Capitolo 1
2
Il meccanismo che si verifica più frequentemente è il ribaltamento verso l’esterno delle
pareti esposte. Ciò avviene con diverse modalità in ragione delle caratteristiche
geometriche delle pareti, della composizione muraria e delle caratteristiche tecnologiche
dell’edificio nell’insieme. Ogni parete muraria è vincolata, generalmente in modo
monolaterale, alle murature limitrofe e agli orizzontamenti. Le caratteristiche dei vincoli
monolateri fanno si che un muro o un orizzontamento in genere è in grado solo in parte,
per effetto degli attriti che interessano gli appoggi, di trattenere una parete esposta alla
rotazione verso l’esterno. Diverso è il comportamento se le pareti esposte sono trattenute
da efficaci cantonali o incatenamenti.
I meccanismi di danno possono essere suddivisi in due fondamentali categorie (Giuffrè
A. [T1]) a seconda del tipo di risposta delle pareti: i cosiddetti meccanismi di primo
modo, in cui sono coinvolte pareti o porzioni di esse sollecitate ortogonalmente al proprio
piano, e di secondo modo, in cui la parete risponde all’azione sismica nel proprio piano.
In assenza di opportuni collegamenti tra pareti ortogonali (ammorsamenti, catene) ed a
livello degli orizzontamenti, la risposta della costruzione all’azione orizzontale avviene
per parti. Le singole pareti tendono a comportarsi indipendentemente le une dalle altre ed
a sviluppare meccanismi di collasso di primo modo, trasformando la risposta globale della
costruzione nella somma delle risposte locali delle singole pareti. Nel caso, invece, in cui
sia presente un idoneo grado di collegamento tra le pareti, la ripartizione delle azioni
sismiche avviene in base alla rigidezza ed alla posizione relativa delle pareti mediata dalla
rigidezza di piano degli orizzontamenti. La risposta, allora, dipende dal comportamento
delle pareti nel proprio piano, che collaborano tra loro e fra cui le azioni sono ripartite
seguendo l’evoluzione non lineare del sistema.
La natura dinamica dell’azione sismica fa sì che si possano inoltre verificare
meccanismi di danno legati all’interazione tra le varie parti e, soprattutto, che il
comportamento ciclico non lineare del materiale giochi un ruolo fondamentale nella
risposta: il degrado di resistenza della muratura induce una maggiore ridistribuzione delle
forze tra le varie pareti, l’energia dissipata nei cicli di isteresi sopperisce talvolta alla
limitata capacità duttile dei pannelli ed il degrado di rigidezza porta la struttura a
modificare il proprio modo di vibrare e, dunque, ad avere una diversa richiesta in termini
spettrali (Penna A. [1]).
1.2 Qualità e caratteristiche meccaniche della muratura
La muratura costituisce il primo materiale composito (blocchi di laterizio o di pietra e
malta) impiegato nelle costruzioni (Magenes G. [2]).
L’analisi della risposta di strutture murarie trova il primo ostacolo concettuale già nella
definizione di parametri meccanici che descrivano adeguatamente la risposta globale della
muratura, che, come ben noto, è un materiale essenzialmente anisotropo con direzioni di
scorrimento preferenziali. Per le murature esistenti si pone poi l’ulteriore difficoltà di
conoscere o stimare la consistenza della malta e dei mattoni impiegati per la costruzione.
In riferimento a queste ultime, la qualità muraria dipende prima di tutto dalla geometria e
Risposta sismica degli edifici in muratura
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dalla disposizione delle pietre che le compongono. Pietre di dimensioni tali da interessare
importanti porzioni dello spessore murario sono già garanzia di buona qualità.
Il peggior difetto di un muro risulta essere l’assenza di monoliticità trasversale, che
avviene quando esso è costituito da piccoli ciottoli o da due facce esterne ordinatamente
assemblate e da un disorganico riempimento dello spazio tra di esse (Giuffrè A. [T1])
(figura 1.2). Tale difetto esalta la fragilità del muro, che si rivela quando forze esterne
agiscono ortogonalmente al suo piano.
Figura 1.2 – Importanza della sezione trasversale.
Un altro elemento rilevante nella qualità muraria è la malta: la sua importanza è tanto
maggiore quanto minore è la dimensione delle pietre in rapporto allo spessore del muro.
La prima funzione svolta dalla malta è infatti quella di regolarizzare il contatto tra le
pietre: ciò può avvenire quasi senza chiamare in causa la sua resistenza. La seconda
funzione è di contribuire a realizzare la monoliticità trasversale del corpo murario. È
evidente che in tale funzione essa è tanto più chiamata in causa quanto meno la
monoliticità è garantita dall’ingranamento delle pietre, ossia quanto più sono piccole le
pietre che costituiscono il muro.
La malta è però un materiale incerto: può essere ottima, resistente e tenacemente
attaccata alla pietra, ma può anche risultare debole e decoesa. Inoltre è molto soggetta al
degrado: il percolare dell’acqua attraverso le fessure del muro la disgrega facilmente.
Le pietre, che sono per natura tenere e porose, tendono a disseccare il muro assorbendo
tutta l’umidità della malta; quando allora la calce e la sabbia sono molto abbondanti, il
muro ricco di umidità non si indebolisce in tempi brevi e si mantiene compatto. Quando
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invece la porosità della pietra assorbe tutta l’umidità della malta, anche la calce si dissocia
dalla sabbia diventando polvere, per cui non può più cementare saldamente insieme le
pietre e questo causa, con il passare del tempo, il crollo dei muri (figura 1.3).
Quando la posa delle pietre nel muro è però ben organizzata, la coesione della malta è
meno importante: anche una malta decoesa esercita la funzione di regolarizzazione del
contatto.
Il meccanismo di trasmissione dei carichi nello spessore del muro non deve essere
visto nell’ottica della meccanica del continuo (Cauchy), bensì come un passaggio dei
carichi da una pietra all’altra secondo l’accidentalità dei contatti. Il corpo murario non è
un solido nel senso classico del termine, ma una struttura costituita da una catena
pluriconnessa di corpi resistenti. Ciascuna pietra raccoglie un carico da quelle sovrastanti
e lo trasmette a quelle adiacenti attraverso vincoli di semplice contatto, più o meno
mediato dalla presenza della malta. L’orientamento del contatto condiziona la direzione
della reazione e la presenza di vuoti impone percorsi obbligati (Giuffrè A. [T1]). La
resistenza del muro è assicurata se tale trasmissione è possibile, cioè se l’ingranamento tra
le pietre è tale da offrire a ciascuna di esse vincoli sufficienti per l’equilibrio.
Figura 1.3 – Collasso indotto da degrado della malta.
Il difetto di resistenza del muro si verifica quando alcune pietre si trovano
nell’impossibilità di soddisfare l’equilibrio locale a causa di un insufficiente contatto
reciproco. In tal caso, esse vengono escluse dal percorso dei carichi: questi devono quindi
trovare altre vie, attraverso altri contatti che potrebbero mancare o essere orientati in
modo tale da generare altre ed inaccettabili componenti di sforzo. Un’insufficienza locale
può suscitare un meccanismo instabile che improvvisamente evolve in un collasso totale.
È facile che tali eventualità siano chiamate in causa quando il muro è soggetto ad azioni
non verticali, come, per esempio, quelle indotte dall’azione sismica.
Risposta sismica degli edifici in muratura
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Mentre per le azioni verticali che usualmente sollecitano la struttura, l’equilibrio è
assicurato fin dalla costruzione, la presenza di azioni diversamente orientate richiede
l’efficacia di contatti generalmente non chiamati in causa, e se questi non sono
disponibili, il muro rivela una debolezza intrinseca. Risulta quindi di fondamentale
importanza lo studio dell’effetto della tessitura sulla resistenza (Giuffrè A. [T1] e
Magenes G. [2]). Al riguardo si può affermare, che se lo stato di compressione nella
muratura non agisce in direzione normale ai letti di malta, ovvero se lo stato di tensione
non è monoassiale, la tessitura della muratura diviene un ulteriore elemento nella
valutazione della resistenza a compressione. In figura 1.4 sono indicati i diversi
meccanismi di collasso al variare dell’angolo θ tra la direzione del carico ed i letti di
malta (Page, 1981), come dedotti da prove sperimentali su campioni in scala 1:2. Per stati
di tensione monoassiale o per stati di tensione biassiali in cui una componente di tensione
è prevalente sull’altra, il collasso avviene per scorrimento lungo i giunti di malta; quando
lo stato di tensione biassiale è pressoché isotropo il collasso avviene lungo un piano
parallelo al piano del pannello, ovvero con una separazione del campione in due parti di
spessore approssimativamente dimezzato.
Figura 1.4 – Meccanismi di collasso della muratura di mattoni pieni sottoposta a generici stati di
tensione (Page, 1981).
Dalle prove sperimentali, Page ha dedotto i domini di rottura, riportati in figura 1.4,
per valori dell’orientazione θ pari a 0°, 22.5°, 45°, 67.5° e 90°. Ponendosi sulle linee σ
1
=
0 o σ
2
= 0 è possibile individuare e quantificare l’effetto dell’orientazione del letto di
Capitolo 1
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malta rispetto alla direzione principale di carico, con variazioni della resistenza, rispetto a
quella di muratura a tessitura retta (θ = 0), di -58% ÷ +15% in funzione dell’angolo θ.
Figura 1.5 – Dominio di rottura di muratura soggetta a stato di compressione biassiale in funzione
dell’inclinazione θ dei letti di malta (Page, 1981) [2].
Figura 1.6 – Dominio di rottura di muratura soggetta a stato di compressione biassiale in funzione
dell’inclinazione θ dei letti di malta, intersezione del domino limite con il piano σ
3
= 0 (Page, 1981) [2].
Si osservi che il dominio limite (figura 1.5 e 1.6) ritrovato sperimentalmente, presenta
le stesse caratteristiche principali dei domini ottenuti per materiali fragili, in particolare
quelli per il calcestruzzo. Ciò dimostra come il comportamento effettivo della muratura è
tipicamente ortotropo, poiché la resistenza in direzione ortogonale ai giunti verticali di
malta è molto maggiore di quella in direzione ortogonale ai letti orizzontali (ciò sarà
dimostrato al Capitolo 3). Il dominio limite ricavato, funzione periodica dell’anomalia θ,
è efficacemente espresso in funzione delle componenti speciali di tensione σ
x
, σ
y
e τ
xy
,
dove x-y è il riferimento parallelo ai letti di malta e ai giunti di testa:
Risposta sismica degli edifici in muratura
7
()
12 12
x
cos 2
σ σσσ
σ θ
+−
=− (1.1)
()
12 12
y
cos 2
σ σσσ
σ θ
+−
=+ (1.2)
()
12
xy
sen 2
2
σ σ
τ θ
−
= (1.3)
Nello spazio σ
x
, σ
y
e τ
xy
, la superficie di rottura è approssimata dall’equazione:
22
xy xy
2
c
22
σσ σσ
τ
⎡⎤
+−
⎡⎤⎛⎞
⎢⎥−=± +
⎜⎟
⎢⎥
⎣⎦⎝⎠
⎣⎦
(1.4)
ove c è un parametro di resistenza dedotto dai punti della superficie limite ricavati
sperimentalmente, in genere da prove monoassiali. La traccia della superficie per τ
xy
= 0,
quindi nel piano delle componenti di tensione parallele ai giunti di malta, è
approssimabile con una poligonale (figura 1.7), rendendo il dominio limite
particolarmente flessibile per applicazioni ed implementazioni in programmi di calcolo
numerico (Magenes G. [2]).
Figura 1.7 – Dominio di rottura biassiale per la muratura nel riferimento dei letti e dei giunti di malta
(Page, 1981) [2].
Nello spazio delle tensioni il dominio di rottura è invece esprimibile dall’equazione:
222
np npnp
ABCD EF10σστσσσσ+++ +++= (1.5)
in cui i coefficienti A, B, C, D, E ed F, sulla base delle prove sperimentali di Page (1981),
assumono i valori riportati in tabella 1.1.
Capitolo 1
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Cono A B C D E F
1 0.0006 -0.00064 -0.0243 0.012 0.119 0.0958
2 -0.262 -0.327 -3.26 2.72 -1.86 -1.11
3 -0.0294 -0.034 -6.15 5.96 -2.66 -2.08
Tabella 1.1 – Valori dei parametri del dominio limite (Page, 1981).
1.3 Meccanismi di collasso
I danni tipici del costruito in muratura possono essere distinti secondo due
fondamentali modalità di collasso (Giuffrè A. [T1], 1993): i cosiddetti meccanismi di
primo e secondo modo.
Per i meccanismi di primo modo si intendono quei cinematismi di collasso connessi al
comportamento delle pareti in muratura fuori dal proprio piano, quindi con
comportamento flessionale e di ribaltamento. I meccanismi di secondo modo riguardano
invece la risposta della parete nel proprio piano, con tipici danneggiamenti per taglio e
flessione. Volendo definire una gerarchia completa delle modalità di collasso delle pareti
in muratura, si dovrebbe aggiungere quella inerente alla disgregazione della tessitura
muraria, anche se essa risulta dipendere esclusivamente dalla qualità e dalla modalità di
accoppiamento (tessitura) dei materiali costituenti la muratura, più che dalle sollecitazioni
agenti. È opportuno precisare, che l’attivazione dei meccanismi fondamentali di collasso è
però strettamente dipendente dal comportamento globale dell’edificio, che a sua volta
discende dalle caratteristiche tipologiche e tecnologiche.
In una costruzione in muratura si possono individuare come elementi resistenti,
rispettivamente, le pareti e gli orizzontamenti (solai, volte, coperture).
Il comportamento globale della struttura sottoposta all’azione sismica è fortemente
influenzato, ancor prima che dalle caratteristiche intrinseche dei singoli elementi
strutturali, dal grado di connessione presente tra essi. Ad esempio, carenze nel
collegamento tra pareti ortogonali e tra pareti ed orizzontamenti, fanno sì che la struttura
non sia in grado di sviluppare, durante il terremoto, una risposta globale che chiami a
collaborare fra loro le diverse pareti ed a ripartire tra esse le sollecitazioni indotte (figura
1.8). La risposta che la parete tende ad avere è allora, ovviamente, dominata dal
comportamento fuori piano, esibendo, nei riguardi dei meccanismi di primo modo, una
evidente vulnerabilità. Al contrario, la presenza di un buon ammorsamento tra pareti o di
connessioni anche puntuali, ottenibili con l’inserimento di catene metalliche, innesca la
collaborazione nella risposta tra le varie componenti della fabbrica. L’edificio ha, perciò,
un comportamento d’insieme che lo porta a poter ricorrere alle maggiori risorse di
rigidezza delle pareti nel proprio piano.
La probabilità di insorgenza di meccanismi di ribaltamento fuori piano viene
decisamente ridotta dalle diverse condizioni di vincolo in cui si viene a trovare la parete e
può ulteriormente ridursi nel caso di un buon collegamento ad esse degli orizzontamenti.
Risposta sismica degli edifici in muratura
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Figura 1.8 – Danni da carenza di ammorsatura.
In questo caso, in cui si realizza il cosiddetto comportamento scatolare (figura 1.9),
assume un ruolo fondamentale, ai fini della risposta sismica, la rigidezza dei solai nel
proprio piano: solai molto rigidi ripartiscono le azioni fra le pareti in base alla loro
rigidezza ed alla posizione in pianta, favorendo inoltre l’instaurarsi di meccanismi di
collasso di piano.
Figura 1.9 – Comportamento scatolare.
In figura 1.10 è schematizzata la variazione del comportamento strutturale indotta dal
diverso grado di collegamento tra le pareti e dalla differente rigidezza dei solai. Le figure
1.11 e 1.12 mostrano invece, come anche con interventi puntuali sia possibile limitare
l’impellenza di meccanismi di primo modo e ridurne la vulnerabilità associata trasferendo
la risposta fuori piano della facciata alla risposta nel piano delle pareti di spina.
La realizzazione del comportamento scatolare fa sì che per l’edificio si possa definire
una vulnerabilità globale che dipende dalla risposta sismica di tutto il sistema strutturale,
governata dalla risposta nel piano delle pareti e dall’azione di collegamento e ripartizione
esercitata dagli orizzontamenti.
Risulta dunque fondamentale analizzare la risposta della parete nel proprio piano (v.
figura 1.13), studiare i possibili meccanismi di danneggiamento e valutare l’interazione
con il resto della costruzione.