LE INFEZIONI IN AMBIENTE OSPEDALIERO
Premessa
Le problematiche relative alle Infezioni Ospedaliere furono identificate già
dalla metà dell’800 quando Ignaz Philipp Semmelweiss (Buda, Ungheria,
1818 - Vienna, 1865), medico ungherese, dimostrò efficacemente che il
mancato rispetto di elementari norme igieniche all’interno di un ospedale,
da parte del personale addetto, poteva rappresentare un rischio da non
sottovalutare per la salute dei pazienti. Egli notò infatti che le donne che
partorivano per strada correvano il rischio di sepsi puerperale ed avevano
una mortalità molto più bassa rispetto a quelle che partorivano sotto
assistenza medica; un tipo di febbre particolarmente violenta, riconosciuta
successivamente come “puerperale”, era inspiegabilmente la causa
principale dei decessi di migliaia di madri soprattutto nei grandi Ospedali.
Semmelweiss, in seguito ad attente osservazioni e ad una serie di
coincidenze fortuite, giunse alla conclusione che tale febbre era
probabilmente di origine infettiva e che gli agenti patogeni venivano
trasmessi dagli stessi medici e dagli studenti di medicina, i quali, prima di
assistere le donne partorienti, effettuavano pratiche di dissezione dei
cadaveri nelle Sale Autoptiche. Per verificare la sua semplice ipotesi,
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Valutazione della contaminazione da Legionella spp.nelle acque correnti dei Reparti Ospedalieri ad alto rischio
Semmelweis ordinò che tutte le persone del suo reparto si lavassero bene
le mani con una banale soluzione disinfettante (cloruro di calcio) prima di
qualsiasi contatto con le pazienti. Tale direttiva portò ad una drastica
riduzione dei decessi. I dati raccolti furono molto eloquenti: nell'anno 1846
morirono ben 459 puerpere su 4010 ricoverate (più dell’11%); nel 1847,
con l’adozione del lavaggio delle mani con cloruro di calcio, morirono 176
pazienti ricoverate su 3490 (appena il 5%); l'anno successivo,
proseguendo la pratica del lavaggio, su 3.556 ricoveri i decessi scesero ad
appena 45 (poco più dell'1%). Nonostante tali risultati, quantomeno da
verificare, Semmelweiss venne aspramente contestato e successivamente
anche espulso dal suo Ospedale di Budapest. Egli lavorò in altri ospedali
dove continuò ad istituire gli stessi standard di pulizia riscuotendo sempre
gli stessi risultati e cioè una drastica riduzione delle morti in corsia, ma
ciononostante la rivolta dei suoi colleghi non si placò. I tempi non erano
maturi per capire tutta la portata dell’intuizione del giovane medico che fu
osteggiato e combattuto tanto da fargli perdere la ragione. Il medico dalle
"mani pulite" venne perseguitato e subì ogni sorta di angheria, dalla
perdita del posto sino all'internamento in manicomio dove subì anche gravi
maltrattamenti. Infine fu vittima egli stesso del morbo contro il quale aveva
tanto combattuto: infatti morì di setticemia per una ferita ad un dito. (1)
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In seguito a questi risultati, numerosi altri medici documentarono come il
ricovero in ospedale potesse effettivamente comportare un rischio elevato
per il paziente di contrarre una patologia infettiva.
Successivamente, i progressi conseguiti nell'ambito della batteriologia ed
immunologia, la scoperta e la successiva introduzione sul mercato degli
antibiotici negli anni '40, contribuirono ad alimentare l'illusione che le
Infezioni Ospedaliere potessero essere definitivamente eradicate.
Al contrario, le Infezioni Ospedaliere hanno continuato a rappresentare
una tra le più frequenti "complicanze" ospedaliere ed il loro manifestarsi, in
assenza di programmi di controllo, risulta tuttora in continuo aumento.
Ciò è attribuibile, verosimilmente, alla progressiva introduzione di nuove
tecnologie sanitarie nell'assistenza ospedaliera, che, da una parte, hanno
consentito la sopravvivenza di pazienti immunocompromessi altamente
suscettibili a tutte le infezioni, anche quelle sostenute da patogeni
comunemente opportunisti, dall'altra hanno però creato nuove vie di
accesso a microrganismi potenzialmente patogeni in distretti del corpo
umano normalmente sterili. Inoltre il largo uso di antibiotici a scopo
profilattico o terapeutico ha pesantemente condizionato la nascita di ceppi
antibiotico-resistenti.
Infine è importante considerare che l'insorgenza di una complicanza
infettiva in un paziente ricoverato comporta costi sia in termini di salute sia
in termini economici per il paziente e per l'ospedale: il paziente deve
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sopportare una patologia infettiva aggiunta alla sua patologia di base, le
eventuali conseguenze di questa in termini di disabilità temporanea o
permanente, le eventuali spese di assistenza domiciliare, la perdita di
giornate di lavoro o addirittura il decesso; l'ospedale deve sostenere i
costi dell'eventuale prolungamento della degenza, degli esami diagnostici
e degli interventi terapeutici aggiuntivi. (2)
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Definizione
Si definiscono “Infezioni Ospedaliere” (I.O.), le infezioni che insorgono
durante il ricovero in ospedale o, in alcuni casi, dopo che il paziente è
stato dimesso e che non erano manifeste clinicamente né in incubazione
né al momento dell'ammissione. Tutte le infezioni già presenti al momento
del ricovero (con un quadro clinico manifesto o in incubazione) vengono,
invece, considerate acquisite in comunità (infezioni comunitarie), ad
eccezione di quelle correlabili ad un precedente ricovero ospedaliero. I
pazienti rappresentano certamente la popolazione a maggior rischio di
infezione ospedaliera, anche se altre figure possono comunque contrarre,
anche se meno frequentemente, un' infezione in ospedale: il personale
ospedaliero, il personale volontario di assistenza, gli studenti, i tirocinanti.
Queste infezioni vengono classificate come “occupazionali”, termine con il
quale s' intende un’infezione sicuramente acquisita sul luogo di lavoro
(corsia ospedaliera, laboratorio, sala operatoria, ecc.), il cui periodo di
incubazione corrisponde all'intervallo di tempo intercorso tra l'esposizione
all'agente responsabile e la comparsa della malattia.
Per le infezioni nei neonati sono stati adottati criteri particolari: vengono,
infatti, definite comunitarie le infezioni acquisite per via transplacentare
(es. Herpes simplex, rosolia, toxoplasmosi, Cytomegalovirus e sifilide) ed
insorte entro 48 ore dal parto. Vengono, invece, considerate ospedaliere
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le infezioni acquisite durante il passaggio attraverso il canale del parto e le
infezioni che insorgono dopo 48 ore dalla nascita.
In questi ultimi anni però tale concetto è stato rivisto e ampliato per cui
oggi con il termine IO, sia scientificamente sia operativamente, si intende
un campo più vasto che include tutte le infezioni correlate a processi
assistenziali (ICPA), anche non strettamente ospedalieri, e sempre la
prevenzione del rischio biologico per il personale sanitario. (2)
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Prevenzione
Dalla letteratura risulta che il 5-8% dei ricoverati sviluppa una infezione
ospedaliera e che l’1% di questi muore per l’infezione. (3)
Le infezioni ospedaliere sono, almeno in parte, prevenibili. L'adozione di
pratiche assistenziali "sicure", che sono state dimostrate essere in grado
di prevenire o comunque controllare la trasmissione di infezioni, comporta
la riduzione del 35% almeno della frequenza di queste complicanze. Per
questo motivo, le infezioni ospedaliere rappresentano un indicatore della
qualità dell'assistenza prestata in ospedale.
La prevenzione della maggior parte delle infezioni ospedaliere, che
comprendono sia quelle acquisite dai malati sia quelle acquisite dagli
operatori sanitari, non richiede sistemi complicati e raffinati, ma necessita
solo dell’osservanza di norme e precauzioni standard.
Le misure di controllo, dimostratesi efficaci nella prevenzione del rischio
infettivo negli operatori, nei degenti e nei visitatori, comprendono semplici
comportamenti, come il lavaggio frequente delle mani, l’uso di adeguati
dispositivi di protezione individuale, la corretta gestione e lo smaltimento
dei materiali potenzialmente contaminati. Tali precauzioni possono essere
divise in due categorie:
- nella prima, la più importante, sono contenute le precauzioni destinate
all’assistenza di tutti i malati, indipendentemente dalla diagnosi o dal
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Valutazione della contaminazione da Legionella spp.nelle acque correnti dei Reparti Ospedalieri ad alto rischio
presunto stato infettivo. L’attuazione di queste precauzioni, dette
Precauzioni Standard, rappresenta la strategia primaria per un controllo
delle infezioni ospedaliere;
- nella seconda sono contenute le precauzioni destinate soltanto
all’assistenza di malati specifici. Queste precauzioni addizionali, rivolte alle
vie di trasmissione, sono da utilizzare per i malati noti o sospetti di essere
infetti o colonizzati da patogeni epidemiologicamente importanti che
possono essere trasmessi attraverso la via aerea, con goccioline (droplet)
o per contatto. (2)
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