INTRODUZIONE
Questo lavoro si propone di studiare il concetto di confessione
religiosa nell’ordinamento giuridico italiano prima, e in quello
spagnolo, poi. Nella prima parte di tale studio si affronterà il discorso
sulle confessioni religiose, in Italia, partendo dal presupposto che non
esiste una vera e propria definizione di tale concetto.
Il Costituente nel porre il principio, consacrato nell’art. 8 della
Costituzione, della eguale libertà delle confessioni di fronte alla legge,
non si preoccupò di riempire di contenuto quella locuzione,
lasciandola aperta a numerose interpretazioni.
Di qui l’impegno della dottrina e della giurisprudenza per
circoscrivere ed applicare nella realtà concreta tale concetto,
giungendo, infine, ad elencare una serie di criteri concreti alla cui
stregua individuare le confessioni religiose e, così, distinguerle dalle
semplici associazioni con carattere di fede.
Vedremo come siano state presentate in Parlamento varie
proposte di legge, l’ultima delle quali mostrata alla Camera il 28 aprile
2006 e assegnata alla Commissione Affari costituzionali il 19
settembre, recante titolo: “Norme sulla libertà religiosa e abrogazione
della legislazione sui culti ammessi”.
In conclusione, cercheremo di vedere qual è il rapporto che lo
Stato intrattiene con le confessioni religiose, compresa la Chiesa
cattolica, attraverso il riferimento agli art. 7 e 8 della Costituzione.
Nella seconda parte di tale tesi, si studierà, invece,
l’ordinamento giuridico spagnolo, per delineare la nozione di
confessione religiosa.
1
Ci soffermeremo, in primis, sulle fonti del diritto ecclesiastico
spagnolo, che partono dal Concordato tra la S. Sede e lo Stato
spagnolo del 27 agosto 1953 e la Ley de Libertad Religiosa del 28
giugno 1967, fino alla Costituzione del 1978, il cui art. 16 codifica il
diritto di libertà religiosa, alla Ley Organica de Libertad Religiosa del
5 luglio 1980, che sviluppa in maniera particolareggiata le linee
generali di tale diritto e al Real Decreto del 9 gennaio 1981,
sull’organizzazione e funzionamento del Registro degli enti religiosi,
costituito all’interno del Ministero di Giustizia e creato per regolare
l’iscrizione delle confessioni e dei suoi enti.
L’art. 16 della Costituzione spagnola garantendo la libertà
religiosa, ideologica e di culto degli individui e delle comunità ed
affermando che i pubblici poteri devono mantenere le conseguenti
relazioni di cooperazione con la Chiesa cattolica e con le altre
confessioni, enuncia, in concreto, quali sono i soggetti collettivi del
diritto di libertà religiosa: le comunità, oramai quasi dimenticate dal
legislatore, dalla dottrina e dalla giurisprudenza e, le confessioni.
Le uniche confessioni ad avere pieno riconoscimento
nell’ordinamento giuridico spagnolo sono: la Chiesa cattolica,
menzionata in forma espressa nell’art. 16.3 della Costituzione e le
comunità protestanti, ebraiche ed islamiche, le uniche che, per numero
di credenti e conformi alle credenze religiose della società spagnola,
abbiano raggiunto “notorio arraigo” in Spagna.
Per finire, illustreremo la posizione giuridica delle confessioni
non iscritte che sono, semplicemente, quelle confessioni che non
hanno potuto (perché la domanda d’inscrizione è stata negata), o non
hanno voluto iscriversi nel Registro pubblico degli enti religiosi ma
che, non sono prive di protezione da parte dell’ordinamento giuridico,
e gli enti religiosi, ai quali si riferisce l’art 6.2 della Ley Organica de
2
Libertad Religiosa quando afferma che “le Chiese, Confessioni e
Comunità religiose possono creare ed esortare, per la realizzazione dei
loro scopi, associazioni, fondazioni, e istituzioni, in accordo alle
disposizioni dell’ordinamento giuridico generale”.
3
PARTE PRIMA
CAPITOLO PRIMO
IL CONCETTO DI CONFESSIONE RELIGIOSA
NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO
ITALIANO
SOMMARIO: 1-LA NOZIONE DI CONFESSIONE RELIGIOSA 2-
ELABORAZIONI DOTTRINALI 2.1-LA TESI
DELL’AUTOREFERENZIALITA’ 2.2-LA TESI DEL
RICONOSCIMENTO SOCIALE 2.3-LA TESI DEL RIFERIMENTO
ALL’ORDINAMENTO GIURIDICO 2.4-LA CONCEZIONE
TELEOLIGA 3-LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA 3.1- LA
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 3.2-LA GIURISPRUDENZA
DI MERITO 4-IL DISEGNO DI LEGGE-QUADRO E L’ESIGENZA
DI UNA LEGGE GENERALE SULLA LIBERTA’ RELIGIOSA.
1 LA NOZIONE DI CONFESSIONE RELIGIOSA
Nel settore della fenomenologia religiosa, sono proliferate,
specie nella seconda metà del secolo, le iniziative più varie, che si
autoqualificano come religiose: iniziative prodotte nell’ambito della
società nazionale o provenienti dall’estero, segnatamente dagli Stati
Uniti d’America o dall’Estremo Oriente, anche a seguito
dell’intensificarsi dei fenomeni migratori che hanno interessato il
nostro Paese negli ultimi anni.
4
Sono cosi proliferate nuove religioni, nuovi movimenti
religiosi
1
, sedicenti religioni, pseudo-religioni, le cui organizzazioni e
i cui stili di vita hanno un diretto riflesso nella società in cui si
sviluppano e nel nostro ordinamento
Punto fondamentale di tale rapporto è la Costituzione.
L’art. 7, 1 comma, Cost., menziona esplicitamente la Chiesa
cattolica, la confessione religiosa di maggioranza in Italia, la cui
organizzazione e i cui statuti sono ben noti all’ordinamento dello
Stato. Il successivo art. 8, Cost., considera le confessioni religiose, nel
1 comma, e le confessioni di minoranza, nel 2 e 3 comma.
Nessuna norma dà, pero, la definizione di “confessione
religiosa”.
Come l’art. 7 della Costituzione, riferendosi alla Chiesa
Cattolica, non dà la nozione di questa, presupponendo la nozione che
di essa danno l’ordinamento canonico e l’esperienza sociale, cosi l’art.
8 non offre la nozione di “confessione religiosa” ed anch’esso
presuppone lo schema conoscitivo elaborato da tale esperienza.
2
Questo atteggiamento del legislatore costituente non è nuovo,
poiché in nessuna legge anteriore alla Costituzione è dato rintracciare
una formula sintetica che valga a definire la nozione de qua
3
. Si tratta,
infatti, di un’espressione di nuovo conio, estranea al legislatore
italiano, che fino ad allora aveva adoperato il termine “culti”,
comprensivo della Chiesa cattolica, ancorché – per il rispetto dovuto
1
È doveroso rimanere avvertiti che l’espressione de qua, sebbene ormai invalsa, sconta una buona
dose di genericità e di ambiguità, intendendosi per "nuovi" anche taluni movimenti di recente
introduzione nel nostro Paese, ma di antica e risalente origine in altri contesti, come l’Islam o gli
Hare Krishna, ai quali sarebbe certo più confacente riferirsi con la locuzione di "minoranze
religiose". N. COLAIANNI, Confessioni religiose e intese. Contributo all’interpretazione dell’art.
8 della Costituzione, Bari, Cacucci Editore, 1990, p. 24, in nota. Nello stesso senso: S. FERRARI,
Comportamenti "eterodossi" e libertà religiosa. I movimenti religiosi marginali nell’esperienza
giuridica più recente, in Il Foro Italiano, 1991, I, p. 271.
2
Con riferimento all’ordinamento qual era anteriormente all’entrata in vigore della Costituzione
repubblicana, A. C. JEMOLO, Corso di diritto ecclesiastico, 1944 -1945, Roma, 1945, p. 202,
riteneva che il legislatore rinviasse al “concetto sociale” di confessione religiosa.
3
F. FINOCCHIARO, Diritto ecclesiastico, Bologna, Zanichelli, 2003, p. 68.
5
alla sola religione dello Stato, che riteneva altresì di essere in assoluto
l’unica vera religione - fosse con questo termine (nello statuto
Albertino) o con quello di “chiesa” (nella legge delle Guarentigie)
ordinariamente denominato il culto cattolico
4
.
Né definire la nozione di “confessione” è agevole, poiché i vari
gruppi sociali, che sono qualificati intuitivamente come “confessioni
religiose” o che aspirano a questa qualifica, sono spesso molto diversi
l’uno dall’altro
5
, sicché risulta difficile astrarre un denominatore
comune, che consenta di inquadrare una realtà dai molteplici aspetti in
un’unica categoria
6
.
Un dato implicito della norma costituzionale è che una
confessione religiosa è un “gruppo sociale con fine religioso”, posto
che le norme degli art. 7 e 8 Cost. non avrebbero senso se riferite ad
una “confessione di fede religiosa” che equivalesse alla “professione
individuale di fede religiosa”. V’è, tra queste due ipotesi, la stessa
differenza esistente tra la norma costituzionale che garantisce le
“opinioni politiche” individuali e quella che riguarda i partiti politici.
Il fatto di poter dire che l’espressione di “confessione religiosa”
equivalga, con riferimento all’art. 2 Cost., a quella di “gruppo sociale
con fine religioso”, non consente un reale passo avanti
nell’interpretazione della norma, sia per la genericità dell’espressione
“gruppo”, essendo tale ogni aggregato di più persone, sia perché
sorgono nuovi problemi circa le ulteriori caratteristiche del gruppo,
4
N. COLAIANNI, Confessioni religiose e intese. Contributo all’interpretazione dell’art. 8 della
Costituzione, cit., p. 32; così anche A. VITALE, Corso di diritto ecclesiastico. Ordinamento
giuridico e interessi religiosi, Milano, Giuffrè, 2005, p. 204.
5
In tal senso: T. MAURO, Considerazione sulla posizione dei ministri di culti acattolici nel diritto
vigente, in Scritti in onore di V. Del Giudice, Milano, 1953, vol. 2, pp. 112 ss.
6
D. BARILLARO, Considerazioni preliminari sulle confessioni religiose diverse dalla cattolica,
Milano, 1968, p. 79.
6
per essere una “confessione”, e circa il significato da attribuire ai
termini “religioso” e “religione”
7
.
Qualcuno
8
, inoltre, ha creduto di cogliere un collegamento tra la
norma dell’art. 8, 2 comma, e quella dell’art. 18, 1 comma, Cost.
9
;
riguardante la libertà d’associazione, della quale sarebbe una
diramazione o che già conterrebbe, implicitamente, il riconoscimento
esplicato dall’art. 8, 2 comma
10
, Cost. E’ indubbio che l’art. 18
garantisca anche l’associazione stabile con fine di religione e di
culto
11
, pero, i due fenomeni, se esteriormente presentano delle
affinità, quali la molteplicità degli aderenti, l’esistenza di una regola
comune e di un’organizzazione, sono diversi dal punto di vista della
struttura interna, diremmo della qualità.
La tesi, che non vi sia un sicuro criterio per distinguere le
associazioni religiose dalle confessioni, non tiene conto del fatto che
le associazioni con fini leciti, quali che siano, sono regolate dagli
accordi degli associati, secondo quanto prevedono gli art. 36 e seg.
cod. civile, laddove una confessione religiosa resta fuori da tale
schema.
7
F. FINOCCHIARO, Diritto ecclesiastico, cit., p. 69.
8
F. FINOCCHIARO, Diritto ecclesiastico, cit., pp. 72 ss.; cfr. C. CARDIA, Stato e confessioni
religiose. Il regime pattizio, Il Mulino, Bologna, 1995, p. 128 in cui: “le confessioni religiose, non
soltanto sono qualificabili come formazioni sociali, in quanto geneticamente finalizzate ad
alimentare e sviluppare la dimensione religiosa dell’individuo, ma lo sono a titolo speciale: in
quanto perseguono tale fine rimanendo ontologicamente distinte ed autonome rispetto allo Stato, al
punto che la disciplina costituzionale ha recepito e garantito proprio questi loro caratteri di
autonomia e di indipendenza”.
9
“I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono
vietati ai singoli dalla legge penale”.
10
In tal senso: V. DEL GIUDICE, Manuale di diritto ecclesiastico, Milano, Giuffrè, 1964; A.
RAVA’, Contributo allo studio dei diritti individuali e collettivi di libertà religiosa nella
Costituzione italiana, Milano, 1959, pp. 79 ss.
11
C. ESPOSITO, Libertà e potestà delle confessioni religiose, in Giurisprudenza Costituzionale.,
1958, p. 900; cfr., L. BARBIERI, Sul concetto di confessione religiosa, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, 1991, pp. 44 ss., in cui “il fine delle associazioni religiose si esaurisce nel
raggiungimento di attività complementari perseguibili nell’ambito dell’ordinamento creato dalla
stessa confessione religiosa, mentre il fine della confessione è quello di promuovere e proteggere il
rapporto tra Dio e l’uomo o con ogni altra credenza religiosa trascendente”.
7
Non si è cristiani, ebrei, musulmani, buddisti o altro in forza di
un contratto soggetto alle leggi dello Stato, ma per un impulso che non
ha niente di negoziale.
C’è differenza anche riguardo agli statuti delle confessioni e
delle associazioni. Questi ultimi non solo devono conformarsi agli art.
del codice civile ma, tutte le volte in cui una legge o un regolamento
ne impongono la modifica, la deroga o la sospensione, gli associati
sono tenuti ad adeguare i loro rapporti alle nuove previsioni, se
vogliono sopravvivere.
Gli statuti delle confessioni religiose, invece, essendo garantiti
dall’art. 8, 2 comma, Cost., non possono essere modificati, sostituiti,
derogati, sospesi dalla legge ordinaria o da altra inferiore, fonte
normativa.
Ma quali criteri bisogna utilizzare per differenziare
un’associazione di culto da una confessione religiosa?
Una prima questione è data dalla quantità numerica che deve
avere un gruppo, per potere aspirare alla qualifica, cioè l’adesione ed
il concorso stabile di un certo numero di aderenti.
Secondo un antico ed autorevole insegnamento, non ogni
“congrega di tre amici”, può pretendere di essere considerata una
confessione religiosa. Pertanto, il requisito su cui può far leva
l’interprete deve essere necessariamente un altro.
Un’altra questione è data dal carattere istituzionale che un
gruppo deve avere per essere qualificabile come confessione. Tale
opinione esige che il gruppo abbia un’organizzazione ed una
normazione propria, ossia, che si tratti di un ordinamento giuridico.
Ma l’art. 8, 2 comma, Cost., prevedendo che le confessioni
religiose diverse dalla cattolica possano organizzarsi secondo propri
statuti, riconosce a gruppi sociali esistenti e già qualificabili come
8