6
certamente analogo, ma per forza di cose assai differente, come quello rappresentato
dalle missioni spagnole del Sudamerica o da quelle francesi del Canada. Ma per meglio
inquadrare il significato e la portata dell’attività missionaria intrapresa dalla Nuova
Inghilterra sarà necessario integrare quest’ambito specifico con altri aspetti del contatto
fra le due culture, anche nelle sue forme più drammatiche e cruente, che insieme alla
penetrazione missionaria contribuirono a foggiare e a modificare nel tempo i giudizi. È
evidente infatti che non fu solo l’opinione dei missionari e del clero a determinare i
contorni e la sostanza dell’idea che la Nuova Inghilterra in genere andò facendosi
dell’«Indiano»: i rapporti commerciali, le relazioni politiche e soprattutto il trauma delle
guerre giocarono un ruolo di primo piano nell’orientare i giudizi dei coloni
modificandone l’immaginario a seconda dell’evolversi delle concrete vicende storiche.
Non solo, ma spesso lo stesso giudizio ecclesiastico fu in maggiore o minore misura
espressione di circostanze che esulavano dall’ambito evangelistico o dalla pura
riflessione teologica, e proprio questa influenza reciproca tra i vari settori impone una
considerazione più ampia del contesto entro cui si mossero i missionari. Ho quindi
ritenuto opportuno rivolgere una particolare attenzione alle testimonianze di quei coloni
catturati dagli indigeni nel corso delle guerre anglo-indiane, i captivity narratives, nei
quali la vicenda umana del singolo diventa strumento di meditazione religiosa per la
comunità e nello stesso tempo chiave di lettura privilegiata della diversità. Si tratta di
resoconti nei quali la cronaca degli avvenimenti non prescinde mai dall’inserimento
degli stessi nel più ampio orizzonte storico-provvidenzialistico proprio della mentalità
puritana, e ai quali la supervisione a volte esplicita da parte di importanti autorità
religiose non fa che conferire un ulteriore motivo di interesse per la problematica qui
presa in esame.
7
Affiancando questi (ed altri) scritti a tutti quei documenti prodotti da esponenti del
clero che, direttamente impegnati nell’attività missionaria o comunque interessati ad
essa, ne resero noti metodi e risultati sia pubblicamente, attraverso libri ed opuscoli, che
privatamente, attraverso lettere e diari, si potrà valutare la dimensione e il significato
della questione missionaria nell’ambito del Puritanesimo nordamericano, e la funzione
che l’immagine dell’«Indiano» (o meglio, le immagini) ha svolto al suo interno. Ho
ritenuto opportuno seguire lo sviluppo dell’ideologia e della pratica missionaria lungo
un arco temporale sufficientemente esteso per poterne cogliere il mutamento in
relazione ai più significativi eventi storici: dalle prime fasi, in seguito allo sbarco dei
Padri Pellegrini nel 1620, agli esiti più tardi durante il «Great Awakening» fino alla
morte di Jonathan Edwards, il suo più illustre protagonista, nel 1758.
Il significato che qui attribuisco al termine «puritano» (e «Puritanesimo») ha valenza
unicamente storico-religiosa, a identificare tutti quegli autori che condivisero
l’impostazione teologica riformata sorta in ambito anglofono a partire dalla seconda
metà del Cinquecento (e, con essa, la critica contro i «residui papisti» nella Chiesa
d’Inghilterra), a prescindere dalle opinioni politiche (monarchici o repubblicani,
«autoritari» o «tolleranti», ecc.) e dall’appartenenza confessionale (congregazionalisti,
presbiteriani, battisti, ecc.). Per questo ho potuto accostare i Pellegrini di Plymouth e i
Puritani del Mssachusetts (che nutrivano convinzioni ecclesiologiche alquanto diverse)
e fare riferimento, ad esempio, a personaggi come Roger Williams (che, pur
condividendo le stesse posizioni religiose dei notabili del Massachusetts, finì col
distaccarsi per ragioni di ordine «disciplinare») o William Wood (sul quale non si hanno
8
notizie certe ma che fu certamente di mentalità «puritana»), a volte considerati
separatamente o addirittura in contrasto con gli altri autori.
Ho inserito in appendice la traduzione di alcuni documenti (non citati nel corso della
tesi) utili per illustrare determinati aspetti dell’argomento trattato. In tutte le traduzioni,
sia in appendice che nel testo, ho mantenuto la grafia originale (maiuscole, corsivi,
punteggiatura, ecc.), modificandola solo nei casi in cui ciò si rivelasse strettamente
necessario per una corretta comprensione del brano.
Aveva veduto col cuore (come usano dire) qualcosa d’indicibile
bontà e bellezza, qualcosa che non aveva mai veduto prima; ed
il suo cuore, che lo volesse oppure no, ne era rimasto rapito.
Non sapeva cosa fosse. Non disse ‘è Cristo Gesù’, ma era d’una
gloria e d’uno splendore tali ch’egli non ne aveva mai scorto
l’eguale.
― David Brainerd, JOURNAL
9
1. SELVAGGI E PELLEGRINI
10
1.1. Le origini della Nuova Inghilterra.
All’origine dell’espansione puritana nel Nord America vanno collocati due fatti di
profondo significato culturale: l’esplorazione del continente americano da parte degli
Europei e la Riforma protestante. Mentre la prima apriva l’Europa a nuovi orizzonti
geografici ed umani, la seconda creava nella Cristianità una nuova coscienza e, con
essa, nuovi conflitti.
La prima ricognizione della regione in cui si sarebbero poi stabiliti i Pellegrini si deve
a Giovanni Caboto che, nel 1497, su autorizzazione di Enrico VII d’Inghilterra, approdò
a Cape Breton, a sud di Terranova. Seguì una lunga fase di stallo, che vide il rapido
estendersi dei domini spagnoli e portoghesi nell’America centromeridionale. Solo nel
1527 si ebbe una nuova iniziativa esplorativa, allorché Enrico VIII finanziò la
spedizione di John Rut alla ricerca di quel passaggio a nord-ovest che avrebbe aperto
all’Inghilterra nuove rotte commerciali verso le Indie. Ma il viaggio di Rut si risolse in
un fallimento e per molto tempo l’argomento cadde di nuovo nel dimenticatoio.
Alla fine del XVI secolo l’Inghilterra, forte della vittoria sull’Armata Spagnola
(1588), iniziò ad assumere il controllo dei mari. Alcuni viaggi esplorativi, finalizzati
soprattutto alla scoperta delle ricchezze naturali della regione e al commercio con gli
indigeni, precedettero la fase più propriamente coloniale. Nel 1602 Bartholomew
Gosnold guidò una spedizione finanziata dal Conte di Southampton
1
, alla quale fece
seguito l’anno successivo un’iniziativa analoga comandata dal Capitano Martin Pring
1
J. BRERETON, A Briefe and True Relation of the Discoverie of the North Part of Virginia, London
1602 (è il primo scritto inglese relativo alla Nuova Inghilterra).
11
per conto di alcuni mercanti di Bristol
2
. Nel 1605 fu poi la volta di George Waymouth,
inviato dal Conte di Southampton e dal genero, Sir Thomas Arundel, che progettavano
la fondazione di un rifugio cattolico in America.
3
Tutti questi viaggi furono costellati,
oltre che da indubbi successi commerciali, anche da vari incidenti e perfino da veri e
propri scontri con i locali. Martin Pring, ad esempio, poté salvarsi da un assedio di
guerrieri indigeni solo grazie ai due molossi che si era portato dietro. Questi ed altri
episodi contribuirono a creare quell’immagine dell’«Indiano» che avrebbe influenzato
tutta la letteratura successiva.
Nel 1606 il re d’Inghilterra Giacomo I garantì a due imprese il diritto di instaurare
colonie in America. Alla Virginia Company fu assegnata un’area vicino all’attuale
Virginia, mentre alla Plymouth Company furono ceduti i diritti su una colonia più a
nord. Nel maggio del 1607 due navi salparono da Plymouth, in Inghilterra, con circa
100 coloni. Tre mesi più tardi toccarono terra alla foce del fiume Kennebec, dove
costruirono Fort St. George. Il primo inverno fu particolarmente rigido e, nel giro di un
anno, la cosiddetta Popham Colony fu abbandonata. Nonostante questo sfortunato
inizio, la Plymouth Company ingaggiò il topografo John Smith (1580-1631) per
effettuare una dettagliata mappatura del territorio. Nel 1614 Smith navigò lungo la costa
del Massachusetts per studiare la regione. Le sue relazioni non solo diedero alla Nuova
Inghilterra il nome che avrebbe poi mantenuto, ma ne illustrarono anche con entusiasmo
le ricchezze naturali, l’abbondanza di pesce e di legname, e gli abitanti.
Nel frattempo, anche Francia e Olanda guadagnavano terreno. Nel 1608 Samuel de
Champlain, incoraggiato da Enrico IV di Francia, fondava Quebec, il primo
insediamento stabile in territorio canadese, e da allora in poi la penetrazione proseguì in
2
M. PRING, A Voyage Set Out from the Citie of Bristoll, London 1603.
3
J. ROSIER, A True Relation of Captaine George Waymouth his Voyage, London 1605.
12
maniera lenta ma costante. I voyageurs inviati da Champlain presso Algonchini e
Montagnais estendevano l’influenza francese a sud e ad ovest dei Grandi Laghi,
spianando la strada alle successive missioni gesuitiche. Gli Olandesi, a partire dal 1610,
inviarono numerose esplorazioni commerciali lungo il fiume Hudson: nel 1614 venne
fondata Fort Nassau, nel 1621 fu istituita la Compagnia Olandese delle Indie
Occidentali, e quest’ultima, tre anni più tardi, avrebbe dato vita a Fort Orange nel luogo
in cui oggi sorge Albany.
In Inghilterra, frattanto, una piccola comunità di Puritani separatisti, guidati da
William Brewster e dal pastore Richard Clyfton, fu indotta dall’aggravarsi della
persecuzione anglicana contro i dissidenti a lasciare il villaggio di Scrooby per cercare
rifugio in Olanda (1608). Dapprima si stabilirono ad Amsterdam, quindi a Leida, dove
si formò ben presto un nutrito gruppo di esuli inglesi che si riuniva intorno al pastore
John Robinson. Nel 1617, tuttavia, vari motivi indussero la comunità separatista a
prendere in seria considerazione l’ipotesi di un trasferimento oltreoceano. L’occasione
si presentò nel 1619, quando la Plymouth Company concesse a quelli di Leida
l’autorizzazione a fondare una colonia in America. Nel settembre del 1620 un primo
scaglione, guidato dal Brewster e da William Bradford, salpò dal porto di Plymouth, in
Inghilterra. Dopo un estenuante viaggio di 66 giorni la loro nave, la Mayflower, approdò
nei pressi di Cape Cod. Fu l’inizio di un capitolo nuovo nella storia del Puritanesimo e,
parallelamente, in quella delle relazioni tra bianchi e popoli amerindiani.
13
1.2. L’America e i suoi abitanti in un sermone di Robert Cushman.
La letteratura più antica relativa alla Nuova Inghilterra ha carattere propagandistico.
Occorreva promuovere nuovi insediamenti e, a tale scopo, si facevano circolare
pubblicazioni di varia natura, dalle brevi «relazioni» alle più articolate «storie generali»,
in cui si esaltavano gli aspetti maggiormente attraenti della vita nel Nuovo Mondo
sminuendone i pericoli e le difficoltà. Aveva cominciato John Smith, nel 1616, con la
Description of New England,
4
un’operetta scritta in seguito alle prime ricognizioni
effettuate lungo le coste della Nuova Inghilterra (che proprio da qui prende nome), e che
aveva contribuito ad attirare i Pellegrini in quella zona. Erano seguiti degli scritti
analoghi, ad opera di Sir Ferdinando Gorges, William Alexander e Samuel Purchas.
5
In
questo quadro si inseriscono anche le prime relazioni dei Pellegrini, caratterizzate da
finalità simili a quelle della restante letteratura di propaganda ma animate da
un’ideologia per molti versi autonoma ed innovativa. Tale specificità è senz’altro
riconducibile al diverso ruolo assunto dalle concezioni religiose degli osservatori in
questo nuovo approccio storiografico, che non a caso è stato posto all’origine della
riflessione americana (e non più inglese od europea) sulle proprie vicende.
6
Sarà perciò
utile soffermarsi su questa letteratura-spartiacque per rilevare le premesse
dell’approccio alla diversità indigena proprio della Nuova Inghilterra coloniale.
4
J. SMITH, A Description of New England, London 1616, a cui seguirono New Englands Trialls,
London 1620, e The Generall Historie of Virginia, New England and the Summer Isles, London 1624.
5
F. GORGES, A Briefe Relation of the Discovery and Plantation of New England, London 1622; W.
ALEXANDER, An Encouragement to Colonies, London 1624;
S. PURCHAS, Hakluytus Posthumus or
Purchas His Pilgrimes, London 1625.
6
G. SPINI, Autobiografia della giovane America, Torino 1968.
14
Tra i primi Puritani a scrivere della Nuova Inghilterra e dei suoi abitanti ci fu il
mercante Robert Cushman (1579-1625), diacono della comunità dissidente di Leida.
Nel 1621, a bordo della Fortune, sbarcò a Plymouth, dove predicò un sermone sul
“peccato e il pericolo dell’egoismo”, pubblicato l’anno successivo a Londra.
7
La
prefazione, indirizzata ai finanziatori dell’impresa dei Pellegrini e a “quanti intendono
venire a stabilirsi da queste parti”,
8
testimonia il forte intreccio fra dimensione secolare
e considerazioni di ordine religioso caratteristico dell’approccio puritano al Nuovo
Mondo, evidentemente già presente alla più precoce riflessione storiografica dei «santi»
di Leida.
Dopo un breve preambolo in cui le caratteristiche naturali della Nuova Inghilterra
vengono assimilate a quelle della madrepatria (il suolo, privo di rilevi montagnosi,
ricorda la campagna del Kent e dell’Essex), l’autore chiarisce che l’invito a varcare
l’Atlantico non è rivolto a chi è in cerca di ricchezze e di comodità, ma a quanti
ancora giovani e nel pieno delle forze, sono disposti ad investire denaro, tempo e fatica per il
bene di quelli che verranno dopo, e desiderano diffondere il Vangelo tra questi poveri
pagani, sopportando con pazienza gli stenti e le difficoltà che, secondo la divina
Provvidenza, ricadranno su di essi: costoro li inviterei e li incoraggerei a partire, ché i loro
obiettivi non saranno delusi.
9
Non stupisce il riferimento all’evangelizzazione dei pagani: il tema era ricorrente nella
letteratura dell’epoca, e lo si ritrova anche negli scritti di Smith e di Gorges. Ma in
7
R. CUSHMAN, A Sermon Preached at Plimmoth in New England, December 9, 1621,… Together with
a Preface Shewing the State of the Country and the Condition of the Savages, London 1622. Si tratta
dell’unico sermone dell’epoca che sia giunto fino a noi a testimonianza della primissima attività cultuale
della chiesa di Plymouth.
8
http://www.mayflowerhistory.com/PrimarySources/SinAndDanger.pdf.
9
Ivi.
15
Cushman assume un peso del tutto diverso. La testimonianza del Vangelo e la sua
diffusione diventano lo scopo primario dell’espansione inglese, i vantaggi materiali
restano per la prima volta in secondo piano. Nella visione dei Pellegrini, che sarà poi
quella di John Winthrop e dei Puritani del Massachusetts, la colonizzazione del
Nordamerica è un fatto principalmente religioso, del tutto inserito in un’ottica di tipo
provvidenzialistico. Se Smith e Gorges parlavano all’Inghilterra e per l’Inghilterra, con
Cushman abbiamo il primo portavoce di un’entità nuova, non più nazionale e
genericamente culturale (e dunque anche religiosa), ma soprattutto spirituale (solo
religiosa) che andava delineandosi e che, figlia della dissidenza nonconformista, già
tendeva a distinguersi, in modo più o meno consapevole, da un Vecchio Mondo sentito
come esperienza prossima a concludersi.
Così la dispersione tra i nuovi Cananei americani, proiettata in una prospettiva
escatologica, diventa via di fuga dalle depravazioni d’Europa.
Se Dio vorrà punire la freddezza, la carnalità, l’impudente abuso del Vangelo, le contese ecc.
del suo popolo nei paesi cristiani d’Europa per mezzo della cattività turca o della tirannia
papale proibita da Dio, e se il tempo giunge in cui Satana sarà lasciato libero di travolgerli
col suo fiume (Ap 12, 14-15), ecco, qui c’è una via aperta per quanti hanno ali per volare in
questo deserto; e come con la dispersione della chiesa giudaica per mezzo della persecuzione
il Signore ha completato la pienezza dei Gentili (At 11, 20-21), così chi sa se ora, tramite la
tirannia e l’afflizione che lascia piombare su di loro, Egli non voglia poco a poco spingerli
allo stesso modo fra i pagani, affinché, in tal modo, una luce possa risplendere nelle tenebre
(Lc 2, 32) e il regno dei Cieli sia tolto a quelli che lo possiedono ora e dato ad un popolo che
lo farà fruttificare (Mt 21, 43)?
10
10
Ivi.
16
Così, la vicenda della Chiesa primitiva diventa paradigma per leggere gli eventi del
presente: mentre i Cristiani d’Europa, come novelli Giudei, perdono il loro diritto
all’elezione divina, un nuovo popolo nasce, quasi una chiesa della diaspora, che in
quanto dispersa tra i pagani può pensarsi investita di una missione specifica, dai forti
connotati apocalittici.
È dunque proprio l’esistenza di un nuovo fronte di missione, della tenebra da
dissipare, a legittimare la prospettiva di Cushman. “Chi consideri rettamente il modo in
cui ci siamo stabiliti, abbiamo dimorato ed abbiamo operato tra questi poveri pagani,
giungerà facilmente alla conclusione che Dio ha qualche grande opera in serbo per
loro”.
11
E segno della volontà divina è l’inusuale comportamento degli indigeni.
Solitamente aggressivi (“i più feroci ed infidi della zona”
12
li definisce Cushman), da
leoni si trasformano in agnelli al cospetto degli Inglesi, addirittura “più gentili, mansueti
e leali di molti Cristiani, che non sono altrettanto cortesi, né altrettanto sinceri”.
13
Quando all’inizio i coloni non erano che uno sparuto gruppo in condizioni miserevoli,
pronto ad essere spazzato via da un momento all’altro, gli indigeni mostrarono una
grande riverenza nei loro confronti. Non solo, ma grazie alla mediazione “di un certo
Tisquanto”
14
gli Inglesi entrarono in rapporto con le popolazioni locali: ne
interpellavano quotidianamente i capi, discutevano con loro, e li mettevano “a parte
11
Ivi.
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Ivi.
13
Ivi.
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Ivi. Tisquanto, o Squanto (?-1622), della tribù dei Wampanoag. Catturato e portato in Inghilterra nel
1605 dal Capitano Weymouth, accompagnò John Smith nel 1614 fungendo da interprete; fu poi venduto
come schiavo a Malaga e finalmente, nel 1619, poté fare ritorno tra la propria gente. Dal 1621 fu
interprete e guida dei Pellegrini di Plymouth. Cfr. N. SALISBURY, Squanto: the last of the Patuxets, in D.
G. SWEET – G. B. NASH, Struggle and Survival in Colonail America, Berkeley, Ca., 1989, pp. 228-245.
17
delle nostre abitudini e delle nostre intenzioni, tanto umane che religiose”.
15
Il quadro tratteggiato, nell’ambito dei primissimi contatti tra coloni e nativi, appare
dunque improntato ad un’atmosfera serena, fatta di relazioni pacifiche e di scambi
reciproci. In tale contesto si inseriva già la volontà, da parte dei Pellegrini, di diffondere
i propri ideali religiosi, seppure in modo non sistematico, ma con un approccio
spontaneo ed occasionale inserito nel più generale intreccio di rapporti venutosi a
creare. È detto ad esempio che, in caso di necessità (spesso durante l’inverno), gli
Inglesi erano soliti ospitare nelle proprie abitazioni alcuni indigeni, per permettere loro
di scaldarsi e di mangiare, ma anche affinché potessero “vedere e conoscere il nostro
impegno, la nostra disciplina e la nostra diligenza per questa vita e per una migliore”.
16
E in occasioni come queste i Pellegrini osservavano “in molti di loro, specialmente tra i
più giovani, una disponibilità tale, sia nella religione che nelle cose umane”
17
da
suscitare il rammarico di non avere i mezzi necessari per mettere a frutto simili qualità,
che altrimenti avrebbero potuto renderli “utili a Dio e agli uomini”.
18
Se il compito di cui i Pellegrini si sentivano investiti non trovava, per ora, una
concreta realizzazione, ciò dipendeva da carenze di ordine materiale, non dal
disimpegno dei singoli. Con molta chiarezza Cushman tiene a sottolineare che, qualora
Dio avesse provveduto i mezzi necessari, gli Inglesi avrebbero fatto la loro parte:
“Potremmo educare centinaia dei loro bambini al lavoro e all’istruzione”.
19
E per questo
esorta i promotori dell’impresa di Plymouth, la cui prima preoccupazione era stata
15
http://www.mayflowerhistory.com/PrimarySources/SinAndDanger.pdf.
16
Ivi.
17
Ivi.
18
Ivi.
19
Ivi.
18
quella “di stabilire la religione in questo luogo”,
20
a proseguire nella loro opera, ad
inviare altri uomini, uomini pii, per fare la gloria del Signore. Plymouth rappresenta un
primo avamposto, una propaggine cristiana in territorio pagano, che necessita di essere
sostenuta ed incrementata, e che proprio per la sua condizione di flebile lucerna
immersa nelle tenebre sente la necessità di ribadire le proprie qualifiche religiose in
vista di un tale obiettivo. Tra le ragioni che hanno spinto Cushman a pubblicare il suo
sermone, infatti, c’è anche la volontà
di testimoniare ai nostri compatrioti cristiani, che giudicano altrimenti, che sebbene ci
troviamo in un paese pagano, tuttavia la grazia di Cristo non è estinta in noi, ma ancora
riteniamo ed insegniamo le medesime dottrine su fede, mortificazione e santificazione, che
abbiamo ascoltate ed apprese, in modo più ampio ed approfondito, nel nostro paese.
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Ivi.