Patrizia Cecchi - La struttura organizzativa per processi e l’approccio alla qualità:
applicazioni presso l’Università degli Studi di Firenze
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PRIMA PARTE
2. LOGICA E FUNZIONE DEL PROCESSO
2.1 Definizione di processo
Un processo può essere definito genericamente come un insieme d’attività ed
operazioni svolte da più funzioni aziendali rivolte alla realizzazione di un determinato output
di soddisfazione per i clienti.
Sulla base anche delle numerose definizioni di processo prospettate da vari autori
2
,
così come di quella fornita da un semplice dizionario della lingua italiana
3
, possiamo individuare
quelli che sono i suoi elementi qualificanti e offrire una definizione più puntuale:
- le attività, come unità di lavoro od operazioni elementari del processo fra loro
interconnesse,
- le risorse
4
impiegate per svolgere tali attività che costituiscono l’input del processo,
- ed infine, il risultato (output) a cui è orientato il processo che deve essere di valore
per il cliente.
Da questi elementi possiamo trarre una definizione sufficientemente ampia, ma allo
stesso tempo puntuale, ed affermare che un processo è costituito da un insieme d’attività,
tra loro interdipendenti e finalizzate al perseguimento di un obiettivo comune che riceve
un determinato input, vi apporta delle trasformazioni che aggiungono valore, impiegando
risorse aziendali, ed infine trasferisce all’esterno l’output richiesto cioè il prodotto o
servizio.
Nessuna attività inserita nel processo, presa singolarmente, produce elementi
apprezzabili per il cliente; il risultato complessivo, cioè l’output finito, si ottiene solo ed
esclusivamente dalla loro opportuna aggregazione.
Ogni processo presenta dei clienti, sia interni che esterni all’azienda e il suo dispiegarsi
può prevedere la partecipazione e l’operato sia di più unità organizzative, appartenenti alla
medesima azienda, che di entità organizzative esterne.
ξ
2
Davenport-Short 1990 articolo su Sloan Management Review: “ Processo è la logica organizzazione di persone,
materiali, energie, attrezzature e procedure (risorse) in attività di lavoro progettate per produrre uno specifico
risultato finale”.
Harrington 1990 da “Il processo migliorativo”: “Un processo aziendale consiste in una serie di attività che hanno
un input, aggiungono valore ad esso e realizzano un output”
Palma 1995 “Un processo è un insieme ordinato di uno specifico insieme di attività lavorative che possono essere
identificate nel tempo e nello spazio con un inizio ed una fine e con input ed output chiaramente definiti”
3
Garzanti 1998: processo = 1. manifestazione, svolgimento nel tempo di un insieme di fatti o fenomeni connessi fra
loro; 2. serie di operazioni che si compiono per conseguire un determinato fine.
4
Energie personali, tempo, elementi materiali, risorse finanziarie.
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Cliente
Input output
Risorse
Gestione
Interdipendenze sequenziali
Interdipendenze reciproche
Interdipendenze generiche
Figura n. 1 Esemplificazione di processo
Nella maggior parte dei casi, i processi sono svincolati rispetto alla formale struttura
organizzativa aziendale in quanto il loro sviluppo comprende un insieme d’attività
interfunzionali, trasversali rispetto ad un tradizionale organigramma (cfr. Figura n.2). Quindi
dato che in un processo sono coinvolte più funzioni risulta importante riuscire a "vedere" i
legami fra le stesse. Da qui ha origine la creazione di valore.
Organizzazione aziendale classica e per processi
Prodotto/servizio
Cliente
Figura n…2 Organizzazione aziendale classica e per processi
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In molte aziende la struttura organizzativa è, tuttora, basata sui tradizionali reparti
funzionali, dove tutti i dipendenti che svolgono la stessa funzione sono raccolti nello stesso
dipartimento o divisione: acquisti, produzione, ricerca distribuzione, personale etc. . Quindi
l'organizzazione per funzioni è determinata dal principio di suddivisione del lavoro secondo
criteri di omogeneità.
Questo tipo di struttura comporta una sub-ottimizzazione delle risorse, poiché ciascun
reparto naturalmente persegue solo i propri obiettivi e vantaggi. Quando, ad esempio, si
riceve un ordine da un cliente ciascuna divisione svolge la propria funzione indipendentemente
dalle altre.
In realtà i clienti non valutano le performance dell’azienda verticalmente, ma
orizzontalmente. I clienti, infatti, non sono in alcun modo interessati a sapere di quale
divisione dell’azienda è la responsabilità di un difetto di un prodotto o di un disservizio.
Si dice generalmente che l’impresa organizzata per funzioni è costruita per servire
il management, mentre l’impresa orientata al processo serve al cliente.
L’organizzazione per processi promuove pertanto la collaborazione fra diverse funzioni,
per conseguire obiettivi comuni e concepisce l’azienda alla stregua di un insieme di processi -
flussi d’attività interfunzionali, finalizzati alla predisposizione del prodotto/erogazione del
servizio per il cliente - i quali attraversano i diversi settori funzionali e sono coordinati
attraverso flussi informativi principalmente orizzontali.
Secondo questa modo di vedere la vita stessa dell’impresa è dunque un insieme di
processi!
2.2 Evoluzione storica e funzione del processo
Fino ai primi anni ’80, l’ambiente in cui le imprese si trovano ad operare è
contraddistinto da un’elevata stabilità che si riflette sia sui prodotti che sui processi in cui si
materializzano le attività (standardizzazione e ripetitività).
In questo contesto storico-economico, dove la domanda si presenta in continua crescita,
le imprese organizzano la propria offerta secondo quantità di prodotti/servizi sempre
maggiori ad un costo decisamente contenuto, nonché compatibile con le possibilità economiche
dei consumatori. Ciò è sicuramente supportato dall’applicazione di metodi rigorosi di
organizzazione del lavoro nel processo produttivo
5
, mentre in tema di organizzazione
aziendale, le imprese riservano il loro interesse prevalentemente alla struttura organizzativa.
A fronte dei vantaggi conseguibili in base alla specializzazione ed al continuo
incremento del grado di professionalità, che di fatto consentono di ottenere forti economie di
scala, si registra in quegli anni:
a) il prevalere di una visione settoriale a scapito di una visione globale dell’azienda e dei
processi in essa materializzati;
ξ
5
Improntati allo Scientific Management di F.W.Taylor (1911), il cui modello organizzativo è contraddistinto da:
- marcata divisione del lavoro;
- progettazione accurata dei tempi e metodi degli addetti al processo produttivo in modo da armonizzare i loro
movimenti con la conduzione delle macchine;
- correlazione delle quantità prodotte con il compenso erogato agli operatori (cottimo).
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b) l’accrescimento del numero dei livelli gerarchici e conseguenti carenze comunicative e di
collaborazione fra unità organizzative/reparti;
c) la prevalenza degli obiettivi funzionali sulle finalità generali dell’impresa, con possibili
eccellenze “locali” a discapito di quella generale.
Inoltre la presunta corrispondenza fra marcata divisione del lavoro e incremento di
produttività induce ad organizzare su questa base, non solo il processo produttivo, bensì
anche gli uffici nell’ambito dei quali la specializzazione funzionale prende campo, compreso
presso le pubbliche organizzazioni.
Nel corso dei primi anni ’80 tuttavia il clima cambia. La notevole impennata di
turbolenza nei mercati, l’incremento della complessità dell’ambiente, cui si aggiunge un forte
aumento della competitività, sono elementi che inducono i vertici aziendali a spostare, in
campo organizzativo, la propria attenzione dalla struttura organizzativa.
In effetti l’aumento delle dimensioni aziendali e/o l’espansione di attività e/o la
diversificazione che hanno contribuito ad aumentare la complessità dell’impresa, hanno altresì
fatto emergere i limiti della struttura funzionale e dato spazio all’affermarsi di altri modelli
come quello multidivisionale. Si tratta, quest’ultimo, di una struttura articolata e complessa
che, in pratica, è costituita da più unità relativamente autonome, le divisioni, guidate secondo
una concezione unitaria e globale da un organo direzionale di vertice
6
.
L’elemento qualificante di tale modello non è più la funzione, ma l’output cioè il prodotto
o il cliente o ancora l’area geografica; inoltre le divisioni risultano caratterizzate da un’ampia
autonomia decisionale e dalla responsabilità sui risultati conseguiti dal management in termini
di profitto.
Alla semplificazione dei flussi comunicativi e delle decisioni di coordinamento, allo
sviluppo di competenze manageriali di tipo globale e alla possibilità del vertice aziendale di
dedicarsi ai temi strategici di distribuzione delle risorse in funzione delle scelte aziendali e
all’aumentare della complessità, fanno tuttavia riscontro alcuni svantaggi
7
. Diviene in
particolare eccessiva la focalizzazione sui risultati di breve periodo, risultano ridotte le
capacità del vertice aziendale di cogliere per tempo i cambiamenti in atto e diminuiscono
altresì le occasioni di contatto tra specialisti - elemento qualificante della specializzazione
funzionale - a discapito dello sviluppo e della diffusione di idee che favoriscono il
cambiamento.
Al fine di superare le problematiche emergenti con il modello multidivisionale, si è
successivamente sviluppato un ulteriore modello: il modello a matrice in cui, alla suddivisione
per funzioni e alla creazione di gerarchie verticali, si affianca simultaneamente la suddivisione
di tipo orizzontale che tende a realizzare un coordinamento ed una integrazione “laterale” fra
operatori che svolgono funzioni diverse
8
.
ξ
6
R.D’Anna Caratteri e problemi di progettazione della struttura organizzativa – Giappichelli Editore Torino 2004
7
R. D’Anna in “Caratteri e problemi di progettazione della struttura organizzativa” sopra richiamato evidenzia nel
dettaglio gli svantaggi di tale modello. A quelli già evidenziati aggiungiamo anche:
a) eccessiva proliferazione di organi poiché si rende necessaria la istituzione di direzioni funzionali nell’ambito
delle varie divisioni che a loro volta richiedono la consulenza e il coordinamento di appositi staff centrali;
b) imposizione di criteri gestionali omogenei a tutte le divisioni (valori di corporate);
c) complessità dei compiti strategici del top management in caso di sviluppo di relazioni fra divisioni.
8
R.D’Anna Caratteri e problemi di progettazione della struttura organizzativa – Giappichelli Editore Torino 2004
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Il modello offre la possibilità di conseguire contemporaneamente l’efficienza e la
specializzazione tipiche del modello funzionale, ma anche la gestione integrata degli output
come avviene nella struttura divisionale.
Nonostante i pregi evidenziati, l’adozione del modello a matrice risulta molto contenuta
per le difficoltà applicative e per le ripercussioni sul comportamento e sulle motivazioni degli
attori aziendali nei quali si insinuano tensioni e insicurezze.
Il periodo storico in esame dunque si caratterizza per ricche elaborazioni teoriche e
connesse applicazioni sulla base del rapporto strategia–struttura organizzativa, mentre non si
rilevano studi specifici sui processi operativi che vengono sempre governati secondo i Tempi e
Metodi di origine tayloristica. Inoltre si deve evidenziare che la specializzazione, che
conduce alla creazione di più unità organizzative, produce il moltiplicarsi di livelli gerarchici e
fa crescere l’esigenza del coordinamento che si realizza attraverso il comando. Il criterio
gerarchico verticale (competenze e potere), malgrado il successivo diffondersi di modelli
organizzativi “piatti”, rimane ancora in questo periodo un elemento cardine nel governo di
impresa sebbene smussato e reinterpretato superando il livello del “comando in senso stretto”
con l’introduzione di attività innovative come la trasmissione dei valori aziendali, la
stimolazione motivazionale, la formazione. Nonostante quest’integrazione concettuale, gli
studiosi rilevano che l’eccesso di strutturazione gerarchica conduce in tale periodo ad
un’eccessiva burocratizzazione con la conseguente incapacità aziendale di fornire risposte
adeguate ai cambiamenti esterni.
Gli anni ’90 sono invece caratterizzati da:
a) una crescente complessità in tutti i campi,
b) un incremento notevole della competizione fra le aziende,
c) un elevato e repentino sviluppo tecnologico con conseguente rapida obsolescenza dei
prodotti e necessità di adattamento, flessibilità e cambiamento da parte di chi utilizza
le tecnologie;
d) la caduta delle barriere fra i paesi e la conseguente globalizzazione dei mercati;
e) mutamenti nei consumatori con riferimento, non solo alla crescita delle disponibilità
economiche, ma anche alla evoluzione dei gusti e all’aumento di esigenze sempre più
raffinate;
f) lo sviluppo di competenze manageriali con riferimento alla gestione della complessità e
di pressanti ed efficaci esigenze comunicative.
In tale contesto, la ricerca di un’ulteriore e significativa flessibilità – di fatto slogan
del periodo - costituisce l’elemento determinante per consentire la sopravvivenza dell’azienda
in un ambiente turbolento e molto competitivo.
Infatti aumentare la produttività, riuscendo contemporaneamente a diminuire i costi e
a fornire prodotti di maggiore soddisfazione per i propri clienti, diventa un obiettivo per ogni
azienda che intenda mantenere o sviluppare la propria posizione sul mercato.
Diviene pertanto fondamentale, sul piano organizzativo, l’uso di strumenti alternativi o
meglio complementari rispetto al criterio gerarchico e, soprattutto, diventa decisivo spostare
l’attenzione dall’organizzazione della struttura alla gestione dei processi aziendali, adottando
opportuni interventi tesi a finalizzare l’attività di ogni operatore.
I cambiamenti intercorsi negli anni ’90, hanno dunque contribuito a mettere in evidenza
l’inadeguatezza di strutture organizzative tradizionali, fondate sul principio della gerarchia,
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perché essenzialmente inidonee a far fonte a scenari sempre più instabili e all’accrescersi
della competitività. Infatti le strutture funzionali, come accennato, operano bene quando ci si
trova di fronte ad una produzione standardizzata, sia dei prodotti che dei processi, ma
quando viene sempre più spesso richiesto alle aziende di soddisfare esigenze continuamente
diverse e frequentemente mutevoli, qualitativamente e quantitativamente, il modello entra in
crisi.
Secondo Ciappei-Giusti, i fattori che hanno “messo in difficoltà” le imprese sono stati
essenzialmente quelli richiamati rispettivamente ai punti c), d) ed e) di cui sopra.
Infatti, per quanto attiene lo sviluppo dell’informazione e delle nuove tecnologie,
evidenziano come la rapida trasformazione tecnologica rappresenti l’elemento caratterizzante
della richiamata fase storica e che la caratteristica più rivoluzionaria sia rappresentata dalla
trasformazione dell’informazione/conoscenza quale risorsa strategica nonché fattore
produttivo determinante. In effetti, rispetto al passato, l’informazione risulta disponibile in
grandi quantità, facile da elaborare e rielaborare, riproducibile e trasferibile a costi
contenuti. Inoltre le nuove tecnologie, dalla microelettronica all’informatica e alle
telecomunicazioni, segnano profondamente il nostro tempo, il nostro modo di lavorare e la
nostra economia.
Per quanto attiene la globalizzazione e l’interdipendenza dei mercati, occorre
evidenziare l’ampliamento della competizione a livello europeo nonché nei nuovi mercati
extraeuropei (Giappone, Taiwan, Cina….), con una spinta verso una dimensione internazionale
della competizione, dove quindi le imprese si devono confrontare, oltre che con competitori
locali, anche con una eterogeneità di concorrenti di paesi diversi che spesso presentano
vantaggi competitivi incolmabili
9
, nonché la “condanna all’interdipendenza”
10
che comporta di
fatto che ogni problema di ordine economico, sociale o politico, abbia risvolti di tipo
sovranazionale.
Con riferimento ai mutamenti dei modelli di acquisto e di consumo, si evidenzia la
cresciuta attenzione che il cliente/consumatore pone sulla qualità dei prodotti/servizi offerti,
nonché sulla celerità con cui muta i propri gusti.
Tutto ciò determina un gap tra complessità ambientale e tecnologie di gestione
destinate a governarla
11
.
Le imprese sono dunque impegnate a produrre risultati nel presente attrezzandosi al
contempo ad affrontare il futuro attraverso la creazione e la crescita delle proprie
competenze.
2.3 Il governo dei processi operativi
Lo studio dei processi si concentra in genere sui soli processi operativi
12
. L’uso di tale
aggettivo deve essere inteso, secondo Ciappei e Giusti
13
, secondo due diverse accezioni.
ξ
9
Si pensi ad esempio al basso costo della manodopera nei paesi quali Taiwan e Corea!
10
B.HAWRYLYSHYN, Managerial realities of global interdipendence - 1981
11
CIAPPEI C. GIUSTI G., Il governo strategico dei processi operativi Cedam 1997
12
Ne sono esempi: commerciale; progettazione; approvvigionamento; produzione/erogazione; controllo delle
apparecchiature; consegna; assistenza. Possiamo invece indicare fra i processi gestionali di supporto l’analisi del
mercato e identificazione di nuovi clienti e servizi; la gestione dei fornitori e degli approvvigionamenti; la gestione
della documentazione; la gestione della formazione, addestramento, qualifica del personale docente e non docente.
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La prima: operativo nel senso di esecutivo e quindi di svolgimento materiale quasi privo di complessità
decisionale. Accezione che richiama un concetto gerarchico di complessità delle attività decisorie.
La seconda: operativo, cioè proprio della azione umana, o d’impresa, considerata in se stessa più con
riferimento alle modalità di svolgimento e all’effetto prodotto, che alle intenzioni che possono
accompagnarla.
Le tecniche di gestione/governo dei flussi operativi vengono utilizzate nella fase
d’implementazione strategica di impresa, cioè in quel momento in cui occorre governare le
attività tese alla attuazione della strategia definita a seguito del processo di pianificazione
strategica
14
.
Quindi formata e progettata la strategia, da parte del vertice aziendale, occorre
implementare, cioè generare e attivare, dei meccanismi interni all’impresa volti a renderla
idonea a produrre, in modo relativamente autonomo, gli esiti auspicati dalle sue attività.
Tuttavia l’attività di pianificazione si deve confrontare con un sistema aziendale, una
realtà sociale d’impresa, frequentemente caotica. Quindi l’implementazione costituisce una
fase spesso dominata da un alto grado d’incertezza.
Come evidenziato da Ciappei e Giusti, nell’opera sopra menzionata, si va infatti ad agire
sulle persone e sui sistemi operativi e le modalità di approccio della stessa azione sono
l’intervento innovativo graduale - secondo la logica dei piccoli passi che conducono a
miglioramenti progressivi e continui nel tempo - e l’intervento innovativo radicale, che
sporadicamente tende a concentrarsi solo su parte delle risorse aziendali (umane e
strutturali).
L’azione sulle persone ad esempio, che dovrebbe condurre alla condivisione e
concertazione di una determinata visione strategica, è certamente la parte più difficile da
affrontare, infatti necessita di una notevole capacità di leadership, nonché di una incisiva
capacità di gestione del personale volta a sollecitarne la motivazione nonché a superarne le
resistenze verso il cambiamento.
Quindi alla scelta della strategia segue l’applicazione al sistema aziendale di una serie
più o meno complessa di operazioni che possono essere definite, come suggerisce Fazi
15
come
processo: espressione dinamica e generalizzante volta a significare uno svolgimento
successivo di fatti o di fenomeni legati da un unico profondo nesso.
Possiamo dire che un processo è “soddisfacente” quando:
a) è almeno potenzialmente idoneo a raggiungere i suoi obiettivi;
b) è efficace, cioè soddisfa le esigenze dei clienti a valle sia che siano interni od esterni;
c) è efficiente, cioè utilizza il minimo delle risorse per dare i risultati auspicati;
d) è flessibile, cioè in grado oggi e nel prossimo futuro di soddisfare le aspettative dei clienti.
ξ
13
CIAPPEI C. GIUSTI G., Il governo strategico dei processi operativi Cedam 1997
14
La pianificazione si compone di un’ampia analisi ambientale, tenente conto anche dei rapporti con gli
stakeholders, dell’analisi del profilo strategico dell’impresa, della definizione dei suoi punti di forza e debolezza,
delle minacce ed opportunità esterne ed infine della definizione delle possibili alternative strategiche da poter
seguire.
15
R.FAZZI, Il governo d’impresa - Giuffrè Milano 1982
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Il governo dei processi ha quale obiettivo quello di migliorare contemporaneamente le
quattro dimensioni sopra richiamate
16
, cioè quello di servire il cliente con qualità sempre
migliore, costi inferiori, tempi di risposta più rapidi e maggiore flessibilità
17
.
Il process management, quale approccio alla gestione aziendale coerente con il nuovo
contesto competitivo, trova spazio proprio negli anni novanta con lo sviluppo dell’informatica –
indispensabile per immagazzinare, gestire e collegare fra loro i dati necessari al governo dei
processi - e viene utilizzato anche perché è supportato dalla definizione di appositi strumenti
concettuali ed operativi il cui uso ha consentito di trasformare le teorie in tecniche.
In particolare due tecniche sono state di grande importanza in questo ambito: il project
management, con la sua metodologia di analisi, e la catena del valore di Porter
18
. Entrambe
pongono in evidenza le attività sulle quali si fonda il vantaggio competitivo dell’azienda e
costituiscono uno strumento di analisi per addivenire alla mappatura delle attività esistenti in
ogni realtà aziendale. Tecniche che dunque portano a focalizzare, nel governo dei processi,
l’attenzione sulla loro capacità di produrre valore, cioè un output tangibile per il
cliente/destinatario.
I principali strumenti
19
che rientrano nel process management si possono ordinare in
base all’intensità dell’intervento innovativo sul processo che gli stessi producono. Seppur
differenti fra loro queste tecniche presentano alcune caratteristiche in comune:
- sono orientate all’integrazione e innovazione dei processi;
- prevedono la riprogettazione dei processi operativi;
- prevedono analisi e riordino delle attività;
- prevedono una fase d’analisi del valore generato dalle attività.
2.4 I pregi dell’orientamento ai processi e le possibili resistenze
Flessibilità ed integrazione di competenze ed attività costituiscono elementi
fondamentali per quei modelli organizzativi idonei a far fronte ad una realtà in continuo
cambiamento.
La logica organizzativa per processi, che fa dell’azienda un’organizzazione
caratterizzata da un insieme di flussi d’attività interdipendenti che producono un output di
valore per il cliente interno od esterno all’organizzazione, risponde a quest’esigenza. Infatti
tale logica nasce dalla volontà di avvicinare sempre più l’azienda al mercato soprattutto nel
momento in cui cambiano sia l’intensità che le caratteristiche della competizione.
I flussi d’attività, come già accennato, sono coordinati attraverso flussi informativi
sostanzialmente orizzontali che quindi attraversano i diversi settori funzionali
20
.
ξ
16
Secondo la normativa ISO la gestione dei processi comporta la definizione dei seguenti elementi: a) i requisiti
del cliente interno/esterno, affinché vengano soddisfatti i bisogni, i desideri e le aspettative; b) gli attori
coinvolti, sia quelli esterni sia i clienti interni; c) il responsabile del processo; d) chiari confini e interfacce; e) le
attività chiare; f) i punti di controllo; g) le misure del processo; h) il miglioramento del processo.
17
SCHONBERGER R.J. “Costruire la catena dei clienti” – Ed.La Comunità
18
La catena di Porter evidenza come il valore offerto al cliente sia conseguito ricorrendo ad una serie di attività
principali collegate e sequenziali nonché ad una serie di attività di supporto.
19
Total Quality; Benchmarking; Concurrent Engineering; Activity based Management, Activity based costing,
Business Project Reengineering.
20
R.D’ANNA Caratteri e problemi di progettazione della struttura organizzativa – Giappichelli Editore Torino
2004
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Pertanto l’organizzazione che emerge risulta composta da unità di processo, invece che
da unità funzionali, che si autocoordinano per la realizzazione dell’output e dove operano
soggetti dotati di competenze multiple, anziché specialistiche. In questo contesto, l’elemento
qualificante è costituito dall’impatto motivazionale, poiché tale organizzazione tende ad
aumentare il coinvolgimento diretto di tutti gli addetti, con le rispettive competenze, nonché
ad accrescere il loro grado di autonomia e di responsabilità (empowerment
21
) con conseguente
degerarchizzazione della struttura organizzativa.
Con i processi pertanto non occorre impegnare sofisticati meccanismi di coordinamento,
e l’organizzazione risulta più semplice e focalizzata su obiettivi di qualità, flessibilità,
innovazione, nonché efficienza/costo.
Alla luce di quanto sopra possiamo indicare, sintetizzando, quelli che rappresentano i
maggiori pregi dell’orientamento ai processi:
a) Passaggio dalle unità funzionali ai team di processo e conseguente passaggio da
struttura gerarchica, finalizzata al controllo, ad una struttura piatta;
b) Trasformazione delle mansioni da compiti semplici a lavori multidimensionali;
c) Condivisione, da parte delle risorse umane, degli obiettivi di processo e non più
esclusivamente focalizzazione sulle mansioni assegnate ad una funzione;
d) Individuazione delle significative tipologie di processi, enucleando la reale creazione
del valore per il mercato, cioè di un output tangibile per il destinatario;
e) Sviluppo delle capacità aziendali d’analisi delle attività che producono valore in termini
di qualità del prodotto, costo sostenuto, tempestività con cui vengono soddisfatte le
esigenze manifestate dal cliente;
f) Possibilità di rivedere i processi nell’ottica del miglioramento continuo delle
performance e degli output.
Infine si evidenzia che l’introduzione in un’organizzazione dell’approccio per processi va
incontro a indubbie sacche di resistenza, essenzialmente dovute a:
a) Una cultura gestionale consolidata
b) Sicuri conflitti nella ridefinizione di responsabilità e autorità
c) Diversità di atteggiamenti e approcci individuali
d) Preoccupazione delle risorse di perdere proprie competenze
e) Timore di perdere potere sulle risorse
ξ
21
Allargamento delle mansioni o più propriamente il termine empowerment può essere inteso come "incremento
della possibilità dei singoli e dei gruppi di controllare attivamente la propria vita". Le azioni e gli interventi
formativi centrati sull'empowerment mirano a rafforzare il potere di scegliere dei singoli, migliorandone le
competenze e le conoscenze.