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La cronicità in medicina: il punto di vista clinico
Cronicità: condizione che “dura tutta la vita”.
La malattia cronica è definita come una malattia che può essere curata ma non guarita,
diversamente la malattia acuta insorge improvvisamente con una sintomatologia anche forte,
che con cure appropriate regredisce fino alla guarigione.
La malattia acuta può rappresentare una perdita temporanea della condizione di salute, la
malattia cronica, al contrario, segnala la perdita definitiva della condizione antecedente alla
diagnosi.
La malattia diabetica è una condizione morbosa e cronica, caratterizzata da una carenza totale
o parziale dell’insulina, così l’inadeguata utilizzazione di glucosio, primo carburante delle cellule
e dei tessuti, ha come conseguenza un innalzamento della glicemia, dato di fondo del diabete
mellito.
Oggi il diabete viene visto come sindrome, gruppo eterogeneo di sintomi che si presenta in modi
diversi in rapporto all’età dei soggetti interessati, e alle cause che lo hanno scatenato.
Le persone affette da diabete infatti si sottopongono a visite mediche frequenti, subiscono un
numero maggiore di ricoveri ed è meno probabile che trovino occupazione rispetto a coetanei
non affetti da diabete.
A tale proposito, studi di numerose strutture sanitarie di grandi dimensioni hanno rivelato che il
3–4% dei pazienti affetti da diabete fa uso del 12–15% delle risorse di assistenza sanitaria.
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La cronicità in medicina: il punto di vista psicologico
“ giorno dopo giorno”.
Malattia acuta e malattia cronica: le differenze
La malattia cronica comporta una condizione patologica che porta con sé condizionamenti per
la qualità di vita sia del paziente, sia della sua famiglia.
La differenza è che la malattia acuta propone un’urgenza che non lascia spazio ad una
riflessione e comprensione profonda, la malattia cronica diversamente “impone” al paziente una
riflessione ed un incontro con il proprio corpo, che in apparenza non ha modificato nulla delle
abitudini di vita del paziente e che invece richiede tempo e impegno(Domenico F., Toniato R.
pag.138).
Questa perdita, a cui va incontro una persona che scopre la malattia cronica nella propria vita,
prelude ad un più importante processo di cambiamento che coinvolgerà la persona nel tentativo
di ristabilire un nuovo equilibrio.
L’accettazione della malattia cronica è quindi un lungo processo di maturazione attraverso il
quale ogni persona deve passare e che comporta specifiche fasi (Fedele D.Toniato R.pag.141):
• Fase dell’incredulità e del rifiuto;
• Fase dell’aggressività;
• Il tentativo di contrattare;
• Fase dello sconforto;
• Fase dell’accettazione.
Sono fasi non statiche ma dinamiche, che periodicamente e ciclicamente si ripropongono nella
vita psicologica ed emotiva del paziente, con il paradosso che ciò avviene proprio nel momento
in cui si è raggiunto un equilibrio con la malattia.
In quanto tale equilibrio porta con sé, la consapevolezza che il diabete è una malattia cronica
che rimarrà “per tutta la vita” e questo farà vivere una più profonda crisi.
A tale proposito J.de Ajuriaguerra (1979) articola l’evoluzione delle reazioni all'insorgenza dei
sintomi della patologia al momento della diagnosi in tre stadi:
• il periodo dello shock iniziale;
• il periodo della lotta contro la malattia;
• il periodo di riorganizzazione ed accettazione.
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Gli stadi indicati possono variare infatti per durata e per gravità da una persona all’altra e in certi
casi lo shock iniziale è di breve durata e tale da venire superato in modo adeguato; in altri casi è
talmente grave da produrre una completa disorganizzazione dell’io.
In altri termini, poiché il diabete richiede un investimento sulle funzioni del corpo superiore al
normale, si corre il rischio che la malattia e le variazioni glicemiche, da questa determinate, si
sostituiscano o vengano parificate ad impulsi, sentimenti o pensieri inaccettabili oscurando così
la natura del conflitto psichico.
La famiglia o l’équipe medica può tendere a spiegare l’esperienza psicologica, specialmente la
presenza di forti emozioni, come il risultato di un livello anormale di glucosio o di disfunzione
metabolica (alcune madri consigliano al proprio figlio diabetico di controllare la glicemia,
quando lo vedono nervoso o triste).
Ovviamente questi aspetti sono rilevanti e influenzano il paziente, ma può esservi il rischio, di un
mancato riconoscimento e lettura di emozioni autentiche e genuine, inducendo una confusione
tra vita psichica ed esperienza diabetica, quella che Cramer (1979) ha definito "agglutinazione
tra malattia e vita psichica".
Le possibili evoluzioni - dopo il periodo di lotta alla malattia - possono essere le seguenti:
• Soluzione della crisi: il paziente accetta realisticamente la malattia e si adatta alle sue
limitazioni e ai sentimenti provocati da questa (fase dell’adattamento maturo);
• Cronicizzazione della crisi: la malattia e le restrizioni non vengono mai accettate
realisticamente e il paziente rimane in uno stato di crisi che si può manifestare con
squilibrio emotivo o disorganizzazione persistente dell’io. Alcune persone arrivano a
modificare i rapporti con gli amici ed i parenti, perché si vergognano e negano a livello
sociale lo stato di patologia; questo "segreto" risulta quindi indicibile, non comunicabile
neppure all'interno della famiglia, determinando vissuti di profonda angoscia nel
paziente, che non si sente "contenuto", né protetto, ma viceversa minacciato nella sua
integrità, perché deve rinunciare alla possibilità che la sua sofferenza venga accolta ed
elaborata.
• Disintegrazione familiare: la famiglia non è stata in grado di tollerare e di assorbire al
suo interno uno stato di stress cronico e di mettere in atto adeguate strategie
d’adattamento; in alcuni casi si può assistere alla separazione dei coniugi, oppure a
pericolosi atteggiamenti di non compliance da parte del membro malato.
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Questo processo di ristrutturazione e di integrazione di una nuova dimensione di vita, viene
elaborato nel tempo sulla base della struttura di personalità e dello stile di vita, che caratterizzano
il soggetto.
Rilevante è il momento d’insorgenza della malattia, poiché ben diversa è l’incidenza del
sintomo sia da un punto di vista organico che psico - relazionale nel bambino, nell’adolescente e
nell’adulto.
Proprio per tali motivi è necessario che l’équipe curante mostri una conoscenza specifica e una
particolare sensibilità sia nell’approccio iniziale, sia nella gestione successiva della malattia.
Malattia diabetica e vissuto emotivo del paziente
La malattia diabetica viene anche indicata come patologia psicosomatica, che mette in atto
potenti difese da una ferita narcisistica profonda nell’organizzazione dell’io.
Sebbene la malattia diabetica non comporti modifiche corporee esteriori, né alterazioni della
capacità attentiva, una corretta osservanza del regime terapeutico consente di mantenere
condizioni generali soddisfacenti.
Nonostante ciò, la diagnosi di malattia e quindi la stessa cronicità, la complessità del regime, la
frequenza dei ricoveri ospedalieri e le restrizioni dietetiche rappresentano un evento traumatico
nella storia di una persona e della sua famiglia e rendono necessaria una riorganizzazione pratica
della gestione familiare con continue e pesanti interferenze nella vita emotiva del paziente.
L’equilibrio psicologico influenza in modo importante la qualità del controllo del diabete, ma
può essere proprio la stabilità dell’equilibrio della malattia ad influenzare profondamente la
possibilità di un adattamento psicologico adeguato.
Nei colloqui i pazienti hanno definito il diabete “subdolo” “…..è dentro di te e quando meno
te l’aspetti esce e ti fa stare male! non è mai finita…” e si riferiscono agli effetti della
glicemia.
Da queste espressioni, risulta chiaramente il vissuto emotivo del paziente e non il pensiero
logico.
Qui emerge il primo punto importante, cioè che il diabete è una malattia strettamente individuale
ed è differente da paziente a paziente, in relazione al suo stato di salute, alle sue esigenze e al suo
stile di vita.
Il diabete cambia quindi in modo radicale il modo di vivere del paziente, che deve gestire
diverse difficoltà legate:
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• al controllo della glicemia, per verificare il tasso di glucosio presente nel sangue e nelle
urine;
• alla dieta;
• all’esercizio fisico;
• all’assunzione degli ipoglicemizzanti orali e/o insulina.
Questo controllo che va gestito quotidianamente serve per tentare di evitare o ritardare il più
possibile l’insorgenza delle complicanze del diabete.
Diagnosi di malattia cronica
La diagnosi di malattia cronica determina vissuti angoscianti, che emergono da frasi del tipo:
"C’è crollato il mondo addosso”, “…..non capisco, io sto benissimo….”, “…nella mia famiglia
nessuno ha mai avuto il diabete, io sono la prima,…perché proprio a me?!”, di fronte ai quali
vengono messe in atto diverse modalità difensive.
A questo proposito Steinhauer e coll. (1977) hanno evidenziato che una reazione molto diffusa
all'esordio della malattia è il diniego, cioè il rifiuto della percezione di un fatto che si manifesta
con incredulità nel momento della diagnosi.
Tale reazione difensiva, che inizialmente può risultare adattiva rispetto alla difficoltà ad
accettare e superare il trauma, porta talvolta alla penosa ricerca di un parere diagnostico diverso
o addirittura d’interventi risolutivi magici e obiettivamente inefficaci.
Se tale atteggiamento si protrae ed è associato ad aggressività e risentimento verso il personale
sanitario, esso può ostacolare la comunicazione con i medici e quindi l’accettazione della
malattia e delle cure.
Al diniego possono essere associati o far seguito sentimenti d’ansia e depressione; in questo caso
la malattia viene vissuta in modo drammatico, determinando stati di profonda depressione e di
prostrazione e creando situazioni di stress cronico e stati ansiosi.
Chi è il paziente con malattia cronica?
Il malato cronico è un paziente attivo e non passivo, che vuole capire ed essere partecipe delle
scelte di cura che il medico vorrebbe fare per lui.
In poche parole il successo della terapia dipenderà dalla motivazione del paziente ad esserci
nella cura, motivandosi a seguire le indicazioni del medico; più è profonda e sentita è la
motivazione più la cura sarà efficace.