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le biotecnologie hanno due utilizzi principali, consentendo di accrescere la produttività
delle colture o di migliorare la qualità delle piante interessate dal trasferimento genico.
Attualmente gli OGM coltivati a scopi commerciali risultano essere prevalentemente
rappresentati da soia, mais, cotone e colza, modificati con caratteri di resistenza agli
erbicidi ed agli insetti. L’estensione globale delle colture Geneticamente Modificate
(GM), dal 1996, anno della loro introduzione sui mercati, è aumentata più di cinque volte
ed attualmente ammonta a più di 90 milioni di ettari (ISAAA, 2005).
Oltre alle varietà colturali a maggiore efficienza produttiva, la ricerca scientifica si
sta orientando allo sviluppo di nuove specie “migliorate” con caratteristiche
ingegnerizzate al fine di produrre sostanze benefiche per l’uomo da assimilare attraverso
il consumo umano. Un esempio è il cosiddetto riso dorato (Golden Rice) che permette di
sintetizzare meglio ed in maggiore quantità la vitamina A, la cui carenza è responsabile
di problemi di cecità e addirittura di morte nei paesi in Via di Sviluppo (Potrykus, 2001).
Nel caso delle biotecnologie agro-alimentari le aspettative della ricerca non
sembrano, tuttavia, incontrare quelle del pubblico, almeno per quanto concerne il
territorio europeo. L’attitudine generale nei confronti dei prodotti delle agro-
biotecnologie all’interno dell’Unione Europea si connota con tratti fortemente negativi.
Le ragioni del disappunto sono molteplici.
Una prima causa sembra potersi rinvenire nel peso del rischio ipotetico percepito in
associazione agli OGM. Tra le paure più diffuse vi è quella correlata all’uso di geni di
resistenza all’antibiotico nel trasferimento di Dna da un organismo all’altro. Questi geni,
che segnalano il successo o il fallimento dell’avvenuto trasferimento, permangono
nell’OGM ed il timore di molti è che la resistenza all’antibiotico possa essere trasmessa
all’uomo attraverso l’alimentazione, rendendo inefficaci molti farmaci nel trattamento
delle malattie.
La possibilità di effettuare incroci che in natura risulterebbero impossibili, inoltre, è
ritenuta costituire un pericolo nei termini di un aumento di allergie e intolleranze,
laddove caratteristiche prima non presenti venissero a costituire i nuovi alimenti.
Oltre ai timori per la salute, molto sentita è la paura delle ripercussioni che il rilascio
di OGM potrebbe avere sull’intero sull’ecosistema. L’imprevedibilità associata allo
sviluppo del vivente in particolari condizioni sollecita le preoccupazioni circa una
possibile erosione di biodiversità a seguito di fenomeni di impollinazione incrociata tra
varietà GM e non GM, dove le prime risultino dominanti. Molte perplessità suscita
anche l’eventuale trasmissione indesiderata dei caratteri di resistenza a specie infestanti,
che renderebbe inefficaci i tradizionali metodi di lotta costringendo ad un utilizzo ancora
più intensivo di sostanze chimiche in agricoltura.
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L’incertezza che permea il dibattito sulle biotecnologie, rispetto a molte altre
applicazioni scientifiche, risulta aggravata da un’ulteriore profonda considerazione. Le
tecniche di trasferimento genico, rendendo di fatto possibile scavalcare i confini che
separano una specie vivente dall’altra, conferiscono all’uomo un potere vastissimo, che è
quello di intervenire sulla Natura e sui suoi equilibri in risposta alle esigenze e volontà
umane. Grande importanza rivestono inoltre i risvolti commerciali e politici di queste
applicazioni.
La gestione di nuove capacità di intervento e relazioni di potere è al centro di un
problema etico complesso che apre molteplici domande, a visibile valenza pubblica,
sulle modalità di governo e controllo delle biotecnologie.
La percezione dei rischi, infine, è amplificata dal fatto che la stessa comunità
scientifica non riesce a dare evidenze definitive sulla questione, apparendo
profondamente divisa agli occhi di quegli stessi cittadini che ad essa chiedono risposte.
Il quadro di profonda incertezza che è stato delineato si riflette nei risultati delle
indagini sulla percezione delle biotecnologie in Europa. L’avversione che è stata
registrata, tuttavia, non sarebbe generalizzata, ma apparirebbe seguire specifici criteri.
Alcuni studi (in particolare quelli che rientrano nelle indagini Eurobarometro) hanno
rilevato come biotecnologie mediche e agro-alimentari sarebbero giudicate
diversamente, forse in virtù del tipo di beneficio rispettivamente arrecato. Alcuni fattori
specifici, quali la fiducia nelle istituzioni, il livello di controllo sulle scelte, l’accuratezza
delle informazioni ed il contesto di riferimento sembrano, infine, rivestire un ruolo
prioritario nella percezione pubblica degli OGM rispetto alle altre applicazioni del
settore.
Oggetto del presente studio è la verifica empirica delle attitudini all’acquisto di
alimenti GM con riferimento specifico al territorio trentino. Lo scopo della ricerca è
duplice. In primo luogo si vuole verificare se il pregiudizio nei confronti dell’OGM sia
dettato da personali, inamovibili convinzioni o se, invero, esso possa essere modificato
da specifiche circostanze, come la presenza di benefici dati da prezzi più ridotti, minore
impatto ambientale delle pratiche colturali o funzionalità integrative e preventive per la
salute. La sensibilità a questi attributi potrebbe inoltre approssimare la misura del rischio
evocato dal concetto di OGM: si tratta di un pericolo che un prezzo ridotto potrebbe
scalfire o, invero, solamente un vantaggio apprezzabile come una cura per un male
temuto può indurne il consumo, o, ancora, nessuna di queste proprietà riesce a sgretolare
la convinzione di un pericolosità intrinseca agli alimenti GM?
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L’insieme di queste conoscenze può fornire utili indicazioni anche su quali
caratteristiche possano risultare più credibili o interessanti ad un ipotetico consumatore
di OGM.
Il secondo obiettivo della ricerca mira a verificare il grado in cui elementi legati al
contesto di riferimento possono incidere sulla scelta di prodotti GM. Per questa ragione
si è scelto di analizzare il caso paradigmatico dell’attitudine all’acquisto di alimenti GM
nella Provincia di Trento, ove specifici protocolli di autodisciplina regolano
un’agricoltura proiettata verso elevati standard di qualità e salubrità per il consumatore,
per il produttore e per l’ambiente circostante.
L’indagine è stata svolta all’interno di un lavoro di ricerca pluriennale condotto
nell’ambito dei progetti OSSERVA3 ed EcoGenEtic.Com finanziati dalla Provincia
Autonoma di Trento (nell’ambito del Fondo Speciale per la Ricerca) e coordinati
dall’Istituto Agrario di San Michele all’Adige (responsabile scientifica, dr. Lucia
Martinelli). I due progetti hanno sviscerato il tema degli OGM, prendendone in
considerazione gli aspetti laboratoriali, legali, economici, sociali ed etici, rendendo
possibile, anche sul territorio trentino, la formazione di competenze altamente qualificate
in materia.
La ricerca empirica, avvenuta tramite la somministrazione di questionari ad hoc ad
un campione di consumatori trentini, si è avvalsa della metodologia dei Modelli a Scelta
Discreta per l’elaborazione delle informazioni raccolte. Questa metodologia
relativamente giovane rappresenta un’estensione della Valutazione Contingente basata
su scelte dicotomiche e le sue applicazioni al settore agro-alimentare ed ambientale sono
finalizzate alla valutazione di beni o servizi ancora inesistenti o privi, per propria natura,
di un prezzo di mercato.
Il presente volume si articola in sei Capitoli, che trattano in maniera estesa il dibattito
sugli OGM ed il caso di studio, al fine di trarre indicazioni utili nelle scelte istituzionali
rilevanti per il governo delle agro-biotecnologie sul territorio.
Nel Capitolo 1 si offre una panoramica introduttiva delle biotecnologie, discutendo le
principali applicazioni al settore agro-alimentare alla luce dei rischi percepiti e dei
vantaggi prospettati, per concludere con un’analisi del quadro normativo di riferimento
comunitario, nazionale e locale.
Il Secondo Capitolo si sofferma sul dibattito in corso, a livello europeo, sulle
biotecnologie. Partendo dalla definizione del concetto stesso di “attitudine”, il tema del
rischio e della sua valutazione in associazione al trasferimento tecnologico è
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accuratamente scandagliato con la disamina delle principali indagini quantitative e
qualitative condotte sull’argomento.
Nel Capitolo 3 si propone la descrizione accurata della metodologia scelta ai fini
dell’indagine empirica. I Modelli a Scelta Discreta sono inizialmente discussi e
confrontati con altre metodologie di valutazione, come la Valutazione Contingente, e
quindi approfonditi da un punto di vista formale e tecnico, non tralasciando di fornire
indicazioni sulla fase di disegno di una ricerca basata su questa metodologia.
Il Capitolo 4 descrive l’indagine empirica condotta sul territorio trentino. Il processo
logico di disegno della ricerca è calato nel contesto di riferimento, discutendo le fasi
salienti ed i risultati qualitativi ottenuti a partire dalla scelta dell’oggetto di studio, fino
all’effettiva somministrazione di questionari sul territorio.
Il Capitolo 5 discute i risultati ottenuti nella rilevazione da un punto di vista
statistico. Una sezione ampia vede l’implementazione e l’analisi di alcuni modelli a
Scelta Discreta: in particolare, il Modello Logit Multinomiale, il Modello a Parametri
Casuali e il Modello a Componenti d’Errore hanno permesso do ottenere una serie di
indicazioni rilevanti sui comportamenti d’acquisto in relazione ad un ipotetico yogurt
GM scelto come oggetto d’indagine.
Il Capitolo 6, infine, è dedicato alle conclusioni. I risultati della ricerca sono messi in
relazione con gli obiettivi preposti e con il generale quadro di riferimento riguardante le
applicazioni transgeniche in agricoltura, al fine di definire eventuali futuri orientamenti
per l’approfondimento della tematica e per il governo del trasferimento tecnologico sul
territorio.
La realizzazione di questo lavoro è stata resa possibile grazie alla collaborazione di
molti studiosi di discipline differenti, che mi hanno permesso di ottenere una visione
ampia della questione. Per queste ragioni, il lavoro si profila come sintesi ed
elaborazione di pensieri, azioni e riflessioni che, stimolati certamente dal dialogo
interdisciplinare, ricadono esclusivamente sotto la mia responsabilità in qualità di
autrice.
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Capitolo 1
OGM agro-alimentari e biotecnologie
Il presente Capitolo propone una definizione dei concetti di biotecnologie e OGM, da
cui sviluppare un’analisi delle questioni più rilevanti che attualmente ne permeano il
dibattito a livello di opinione pubblica. Gli ultimi paragrafi sono dedicati alla trattazione
del quadro normativo di riferimento a livello europeo, nazionale e locale.
Il termine “biotecnologie” risale agli inizi del XX Secolo, quando fu designato per
descrivere l’insieme dei processi di trasformazione di prodotti agricoli basati sull’uso di
agenti biologici, in particolare di microbi. L’etimologia della parola si riferisce allo
studio (logos) della vita degli organismi (bios) al fine di svolgere attività manuali o
intellettuali (technè). La definizione è oggi applicata a tutte le tecnologie che utilizzano
organismi viventi (batteri, lieviti, cellule vegetali o animali di organismi semplici o
complessi) o loro componenti per migliorare le caratteristiche di piante e animali, per
sviluppare nuove funzionalità, prodotti e servizi, per conoscere e trattare adeguatamente
malattie, condizioni avverse, contaminazioni ambientali, carenze alimentari. La parola
evidenzia una caratteristica fondamentale di questo tipo di tecnologia: l’oggetto bios,
rappresentato da organismi viventi (o loro componenti), su cui l’uomo applica sapere e
tecnica (logos e technè) per il raggiungimento di specifici obiettivi.
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1.1 Genesi e sviluppo delle moderne biotecnologie
La definizione che descrive le biotecnologie potrebbe lasciar pensare che esse siano
appannaggio esclusivo dello sviluppo della modernità scientifica; tali pratiche, invece,
sono storicamente radicate nella cultura agro-alimentare dell’uomo. Le biotecnologie,
infatti, comprendono le tradizionali tecniche di selezione ed incrocio con cui la varietà
da perfezionare viene combinata con altre specie viventi dotate di caratteristiche
funzionali alle necessità da soddisfare. L’incrocio tra specie differenti va replicato più
volte, per più generazioni, sino all’ottenimento di un nuovo organismo caratterizzato dal
possesso dei tratti desiderati (ad esempio, un gusto migliore o una maggiore resistenza a
determinati terreni). Anche per queste procedure l’oggetto è un essere vivente su cui è
applicata la tecnica di incrocio per soddisfare determinati scopi. Per queste ragioni,
possiamo parlare di biotecnologie tradizionali. Nel caso di colture vegetali, scegliendo le
tipologie da incrociare è possibile il miglioramento qualitativo del raccolto in tempi più
ridotti rispetto a quanto avviene normalmente in natura. In maniera del tutto simile, si
possono selezionare i capi d’allevamento più forti e resistenti. I processi di selezione ed
incrocio possono riguardare anche i batteri, alla base dei processi di fermentazione e
lievitazione. Storicamente, l’agricoltura, l’allevamento e talune pratiche di
trasformazione alimentare hanno costantemente fatto ricorso a queste metodologie. A
questo proposito, Grillo (2001) riferisce che già nel 3000 a.C. la popolazione Sumera era
in grado di produrre differenti tipi di birra, ciascuna con specifiche caratteristiche,
attraverso processi di fermentazione microbica.
Nel 1953, la ricerca condotta da James Watson e Francis Crick ha permesso di
descrivere la struttura a doppia elica del Dna. Tale scoperta ha dato un contributo
fondamentale allo sviluppo delle moderne biotecnologie, permettendo di comprendere i
meccanismi alla base della vita a livello molecolare.
Il Dna (o acido desossiribonucleico) è una molecola contenuta nei cromosomi
presenti nel nucleo di tutte le cellule. Essa consiste di due filamenti tenuti insieme, nella
forma di doppia elica, da legami ad idrogeno che si stabiliscono fra le coppie di basi di
nucleotidi. Ogni filamento di DNA consiste di sottounità nucleotidi, e contiene una fra
queste quattro basi: adenina (Un), guanina (G), citosina (C), e timina (T). Il Dna è alla
base del materiale ereditario e, come tale, prende infinite forme quante sono le
innumerevoli varietà del vivente. Sequenze di Dna, infatti, costituiscono i geni; il
genoma rappresenta l’insieme di tutti i geni presenti in un essere vivente, ovvero il suo
patrimonio ereditario. Quando una cellula si riproduce, il genoma viene ricopiato e
riprodotto nelle nuove cellule. Ogni specie vivente possiede uno specifico genoma; ogni
elemento appartenente ad una stessa specie, tuttavia, possiede una propria specifica
versione del genoma, data da geni e cromosomi unici a quell’individuo. Oltre che fra