4
Comunità Europea di adottare atti che stabiliscono sanzioni nei confronti di
individui. Il proposito è quello di osservare quali sono le implicazioni delle
misure volte a combattere il terrorismo spesso accusate di tenere sempre
meno in considerazione le libertà individuali.
Nell’ultima parte verrà condotto lo studio di un caso, relativamente
all’accordo tra Stati Uniti ed Unione europea in materia di trasmissione dei
dati personali tra compagnie aeree e Ufficio doganale americano di
protezione dei confini del dipartimento per la sicurezza interna degli Stati
Uniti. L’obiettivo non è solo una riflessione sulla pervasività delle misure di
sicurezza antiterrorismo, ma anche dare un giudizio sull’atteggiamento della
Corte di giustizia delle Comunità Europee, chiamata a valutare, ancora una
volta, la competenza della Comunità a dare attuazione al detto accordo e
constatarne una violazione del diritto alla riservatezza e protezione dei dati
personali.
5
CAPITOLO I
La risposta europea al terrorismo dopo gli attentati dell’11 settembre
1.1. La lotta al terrorismo come obbiettivo prioritario dell’Unione
europea
L’11 settembre ha indubbiamente segnato un discrimine tra un “prima”
e un “dopo” nell’approccio Europeo alla lotta al terrorismo internazionale,
imponendo un nuovo ordine alle scelte politiche sempre più marcatamente
segnate da esigenze di sicurezza.
Il 14 settembre 2001, la Dichiarazione congiunta dei Capi di Stato e di
Governo dell’Unione europea, del Presidente del Parlamento europeo, del
Presidente della Commissione europea e dell’alto Rappresentante per la
Politica estera e di Sicurezza comune, affermava che “I tragici eventi ci
obbligano a prendere decisioni urgenti sui modi in cui l’Unione europea
risponderà alle seguenti sfide: essa deve impegnarsi con ogni mezzo a
difendere la giustizia e la democrazia mondiali, a promuovere un modello
internazionale di sicurezza e prosperità per tutti i paesi e a contribuire
all’emergere di un’azione globale, ferma e prolungata contro il terrorismo.
Continueremo a sviluppare la politica estera e di sicurezza comune affinché
l’Unione possa veramente parlare in modo chiaro e univoco.(…) L’Unione
europea accelererà l’attuazione di una vera e propria area di giustizia
europea, la quale implicherà tra l’altro l’istituzione di un mandato
d’arresto ed estradizione europeo, in conformità con le conclusioni del
Consiglio di Tampere e il reciproco riconoscimento di decisioni e verdetti
giudiziari.”
1
In un momento storico particolarmente complesso, in cui l’attenzione
dell’Unione si stava concentrando sul processo di allargamento ai Paesi
dell’Est, la lotta al terrorismo è stata da subito inserita tra le priorità
dell’agenda politica. Il Consiglio Europeo riunitosi in sessione straordinaria
a Bruxelles, il 21 settembre 2001, ha subito ribadito la solidarietà
1
Dossier Europa, n. speciale dicembre 2001, ‘11 settembre – La risposta
dell’Europa’ pag. 41.
6
dell’Unione europea con gli Stati Uniti e il popolo americano. Questa si è
dichiarata pronta a cooperare nella lotta al terrorismo ‘attraverso la
creazione di una coalizione globale sotto l’egida delle Nazioni Unite per
difendere i “nostri” valori comuni’ e, assolutamente in accordo con la
risoluzione 1368 (12 settembre 2001) del Consiglio di Sicurezza dell’ONU
2
,
ha denunciato l’accaduto come un attacco alle nostre società aperte,
tolleranti, democratiche e multiculturali e ha confermato la legittimità di una
reazione statunitense. E’ stato così elaborato un piano d’azione finalizzato
ad imprimere l’impulso necessario all’azione europea in seguito agli
attacchi terroristici contro gli Stati Uniti, stabilendo che ‘la lotta al
terrorismo costituirà più che mai un obiettivo prioritario per l’Unione
europea’ e ribadendo l’astensione da qualsiasi identificazione tra il Mondo
Arabo Musulmano e il fanatismo terrorista.
3
I Capi di Stato e di Governo
hanno inoltre garantito come assolutamente imprescindibile il rispetto delle
libertà fondamentali sulle quali si fonda la nostra civiltà nell’approccio
europeo all’impegno contro il terrorismo. Così, all’indomani degli attacchi
alle Twin Towers la lotta al terrorismo subisce una spinta e si conferma
come priorità delle istituzioni europee sul terreno della politica di sicurezza.
L’Unione europea è intervenuta, in conformità con quanto già stabilito
dal Consiglio Europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, coerentemente
con la creazione di uno Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia che prende
il primo posto nell’Agenda Politica dell’Unione. Per quanto riguarda
l’azione più strettamente entro i confini europei, si è reso necessario il
rafforzamento della capacità interna di contrasto al terrorismo mediante una
mobilitazione congiunta delle forze di polizia e giudiziarie allo scopo di
garantire che i criminali non possano trovare rifugio né ricavare proventi dai
loro reati all’interno del territorio dell’Unione, minacciando in tal modo la
2
Tale risoluzione riconosce il diritto all’auto-difesa in conformità alla Carta delle
Nazioni Unite, quando siano minacciate la pace e la sicurezza internazionali da atti
terroristici e fa appello alla comunità internazionale per un maggiore sforzo, cooperazione e
applicazione sia delle convenzioni internazionali contro il terrorismo, sia delle stesse
risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.
3
‘Conclusioni e piano d’azione del Consiglio Europeo straordinario del 21
settembre 2001’ riunito a Bruxelles.
7
sicurezza dei cittadini.
4
Il rafforzamento della cooperazione giudiziaria e di
polizia, quindi nell’ambito del così detto “Terzo Pilastro”, è il primo passo
mosso dall’Unione europea attraverso l’adozione di due misure cruciali e
complementari: il mandato d’arresto europeo che secondo il piano d’azione
va a sostituire il sistema di estradizione e l’istituzione di Eurojust. A questo
va aggiunta l’esigenza di un ravvicinamento delle normative antiterrorismo
dei vari Stati membri, finalizzato all’ottenimento di una base comune per
quanto riguarda pene e sanzioni.
Altro terreno decisivo sul quale l’Europa intende muoversi è quello della
lotta al finanziamento del terrorismo mediante il costante aggiornamento
degli elenchi delle organizzazioni terroristiche e dei loro presunti membri
verso i quali saranno adottate misure restrittive come il congelamento dei
capitali e delle risorse finanziarie
5
, nonché attraverso l’attuazione delle
sanzioni stabilite del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, di cui la
Comunità in quanto tale non è parte, ma lo sono invece gli Stati membri.
4
Per chiarezza: la categoria dei reati a cui ci si riferisce è ovviamente ampia, non
include solo la fattispecie terrorismo. Cfr. ‘Conclusioni della Presidenza del Consiglio
Europeo di Tampere 15 e 16 ottobre 1999’.
5
Ovviamente gli obbiettivi dichiarati dal Consiglio Europeo sono più numerosi
rispetto a quelli da me citati, ma per questioni puramente organizzative, analizzerò
solamente quelli sopra descritti limitandomi semplicemente all’elencazione di quelli
omessi: rafforzare la sicurezza aerea, coordinare l’azione globale europea attraverso la
PESC e la PESD, maggiore impegno dell’Unione nel mondo per prevenire e stabilizzare i
conflitti regionali e favorire il dialogo politico tra Paesi, fronteggiare il rallentamento
dell’economia attraverso politiche di stabilizzazione e riforme strutturali.
8
1.2. Il Terzo Pilastro: cooperazione in materia di giustizia e affari
interni
Prima di passare all’analisi delle misure adottate attraverso i relativi atti
normativi, farò un breve resoconto riguardante il Terzo Pilastro. Il fine è
quello di individuare gli strumenti giuridici utilizzati in questo settore ed
evidenziarne gli effetti ed eventualmente i limiti.
L’idea che l’Unione europea costituisca uno Spazio di Libertà,
Sicurezza e Giustizia risale al Trattato di Amsterdam, stipulato nel 1997 ed
entrato in vigore il 1° maggio 1999. Già il Trattato di Maastricht, entrato in
vigore il 1° novembre 1993, aveva inserito fra gli obbiettivi comuni agli
Stati membri la Cooperazione in materia di Giustizia e Affari Interni
6
, fino
ad allora affidata esclusivamente alle convenzioni internazionali.
Nell’ambito della giustizia civile, con il Trattato di Amsterdam, la
cooperazione giudiziaria viene inserita nell’ambito di competenza
comunitario, il così detto Primo Pilastro, insieme a materie come
immigrazione, visti e diritto d’asilo. Resta invece nell’ambito del Terzo
Pilastro la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e la
repressione e prevenzione del razzismo e della xenofobia, settore in cui
l’obbiettivo dell’azione comune è la prevenzione e repressione della
criminalità, in particolare il terrorismo, la tratta degli esseri umani, traffico
illecito di droga e armi, corruzione e frode, reati perseguiti attraverso una
più stretta cooperazione fra le forze di polizia e le autorità giudiziarie.
Nonostante le resistenze culturali e organizzative, la cooperazione tra
Stati membri tende a diventare sempre più sistematica, mostrando i limiti
del “metodo intergovernativo classico” che si risolve nella stipulazione di
convenzioni raramente ratificate da tutti gli Stati. Il principio fondamentale
che sta alla base della cooperazione giudiziaria, è quello del mutuo
riconoscimento delle decisioni e verdetti giudiziari, al fine di colmare quel
vuoto di fiducia, seppure parziale, tra gli Stati Membri e nonostante la
convivenza di tradizioni giuridiche differenti.
6
Titolo VI del Trattato sull’Unione Europea –Disposizioni sulla cooperazione di
polizia giudiziaria in materia penale, approvato a Maastricht il 7 febbraio 1992.