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Nella seconda parte sono evidenziati alcuni esempi di pianificazione a livello nazionale partendo
dal Piano sanitario 1998-2000, passando attraverso quello del triennio successivo fino a
giungere al Piano 2003-2005. La pianificazione legislativa in ambito sanitario offre un quadro
generale di indirizzo a Regioni ed Enti locali affinché attuino programmi di promozione della
salute. L’esempio offerto è costituito dal Piano sanitario regionale dell’Emilia Romagna.
La terza parte si sofferma sull’esperienza della pianificazione socio-sanitaria dell’Emilia
Romagna inquadrando i Piani di Salute. Essi rappresentano un esperimento sociale che cittadini,
amministratori pubblici ed operatori sanitari hanno realizzato. Si tratta di processi partecipativi
finalizzati alla costruzione di azioni per la salute che hanno suscitato un vasto interesse nella
collettività.
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PARTE PRIMA: PROMOZIONE DELLA SALUTE, EDUCAZIONE
SANITARIA E INFORMAZIONE
a. L’evoluzione storica del concetto di salute
La salute entra con forza nell’agenda sociale e politica con la Carta Fondativa dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità nel 1948, quando essa ne dava per la prima volta una definizione
comprensiva come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale”.
Questa definizione della salute ha dato vita ad un consistente processo di Welfare State nei paesi
occidentali sia per quelli basati sulle assicurazioni sociali obbligatorie (Germania, Francia,
Giappone e Canada), sia per quelli che avevano istituito servizi sanitari nazionali basati sulla
fiscalità generale come Gran Bretagna, Irlanda e Paesi Scandinavi a cui sono seguiti l’Italia, la
Spagna e il Portogallo. L’obiettivo primario dell’OMS per l’anno 2000 era quello di garantire la
salute per tutti ma ciò è stato notevolmente ridimensionato dalle crisi economiche e dal debito a
partire dagli Anni 80.
Tale convergenza ha colpito in maniera massiccia soprattutto i Paesi ex socialisti deficitari di un
adeguato sviluppo economico e di un potere regolatore dello stato.
L’art. 25 della Dichiarazione dei Diritti Umani approvata dall’ONU nel 1948 recita: “Ogni
individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e
della sua famiglia.” In questo passaggio si sottolinea l’importanza della tutela della salute, un
diritto troppo spesso dimenticato.
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Nel 1978 la Dichiarazione di Alma sull’assistenza sanitaria riprendendo la definizione sancita
dall’OMS, afferma che “la salute è un diritto umano fondamentale […] la cui realizzazione
richiede il contributo di molti altri settori economici e sociali in aggiunta a quello sanitario”. In
questa definizione la salute è considerata un diritto inalienabile e indiscutibile di ogni essere
umano; la partecipazione fattiva a livello sociale, economico e sanitario deve realizzarsi
pienamente e completamente.
La Dichiarazione di Jakarta del 1988 sostiene che la promozione della salute è “il processo che
mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e migliorarla”.
La Carta di Lubiana del 1996, emessa grazie ai ministri della salute dei vari paesi europei, ha
chiarito che l’introduzione del mercato in sanità ha condotto a forme di iniquità nella qualità e
distribuzione dell’assistenza sanitaria. Il proposito della Carta di Lubiana è stato quello di elencare
una serie di principi che costituiscono parte integrante degli attuali sistemi sanitari o che avrebbero
migliorato l'assistenza sanitaria negli Stati Membri della Regione Europea dell'Organizzazione
Mondiale della Sanità. Questi principi si sono basati sulle esperienze di quei Paesi che hanno
puntato a riordinare il proprio sistema sanitario. La Carta di Lubiana sancisce che i sistemi sanitari
dovranno basarsi sui principi della dignità umana, dell’equità, della solidarietà e dell’etica
professionale. La preoccupazione primaria delle società deve essere l’orientamento alla salute. Le
riforme in Sanità dovranno tenere in considerazione, secondo il principio democratico, le attese
riguardo la salute e l’assistenza sanitaria. Tutte le riforme della sanità devono porsi l'obiettivo di
migliorare la qualità dell'assistenza sanitaria erogata, provvedendo a definire l'efficacia in rapporto
ai costi sostenuti. Il finanziamento dei sistemi sanitari dovrebbe consentire che l'assistenza sanitaria
venga erogata a tutti i cittadini in modo sostenibile. Le riforme, ispirate dalla filosofia
dell'assistenza sanitaria di base, dovrebbero assicurare che i servizi sanitari garantiscano a tutti i
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livelli la protezione e la promozione della salute, il miglioramento della qualità della vita, la
prevenzione e la cura delle malattie, la riabilitazione dei pazienti, l'assistenza a coloro che soffrono
e ai malati terminali.
Nel dicembre del 2000 in Bangladesh nell’Assemblea per la Salute dei Popoli si afferma che
“la salute è una questione sociale, economica e politica ma soprattutto un diritto umano
fondamentale”.
Il miglioramento dello stato di salute della popolazione costituisce un indicatore dello sviluppo
sociale. I servizi sanitari sono importanti, ma non sono i soli in grado di influenzare il benessere
della popolazione: altri settori contribuiscono a creare e a migliorare la salute, quindi
l'intersettorialità costituisce un aspetto fondamentale del riordino della sanità.
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2. Origini ed evoluzione del sistema sanitario in Italia: dalla mutualità volontaria al servizio
sanitario per tutti.
Nei cento anni di legislazione sociale il comparto della Sanità appare caratterizzato da tre fasi
fondamentali.
La prima fase è quella del grande sviluppo della mutualità volontaria, organizzato dai lavoratori, a
carico degli stessi, per affrontare l'evento malattia.
Si tratta di interventi minimali, riservati ai soci delle Casse Mutue, di tipo risarcitorio. L'evoluzione
sarà l'estensione delle Casse Mutue a gestione paritetica dove il datore di lavoro e il lavoratore
contribuiscono in eguale misura a finanziare la Cassa stessa.
La seconda fase è quella dell'obbligatorietà dell'assicurazione per la malattia, caratterizzata dal
concetto riparatorio dell'intervento, dalla possibilità di avere una copertura solo se c'è iscrizione ad
una mutua, dalla pletora di Enti mutualistici, dalle differenze (a volte enormi) dei trattamenti
offerti. Anche in questa fase, come è ovvio, a parte i "poveri", assistiti dai Comuni, milioni di
cittadini restano fuori da qualsiasi sistema di copertura sanitaria.
La terza fase è quella del diritto alla salute, del carattere universalistico della sanità,
dell'importanza della scansione degli interventi per la prevenzione, la cura e la riabilitazione.
Fino al 1850 è la beneficenza che si fa carico dei problemi della malattia dei bisognosi. Vent’anni
più tardi si assiste alla nascita dei presupposti della sanità pubblica. Si istituisce l'assistenza legale
ai poveri e la figura del medico condotto. In un primo tempo sono le Società di mutuo soccorso a
giocare un ruolo importante nel promuovere e sollecitare interventi a favore del lavoratore in
malattia. In un secondo tempo le Casse Mutue su base aziendale o interaziendale, organizzate dai
lavoratori della stessa categoria lavorativa, hanno dato inizio ad un sistema volontario di
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"assicurazione in caso di malattia". E’ soprattutto nell’epoca dello sviluppo industriale che si pone
questo problema. Ma l'insufficienza dell'assistenza erogata dalle Casse, dovuta all'irrisorietà del
contributo posto a carico dei soci, fa ricercare ben presto soluzioni più organiche. I sindacati più
avanzati incominciarono a chiedere l'assicurazione obbligatoria di malattia.
Nel 1902 la Camera, e nel 1903 il Senato, approvarono un ordine del giorno per l'introduzione della
assicurazione di malattia obbligatoria, ma non sortirono alcun effetto. Così come non sortirono
effetti gli esiti dei lavori della Commissione ministeriale del 1907 e del 1917, che avevano il
compito di predisporre disegni di legge per la assicurazione obbligatoria della malattia. Saranno i
sindacati, con interventi forti e determinati, a proporre il rafforzamento delle Casse aziendali e
interaziendali, richiedendo un contributo del datore di lavoro. La mutualità sindacale, a
contribuzione paritetica, (metà a carico del lavoratore, metà a carico del datore di lavoro) si
diffonderà rapidamente. Sul piano organizzativo, di norma, era previsto un organismo centrale con
unità periferiche. Sul piano operativo si risarciva il danno fisico con il rimborso parziale delle spese
sostenute dal mutuato per cure mediche, specialistiche, farmaceutiche, ospedaliere oppure si
offrivano prestazioni dirette attraverso medici fiduciari e attrezzature delle mutue o convenzionate
con le stesse. Il panorama delle Casse, numericamente sempre più rilevante, era però limitato ai
lavoratori dipendenti e articolato per settori produttivi. Erano, invece, scoperti da qualsiasi tutela i
lavoratori autonomi, i coltivatori diretti, gli artigiani, gli addetti del commercio, i disoccupati, gli
ex lavoratori pensionati ed i loro familiari.
Nel 1943 fu istituito l’INAM (Istituto Nazionale assicurazione malattia) nel quale dovevano
confluire tutte le Casse Mutue e gli Enti che esercitavano l’assistenza di malattia nei confronti dei
lavoratori dell’agricoltura, industria, commercio, credito, assicurazione e servizi tributari. Gli
eventi bellici bloccarono il disegno complessivo che era alla base dell’istituzione dell’INAM.
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In considerazione delle difficoltà e della confusione in questa materia, nel 1946 si profilò una
riforma del sistema mutualistico per estendere la tutela a tutte le categorie di lavoratori, eliminare
le forti discriminazioni tra settori produttivi diversi, corrispondere prestazioni adeguate al rischio e
per unificare criteri ed enti. Inoltre, il sistema mutualistico obbligatorio si caratterizzava in un
sistema di tipo esclusivamente curativo, sistema di cui cominciava ad avvertirsi tutto il limite. Ma
il tempo passa inutilmente e alla fine degli anni ’50 si incomincia a parlare con sempre maggiore
insistenza di riforma sanitaria, riforma che vedrà la luce solo dopo 30 anni. Nel frattempo altre
categorie di lavoratori vengono progressivamente coperte dall’assicurazione obbligatoria per la
malattia e si moltiplicano al tempo stesso gli enti assicuratori che operano con norme e criteri
diversi. L’assistenza sanitaria "ai poveri" viene garantita dai Comuni.
La gestione dell’INAM sarà per anni oggetto di polemiche, contrasti, diatribe nonché di
contenzioso da parte dei lavoratori per quanto riguarda le prestazioni erogate. Altrettanto avverrà
per l’indennità di malattia. Ma la caratteristica "riparatoria" dell’intervento mutualistico nel campo
della malattia stride sempre di più con l’esigenza di prevenire lo stato di malessere e di garantire il
diritto alla salute dei lavoratori e dei cittadini. La legislazione italiana appare sempre più superata
ed obsoleta. Viene avanti tra la gente una diversa concezione della sanità e della tutela della salute,
principio peraltro sancito dall’art. 32 della Costituzione.
Nel 1958, per coordinare, dirigere e programmare la politica sanitaria, si istituisce il Ministero
della Sanità e si sviluppa una forte iniziativa sindacale sul tema della riforma sanitaria. Il 23 aprile
del 1958 il comitato direttivo della Cgil approva un piano che contiene le linee generali del
Servizio sanitario nazionale mettendo al centro la necessità di un grande sviluppo della
prevenzione sui posti di lavoro. Nel 1959 sarà la Cisl a presentare il suo progetto sul nuovo
Servizio sanitario nazionale.
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Si deve però arrivare al 1965 perché il Governo si impegni formalmente al superamento del
sistema mutualistico e all’istituzione delle Unità Sanitarie Locali. L’impegno lo si ritrova nel piano
quinquennale per lo sviluppo economico sociale del Paese presentato dal Ministro del Bilancio
Pieraccini.
Passi importanti, però incominciano a farsi. Nel 1968 si vara la riforma ospedaliera e gli ospedali
diventano Enti pubblici. Il sindacato avanza preoccupazioni per aver stralciato la riforma
ospedaliera dalla riforma sanitaria con il rischio di accentuare il carattere egemone dell’ospedale
nell’assetto sanitario, a scapito della medicina di base.
E’ del 1969 il primo documento unitario delle tre maggiori sigle sindacali (Cigl, Cisl e Uil) sulla
riforma sanitaria che si basa su tre elementi: programmazione, prevenzione e partecipazione. Nel
1970 c’è il primo incontro tra Governo e organizzazioni sindacali sugli obiettivi della riforma. Nel
frattempo le forze politiche presentano in Parlamento i loro disegni di legge; le divergenze
maggiori sono sulla natura giuridica delle USL. E’ finalmente nel 1974 che il Governo presenta il
primo disegno di legge sull’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Nel frattempo, in base alla
legge 382 sul decentramento dello Stato, l’assistenza ospedaliera viene trasferita alle regioni e
garantita a tutti i cittadini italiani e stranieri, mentre l’assistenza sanitaria (medica, specialistica e
farmaceutica) resta in capo al sistema mutualistico, in attesa di venire gradualmente trasferita agli
enti locali contestualmente alla soppressione delle mutue.
Nel 1975 il Parlamento procede all’esame del testo di riforma sanitaria presentato dal Governo sul
quale le organizzazioni sindacali esprimono un positivo apprezzamento anzi, svolgono un ruolo
propositivo, oltre che di mobilitazione, a sostegno dell’iter parlamentare del disegno di legge.
Le mutue, nel 1977, vengono commissariate e il sistema mutualistico entra in fase di liquidazione.
E’ l’avvio della riforma sanitaria che diventa legge dello Stato nel 1978.
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I principi della legge 833 sono essenzialmente: la tutela della salute fisica e psichica dell’individuo;
la globalità dell’intervento (prevenzione, cura e riabilitazione); l’eguaglianza dei cittadini e
l'uniformità delle prestazioni; la programmazione sanitaria e il decentramento della gestione.
In secondo luogo si riscontrano due limiti della riforma: la mancata istituzione di organi di
partecipazione, anche ad elezione diretta, da parte della popolazione e la mancata contestuale
approvazione della riforma dell’assistenza che renderà impraticabile l’integrazione tra i servizi
sociali e quelli sanitari. Inoltre la 833 si scontra rapidamente nella sua attuazione con una serie di
difficoltà legate all’eredità storica della sanità pubblica, a questioni politiche e a problemi
finanziari. Si procede tra continui rinvii e provvedimenti contraddittori.
Una revisione della legge 833 si concretizzerà nel decreto legislativo del 30 dicembre 1992 n. 502
di riordino della sanità. Il decreto stabilisce:
• la responsabilizzazione degli organi direttivi e il conseguimento dei risultati;
• il finanziamento attribuito tramite quote capitarie in funzione dei livelli uniformi di assistenza;
• la regionalizzazione del servizio;
• prefigurazione di un sistema di concorrenza tra strutture pubbliche e private fondato
sull’accreditamento e il finanziamento a tariffa delle strutture stesse.
Tra i limiti maggiori di questo riordino viene denunciato quello della mancata uniformità dei livelli
di assistenza sanitaria da garantire a tutti i cittadini nonché il rinvio di molte importanti scelte ed
altri adempimenti successivi.
E’ opportuno soffermarsi sulla composizione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che
raggruppa enti ed organi che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute dei
cittadini. Tra essi:
• Istituto Superiore di Sanità - ISS;
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• Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro - ISPESL;
• Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali – ASSR;
L’Istituto Superiore di Sanità è organo tecnico scientifico del Servizio Sanitario Nazionale e svolge
funzioni di ricerca, di sperimentazione, di controllo e di formazione per quanto concerne la salute
pubblica.
L’Istituto Superiore per la Prevenzione è organo tecnico scientifico del Servizio Sanitario
Nazionale ed è centro di riferimento nazionale di informazione, documentazione, ricerca,
sperimentazione, controllo e formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza e
benessere nei luoghi di lavoro.
L’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali svolge funzioni di supporto alle attività regionali, di
valutazione comparativa dei costi e rendimenti dei servizi resi ai cittadini e di segnalazione di
disfunzioni e sprechi nella gestione delle risorse personali e materiali e nelle forniture, di
trasferimento dell'innovazione e delle sperimentazioni in materia sanitaria.
La successiva riforma, attuata con il decreto legislativo n. 229/99, conosciuta come legge Bindi,
porta a compimento il processo di razionalizzazione avviato (regionalizzazione del sistema e
aziendalizzazione delle strutture); potenzia il ruolo dei Comuni nella programmazione sanitaria e
nella valutazione dell’attività svolta dai direttori generali; sottolinea il forte rilievo della
integrazione sociosanitaria; rivisita il rapporto pubblico-privato attraverso il riconoscimento del
pluralismo che caratterizza l’organizzazione e l’attività del Servizio sanitario nazionale; focalizza
l’attenzione sulla qualità, appropriatezza ed efficacia delle prestazioni, provvedendo ad affermare il
principio di contestualità tra identificazione dei livelli di assistenza garantiti dal Ssn e la
definizione del fabbisogno nazionale.
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Gli ultimi anni sono ben noti a tutti: i provvedimenti adottati hanno riguardato soprattutto la
questione dei tickets, la questione del finanziamento, la lotta agli sprechi e la razionalizzazione
della spesa.
In base agli accordi tra Governo e Sindacati, in merito alla riscrittura del welfare nel nostro paese, è
stato riconfermato il modello del Servizio sanitario universalistico basato sull’equità.
Viene dato impulso, con uno stanziamento apposito, alle residenze sanitarie assistite e a tutte quelle
forme alternative al ricovero ospedaliero. Non si dovranno creare maggiori oneri per gli utenti in
termini di compartecipazione alla spesa sanitaria. Il nuovo sistema è finalizzato a ridistribuire e
ridurre mediamente l’onere dell’attuale compartecipazione dei cittadini rendendola più rispettosa
dei bisogni delle famiglie, in relazione ai loro redditi e considerando la presenza dei minori, degli
anziani sopra i 65 anni e di eventuali patologie.
Altre innovazioni legislative dovranno riguardare una migliore articolazione democratica dei poteri
di programmazione e verifica dell’efficienza dei servizi, un migliore rapporto tra strutture
pubbliche e private, nonché una migliore definizione delle forme integrative di assistenza sanitaria.
Al termine di questo percorso, l’assistenza sanitaria del nostro paese dovrebbe raggiungere
l’assestamento necessario, da tanto tempo ricercato.