Idrologia e idrografia provinciale
L’idrografia della provincia di Pavia appartiene interamente al bacino del Po; fra i principali corsi
d’acqua che ne fanno parte, quelli compresi nell’area di competenza sono scarsi e sono quasi tutti
confinati alla regione oltrepadana. Per un inquadramento generale della rete idrica superficiale
pavese, è necessario fare riferimento alla più ampia idrografia padana sottesa dai limiti
amministrativi.
Figura 1 – Rete idrografica della provincia di Pavia
Il Po suddivide il territorio provinciale in due porzioni idrografiche ben distinte: la zona collinare e
montana dell’Oltrepo a sud e la pianura a nord, divisa in due regioni distinte: il Pavese e la
Lomellina. Il territorio pianeggiante è caratterizzato da una lieve e uniforme pendenza in cui si
sviluppano i terrazzi fluviali, i quali delimitano i tracciati più recenti dei corsi d’acqua naturali.
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Inoltre è presente anche una fitta rete di canali artificiali usati per l’irrigazione, di dimensioni e
tipologie molto diversificate. La rete irrigua del Pavese è sostenuta dalle acque del Ticino (naviglio
Grande da cui dipartono il Naviglio di Bereguardo e il Naviglio Pavese), dell’Adda (Cavo
Marocco), dal Lambro e dall’Olona. Le fonti di approvvigionamento della Lomellina si riferiscono
alle acque di Po e Bora Baltea (Canale Cavour), di Ticino (Navigli Langosco e Sforzesco, roggia
Magna-Castellana), di Sesia (varie rogge e Roggione di Sartirana) e da acque sorgive come fontanili
e risorgenze.
Il Po è il maggiore dei fiumi italiani e interessa la provincia di Pavia per 113 Km, dalla confluenza
del Sesia a quella del Lambro settentrionale. Nasce dal versante orientale del Monviso a 2000 m di
quota e scende verso Torino con carattere torrentizio; qui va incontro ad un addolcimento della
pendenza e un aumento di portata, dovuto a importanti affluenti. Decorre quindi verso est sino alla
confluenza con Sesia e Tanaro, giungendo tortuosamente fino al Ponte della Becca. Superato questo
si avvicina agli Appennini per poi staccarsi di nuovo e assumere un andamento meandreggiante. Ha
un regime idrologico nivo-pluviale, con magre estive e invernali, e due periodi di piena in
primavera e autunno. Nel tratto di competenza provinciale riceve l’apporto di numerosi affluenti,
dei quali i principali sono il Sesia, l’Agogna, il Terdoppio, il Ticino, l’Olona e il Lambro da sinistra;
il Tanaro, lo Scrivia, il Curone, lo Staffora e il Versa da destra.
Il Sesia prende origine dal Monte Rosa e dopo un percorso di 138 Km sfocia in Po nei pressi di
Breme. Interessa il territorio provinciale nel suo basso corso, costituendo un confine naturale con il
Piemonte. I molti prelievi che subisce sono destinati all’irrigazione della pianura attraverso il
Canale Cavour; il regime idrologico presenta massimi primaverili e autunnali.
Il Torrente Agogna nasce in provincia di Novara tra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta; decorre
parallelo al Sesia confluendo in Po presso Balossa Bigli. Interessa la provincia di Pavia con il suo
basso corso ricevendo l’importante affluente Erbognone, anch’esso proveniente dal novarese.
Tramite una rete naturale e canali artificiali riceve acque provenienti da Ticino, Sesia, e dal
complesso Po-Dora Baltea; numerose sono le derivazioni ad uso irriguo.
Il Terdoppio lomellino costituiva il basso corso di quello novarese; in epoca medievale fu interrotto
a sud di Novara per usi irrigui e deviato in Ticino. Tra i due corsi d’acqua non esiste più continuità
e sono indipendenti. Oggi il Terdoppio origina in Lomellina da risorgive e colature, percorre tutta la
Lomellina orientale e sfocia in Po all’altezza di Sommo. Riceve scaricatori dal Naviglio Langosco e
dal Subdiramatore Pavia del Canale Cavour, accogliendo quindi acque del Ticino e del complesso
Po-Dora Baltea. Subisce notevoli prelievi ad uso irriguo.
Il Fiume Ticino è il più importante affluente di sinistra del Po e suddivide la pianura in due
comprensori, la Lomellina ad ovest e il Pavese ad est. Nasce in Svizzera e confluisce nel Lago
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Maggiore. Da Sesto Calende inizia il suo percorso in Italia, arrivando al Ponte Coperto di Pavia
dopo circa 100 Km; il suo bacino è circoscritto alle aree golenali ed ai terreni agricoli. Il Ticino
scorre in una valle a fondo quasi piatto incisa nella pianura; decorre dapprima con un alveo
semplice, poi amplia progressivamente il suo letto divagando e formando isole e meandri. Il suo
regime idrologico è determinato da diversi fattori, naturali e artificiali: deflussi dal Lago Maggiore,
laminazione del lago stesso, derivazioni e restituzioni, risorgenze, scarichi e colature presenti lungo
tutta l’asta. Il suo andamento stagionale è tipico dei bacini sublitoranei alpini, con i massimi in
maggio, giugno e luglio; i minimi si registrano nei mesi invernali e le punte massime di portata si
raggiungono in autunno. L’utilizzo dell’acqua del ticino si attua da parecchi secoli attraverso opere
anche di grandi dimensioni; numerose sono le centrali idroelettriche alimentate dal corso sublacuale
e citiamo anche la centrale termoelettrica di Turbigo. Un elemento di rilievo è costituito dalle
risorgenze, che determinano un aumento della portata verso valle in assenza di affluenze
superficiali; questo è dovuto al drenaggio della falda freatica effettuato dall’alveo del fiume, alle
colature dei terreni agricoli, a scarichi civili e industriali. I valori di risorgenze aumentano fino a
Bereguardo per poi diminuire sensibilmente e riprendere nuovamente consistenza del centro di
Pavia.
L’attuale Olona Meridionale rappresentava la porzione inferiore del Fiume Olona, deviato in epoca
prevolgare per motivi difensivi e di approvvigionamento idrico del milanese; attualmente origina da
corsi minori nei pressi di Lacchiarella, attraversa tutto il pavese per sfociare in Po a San Zenone. Le
sue acque vengono utilizzate per l’irrigazione grazie alle molte rogge derivate. Il regime idrologico
è quasi totalmente artificializzato.
Il Lambro Settentrionale nasce in provincia di Como, forma il Lago di Pusiano, riceve le acque del
Lago di Alserio e sfocia in Po presso Corte S. Andrea dopo 130 Km. interessa marginalmente il
territorio provinciale costituendone il confine nord-orientale.
Il Lambro Meridionale nasce a Milano da uno scaricatore del Naviglio Grande ricevendo acque
anche dal Deviatore Olona;confluisce nel lambro settentrionale nei pressi di S. Angelo Lodigiano.
Derna gli apporti naturali e fognari dell’ovest e nord-ovest di Milano, oltre che gli scarichi dei paesi
rivieraschi. Origina numerose rogge e ha un importante ruolo irriguo.
Il territorio provinciale a sud del Po è solcato da una serie di corsi d’acqua che originano dal
versante padano degli Appennini; esclusi Scrivia e Staffora tutti presentano più che modeste
dimensioni; i loro massimi di portata sono in primavera e autunno con minimi estivi e invernali. Le
magre estive sono più accentuate per le scarse precipitazioni e per i prelievi a scopo irriguo.
Il più occidentale dei corsi d’acqua oltrepadana è lo Scrivia che interessa la provincia solo con il
breve tratto terminale. Procedendo verso est incontriamo il Curone, modesto corso d’acqua di 54
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Km soggetto ad asciutte prolungate nel territorio pavese. Segue il Torrente Staffora, che con 58 Km
di lunghezza e un bacino di 300 Km
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è il principale corso dell’Oltrepo; tra i suoi affluenti citiamo
l’Aronchio, il Nizza, il Lella e l’Ardivestra. Allo Staffora seguono piccoli torrenti, tutti confluenti in
Po, tra i quali il Versa, lo Scuropasso e il Coppa. Appartengono inoltre all’idrografia della porzione
montana dell’Oltrepo il Fiume Trebbia e il Torrente Tidone; il primo tocca il nostro territorio con
un breve tratto vicino al Comune di Brallo di Pregola, mentre il secondo è di competenza pavese per
17 Km e origina al Lago di Trebecco, invaso artificiale creato con una diga nel 1928.
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La tutela della fauna ittica
nella legislazione regionale lombarda
Nell’ultimo secolo gli ambienti acquatici sono stati profondamente modificati dalle attività
antropiche, con la conseguente diminuzione dell’integrità degli habitat e il progressivo
ridimensionamento della risorsa ittica. Inoltre, il concetto di pesca è cambiato, passando da attività
produttiva a impiego per il tempo libero. Tutto questo ha imposto la ricerca di soluzioni in grado di
conciliare la domanda di prelievo con le ridotte potenzialità dei corsi d’acqua.
Nel 1977, attraverso il D.P.R. 616 del 24 luglio, sono state trasferite alle Regioni competenze in
materia di pesca e successivamente i nuovi organi amministrativi hanno emanato nuove leggi
modificando il quadro normativo di riferimento, rimasto ancora al Testo Unico del 1931 e sui
Regolamenti attuativi del 1914.
Le recenti leggi regionali hanno promosso la conservazione e l’incremento del patrimonio ittico,
perché risorsa di interesse collettivo, e la necessità di rendere compatibile l’attività di pesca con
l’esigenza di salvaguardia. C’è un altro aspetto di grande rilevanza che ha rappresentato il maggiore
elemento di innovazione: l’attribuzione di un ruolo primario alla programmazione e alla
pianificazione delle iniziative della pubblica amministrazione. Nonostante non ci fosse una legge
quadro dello Stato che definisse le linee guida sulla materia in questione, la maggior parte dei
legislatori regionali ha adottato una programmazione attraverso piani pluriennali, riconoscendo la
necessità di concretizzare le proposte di intervento. Solo alcune volte però le Regioni si sono
riservate la funzione di programmazione, mentre più spesso i piani nascono da una collaborazione
tra Regioni e Province. La redazione di strumenti dettagliati, le cosiddette “Carte ittiche”,
rappresenta la concretizzazione dei progetti di intervento. Queste carte, con le sole differenze di
ricchezza di particolari e dimensioni territoriali di riferimento, devono caratterizzare i corpi idrici
dal punto di vista ecologico e ittiologico, individuare le principali cause di alterazione dell’ambiente
e contenere informazioni riguardo le modalità di gestione della pesca.
La programmazione lombarda: la “Carta ittica Provinciale”
Già dal 1982, la Lombardia si è dotata di una legislazione precisa al riguardo con la legge n°25, in
cui si prevedeva la necessità di stilare una “Carta delle vocazioni ittiche” e dei “Piani provinciali per
la destinazione e l’uso delle acque pubbliche”. Nel 2001 la legge n°12 ha sostituito la precedente
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ribadendo questo approccio al fine di supportare tutte le azioni di gestione ittica. Nell’articolo 8 è
previsto che le Province, rispettando il contenuto di un documento tecnico regionale, debbano
predisporre un piano e una Carta Provinciale delle vocazioni ittiche. Quest’ultima deve essere
definita basandosi sullo studio delle caratteristiche strutturali degli alvei e della loro qualità chimico
- fisica. Inoltre deve evidenziare la tipologia e la consistenza delle popolazioni ittiche presenti.
La “Carta ittica” della provincia di Pavia
La provincia di Pavia, rispettando le disposizioni contenute nel documento tecnico regionale, ha
approvato l’elaborazione della carta ittica. Il reticolo idrografico è molto esteso ed è stato necessario
individuare alcune realtà di “Interesse ittico” sulle quali concentrare gli sforzi. Sono stati definiti
macroscopicamente due gruppi di corpi idrici in base alle loro caratteristiche.
In una prima categoria, definita “Acque di pregio ittico attuale o potenziale”, sono stati inseriti tutti
i principali corsi d’acqua naturali di pianura escludendo il Lambro Settentrionale e Meridionale, i
loro ambienti laterali lotici (acque correnti) e lentici (acque lente) comprendendo le acque ad assetto
naturale o paranaturale in continuità biologica con il reticolo idrografico principale e infine i corsi
d’acqua in condizioni di discontinuità biologica con il bacino principale e appartenenti alla rete di
bonifica che ospitino o possano ospitare popolamenti ittici con specie di interesse
conservazionistico o comunità stabili ampie e diversificate.
La seconda categoria, definita “Acque di interesse pescatorio”, raggruppa corsi d’acqua
appartenenti alla rete di irrigazione e bonifica, generalmente ad assetto naturale o paranaturale, che
siano sede di frequentazione di pescatori dilettanti.
La Provincia di Pavia, oltre che individuare e classificare le acque di interesse ittico, ha sviluppato
due strumenti molto importanti per la caratterizzazione dei corsi d’acqua, introducendo una
metodologia di studio basata sull’impiego dell’ I.B.E. (indice biotico esteso) per valutare la qualità
biologica, e attuando il protocollo di campionamento semiquantitativo dell’ittiofauna mediante
elettropesca.
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