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Parry ed applicato all’epica dei poemi omerici, composti
oralmente ed estemporaneamente.
Con questo mio studio, mi propongo in primo luogo di
dimostrare come negli Annales di Quinto Ennio è possibile
rintracciare, pur nei limiti di un testo frammentario, indizi
di un vero e proprio uso di stilemi fissi. Muovendo da que-
sta constatazione di base ed analizzando come molti di que-
sti stilemi sopravvivano integralmente o lievemente modifi-
cati nella poesia epica esametrica (e, in alcuni casi, anche
nella poesia esametrica non epica) successiva al poeta di
Rudiae, cercherò di dimostrare come tale ricorsività possa a
buon diritto dirsi formularità e concluderò che, sebbene gli
Annales non siano un prodotto di una performance orale
come i poemi omerici, nell’epopea epica di argomento sto-
rico del rudino agisce la medesima tecnica compositiva che
sottende alla composizione dell’Iliade e dell’Odissea.
Il lavoro si articolerà innanzitutto in una parte introdut-
tiva, che presenterà un breve, ma esauriente excursus sulle
teorie della formula dal suo pioniere, Milman Parry, fino al-
le più recenti acquisizioni in merito, operarando, alla fine,
una sintesi delle varie posizioni espresse dal 1928, anno in
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cui apparve la prima definizione della teoria formulare, ad
oggi. Di particolare importanza sarà la discussione sul rap-
porto fra formularità ed oralità, che dimostrerà come esso
non sia cogente nell’individuazione di una tecnica formula-
re anche nelle opere epiche del mondo latino.
La parte introduttiva sarà completata da un capitolo de-
dicato alla figura di Quinto Ennio, sottolineando la sua po-
sizione mediana fra Omero e i poeti alessandrini e le in-
fluenze che sia l’uno che gli altri hanno esercitato sulla sua
poesia. Ma non dimenticherò di evidenziare l’estrema origi-
nalità dell’arte enniana e la sua importanza nella storia della
letteratura latina per l’introduzione nella poesia di Roma
dell’esametro.
Dopo quest’ampia introduzione, entrando nel “cuore”
del mio studio, definirò innanzitutto i criteri che ho adottato
nell’individuazione delle formule presenti negli Annales
enniani, non prima di aver distinto nettamente, in conside-
razione dell’estrema fruibilità della parola poetica, cosa io
consideri allusività, cosa formularità e cosa semplice “me-
moria poetica”. Una volta precisati gli strumenti critici con i
quali ho lavorato per realizzare l’analisi formulare del poe-
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ma epico enniano, presenterò tutte le formule che vi ho rin-
venuto, dividendole in ambiti tematici predefiniti, presen-
tando le loro occorrenze in tutta la poesia esametrica suc-
cessiva al rudino e corredando l’esposizione con note filo-
logiche e grammaticali, laddove necessarie, e con un breve
commento alla ricorsività dell’espressione nella poesia lati-
na. Farò riferimento principalmente ai testi degli autori di
poesia epica esametrica dagli Annales enniani agli Argo-
nautica di Valerio Flacco, abbracciando così una produzio-
ne che va dai primi anni del II secolo a.C. all’età dei Flavi.
Ma non mancheranno riferimenti alla poesia esametrica non
epica e alla poesia che si spinge ben al di là del I secolo
d.C., grazie anche ai mezzi multimediali che mi hanno con-
sentito una rapida ed esauriente panoramica di tutta la poe-
sia latina, dal III secolo a.C. al VII secolo d.C.
1
Concluso il lavoro di schedatura, discuterò delle moti-
vazioni che hanno determinato la sopravvivenza, in un po-
ema epico non orale come quello enniano, di una tecnica
compositiva che invece sembra trovare ragione della pro-
1
Il supporto multimediale da me utilizzato nel corso delle ricerche,
Poesis, a cura di Paolo Mastrandrea e Luigi Tessarolo, Bologna, 1995,
mi ha infatti permesso di poter effettuare un rapido e sinottico con-
fronto degli stilemi individuati negli autori di poesia di tutta la latinità.
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pria esistenza nell’epica omerica e nel carattere orale di tale
poesia. Prenderò in esame le tre funzioni proprie della for-
mula e dimostrerò come esse agiscano anche negli stilemi
presenti negli Annales, garantendone la formularità. Con-
cluderò affermando che la formularità è, in realtà, uno stile
connaturato all’epica, il suo signaculum.
Infine, nell’appendice, a sostegno di questa affermazio-
ne, dimostrerò come anche in un poeta considerato “anti-
tradizionale”, Marco Anneo Lucano, siano presenti ineludi-
bili richiami alla tecnica compositiva formulare.
Completerà il mio lavoro una bibliografia ragionata ed
un index locorum che faciliterà l’individuazione dei passi
formulari citati nel corso del mio studio.
I
LA FORMULARITÀ
1.1 Storia del concetto di formula
«Qualunque analisi formulare si scontra subito col pro-
blema della definizione della formula, che, com’è noto, non
ha ancora trovato una soluzione universalmente accettata, e
che, a mio parere, non è probabile che la trovi molto pre-
sto»
1
. Questa posizione, espressa da Mario Cantilena nel
corso delle sue Ricerche sulla dizione epica, può ben illu-
strare la difficoltà di accostarsi allo studio della formularità
in mancanza di una definizione univoca della formula stes-
sa, cardine di quella Wiedergebrauchsrede
2
che caratterizza
la dizione epica tradizionale.
1
MARIO CANTILENA, Ricerche sulla dizione epica, Roma, 1981, pag.
33.
2
Il termine è utilizzato da HEINRICH LAUSBERG (Retorik und Di-
chtung, in “Der Deutschunterricht”, Stuttgart, 1967, pagg. 47 ss.), cita-
to da GIAN BIAGIO CONTE, Memoria dei poeti e sistema letterario, To-
rino, 1984
2
, pag. 17. Esso (letteralmente “discorso di riuso”), contrap-
posto a Verbrauchsrede (letteralmente “discorso di consumo”) che in-
dica «il discorso che si esaurisce nella funzione empirica di impiego
quotidiano ed occasionale», connota «il discorso che conserva uguale
la sua fruibilità per controllare – per celebrare o dotare di significato –
certe situazioni tipiche».
CAPITOLO I – LA FORMULARITÀ
pag.16
Per questa ragione, anteporrò alla discussione sulla de-
finizione della formula una piccola storia del concetto di
formula, con la quale potrò evidenziare le varie posizioni
assunte dagli studiosi, le loro differenze più importanti,
tracciando una “linea di evoluzione” del problema-formula
a partire da Milman Parry, pioniere degli studi in questo set-
tore, fino alle acquisizioni recenti. Dopo questo excursus
avrò la possibilità di sintetizzare le posizioni espresse dagli
studiosi, cercando di fornire per quanto possibile una defi-
nizione che possa essere utilizzata per procedere ad
un’analisi formulare dei testi da me considerati.
1.1.1 Milman Parry
È stato «L’épithète traditionelle dans Homère. Essai sur
un problème de style homérique», tesi di dottorato presenta-
ta alla facoltà di Lettere dell’università di Parigi nel 1928 da
uno studioso californiano, Milman Parry, a dare l’avvio agli
studi della dizione epica e della formularità in particolare.
Già prima di Parry, ovviamente, erano state notate le
frequenti ripetizioni di versi o parte di essi nel testo di Ilia-
CAPITOLO I – LA FORMULARITÀ
pag.17
de e Odissea, ma l’interpretazione di questo fenomeno era
stata particolarmente riduttiva: nel migliore dei casi si par-
lava genericamente di “stile tradizionale” o, più spesso, in
senso negativo, si affermava che tali ripetizioni erano “pro-
va di imitazione”.
3
Il giovane Parry non concordava assolutamente con
queste interpretazioni che rischiavano, a suo giudizio, di
sminuire il valore poetico di Omero: tutta l’opera omerica
era dunque frutto solo della tradizione e dell’imitazione?
Non era possibile, e perciò Parry si chiede: «Quelle propor-
tion de la diction homérique doit-on attribuer à la tradition
et quelle proportion au poète?»
4
. Da questa domanda nasce
lo studio della dizione formulare.
«Il n’est qu’un seul chemin – prosegue Parry – par le-
quel nous puissions arriver à savoir avec quelque précision
quelle partie de la diction d’Homère doit être formulaire:
c’est la compréhension du fait que cette diction, en tant
qu’elle est composée del formules, est due toute entière à
l’influence du vers. (…) La diction formulaire (…) a été
3
La sintesi parryana delle posizioni espresse prima del 1928 è in
MILMAN PARRY, L’épithète traditionelle dans Homère. Essai sur un
problème de style homérique, Paris, 1928, pagg. 8-10.
4
M. PARRY, L’épithète…, cit., pag. 9.
CAPITOLO I – LA FORMULARITÀ
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crée par le désir qu’avaient les aèdes de posséder des mots
et des expressions faciles à mettres en vers héroïques. Les
poètes épiques ont construit et conservé à travers les géné-
rations une technique de formules très complexe, constituée
dans ses plus petits détails à la fois pour exprimer d’une
manière convenable les idées propres à l’épos et pour atté-
nuer les difficultés de la versification».
5
Lo studioso californiano, nella sua ricerca stilistica, è
approdato da subito ad uno dei punti fermi che caratterizza-
no la formula e che è stato variamente discusso nel corso
dei decenni: la necessità, tecnica più che stilistica, di costi-
tuire un patrimonio di espressioni più o meno fisse che atte-
nuassero la difficoltà di versificare. «Pour créer une diction
qui s’adaptât aux exigences de la versification, les aèdes
trouvaient et conservaient des expressions qui pouvant ser-
vir telles quelles ou avec un léger changement à différents
phrases, tombent à des places fixes dans le vers».
6
Parry, a
sostegno della sua tesi, porta immediatamente esempi di
questa necessità tecnica, che si trasforma anche in una utili-
tà pratica dal punto di vista della composizione dei versi,
5
Ibidem, pag. 10.
6
Ibidem, pagg. 10-11.
CAPITOLO I – LA FORMULARITÀ
pag.19
poiché il poeta, formando più combinazioni di queste “e-
spressioni” (la terminologia parryana non si è ancora preci-
sata) da usare quando il contesto lo domanda e il senso lo
permette, possiede in tal modo sempre un verso corretto ed
una frase completa.
7
Ma il termine “espressione” non soddisfa Parry che, a
questo punto, introduce la più corretta indicazione di “for-
mula”, preoccupandosi subito di precisarla e definirla.
«La formule peut être définie comme une expression qui
est régulièrement employée, dans les mêmes conditions mé-
triques, pour exprimer une certaine idée essentielle»
8
: è la
“classica” definizione di formula, che sarà la base di tutte le
successive discussioni in merito alla dizione epica.
Ma cosa intende Parry quando parla di “idea essenzia-
le”? E quando si può dire che un’espressione è “regolar-
mente utilizzata”? L’essenziale dell’idea, secondo lo studio-
so californiano, è ciò che ne resta dopo che essa è stata
“sgombrata” da tutte le “superfluità stilistiche”, mentre
un’espressione è “regolarmente utilizzata” quando il poeta
se ne serve abitualmente e soprattutto senza alcun timore
7
Cfr. Ibidem, pagg. 11-14.
8
Ibidem, pag. 16.
CAPITOLO I – LA FORMULARITÀ
pag.20
che lo “rimproveri” di averla usata troppo frequentemente.
Anzi: la frequenza dell’espressione e il fatto che essa non è
mai rimpiazzata provano che il poeta non ha mai esitato a
servirsene quando poteva esprimere così il suo pensiero.
9
Ma il poeta è obbligato ad usare le formule tradizionali?
Qual è, dunque, il rapporto fra la tradizione, che si estrinse-
ca nell’utilizzo di una dizione epica tradizionale ed il “libe-
ro arbitrio” del poeta, cioè la sua arte, il suo stile peculiare?
E Omero – si chiede Parry – è stato il più grande poeta per
essersi servito di formule tradizionali o per averle rifiutate
ed aver cercato delle parole conformi alla coloritura partico-
lare del suo pensiero? Non è una questione oziosa, perché
essa risponde al problema di fondo della funzione della
formula all’interno del sistema epico tradizionale. Lo stu-
dioso californiano ha una risposta categorica a questo dub-
bio: non si può parlare della libertà che ha il poeta di sce-
gliere le sue parole e le sue forme se il desiderio di operare
questa scelta non esiste. Omero, infatti, aveva ereditato dai
suoi predecessori una lingua nella quale i differenti elemen-
ti si utilizzavano secondo i bisogni della composizione in
esametri: egli, del resto, quando deve esprimere una stessa
9
Cfr. Ibidem, pag. 16.
CAPITOLO I – LA FORMULARITÀ
pag.21
nozione nelle stesse condizioni metriche, ricorre alle stesse
parole o allo stesso gruppo di parole, per cui è ragionevole
concludere, secondo Parry, che l’uso di questa o quella
forma è semplicemente un’abitudine o una comodità, non
un processo affettivo.
10
È così per tutti gli epici, compresi coloro che operavano
in una cultura ormai letteraria? Parry non accenna che di
sfuggita all’epica non orale, tanto greca quanto latina, ma
sostanzialmente afferma di non vedere alcuna differenza nei
vari contesti nei quali è utilizzata la formularità. L’uso della
formula dipende, a suo giudizio, unicamente dalla sua co-
modità per la versificazione.
11
A riprova di questa posizio-
ne, che equipara la funzione della formula nell’epica orale e
nell’epica letteraria, Parry si intrattiene a discutere, nel se-
condo capitolo del suo saggio,
12
sull’uso dell’epiteto nei
poemi epici di stile “non tradizionale”, tra i quali è compre-
sa l’Eneide virgiliana. Fatte le necessarie distinzioni di con-
10
Cfr. Ibidem, pagg. 25-28. Parry precisa meglio il suo pensiero a ri-
guardo nel successivo saggio Studies in the Epic Technique of Oral
Verse-Making in “Harvard Studies in Classical Philology”, 41 (1930),
pag. 81 (ora in ADAM PARRY (ed.) The Making of Homeric Verse. The
Collected Papers of Milman Parry, Oxford, 1971, pag. 272): «The
formulas in any poetry are due, so far as their ideas go, to the theme,
their rhytm is fixed by the verse-form, but their art is that of the poets
who made them and of the poets who kept them».
11
Cfr. M. PARRY, L’épithète…, cit., pag. 27.
CAPITOLO I – LA FORMULARITÀ
pag.22
testo, egli riconosce inequivocabilmente un carattere formu-
lare alla dizione dei poeti epici di cultura letteraria (e, per
ciò stesso, anche a tutti i poeti epici latini), la quale è cer-
tamente diversa da quella omerica ma comunque formulare
perché risponde alle medesime necessità e funzioni.
13
Del resto, l’essenza di ciò che Parry considera “formu-
la” è la funzionalità alla versificazione: dove sia assente
questo elemento, non si può parlare di “formula”, ma solo
di “frase ripetuta”.
14
La natura formulare dell’espressione
consiste nella sua utilità.
1.1.2 Albert B. Lord
Se Milman Parry ha dato l’avvio agli studi sulla formu-
larità, si deve ad Albert B. Lord un passo in avanti decisivo
nell’approfondimento delle origini e della natura della for-
mula: egli, nel suo testo di riferimento, «The Singer of Ta-
les», apparso nel 1960, ha definitivamente fatto sparire quel
12
Cfr. Ibidem, pagg. 29-44.
13
«La poésie romaine doit toute sa conception de l’épithète à la poésie
grecque». Ibidem, pag. 37.
14
Scrive infatti Parry in “Studies in the Epic…”, cit., pag. 81 (ora in
A. PARRY (ed.), The Making…, cit., pag. 272-273): «When the element
of usefulness is lacking, one does not have a formula but a repetead
CAPITOLO I – LA FORMULARITÀ
pag.23
tanto di meccanico che risultava, almeno implicitamente,
dagli studi di Parry. L’analisi di Lord pone l’accento sulla
tecnica generativa della formula, tecnica che non è solo un
complemento necessario della memoria, ma il principale re-
quisito che rende “cantore” un cantore: la grande novità dei
suoi studi consiste nella scoperta del carattere di “lingua”
posseduto, per il cantore, dalla dizione tradizionale, con tut-
te le conseguenze che ne discendono.
15
Che cos’è la formula per Lord? Già nel definire questa
realtà, lo studioso americano rivela la straordinarietà della
sua posizione: «The formula is the offspring of the marriage
of thought and sung verse. Whereas thought, in theory at le-
ast, may be free, sung verse imposes restrictions, varying in
degree of rigidity from culture to culture, that shape the
form of thought».
16
Ogni studio della formula, prosegue Lord, deve iniziare
con un esame attento di metrica e musica e ponendosi il
problema del perché nella storia si trovi l’unione tra canzo-
phrase which has been knowingly brought into the verse for some
special effects».
15
Questa sintesi del pensiero di Lord è quella proposta in M. CANTI-
LENA, Ricerche…, cit., pag. 36.
16
ALBERT B. LORD, The Singer of Tales, Cambridge Massachusetts,
1960, pag. 31.
CAPITOLO I – LA FORMULARITÀ
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ne e versi, per chiederci quale tipo di racconto trova la sua
espressione in questo speciale “metodo di presentazione”.
La tecnica è antica: il poeta deve solo “ricapitolare le espe-
rienze delle generazioni a lui precedenti”. Dalla metrica e
dalla musica egli “assorbe” il ritmo dell’epica e delle frasi
ed impara “empiricamente” la lunghezza della frase, le ca-
denze e le cesure. Contemporaneamente, il poeta “assorbe
nella sua coscienza il sentimento della distribuzione delle
sillabe accentate e non accentate”. Invece, il metro, secondo
Lord, il poeta lo impara in associazione con particolari frasi,
quelle che esprimono le idee più comuni della storia tradi-
zionale.
17
«Even in pre-singing years – conclude Lord – rhythm
and thought are one, and the singer’s concept of the formu-
la is shaped though non explicit. He
18
is aware of the suc-
cessive beats and the varying lenghts of repetead thoughts,
and these might be said to be is formulas. Basic patterns of
meter, word boundary, melody have become his possession,
and in him the tradition begins to reproduce itself».
19
17
Cfr. Ibidem, pagg. 31-32.
18
Scil. “the poet”.
19
A.B. LORD, The Singer…, cit., pag. 32. I corsivi sono miei.