8
normalmente legato in modo negativo alla dimensione, di
conseguenza, il credito erogato alle PMI tenderà ad impegnare
percentuali più elevate del capitale della banca, che potrebbe essere
indotta a finanziare imprese meno rischiose o quantomeno ad
aumentare i tassi d’interesse a fronte del maggior rischio
evidenziato e del maggior capitale richiesto.
Per evitare la creazione di un circolo “virtuoso”, in cui solo chi ha
ingenti garanzie può vedere spianata la strada per l’accesso al
credito, le imprese dovranno far emergere i loro punti di forza
basando il rapporto con le banche secondo una nuova logica,
attraverso il passaggio da una visione “transazionale” ad una
“relazionale”.
2. dalla metodologia di determinazione dei rating interni, basata su
procedure meccaniche ritenute inadatte a cogliere le peculiarità
delle piccole imprese e quindi a valutarne adeguatamente il merito
di credito.
Il presente lavoro tenta di mostrare tutte le possibili implicazioni
cui la nuova normativa può andare ad incidere sul rapporto banca –
impresa. Nel primo capitolo, dopo aver dato alcune definizioni di
PMI usate dal legislatore nazionale e comunitario, si illustrerà il
sistema produttivo italiano e il ruolo del sistema bancario nel
finanziamento alle imprese considerando le relazioni che
intercorrono tra aziende e enti di credito.
Inoltre verranno evidenziati i problemi comportamentali e
funzionali delle PMI nella richiesta di finanziamento e l’opportunità
di un rapporto che non sia più basato su una logica multibanking ma
su una Corporate Banking relazionale (hausbank, modello di banca
alla tedesca).
9
Il secondo capitolo si apre con una parentesi sul ruolo dei
coefficienti patrimoniali nell’evoluzione della vigilanza bancaria, in
seguito si individuano compiti e funzioni del Comitato di Basilea,
l’autorità di supervisione e controllo dell’operato degli enti
creditizi. Il Comitato fu istituito nel 1974 dai Paesi del G10, non ha
potere legislativo ma formula proposte e linee guida volte al
raggiungimento di due obiettivi fondamentali: 1) estendere la
regolamentazione di vigilanza al maggior numero di paesi
possibile; 2) rendere questa regolamentazione di vigilanza bancaria
più efficace per assicurare stabilità al sistema. Altro obiettivo del
Comitato è quello di evitare comportamenti poco adeguati da parte
di alcune banche che potrebbero dar vita a crisi nel sistema bancario
generale. Una volta terminata l’analisi del Comitato viene
considerato il primo Accordo di Basilea del 1988 (Basilea1) per poi
passare agli aspetti che hanno condotto all’emanazione del secondo
Accordo di Basilea nel 2004.
In sintesi i limiti del primo Accordo erano riconducibili ai seguenti
aspetti: eccessiva ampiezza delle classi di controparte con difficoltà
di finanziamento alla grande industria, la scadenza dei crediti non
era considerata un rischio ed anche il principio di diversificazione
del portafoglio era del tutto trascurato.
Il terzo capitolo si apre un con una descrizione della struttura del
nuovo Accordo di Basilea.
La normativa di Basilea2 si basa su tre pilastri tra loro
interconnessi: il primo pilastro definisce i criteri secondo i quali
misurare il patrimonio di vigilanza e i rischi che devono essere
considerati per determinare l'adeguatezza del capitale; il secondo
pilastro presenta le linee guida, i principi e le regole del processo di
10
controllo prudenziale che condizionano l'attività di intermediazione
creditizia; il terzo pilastro indica la necessità di definire strumenti
di comunicazione verso il mercato che siano trasparenti.
Il primo pilastro definisce il patrimonio di vigilanza: rispetto al
precedente Accordo, vengono proposte tre alternative per la
misurazione dei rischi di credito: un nuovo approccio standard che
riconosce i rating esterni e le tecniche di mitigazione dei rischi
seguendo una struttura di ponderazione più articolata; due approcci
basati su rating interni, ossia valutazioni che si basano su una
visione quantitativa e qualitativa del rischio in versione base o
avanzata.
Un altro elemento di novità previsto dal nuovo Accordo è
rappresentato dall'introduzione di un requisito patrimoniale per il
rischio operativo, che consiste nel rischio di perdite derivanti dalla
inadeguatezza e dalla disfunzione di procedure, risorse umane e
sistemi interni. Vengono inoltre individuati i metodi di calcolo
dell'assorbimento di capitale a fronte dei rischi operativi:
ξ un metodo di base che richiede alle banche di detenere un
ammontare di capitale pari al 15% del margine di intermediazione
medio dell'ultimo triennio;
ξ un metodo standard che invece risulta calcolabile tramite una
formula che prevede il calcolo di un margine di intermediazione
aziendale attribuibile ad ogni unità d'azienda moltiplicato per un
coefficiente di assorbimento sempre attribuibile ad ogni unita
d'azienda diviso il numero degli anni;
ξ i metodi avanzati.
La trattazione nel terzo capitolo continua con l'esposizione dei
principi del rischio di mercato, del secondo e terzo pilastro. Il
11
secondo pilastro contiene norme che riguardano la valutazione della
conformità dei sistemi di rischio della banca, la valutazione dei
rischi che non vengono considerati all'interno del primo pilastro e la
valutazione dei fattori esterni alla banca che potrebbero generare
situazioni di recessione.
Il terzo pilastro, invece, contiene indicazioni e disposizioni
concernenti la cosìdetta “disciplina di mercato” e l'informativa che
le banche saranno tenute a trasmettere ai terzi.
Il capitolo continua con l’ individuazione dei punti di convergenza
e delle differenze principali tra Basilea2 e le normative esistenti,
come quelle dei principi contabili internazionali (IAS), per poi
passare ad un'analisi di ciò che il nuovo Accordo cambierà
nell’operato dei Confidi (consorzi fidi) e per alcuni strumenti di
finanziamento come il Project Financing.
Per quanto riguarda l'impatto che Basilea2 avrà sui principi
contabili internazionali esso concerne due aspetti fondamentali:
ξ i criteri di valutazione delle attività e delle passività
finanziarie derivanti dalla combinazione delle disposizioni previste
nel primo pilastro e nello IAS 39, con riferimento, in particolare, ai
metodi di misurazione del loro fair value, ossia del corrispettivo al
quale un'attività potrebbe essere scambiata ed una passività estinta
in una transazione tra parti consapevoli e indipendenti,
ξ le logiche e i metodi di identificazione dei settori di business
in considerazione dei portafogli previsti dal nuovo Accordo rispetto
a quanto stabilito nello IAS14.
Per quanto riguarda le conseguenze del nuovo Accordo sull'operato
dei consorzi fidi, tradizionalmente soggetti garanti dei
finanziamenti dei loro associati , va detto che, a seguito della nuova
12
definizione dei requisiti minimi di capitale delle banche potrebbero
non rappresentare garanzie adeguate.
Secondo il nuovo Accordo l'ente che rilascia la copertura o la
garanzia deve essere classificato con un rating pari almeno ad A- o
equivalente, e la mancanza di questo requisito escluderebbe di fatto
tutti i confidi.
In sintesi l'operato di questi consorzi fidi viene limitato dall'entrata
in vigore del nuovo scenario normativo e la situazione degli
aderenti al consorzio rischierebbe di risultare difficile poiché essi
dovrebbero pagare la quota di iscrizione al consorzio, pur
ottenendo dalle banche condizioni finanziarie onerose con un costo
complessivo forse non sostenibile.
Per questo sono state adottate delle riforme previste dal D.l.30
settembre 2003 e dalla legge finanziaria del 2006, con le quali si
cerca di adottare misure più adeguate ad assicurare il
riconoscimento della garanzia prestata dai confidi.
Il terzo capitolo si conclude con una panoramica sulle principali
minacce che il sistema imprenditoriale dovrà affrontare con l'entrata
in vigore della normativa di Basilea2 ed in particolare:
ξ difficoltà di accesso al credito e l'aumento del costo dello
stesso, poiché le banche che adotteranno sistemi avanzati saranno
sempre più spinte nella selezione delle imprese da affidare e nella
definizione del prezzo di finanziamento, ad utilizzare meccanismi
di credit scoring.
ξ rischio di prociclicità; un sistema di requisiti patrimoniali
basati su valutazioni interne tende ad essere prociclico, ossia nelle
fasi di recessione economica il peggioramento della valutazione
dell'impresa affidata determina un razionamento del credito e da ciò
13
ne consegue un peggioramento della congiuntura economica dando
vita ad un ciclo vizioso, anche se questo effetto è già stato attenuato
nell'ultima versione del nuovo Accordo di Basilea2 mediante
l'adozione di una ponderazione per le controparti meno sensibile
alle probabilità di insolvenza e soprattutto attraverso la richiesta alle
banche di effettuare stress test per monitorare la sensibilità degli
assorbimenti patrimoniali rispetto alle fasi del ciclo economico.
ξ Il sostenimento di costi aggiunti nel rapporto con gli
intermediari.
Nel quarto ed ultimo capitolo viene riproposta la procedura di
analisi di bilancio utile ai fini della valutazione aziendale secondo i
nuovi principi di Basilea2, con particolare attenzione all’ analisi
quantitativa della solidità patrimoniale, della liquidità, della
redditività, dei flussi finanziari e a quella economica (ad esempio,
individuazione del break even point e della leva operativa).
Inoltre viene effettuata un’analisi, unicamente di tipo quantitativo,
sui dati di un’azienda, allo scopo di valutarne il rating sulla base dei
valori degli indici di bilancio risultanti. In breve, attraverso lo
studio di un bilancio aziendale e con l'ausilio di un software è stato
elaborato il rating per l'azienda in questione.
Il capitolo si conclude con un’ultima analisi che considera
l'importanza del piano strategico di impresa e l'aiuto che questo
strumento può fornire nella valutazione d’impresa secondo i criteri
della normativa di Basilea2.
14
Capitolo Primo: le PMI e il rapporto
bancaimpresa.
1.1 La nuova definizione di piccola e media impresa.
La determinazione della dimensione dell’impresa riveste un ruolo
fondamentale negli studi di economia aziendale e microeconomici;
talvolta, ad esempio, viene utilizzata come obiettivo strategico
d’impresa, oppure per la determinazione della dimensione ottimale,
o ancora, per il calcolo di indici statistici. La definizione di
dimensione, sia dal punto di vista economico che giuridico, risulta
difficoltosa perchè non esistono parametri per una definizione
univoca.
1
Tale definizione varia, come sostenuto da Zappa,
2
in base
al settore produttivo di appartenenza e allo scopo sottostante la
classificazione. Dal 1° gennaio 2005 è entrata in vigore la nuova
definizione di PMI stabilita dalla Raccomandazione della
Commissione Europea n° 361 del 6 maggio 2003: si tratta della
revisione della Raccomandazione del 3 aprile 1996 n° 96/280 che
già disciplinava le caratteristiche necessarie alle piccole e medie
imprese per essere considerate tali, al fine di accedere ai
meccanismi ed ai programmi europei di sostegno alle PMI.
3
1 Già nel 1961 il Bureau International du Travail considerava i parametri inutili linee di
demarcazione arbitrarie da utilizzare per tutti gli obiettivi perseguiti, sottolineando invece la
continuità sul piano delle imprese; anche l’Unione Europea e il CNEL considerano i parametri
variabili in base all’obiettivo perseguito.
2
Cfr., Zappa G. ,”Le produzioni nell’economia dell’impresa”, Giuffrè editore, Milano 1999.
3
La raccomandazione del 3 aprile 1996 n° 96/280 considerava piccole le imprese aventi
dipendenti compresi tra 10 e 50 e un fatturato non superiore a 7 milioni di ECU, oppure un
totale di bilancio non superiore ai 5 milioni di ECU; medie le imprese con numero di
dipendenti compreso tra 50 e 250 e con un fatturato superiore a 7 milioni di ECU ma inferiore
a 40 milioni di ECU, oppure con un totale di bilancio superiore a 5 milioni di ECU ma
inferiore a 27 milioni di ECU; micro le imprese con un numero di dipendenti non superiori a
10 e con un fatturato non superiore ai 7 milioni di ECU, oppure un totale di bilancio non
15
Sono le regole comuni alle quali devono uniformarsi gli Stati
membri, la Banca europea ed il Fondo europeo degli
investimenti(FEI) e, in generale, tutti gli operatori economici nella
predisposizione dei provvedimenti nazionali e comunitari di
incentivazione (ad esempio in materia di Fondi strutturali e di
ricerca) che sono riservati,con meccanismi preferenziali (Aiuti), alle
PMI.
L'attualizzazione della definizione di PMI era necessaria per tener
conto dell'inflazione e della crescita della produttività registrate dal
1996 in poi: resta infatti immutato il metodo per il riconoscimento
dell'impresa come piccola e media impresa fondato sul rispetto
delle soglie relative agli effettivi, al totale di bilancio ed al volume
d'affari (fatturato), ma ne sono modificati i parametri dimensionali.
In particolare gli effettivi di un'impresa corrispondono al numero di
unità di lavoro/anno (ULA);
4
per il calcolo di quest'ultimo è
necessario tener conto dei seguenti elementi :
ξ numero dei dipendenti dell'impresa in questione;
ξ i soggetti proprietari gestori;
ξ i soci che esercitano un'attività regolare nell'impresa e
beneficiano di vantaggi finanziari concessi dall'impresa.
Gli apprendisti o gli studenti con contratto di formazione
professionale o di apprendistato non sono compresi nel calcolo del
numero delle persone occupate.
Un'ULA corrisponde ad una persona che ha lavorato nell'impresa o
per conto dell'impresa a tempo pieno durante tutto l'anno
superiore ai 5 milioni di ECU. Cfr., Raccomandazione della Commissione Europea del 3 aprile
1996 n° 96/280.
4
La sigla ULA viene ripresa dalla Raccomandazione della Commissione Europea del 6
maggio 2003 n° 2003/361.
16
considerato. Gli effettivi sono espressi in ULA. Il lavoro delle
persone che non hanno lavorato tutto l'anno, oppure hanno lavorato
a tempo parziale, a prescindere dalla durata, o come lavoratori
stagionali, è calcolato in frazioni di ULA. La durata dei congedi di
maternità o parentali non è inclusa nel calcolo.
La Raccomandazione della Commissione europea è rivolta agli
Stati membri, alla Banca europea per gli investimenti ed al FEI,
tuttavia gli Stati ed i due istituti finanziari non hanno l'obbligo di
attenersi a tale definizione. La conformità alla definizione è invece
obbligatoria, in materia di aiuti pubblici, se si desidera beneficiare
di un trattamento di preferenza rispetto alle altre imprese e tale
trattamento è disciplinato dalla normativa comunitaria (esenzione di
gruppo per PMI). La definizione è vincolante anche in materia di
attuazione di fondi strutturali europei e di programmi comunitari, in
particolare del sesto programma quadro a favore della ricerca.
Possiamo comunque definire:
a) medie imprese quelle che hanno effettivi (numero degli occupati)
compresi tra 50 e 249 persone. La soglia relativa al volume d'affari
è aumentata per loro a 50 milioni di euro e quella
relativa al totale di bilancio a 43 milioni di euro;
b) piccole imprese quelle che hanno effettivi compresi tra 10 e 49
persone. Le soglie relative al volume d'affari e al totale di
bilancio sono aumentate a 10 milioni di euro.
c) microimprese quelle che hanno effettivi minori di 10 persone. È
introdotta una soglia di 2 milioni di euro per il volume d'affari e per
il totale di bilancio.
La nuova definizione di PMI distingue tre tipi di imprese: impresa
autonoma, impresa partner, impresa collegata a seconda del tipo di
17
relazioni in cui si trovano rispetto ad altre imprese per quel che
riguarda la partecipazione al capitale, i diritti di voto o la possibilità
di esercitare una posizione dominate.
5
Per quanto riguarda il metodo di calcolo delle soglie si procede nel
modo seguente:
ξ per un'impresa autonoma i dati finanziari e gli effettivi si
basano unicamente sui conti dell'impresa stessa;
ξ per un'impresa partner di altre imprese vengono cumulati i
dati dell'impresa e quelli delle imprese partner;
ξ per un'impresa collegata ad altre imprese si aggiungono ai
dati dell'impresa tutti i dati delle imprese alle quali essa è collegata.
Un'impresa si definisce “autonoma” quando:
non possiede partecipazioni del 25 % o più in un'altra impresa;
ξ non è detenuta direttamente al 25 % o più da un'impresa o da
un organismo pubblico, oppure congiuntamente da più imprese
collegate o organismi pubblici, a parte talune eccezioni;
ξ non elabora conti consolidati e non è ripresa nei conti di
un'impresa che elabora conti consolidati e quindi non è un'impresa
collegata.
ξ un'impresa può comunque essere considerata autonoma,
anche se la soglia del 25 % è raggiunta o superata, se si è in
presenza delle seguenti categorie di investitori: :
società pubbliche di partecipazione, società di capitale di rischio,
persone fisiche o gruppi di persone fisiche che svolgono
regolarmente un'attività di investimento in capitale di rischio
5
Cfr., articolo di B. Pagamici, “ Nuova definizione di PMI e nuove regole per la concessione
delle agevolazioni “, PMI n° 7/2005, pagg. 58-60.
18
("business angels"),
6
che investono fondi propri in imprese non
quotate in borsa, a patto che il totale degli investimenti di tali
"business angels" in una stessa impresa non superi i 250.000 euro;
ξ università o centri di ricerca senza scopo di lucro;
investitori istituzionali, compresi i fondi di sviluppo regionale;
ξ amministrazioni locali autonome aventi un bilancio annuo
inferiore a 10 milioni di euro e aventi meno di 5000 abitanti (Cfr.
definizione, articolo 3, paragrafo 2, secondo comma).
7
Sono definite “imprese partner” quelle che intrattengono relazioni
di paternariato finanziario significative con altre imprese,
8
senza
che l'una eserciti un controllo effettivo diretto o indiretto sull'altra.
Si definiscono "partner" le imprese che non sono autonome, ma che
non sono nemmeno collegate fra loro. In particolare un'impresa è
definita "partner" di un'altra impresa se:
· possiede una partecipazione compresa tra il 25 % e meno del 50 %
in tale impresa;
· l'altra impresa detiene una partecipazione compresa tra il 25 % e
6
I Business Angels sono ex titolari di impresa, managers in attività o in pensione, che
dispongono di mezzi finanziari (anche limitati), di una buona rete di conoscenze, di una solida
capacità gestionale e di un buon bagaglio di esperienze. Hanno il gusto di gestire un business,
il desiderio di acquisire una partecipazione in aziende con alto potenziale di sviluppo e
l'interesse a monetizzare una significativa plusvalenza al momento dell'uscita; l'obiettivo dei
Business Angels è quello di contribuire alla riuscita economica di un'azienda ed alla creazione
di nuova occupazione. È previsto che i Business Angels si organizzino in reti locali, conosciute
come B.A.N. (Business Angels Network); i B.A.N. sono delle strutture permanenti che
consentono ai Business Angels di incontrare imprenditori alla ricerca di capitale e di capacità
manageriali.
Investitori "informali" nel capitale di rischio è la definizione italiana del termine anglosassone
Business Angels. Un Business Angels Network (B.A.N.) può fornire un valido sostegno alla
realizzazione del successo di una PMI, in quanto: assiste alla redazione ed allo sviluppo di un
Business Plan, funge da intermediario finanziario ed accompagna l'imprenditore nelle sue
decisioni (Cfr., su www.iban.it).
7
Allegato alla raccomandazione 96/280/CE della Commissione Europea come modificato
dalla raccomandazione 2003/361/CE.
8
Le relazioni di paternariato consistono in "associazioni" tra più imprese totalmente
indipendenti, le quali s'impegnano a svolgere un'attività commerciale sotto una medesima
insegna e con un'esclusiva territoriale.
19
meno del 50 % nella prima impresa;
· la prima impresa non elabora conti consolidati che riprendano
l'altra impresa e non è ripresa tramite consolidamento nei conti di
tale impresa o di un'impresa ad essa collegata.
Le “imprese collegate”, infine, sono quelle che fanno
economicamente parte di un gruppo che ne controlla direttamente o
indirettamente la maggioranza del capitale o dei diritti di voto
(anche grazie ad accordi o, in taluni casi, tramite persone fisiche
azioniste), oppure ha la capacità di esercitare un influsso dominante
su di un'impresa (Pagamici B., 2005).
9
La Commissione europea ha
definito questo tipo di imprese riprendendo le condizioni indicate
all'articolo 1 della direttiva 83/349/CEE del Consiglio europeo
riguardante i conti consolidati (modificata da ultimo dalla direttiva
2001/65/CE). Differenti sono i parametri quantitativi e qualitativi
utilizzati per la classificazione.
I primi possono essere di natura quantitativo – monetaria (esempio
il fatturato o il valore aggiunto), oppure di natura tecnica (capacità
degli impianti, quantità dei beni prodotti nel corso di un anno),
oppure di natura organizzativa (numero addetti, numero dei livelli
direttivi compresi nell’organizzazione aziendale). In sintesi le PMI
risultano :
ξ essere gestite direttamente dal proprietario o, in modo
indiretto, con l’ausilio di collaboratori non specializzati.
10
In
questo caso il proprietario–manager preferisce svolgere tutte le
mansioni direttive piuttosto che delegarle ad altri soggetti e ciò è
9
Cfr., articolo di B. Pagamici, “ Nuova definizione di PMI e nuove regole per la concessione
delle agevolazioni “, PMI n° 7/2005 pagg. 60-61.
10
Secondo un’indagine della Banca D’Italia (1999), le imprese a conduzione familiare
rappresentano il 53% dell’intero sistema produttivo nazionale ed in termini di forza lavoro
occupano il 34% degli addetti .
20
spesso causato da una scarsa conoscenza delle materie economico –
aziendali.
ξ avere un potere di mercato ridotto nei confronti dei
fornitori, clienti e concorrenti; infatti, le PMI hanno una minore
capacità di influenzare il prezzo e la quantità dei beni venduti, pur
garantendo una migliore qualità del servizio/prodotto a causa della
vicinanza con le imprese clienti;
ξ essere caratterizzate da elevata flessibilità, intesa come
capacità di adattamento alle mutevoli condizioni ambientali ed ai
bisogni del mercato;
ξ connotate da una ridotta formalizzazione delle diverse
funzioni gestionali, con la conseguenza della mancanza di una
vera e propria definizione delle responsabilità dei manager. Le
imprese di dimensioni minori hanno inoltre le seguenti
caratteristiche:
ξ carenza di risorse e limitata possibilità di effettuare
investimenti;
ξ difficoltà nel reperire risorse finanziarie;
ξ scelta di strategie di focalizzazione (sono selezionate nicchie
di mercato sulle quali concentrare la propria attività);
ξ focalizzazione sugli aspetti materiali e produttivi del
prodotto, tralasciando così altre funzioni d’importanza strategica
(es. aspetto finanziario);
ξ contesto socio-culturale di tipo “chiuso” che non consente la
circolazione delle informazioni al di fuori del distretto industriale.
Anche nella letteratura americana il concetto di PMI è simile:
piccola è l’impresa che ha una quota di mercato ridotta, è diretta dal
21
proprietario o dai familiari, senza il sostegno di managers
professionisti (Bolton J.E, London 1978).
11
La piccola impresa,
inoltre, non ha legami di partecipazione con grandi imprese e non
appartiene ad un gruppo. Nello Small Business Act
12
sono incluse
nella definizione di PMI quelle imprese possedute e gestite in modo
indipendente e che non hanno un ruolo dominante nel loro settore.
Sebbene l’utilizzo di parametri qualitativi sia da preferire rispetto a
quello dei parametri quantitativi, risulta necessario l’utilizzo di
parametri quantitativi per esigenze di automaticità e certezza.
I parametri quantitativi più utilizzati per la classificazione delle
imprese sono richiamati nel seguito.
ξ Il capitale investito.
ξ Il numero degli addetti.
ξ Il fatturato.
ξ Il valore aggiunto
a) Il capitale investito. Diverse sono le configurazioni utilizzate dal
legislatore italiano. Nella legge n. 623 del 1959 il capitale investito
era definito come somma algebrica delle immobilizzazioni, al netto
dei fondi ammortamento, più il capitale circolante netto. Erano
considerate PMI quelle imprese con capitale investito fino a 6
miliardi di Lire.
Numerosi sono però i limiti:
non si tiene conto dell’attività economica effettuata, in altri
termini se labour intensive o capital intensive;
non sono considerati i beni in leasing e quindi non di proprietà;
11
Cfr., Bolton J.E.(1978) “The financial need of the small firm,Institute of bankers”, London.
12
Venne costituita negli U.S.A. la “Small Business Administration”, agenzia per il supporto
alle piccole imprese.