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medico, psicologico e assistenziale, tutti orientati alla salvaguardia e alla
protezione del minore. Appare quindi irrinunciabile il momento della
rilevazione, poiché rilevare prontamente l’incesto e segnalarlo all’autorità
giudiziaria sono le modalità più sicure per ottenerne l’interruzione e per
mettere in atto le prime misura di protezione del minore. Naturalmente,
questo è solo il primo passo per eliminare la situazione di pericolo fisico e
psicologico in cui il minore si trova a vivere. Successivamente sono
indispensabili l’accertamento, il trattamento giudiziario e, in ultimo, ma di
fondamentale importanza, la comprensione degli stati d’animo e delle
emozioni che permetteranno di portare avanti una terapia per il minore.
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1.1 La definizione
Prima di arrivare alla definizione di abuso sessuale infantile è bene fare
una distinzione che renda chiara la fenomenologia dell’abuso. Ritengo
opportuno citare un importante classificazione degli abusi fatta da
Montecchi ( 1998) che è quella più utilizzata dagli esperti.
Questa ci permette di cogliere la complessità del fenomeno e permette di
discriminare, riconoscere, prevenire e curare la violenza contro i minori.
Montecchi classifica gli abusi sui minori dividendoli in tre tipologie che
sono:
1) Maltrattamento:
- Fisico
- Psicologico
2) Patologia delle cure:
- Incuria
- Discuria
- Ipercuria:
- Sindrome di Münchausen per procura
- Chemical Abuse
- Medical Shopping
3) Abuso sessuale:
- Extrafamiliare
- Intrafamiliare
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Maltrattamento
Secondo il IV Seminario Criminologico, Consiglio d’Europa, Strasburgo
1978, il maltrattamento "si concretizza negli atti e nelle carenze che
turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità
corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui
manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o
psichico e/o sessuale da parte di un familiare (abuso intrafamiliare) o di
un terzo (abuso extrafamiliare)".
Il maltrattamento può concretizzarsi in una condotta attiva (percosse,
lesioni, atti sessuali, ipercura) o in una condotta omissiva (incuria,
trascuratezza, abbandono).
Si fa una distinzione tra maltrattamento fisico e psicologico: mentre il
primo è sempre quello più manifesto, benché non sia quello più
frequente o dannoso per il bambino, a meno che non sia messa in
pericolo la vita dello stesso, il secondo costituisce la forma più nascosta,
ma allo stesso tempo più devastante, in quanto il bambino viene svalutato,
denigrato e sottoposto a sevizie psicologiche come quella di esser
terrorizzato, rimproverato o respinto.
A queste azioni verbali e non verbali, si aggiungono l’isolamento, lo
sfruttamento e la corruzione (inclusione di atti che incoraggiano
comportamenti antisociali e non adattivi) ed in generale azioni o
comportamenti volti a danneggiare la percezione di sé (percezione positiva
di se stesso come individuo e come soggetto in relazione agli altri),
all’apprendimento attraverso emozioni negative che ostacolano anche
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l’identificazione delle proprie emozioni.
La difficoltà della rilevazione di questo tipo di abuso sta nel fatto che non
ci possiamo basare sui segni fisici evidenti ma solo su quanto è possibile
dedurre dai comportamenti dei bambini.
Il contesto entro cui si può sviluppare questa forma di maltrattamento è
quello di violenza assistita (in caso di conflitti coniugali), segregazioni e
minacce, isolamento sociale o strumentalizzazione nel conflitto, in caso di
separazione conflittuale.
Invece, il maltrattamento fisico comporta delle lesioni fisiche per il
bambino e quindi sono dirette su di lui azioni fisicamente dannose come
contusioni, bruciature, ferite alla testa ed in tutto il resto del corpo, fratture
di varia entità… ed ancora, lividi, abrasioni, lacerazioni interne ed esterne,
ustioni con diversi strumenti…
In questo caso risulta più facile il rilevamento del maltrattamento ma
molto spesso l’operatore che lo fa, riceve spiegazioni contraddittorie e
confuse, circa l’accaduto, dalla famiglia e dal bambino.
Comunque, solo negli ultimi anni il maltrattamento dei minori ha incominciato ad
essere oggetto di ricerca e di interpretazione in maniera sistematica da parte di
studiosi e di operatori; del resto è conquista recente la nozione del bambino come
"soggetto di diritto" e non più oggetto sottomesso all’autorità parentale e degli
adulti (Dichiarazione ONU dei Diritti del Bambino).
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Patologia delle cure
Con tale espressione si intende la patologia nella somministrazione delle
cure che i genitori o i tutori del bambino dovrebbero rivolgergli ma che
sono inadeguate ai suoi bisogni fisici, psichici e soprattutto alla sua età ed
al suo sviluppo. Di conseguenza, l’incapacità delle persone responsabili
legalmente dei minori di rispondere ai bisogni di quest’ultimi, si rifletterà
negativamente sulla personalità del bambino e sulla sua qualità di vita.
E’ generico parlare in termini di trascuratezza, perché in questo caso si
designerebbe una forma di maltrattamento ma non verrebbero considerati
elementi importanti, cioè quello legato all’età ed alle fasi evolutive del
bambino.
Per questo si punta l’attenzione sulla patologia ed in particolare la
somministrazione delle cure, che comprende tre differenti categorie:
- Incuria: in caso di cure carenti nei confronti dei bambini;
- Discuria: in caso di cure “distorte”;
- Ipercuria: in caso di cure “eccessive”.
Incuria
Nell’incuria possiamo riconoscere due condizioni, cioè quella fisica e
quella psicologica. La prima si caratterizza per il fatto che i bambini non
crescono strutturalmente, a causa di mancanze nutrizionali che
comportano ritardi staturali, che vengono viste dai genitori come un
mezzo per prolungare i tempi della crescita e recuperare il rapporto
affettivo. Nella seconda, il bambino viene stimolato fisicamente ed
10
emotivamente in modo carente (questo si può notare soprattutto nel
livello scolastico raggiunto). Inoltre, a causa della trascuratezza familiare e
quindi dovuti alla scarsa attenzione e protezione del bambino, si verificano
incidenti domestici che coinvolgono il bambino stesso.
Discuria
La discuria rappresenta una distorsione della somministrazione delle cure
che vengono fornite al bambino, in modo inadeguato al suo momento
evolutivo.
Alcuni esempi forniti dalle ricerche su tale argomento: richiedere al
bambino compiti troppo elevati ed inadeguati per la sua età, allattare il
bambino con il biberon dopo il primo anno d’età.
Ipercuria
L’ipercuria è una definizione che racchiude in sé tutte quelle situazioni in
cui il bambino riceve cure eccessive o sproporzionate alla sua età o
rispetto ai suoi bisogni evolutivi. Essa comprende:
• Sindrome di Münchausen per procura: è una sindrome che
colpisce uomini e donne (1:3) che simulano gravi malattie e sono
dei bravissimi mentitori perché malati patologici. Queste persone,
convinti di essere affetti da numerose malattie, fanno un vero e
proprio “giro per diversi medici” per avere la conferma di malattie
che credono di avere. Un genitore affetto da questa sindrome,
proietta sul figlio le proprie convinzioni deliranti e questo ha come
11
conseguenza un grave rischio per il figlio, che può essere sottoposto
a cure inutili e quindi a fare anche lui il “giro per i medici”. La
gravità di questo tipo di abuso è che il bambino può sviluppare una
grave patologia come la psicosi non distinguendo più la realtà
(compresa quella del proprio corpo) con quella delirante del
genitore.
Questa forma di abuso è difficilissima da riconoscere e da
dimostrare proprio perché i medici tendono ad essere in buona
fede con quello che i genitori del bambino affermano ed invece
quest’ultimo viene danneggiato fisicamente - dalle continue e
ripetute indagini, spesso invasive (anche operazioni chirurgiche) a
cui viene sottoposto - e psicologicamente.
• Chemical abuse: è una sottoforma della sindrome descritta
precedentemente e che consiste nella somministrazione, al figlio, di
sostanze chimiche o farmaci, con la convinzione che esso ne abbia
bisogno. Spesso i farmaci somministrati sono quelli che i genitori
usano personalmente ma che magari danno al figlio a scopo
preventivo. Se ad esempio una madre pensa che il bambino sia
disidratato, gli fornisce una quantità d’acqua talmente elevata che il
bambino può essere ricoverato all’ospedale.
• Medical shopping: è un’altra forma di sindrome di Münchausen ma
meno grave in quanto i genitori del bambino, temendo per la salute
del proprio figlio, lo portano ripetutamente dal pediatra per farsi
rassicurare
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Abuso sessuale
L’abuso sessuale “è quel comportamento che coinvolge i bambini non
autonomi e non ancora sviluppati e adolescenti, in attività sessuali che essi
non comprendono ancora completamente, per le quali non sono ancora
in grado di dare risposte adeguate, o che violano i tabù sociali relativi ai
ruoli familiari”.
Il Consiglio d’Europa ne dà una definizione che esalta tutta la tragicità del
fenomeno ma purtroppo anche la sua veridicità: “Gli atti e le carenze che
turbano gravemente il bambino, attentando alla sua integrità corporea, al
suo sviluppo fisico ed intellettivo”.
In particolare, gli atti si traducono in: “attività sessuali possono includere
le forme di contatti oro-genitali, genitali o anali messe in atto sul bambino
o dal bambino o le attività sessuali senza contatto come l’esibizionismo, il
voyeurismo o l’utilizzazione del bambino nella produzione di materiale
pornografico. L’abuso sessuale include una vasta gamma di attività che
varia dallo stupro a forme fisicamente meno intrusive di abuso sessuale.
Inoltre, è bene fare una distinzione chiara dai “giochi sessuali” valutando
se sussiste un disequilibrio nel livello evolutivo dei partecipanti e nel
riscontro di un comportamento di natura coercitiva”.
Le conseguenze di questi atti sui bambini possono essere talmente
intrusive da poter determinare un disturbo patologico (che è stato
dimostrato svilupparsi maggiormente nelle femmine che nei maschi).
E’ importante, onde evitare che si sviluppano queste patologie,
intervenire, riconoscendo quello che il bambino ha vissuto e che in alcuni
13
casi continua a subire, in modo tale da fornire una risorsa da cui egli può
attingere.
L’abuso sessuale si suddivide in due tipi, a seconda del rapporto esistente
tra la vittima e l’abusante: intrafamiliare se l’abusante è un familiare,
extrafamiliare se invece si tratta di una persona esterna al nucleo familiare.
Il primo purtroppo non è limitato, e può riguardare sia le femmine che i
maschi (anche se questi sono colpiti in misura minore). L’abuso può
consistere in atti di libidine, nella perpetrazione del bambino o della
bambina o in pratiche igieniche inconsuete e utilizzate dal genitore in
modo erotizzato: in questo caso si parla di abuso mascherato.
Per quanto riguarda l’abuso extrafamiliare, esso riguarda indistintamente
maschi e femmine e si basa su una condizione di trascuratezza affettiva
che spinge il bambino/a ad accettare le attenzioni particolari da parte di
estranei.
Anche per definire il termine abuso sessuale infantile è molto
difficoltoso poiché dipende fortemente dall’ambito di studio in cui è
inserito il problema. Infatti, si possono delineare tre campi di attività che
interessano il fenomeno: la ricerca, la clinica e il diritto; campi che,
necessariamente, forniscono criteri di definizione dell’abuso diversi. Dalla
sua definizione dipendono, infatti, decisioni importanti per il minore,
come l’attivazione o meno di interventi diagnostici e clinici, o l’apertura di
un procedimento giudiziario nei confronti dell’aggressore. D’altra parte,
nell’intervento a tutela del minore abusato sono coinvolte differenti figure
professionali, e ognuna di esse, in base alla sua specifica formazione, è
portatrice di una sua peculiare visione dell’abuso sessuale minorile. Perciò
è necessario prevedere l’impiego di una definizione che, sul piano
14
operativo, sia condivisa dalle diverse figure professionali. In realtà non è
affatto semplice delimitare i confini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è
in una materia fortemente condizionata da inclinazioni soggettive, dove la
linea di demarcazione è molto sfumata. E’ quindi di fondamentale
importanza porsi la domanda su che cosa possa essere correttamente
definito come un comportamento abusante nei confronti di un minore,
domanda a cui è difficile dare una risposta univoca, visto che gli esperti
ancora dibattono sull’estensione di tale definizione, sia in merito agli atti
commessi, sia al tipo di relazione intercorrente. Vediamo allora quali sono
state le definizioni di abuso sessuale infantile proposte dagli studiosi fino a
questo momento.
Kempe
1
definisce abuso sessuale infantile il coinvolgimento in
qualsiasi attività sessuale di un minorenne, non maturo, dipendente e
quindi incapace di un libero e cosciente consenso, o il suo
coinvolgimento in atti che violano il tabù sociale dell’incesto. Quindi
ogni rapporto sessuale tra un adulto e un bambino va considerato
come abuso:
- se il minore è esposto o coinvolto in attività sessuali
inappropriate al suo sviluppo psico-fisico;
- se il minore è usato o sfruttato per la gratificazione di un adulto;
- se il minore si trova nell’incapacità di essere consenziente a
causa della differenza di età e di ruolo dell’adulto;
- se il minore è coinvolto nell’attività sessuale con persone che
hanno un ruolo determinante nell’ambiente familiare (incesto).
1
KempeC.H., “Sexual abuse, another hidden pediatric problem”, Pediatric, 1978, 62. In De Leo G.,
Petruccelli I., L’abuso sessuale infantile e la pedofilia, 1999, p.15.
15
Montecchi
2
propone di parlare di abuso all’infanzia come traduzione
del termine inglese child abuse, che comprende tutte le forme di
maltrattamenti e violenze a danno di minori, conformandosi così alla
definizione data dal Consiglio d’Europa in occasione del IV colloquio
criminologico, secondo cui negli abusi vengono individuati “ gli atti e le
carenze che turbano gravemente il bambino, attentano alla sua integrità
corporea, al suo sviluppo fisico, intellettivo e morale, le cui
manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o
psicologico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno
cura del bambino”.
Rientrano nell’abuso anche le attività sessuali realizzate in violazione
dei tabù sociali sull’incesto pur con l’accettazione del minore, poiché si
presume che tale accettazione sia viziata dal rapporto di potere che si
instaura tra il minore e l’abusante.
Secondo Roberts e Taylor
3
, l’abuso sessuale sui bambini comprende:
l’incesto, lo stupro, la sodomia, i rapporti con i bambini, pratiche o
comportamenti omosessuali con i bambini, fotografare i bambini e
incoraggiarli a prostituirsi o a guardare materiale pornografico.
Ogni bambino sentirà di essere stato sessualmente abusato quando una
persona lo coinvolge in attività volte a soddisfare l’eccitazione o la
gratificazione sessuali di quella o di qualunque altra persona ,
indipendentemente dall’uso della forza e dal fatto che si sia verificato
un contatto con i genitali.
2
Montecchi F., Gli abusi all’infanzia, Carocci, Roma ,1998, 17-19. In De Leo G., Petruccelli I., op. cit.,
p.20.
3
Roberts J., Taylor C., “Sexually abused children and young people speak out”, Child abuse and child
abusers, J. Kingsley Publ., London, 1993, pp.13-36.
16
Dunque, una definizione clinica dell’abuso sessuale infantile deve
includere la
considerazione di tre fattori:
• un’esplicita dichiarazione dell’accaduto: la natura degli atti
sessuali, la frequenza, l’uso della violenza;
• l’informazione riguardo all’età e allo sviluppo delle persone
coinvolte: la differenza di età, il livello di intelligenza, lo stato
mentale;
• la natura del rapporto tra le persone coinvolte: se si
conoscevano e in quale contesto, la qualità di altri aspetti del
loro rapporto, le loro percezioni e i loro sentimenti riguardo
all’accaduto e al perché.
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L’abuso sessuale intrafamiliare
Le ricerche relative alla diffusione dell’abuso sessuale hanno messo in
evidenza il fatto che la tipologia di abuso prevalente è quella
intrafamiliare. Malacrea
4
definisce “abuso sessuale di tipo incestuoso”
ogni forma di attività sessuale tra un minore e un suo genitore,naturale
o acquisito, un membro della famiglia estesa, o una figura parentale
sostitutiva.
J. Goodwin
5
, invece, usa indifferentemente le espressioni “incesto” e
“abuso sessuale intrafamiliare” per indicare “ogni azione sessuale
commessa su un bambino da parte di un adulto avente ruolo di
genitore”. Infatti, indipendentemente dal grado, dalla durata, e dalla
stabilità del coinvolgimento del minore nella relazione incestuosa, si
attivano le medesime esigenze di protezione, indagine e trattamento da
parte delle istituzioni nei confronti del minore. In sostanza, deve essere
considerato incesto qualunque tipo di relazione sessuale tra un
bambino e un adulto che svolge nei suoi confronti una funzione
parentale. Quindi, è incesto anche la relazione sessuale tra un bambino
e il patrigno, la matrigna o sostituti parentali permanenti, come pure gli
atti compiuti in ogni tipo di relazione, etero od omosessuale, non
soltanto se si arriva al rapporto sessuale completo, ma anche quando si
verificano pratiche oro-genitali, anali e masturbatorie, nonché
determinati comportamenti parentali caratterizzati dall’imposizione al
bambino di atti voyeuristici ed esibizionistici.
4
Malacrea M., Vassalli A., Segreti di famiglia. L’ intervento nei casi di incesto, 1990, p.19.
5
Goodwin J., Abuso sessuale sui minori. Le vittime dell’incesto e le loro famiglie, 1982, p.1.
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Gli abusi sessuali all’interno della famiglia possono essere
ulteriormente distinti in:
• incesto tra padre e figlia: si tratta del caso più frequente e di cui la
letteratura si è maggiormente occupata;
• incesto tra padre e figlio: è meno frequente; le sue dinamiche
presentano delle analogie con l’incesto padre/figlia;
• incesto tra madre e figlio: è un evento molto raro, che provoca le
conseguenze psicologiche peggiori per i soggetti coinvolti.