sensibilità e
specificità degli strumenti diagnostici utilizzati (Rossdale et al., 1991). Il
quadro complessivo però si mantiene costante nelle varie razze di cavalli
(Holtan et al., 1991). Dalla seconda metà della gravidanza, i
progestageni sono unicamente prodotti dal feto e dall'unità utero-
placentare che possiedono gli enzimi necessari alla loro sintesi e
metabolismo. Dal 300° giorno, si assiste ad un aumento dei livelli
circolanti nella fattrice (Rossdale, 2004). Le concentrazioni di
progestageni sono molto più elevate nei vasi ombelicali che nella
circolazione materna. Generalmente le concentrazioni sono maggiori
nell’arteria rispetto alla vena ombelicale, a testimonianza di una
5
produzione attiva da parte del feto. Questo sintetizza grandi quantità di
pregnenolone (P
5
) (>10 µmol/min), il precursore di tutti gli altri
progestageni.
Il P
5
è probabilmente prodotto dalle ghiandole surrenali, che possiedono
gli enzimi necessari per la sintesi. Questi enzimi sono presenti anche
nelle gonadi, ma in presenza di feti gonadectomizzati non si è vista
un’alterazione dei progestageni circolanti nel plasma materno (Ousey et
al, 2005). Il P
5
è convertito a livello utero-placentare in P
4
grazie
all’azione della 3β-idrossisteroido-deidrogenasi (3β-HSD). Il
progesterone prodotto non passa nel sangue materno, ma agirebbe
localmente mantenendo l’utero quiescente. Il P
4
a livello utero-
placentare è convertito, ad opera della 5α-reduttasi, in 5α-
diidroprogesterone (5α-DHP), che a sua volta viene ancora trasformato
in 20α-5P dalla 20α-reduttasi.
FETO TESSUTO UTEROPLACENTARE MADRE
P5
5α-DHP
Altri
progestageni
P5 P4
5α-DHP 5α-DHP
Altri
progestageni
Altri
progestageni
20α5P
20α5P
Fig. 1: Schema rappresentante le varie sedi di produzione dei progestageni.
Al contrario di quanto avviene nella prima parte della gravidanza, nella
seconda parte il 5α-DHP dal distretto placentare diffonde in buona parte
(70%) verso il comparto fetale, per essere nuovamente metabolizzato, e
in misura minore (30%) diffonde nel sangue materno. Il 20α-5P invece
mostra sempre una maggiore concentrazione a livello utero-placentare
(Ousey et al., 2005).
6
La regione di questi cambiamenti è ancora oggetto di studio, ma
sicuramente sia il 5α-DHP, sia il P
4
sono importanti nel mantenimento
della quiescenza uterina nella fase finale della gravidanza (Ousey, 2004).
La produzione fetale di P
5
aumenta nella fase finale della gravidanza e
conseguentemente aumentano i valori dei progestageni rilevabili nel
plasma materno. Questi, dopo un aumento dei valori negli ultimi giorni
prima del parto, raggiungono un picco per poi calare nelle ultime ore che
lo precedono.
L’aumento dei livelli di progestageni è accompagnato dallo sviluppo
della ghiandola mammaria, dalla produzione di latte e dall’aumento del
suo contenuto elettrolitico (Rossdale et al., 1991).
Il declino dei progestageni nel plasma materno è associato alla
produzione di cortisolo da parte del feto. L‘associazione temporale
sembra giustificabile anche dal punto di vista biochimico, infatti, la 17α-
idrossilasi posseduta dalle ghiandole surrenali del feto trasforma il
pregnenolone in cortisolo solo dopo il 310° giorno di gravidanza
(Chavatte et al., 1995; Ousey, 2004)
Altri autori hanno dimostrato in vitro che un aumento del 5α-DHP e del
P
4
, come quelli osservati a fine gravidanza, possano inibire la 3β-
idrossisteroido-deidrogenasi (3β-HSD), enzima incaricato alla
trasformazione del P
5
in P
4
a livello placentare. Questo potrebbe
giustificare la diminuzione del metabolismo di tutti i progestageni che
avviene negli ultimi giorni preparto (Chavatte et al., 1995).
Fig 2: Andamento delle concentrazioni plasmatiche di progestageni nella fattrice
durante l’ultimo periodo di gravidanza fino al momento del parto, quando le
concentrazioni calano a livelli basali. (da Ousey, 2004)
7
1.2 ESTROGENI
Nella cavalla gravida, a partire dal 60° giorno si osserva un aumento
della concentrazione di estrogeni plasmatici, che possono essere rilevati
anche nelle urine. Numerosi estrogeni possono essere estratti dal plasma,
dalle urine e dal liquido allantoideo. Tra questi abbiamo l’estrone e la
variante solforata, il 17βestradiolo, e gli estrogeni insaturi con anello β-
aromatico (equilina ed equilenina), e i loro derivati sulfo-coniugati e
idrossilati, come la 17β-idrossiequilenina. L’equilina e l’equilenina sono
stati isolati esclusivamente negli equidi (Marshall et al., 1999).
Le concentrazioni d’estrogeni raggiungono i massimi livelli intorno al
200°-250° giorno, dopo di che calano lentamente fino al parto, al
momento del quale le loro concentrazioni non subiscono alterazioni.
Non ci sono differenze nelle concentrazioni d’estrogeni legate al sesso
del feto.
La produzione d’estrogeni durante la gravidanza rende la cavalla unica
tra gli animali domestici, rendendola simile all’uomo.
Nel corso della gravidanza le gonadi fetali aumentano notevolmente di
volume, per iperplasia e ipertrofia delle cellule interstiziali. Studi
ultrastrutturali hanno dimostrato che queste cellule contengono organuli
che possiedono gli enzimi necessari per la sintesi degli ormoni steroidei.
Le gonadi fetali raggiungono il massimo sviluppo proporzionale intorno
alla metà della gravidanza, dopo di che le loro dimensioni si riducono
(Pashen e Allen, 1979).
Le gonadi fetali producono deidroepiandrosterone (DHA), 7-deidroDHA
(∆
7
-DHA) e 5,7-androstadiene-3,17-diolo, a partire dal colesterolo. Le
gonadi, però, non possiedono gli enzimi necessari alla trasformazione
del DHA e derivati in estrogeni, come la 3β-HSD e le aromatasi, che
invece sono presenti a livello placentare. Per la produzione finale
d’estrogeni, il DHA viene immesso nella circolazione arteriosa fetale e
tramite questa giunge alla placenta, dove viene trasformato.
8
Questa teoria viene giustificata da concentrazioni differenti di DHA e
estrogeni nei vasi ombelicali. Il DHA è molto rappresentato nell’arteria
ombelicale, mentre gli estrogeni sono molto concentrati nella vena
ombelicale (Marshall et al., 1999).
Fig 3: Comparazione tra le ovaie materne sezionate (in basso) e le ovaie fetali (in
alto)di una cavalla morta all’8° mese di gravidanza. La barra nera rappresenta 2 cm di
lunghezza.(da Allen 2001)
Fig. 4: Comparazione tra le ovaie, sezionate longitudinalmente (in alto) di una fattrice
A come il precursore dell’estrone, mentre altri hanno
gravida di sette mesi, morta durante il trasporto, e i testicoli, sezionati anch’essi, del
suo feto (in basso). Foto personale eseguita durante l’esame autoptico
Alcuni autori (Reaside et al., 1979; Pashen e Allen, 1979) hanno
individuato il DH
dimostrato che le gonadi fetali producono il ∆
7
-DHA in vivo e in vitro
(Reaside et al., 1997).
Quindi la produzione di estrogeni è un marker di buona funzionalità
dell’ unità feto-placentare. Gli estrogeni totali sono stati misurati tra il
9
150° e il 280° giorno nel sangue materno come indicatori di benessere
feto-placentare.
Il ruolo e l’importanza degli estrogeni al momento del parto sono stati
dimostrati in esperimenti in cui le gonadi venivano asportate tra il 197° e
asmatiche di estrogeni sia nella forma
ioni uterine, a ridotte
arto, gli estrogeni stimolano l’utero a produrre
e al momento del parto (Ousey, 2004). Una
o in entrambi i casi dal DHA e dai suoi
il 251° giorno di gestazione. La rimozione delle gonadi risulta in un calo
immediato delle concentrazioni pl
coniugata sia non coniugata, mentre i livelli di progestinici rimanevano
inalterati. La lunghezza totale della gravidanza risulta allungata. Durante
la fase espulsiva, si assiste a deboli contraz
concentrazioni di prostaglandine e alla nascita di puledri dismaturi o
morti dopo breve tempo (Pashen e Allen, 1979).
Gli estrogeni possiedono un effetto positivo nei confronti della crescita e
sviluppo di utero, placenta e feto.
In prossimità del p
prostaglandine, a formare gap-junction tra le cellule miometrali e
stimolano la sintesi di recettori per l’ossitocina.
Nelle scimmie, gli estrogeni modulano la secrezione d’ossitocina
durante la gravidanza
situazione simile secondo alcuni autori avviene nella cavalla, in cui agli
aumenti notturni di 17β-estradiolo si associano aumenti dell’attività
mioelettrica uterina.
Nella pecora e nell’uomo alcuni autori hanno ipotizzato un ruolo degli
estrogeni nella maturazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene,
riconoscendo l’estradiolo come fattore stimolante l’ipofisi a rilasciare
ACTH (Wood, 2005).
Nella pecora e nell’uomo si assiste ad un aumento delle concentrazioni
di estrogeni avvicinandosi al parto, mentre nella cavalla le
concentrazioni di estrogeni si mantengono elevate per buona parte della
gravidanza, ma in prossimità del parto si abbassano. Questa differenza
nella secrezione di estrogeni potrebbe trovare giustificazione nelle
differenze funzionali che le surrenali e le gonadi hanno nel cavallo e
nell’uomo. Nella specie umana e nella specie equina, gli estrogeni
prodotti dalla placenta derivan
10
derivati, però, mentre nel cavallo la sede biosintetica è rappresentata
dalle gonadi fetali, nell’uomo questo androgeno è prodotto dalle
1.3 CORTISOLEMIA NELLA FATTRICE
sia
viene raggiunto al parto o subito dopo. I livelli di cortisolemia nella
fattrice rale sia in quello indotto
ione tra concentrazione materna e fetale (Silver et al., 1984).
1.4
centari, patologie sistemiche materne, ingestione di fieno
duttore
di DHA e dall’altro la placenta che lo trasforma in estrogeni.
ghiandole surrenali, in particolare dalla zona corticale della ghiandola
surrenale fetale. Inoltre, nell’equino, una stimolazione fetale con CRH o
ACTH comporta un aumento dei livelli di progestinici nel sangue
materno (Rossdale et al., 1992), mentre nell’uomo si ha un aumento
degli estrogeni (Wood, 2005).
La cortisolemia della fattrice, prima del parto, è pari a 60 ng/ml; tra pre-
parto e prima fase del parto l’aumento medio è di 14,8 ±2,8 ng/ml,
mentre tra prima e seconda fase del parto è di 29,3 ±6,1 ng/ml,
durante il parto naturale che quello indotto; il picco (circa 87,7 ng/ml)
sono gli stessi sia nel parto natu
(Koterba, 1990).
Sia nella madre che nel neonato, le massime concentrazioni di cortisolo
si osservano al momento del parto o immediatamente dopo, ma non c’è
correlaz
CAMBIAMENTI ORMONALI INDICATORI DI
SOFFERENZA FETALE
Numerosi studi riportano di cambiamenti dei livelli ormonali in corso di
patologie pla
parassitato (Rossdale et al., 1991; Brendemuehl et al., 1995; Ousey,
2004).
Gli ormoni più studiati a questo proposito sono i progestageni e gli
estrogeni, poiché entrambi sono prodotti attraverso meccanismi
biosintetici che coinvolgono sia la madre sia il feto. La produzione di
questi ormoni è, quindi, un marker di buona funzionalità dell’unità feto-
placentare.
Per quanto riguarda gli estrogeni, da un lato abbiamo il feto pro
11
Gli estrogeni totali sono stati misurati tra il 150° e il 280° giorno nel
sangue materno come indicatori di benessere feto-placentare. Una
concentrazione materna >1000 ng/ml è considerata normale. Prima del
300° giorno valori d’estrogeni compresi tra 500 ng/ml e 800 ng/ml sono
fattrice,
etali o
ne prolungata, distacco prematuro di placenta, distocia e
associati a sofferenza fetale valori inferiori a 500 ng/ml sono associati ad
un feto fortemente compromesso o morto (LeBlanc et al., 2004)
Nel 1993, Foster et al. hanno cercato di quantificare i livelli di estrogeni
nei liquidi amniotico e allantoideo, rilevandone elevate quantità e una
correlazione positiva tra diminuzione dei livelli di estrogeni e nascita di
puledri dismaturi.
I livelli di progestageni circolanti nel sangue periferico della
invece, possono aumentare prematuramente o calare velocemente
durante infezioni croniche, interventi chirurgici, malattie sistemiche
della fattrice. Numerosi studi hanno evidenziato che un aumento dei
livelli di progestinici è associato ad un’accelerata maturazione fetale o a
stress fetale. Un calo improvviso e prematuro dei progestinici invece è
associato ad aborto (Rossdale et al., 1991; LeBlanc et al., 2004).
In corso di malattie sistemiche della fattrice anche senza danni f
placentari evidenti, come per esempio le coliche, molto frequenti durante
la gravidanza, il feto è di solito protetto dalla barriera offerta dalla
placenta. Il cortisolo secreto dalla cavalla durante episodi di stress
sembra non oltrepassare la placenta nella parte finale della gravidanza,
probabilmente perché prontamente inattivato dalla 11β-idrossisteroido-
deidrogenasi presente a livello placentare. (Chavatte et al., 1995)
L’intossicazione da festuca, che consiste nell’esposizione di cavalle
gravide a fieno parassitato dall’endofita Acremonium coenophialum, è
associata con problemi di carattere riproduttivo quali agalassia,
gestazio
mortalità neonatale molto elevata, con la nascita di puledri che
presentano una ridotta funzionalità surrenalica e tiroidea. Le
concentrazioni di prolattina e progestageni sono sensibilmente depresse
in questi animali e non si assiste al caratteristico aumento dei livelli di
12
progestinici nell’ultimo periodo di gravidanza (Brendemuehl et al.,
1995).
L’ organo fetale incaricato della produzione di progestageni è la
corticale della surrene. L’ infusione di ACTH o CRH al feto equino tra il
248° e il 335° giorno di gestazione provoca un aumento considerevole
dei livelli di 5α-pregnani nel sangue materno (Rossdale et al., 1992). Se
questa operazione viene effettuata in feti di madri alimentate con fieni
parassitati da endofiti non si assiste a nessun aumento dei livelli di 5α-
studi condotti in vitro si legano ai recettori della dopamina D
2
e
sopprimono la secrezione di prolattina. Nella pecora invece degli
alcaloidi, prodotti da un altro endofita, si legano ai recettori della
dopamina inibendo la produzione di ACTH. Quindi si pensa che il
quadro di gestazione prolungata e dismaturità nei nati da madri esposte
ad endofiti sia dovuta ad una alterata funzione surrenalica e tiroidea
(Brendemuehl et al., 1995).
pregnani nel sangue materno dal 300° giorno fino a termine gravidanza.
Questo suggerisce che ci possa essere una compromissione dell’attività
surrenalica, teoria avvalorata anche dalle basse concentrazioni di
progestageni e cortisolo che si trovano nel sangue di puledri nati da
madri esposte all’endofita rispetto a quelle non esposte. La
steroidogenesi placentare non viene compromessa in queste circostanze,
ma sembra essere interessato solo il feto (Brendemuehl et al., 1995).
Esiste una correlazione positiva tra i livelli ematici di cortisolo e ormoni
tiroidei nel puledro neonato (Silver et al., 1991), e una correlazione
negativa tra madri alimentate con fieni parassitati e livelli di cortisolo e
di L-3,5,3’-triiodotironina (T
3
) nel puledro. La correlazione è ancora
oggetto di studio per quanto riguarda l’animale sano. Nei puledri nati da
madri esposte all’endofita, la tiroide si presenta aumentata di volume
con i follicoli ripieni di colloide, facendo ipotizzare un’insufficiente
produzione pituitaria d’ormone tireo-stimolante (TSH). La concomitante
carenza di TSH e ACTH fa sospettare una riduzione dell’attività
ipotalamica, probabilmente inibita dalle tossine prodotte dall’endofita.
Infatti molte molecole prodotte da A. coenophialum sono alcaloidi e in
13