“mercato della forza”: un profilo che sappia partire da un passato lontano nel
quale nasce il fenomeno della privatizzazione ( od outsourcing e cioè di servizi
affidati ad organizzazioni esterne all’ amministrazione pubblica ) della forza
militare, sappia tracciare la sua evoluzione attraverso secoli di cambiamenti
radicali e complessi, dove più volte questo fenomeno è scomparso e poi
riapparso, giungendo infine al nostro presente storico, dove la privatizzazione
delle funzioni militari ha assunto i connotati sia di un business miliardario che
coinvolge interessi mastodontici, sia di un vero e proprio processo politico che
rischia di sottrarre sempre di più al controllo democratico strumenti di grande
valenza operativa.
2
ξ 1. Evoluzione dell’unità statale e gestione della Forza
Gli studiosi di discipline sociali ( le c.d. “scienze imperfette”) cercano di
supplire alla mancanza di prove empiriche totalmente affidabili e ripetibili
attraverso la creazione di “ piccoli universi paralleli”, dove vengono rimosse od
aggiunte un numero più o meno elevato di variabili, al fine di diminuire ( od
aumentare ) la complessità dell’ universo-copia che si è creato: maggiore sarà il
numero di variabili – e quindi la complessità – maggiore sarà la somiglianza al “
Mondo reale”…Almeno sulla carta!
Gli economisti li chiamano “modelli”; gli studiosi di scienze politiche e relazioni
internazionali preferiscono l’accezione “scenari”. La differenza – tuttavia – è
solo nominale: l’obiettivo che modelli e scenari si prefiggono di raggiungere è il
medesimo. Semplificare la realtà circostante – di un mercato, di un’industria, di
un paese, di una politica sociale – al fine di studiarne “ in laboratorio” cause ed
effetti e teorizzare evoluzioni e soluzioni alle problematiche sociali, cercando di
ridurre al minimo l’imprevedibilità degli eventi.
Per secoli lo Stato e le sue ramificazioni hanno rappresentato il fulcro delle
relazioni internazionali: tutto esisteva in funzione della sua interazione con
l’entità Statale. Un’entità toti-potente e toti-possessiva: in virtù dello Stato si
nasceva e si moriva, in virtù dello Stato si faceva la guerra e la pace.
Ma lo Stato non è sempre esistito: per secoli le società umane si sono
organizzate e governate attraverso altre istituzioni, con diverse gerarchie di
potere e attribuzioni di diritti e doveri totalmente arbitrarie o – quantomeno –
fondate più sul diritto giusnaturale e religioso che su quello positivo e laico. Tutto
cambia con la Pace di Westfalia, nel 1648: con questo trattato, infatti, e’ ben
noto che :
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“… si inaugurò un nuovo ordine internazionale, un sistema in cui gli Stati si
riconoscono tra loro proprio e solo in quanto Stati, al di là della fede dei vari
sovrani. Nasce la comunità internazionale più vicina a come la intendiamo oggi:
laica ed aconfessionale. …”
2
L’ invenzione ( o la nascita) del concetto di Stato-nazione, dunque, è
relativamente giovane nella storia dell’Umanità: tuttavia, esso pervade
interamente il nostro modo di essere e di esistere: siamo classificati in base al
nostro Stato di appartenenza, a cui a sua volta fanno capo – nella maggior
parte dei casi – una lingua ed una religione ufficiale, delle leggi, dei diritti e dei
doveri che ci appartengono e ai quali siamo sottoposti automaticamente, in
quanto cittadini. L’ uomo moderno è cittadino: il più importante testo giuridico
in tema di diritti umani ( “La Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino”
del 1789 [Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen] ) utilizza entrambe
le accezioni: i diritti fondamentali sanciti da questo documento appartengono sia
all’ Uomo che al Cittadino, che esistono dunque su un livello di parità: l’ Uomo
esiste in quanto Cittadino.
Prima di quel preciso momento storico, dunque, sussistevano delle realtà
istituzionali profondamente diverse e molto più complesse, con una moltitudine
di attori intra ed interstatali, che operavano contro la sovranità delle autorità
statali nascenti. La quasi totalità dei rapporti giuridici era di tipo privatistico,
caratterizzato dalla totale assenza dei concetti di libertà negative e positive.
Parliamo di poteri territoriali, caratterizzati da una spartizione verticale dell’
autorità regia, che lo delegava verso il basso a vassalli e valvassini, privandosi
sia della sovranità interna che di quella esterna. In relazione a cio’, il monopolio
della forza ,uno degli elementi cardine dell’ entità statale, non è dunque sempre
stato accentrato e di tipo esclusivo: per secoli, è stato un potere decentrato,
distribuito e, spesso in termini attuali, “privatizzato.”
2
Cutler, A. Claire. "Critical Reflections on the Westphalian Assumptions of International Law and
Organization : A Crisis of Legitimacy". Review of International Studies 27: 133-150. (2001)
4
Si hanno notizie storiche certe del reclutamento di forze militari private sin dagli
albori delle civiltà mediterranee: nel 1500 a.C.. il Faraone Ramses II ingrossò le
file del suo esercito accaparrandosi i servigi di ben 11.000 mercenari, per la
maggior parte Numidi. La Storia nasce da un mercenario: il padre della
storiografia moderna è infatti Senofonte, che nel suo libro “ I Diecimila” racconta
l’avventura dei mercenari greci assoldati da Ciro il Giovane per impossessarsi
del trono del fratello Artaserse II, nel 401 a.C. Nel corso della storiografia
europea si susseguono una moltitudine di guerre e di battaglie dove hanno
presto parte truppe mercenarie, le cui caratteristiche principali erano appunto
quelle di essere dei soldati di professione che combattevano a pagamento, privi
di qualsiasi legame di lealtà nei confronti del loro finanziatori: anche in questo
caso, si trattava di un rapporto di natura privatistica.
Ad alcune truppe mercenarie, poi, si devono delle vere e proprie rivoluzioni nel
mondo delle tattiche di combattimento: su tutti, spuntano i picchieri svizzeri, che
per anni terrorizzarono i campi di battaglia europei con la loro diabolica
disposizione a quadrato, che li rendeva pressoché invulnerabili agli assalti della
cavalleria.
Il fenomeno dei mercenari era così esteso e ramificato nella società medievale
che anche due tra i più fini politologi dell’ epoca, Niccolò Machiavelli e Tommaso
Moro, dissertavano e si scontravano riguardo all’ uso di truppe a pagamento
durante i conflitti, il primo schierandosi apertamente contro l’utilizzo di questi
professionisti della guerra; il secondo, auspicando il loro impiego per liberare i
cittadini dall’incombenza della guerra.
Fu solo con la creazione degli Stati nazionali che questo mercato della forza
privato conobbe un arresto. La nascita dello Stato-nazione, infatti, modifica
profondamente il rapporto tra l’ex-suddito – oramai divenuto cittadino – e gli
amministratori del potere ( la Corona): diventa competenza e dovere dello Stato
provvedere alla sicurezza del cittadino. Anche le guerre di conquista, non sono
più affidate “in appalto” a compagnie di ventura o a fedeli vassalli di provincia:
nascono dunque i primi eserciti nazionali, con l’introduzione della leva di massa
e la riscossione capillare dei tributi, senza i quali è impensabile allestire e
mantenere eserciti permanenti e fedeli alla Corona.
5
In realtà, una volta conclusa l’esperienza nel Vecchio Continente, la duttilità e
l’esperienza delle prime CMP divenne uno strumento efficace per realizzare
progetti di penetrazione e di conquista oltre oceano.
Fra tutte, la Gran Bretagna e l’Olanda furono tra le prime potenze coloniali dell’
area del sub-continente indiano e furono anche le prime a dotarsi di veri e
propri eserciti militari privati.: Seppero infatti riconoscere la valenza di uno
strumento operativo così flessibile, sul campo specialmente se gli interessi da
difendere erano lontani milioni di chilometri da Londra e da Amsterdam. Sia la
Compagnia delle Indie Olandesi che la Compagnia delle Indie Britanniche
usufruirono del mercato privato della forza per consolidare le loro basi
commerciali: la prima, intorno alla metà del XVIII secolo, controllava un territorio
molto più esteso di quello della Madre Patria e poteva permettersi di arruolare
un esercito di oltre 25.000 uomini, la maggior parte dei quali giapponesi e
tedeschi, ovviamente mercenari, oltre ad una imponente flotta di circa 140 navi.
Tali erano le proporzioni di questa compagnia commerciale che l’edizione dell’
Universal Dictionary del 1751 descriveva la Compagnia delle Indie Olandesi
come un quasi- Stato…
“… investito con una sorta di sovranità e di controllo….[Essa] è in grado di fare la
pace e la guerra a suo piacimento, con una piena autorità decisionale al riguardo;
amministra la giustizia in toto; … crea nuove colonie, costruisce forti e mura,
recluta truppe sul territorio, mantiene enormi schiere di riserve e guarnigioni nelle
città, allestisce flotte e batte moneta.”
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La potenza e l’importanza di queste compagnie commerciali nello scacchiere
della politica internazionale diventò così rilevante da diventare addirittura in
diverse occasioni un ostacolo alla politica estera ufficiale della Madrepatria: è il
caso della Compagnia delle Indie Olandesi, che portò la propria guerra contro il
Portogallo fino alle coste del Brasile, incurante dell’ intesa in Europa tra le due
potenze coloniali ma preoccupata solo di aumentare i suoi già lauti profitti.
Simile discorso va fatto per la Compagnia Britannica che si garantì l’appoggio
dell’Imperatore Moghul e i diritti esclusivi per il commercio, liberando le coste
3
P.W. Singer; Corporate Warriors; pag.34. Tutte le traduzioni sono a cura del redattore.
6
del Subcontinente Indiano dalla flotta portoghese, creando però profondo
imbarazzo a Londra che cercava insistentemente un accordo commerciale in
Europa con Lisbona. Anche in questo caso, fu l’ottica del profit-seeking a
prevalere sulla ragion di Stato.
La conclusione dell’ esperienza commerciale della Compagnia è strettamente
legata all’ aspetto militare della colonizzazione: l’affaire del “ Buco Nero di
Calcutta”
4
prima (1757) e la rivolta dei Sepoy dopo (1857)
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, obbligarono la
Corona a smantellarla, intervenendo personalmente nell’ amministrazione dei
territori d’oltre Manica: il primo passo di Londra fu l’invio dell’ esercito
britannico.
Anche in Europa – comunque – le milizie private continuavano a prosperare:
per tutto il XVIIesimo , il XVIIIesimo ed il XIXesimo secolo, i campi di battaglia di
tutto il continente pullulavano di milizie reclutate a pagamento, ora da eserciti
nazionali, ora da veri e propri Signori della Guerra, che grazie alle loro
inesauribili risorse economiche, erano in grado di allestire eserciti e flotte in
grado di mettere in scacco intere nazioni: è il caso del Conte Albrecht von
Wallestein, per anni l’uomo più facoltoso d’ Europa, grazie ai suoi massicci
investimenti nel business della “forza militare”. Convertendo tutti i suoi
possedimenti in liquidità, il Conte von Wallestein assemblò un esercito così
efficace ed organizzato da percorrere, combattendo,gran parte della Germania
e della Boemia; una forza così ben assemblata e moderna da rappresentare in
4
Il “ Buco Nero di Calcutta” era una minuscola prigione dove le milizie del Nawab del Bengala
tenevano rinchiusi i prigionieri di guerra britannici dopo la loro cattura, avvenuta nel Giugno del
1756, presso Fort William. I prigionieri furono obbligati ad ammassarsi in questo ‘loculo’,
talmente piccolo che la maggior parte di loro morì per asfissia. Secondo le testimonianze di un
superstite, John Zephaniah Holwell, 123 prigionieri su 146 morirono durante il periodo di
detenzione. Si tratta indubbiamente di uno degli episodi più tragici e discussi dell’ intera
esperienza coloniale britannica in India. [ H.E. Busteed; ‘Echoes from Old Calcutta (Calcutta);
1908; pp30 ].
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La ribellione indiana del 1857 – nota anche come ‘ Rivolta dei Sepoy’ – fa riferimento ad un
prolungato periodo di insurrezioni armate contro l’occupazione britannica che si svilupparono nel
Nord e nel Centro dell’ India. Questa ribellione – cominciata ‘ in sordina ’ nel mese di Gennaio ma
che acquisì poi le dimensioni di una vera e propria guerra – pose fine al dominio della British East
India Company nel subcontinente indiano, che da quel momento in poi venne amministrato
direttamente dal governo Britannico per i successivi 90 anni. [ Sir John Kaye & G.B. Malleson; ‘
The Indian Mutiny of 1857’, (Delhi: Rupa & Co.); Reprint 2005; p49 ]
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buona misura l’archetipo delle odierne CMP, soprattutto a livello
amministrativo.
6
Tutti gli elementi fino ad ora presentati – che comunque rappresentano una
minuscola frazione dell’ enorme fenomeno dell’ uso privato della forza – servono
a rafforzare la chiave fondamentale di questa dissertazione, ossia che “il
monopolio statale della forza, nel corso della storia dell’ Umanità, ha
rappresentato molto di più l’eccezione che la regola.”
7
6
Basti pensare al sistema di retribuzione dei soldati e degli ufficiali che – in diverso rapporto –
erano dei veri e propri azionisti della Compagnia per la quale lavoravano, proprio come accade
oggi nelle grandi industrie del settore.
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P.W. Singer; Corporate Warriors; pag.19
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ξ 2. Le CMP oggi: un quadro politico e strutturale
Abbiamo evidenziato la ricorrenza del fenomeno della “ privatizzazione” della
forza durante tutto l’arco della Storia, dalle civiltà della Mezzaluna fertile ai
Signori della Guerra del XIXesimo secolo. Manca tuttavia il passaggio
fondamentale, ossia capire perché oggi questo fenomeno sia tornato così
prepotentemente alla ribalta e – soprattutto – perché sia percepito spesso
come una minaccia. Per capire questo “ ritorno al passato”, non possiamo
prescindere dagli anni più recenti della nostra storia che hanno influenzato le
stesse percezioni della realtà nelle relazioni internazionali.
Con la fine della Guerra Fredda ed il disintegrarsi dell’ Unione Sovietica,
vengono a mancare anche quei paradigmi di studio che ci consentivano di
semplificare i rapporti tra gli attori internazionali: il crollo del Muro di Berlino –
assurto a simbolo della fine dell’ epoca bipolare – non ha soltanto spazzato via
la realtà socialista che esisteva al di là della Cortina di Ferro, obbligando gli
studiosi della materia a “ reinventare” nuove teorie per poter decifrare quello
che stava avvenendo e quello che sarebbe avvenuto da quel momento in poi.
Fukuyama parlò di “ fine della Storia”, Hungtinton di “ scontro di civiltà, ma è nell’
opera di uno studioso delle comunicazioni di massa – Marshall McLuhan – che,
probabilmente, si trova la chiave per capire gli anni più recenti della nostra
storia. Fu infatti McLuhan, nel suo libro del 1964, a coniare per primo il termine
“ villaggio globale ”, da cui deriva il più comune sostantivo “ globalizzazione”.
“ Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno di crescita progressiva delle
relazioni e degli scambi di diverso tipo a livello mondiale in diversi ambiti
osservato a partire dalla fine del XX secolo. Sebbene con questo termine ci si
riferisca prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e grandi
aziende, il fenomeno va inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali,
tecnologici e politici, e delle complesse interazioni su scala mondiale che,
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soprattutto a partire dagli anni 80, in questi ambiti hanno subito una sensibile
accelerazione.
8
”
A livello economico, si assiste ad una vera esplosione degli scambi
internazionali che creano un vero e proprio mercato globale dei beni e dei
servizi: usiamo computer costruiti in Giappone, guidiamo macchine fabbricate in
Corea del Sud, utilizziamo tecnologie brevettate negli Stati Uniti che ci
consentono di comunicare in tempo reale da una parte all’ altra del Mondo.
Questo – ma non solamente questo – è stata ed è la globalizzazione, un
fenomeno che ha usufruito sia della liberalizzazione dei mercati che della
diffusione del meccanismo della privatizzazione. Il primo
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era rimasto quale
unico modello di mercato praticato e praticabile dopo il crollo del sistema
socialista del blocco Sovietico; il secondo
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, è in parte causa ed in parte
conseguenza della globalizzazione.
Fu la Thatcher ad iniziare per prima in Inghilterra una massiccia opera di quelle
che all’ epoca vennero definite come “ privatizzazione selvagge”: il Governo
decise di affidare ai privati la gestione di tutta una serie di servizi pubblici –
come i trasporti pubblici o la nettezza urbana – per ridurre i costi di gestione.
Lo Stato si liberava così di competenze delle quali si era fatto carico per anni e
che – tutto ad un tratto – erano diventati privati..
Contemporaneamente, con la “ritirata” dell’ autorità statale si crea una
nuova categoria di istituzioni della società civile che – lentamente – erodono la
sovranità statale: il numero di attori presenti sulla scena internazionale
aumenta notevolmente dalla fine della Guerra Fredda. Aumenta anche la
complessità delle relazioni che si creano tra attori vecchi e nuovi, a causa della
loro diversa natura. Le multinazionali, le organizzazioni non-governative, i gruppi
para-militari, le minoranze etniche ed i partiti politici a loro collegati, i think-tank
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http://it.wikipedia.org/wiki/Globalizzazione
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La cessazione del monopolio pubblico in alcuni settori economici e la conseguente apertura la
mercato concorrenziale.
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Quel processo economico che sposta la proprietà di un ente o di un'azienda dal controllo statale
a quello privato. Il procedimento opposto è la nazionalizzazione o la municipalizzazione.
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