Introduzione
Regola d’Arte” nell’attuazione della sicurezza elettrica. In questa ottica si cercherà di mettere in
risalto i punti in cui la normativa non risulta particolarmente né adeguatamente cautelativa, come
nel caso di sale per endoscopia, identificando altresì ipotesi impiantistiche che congiuntamente
all’utilizzo delle apparecchiature possano ridurre ulteriormente il subdolo rischio di fibrillazione
ventricolare (o di gravi aritmie).
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
1 IL RISCHIO ELETTRICO NEI LOCALI AD USO MEDICO
Art 1 “ Tutti i materiali, le apparecchiature,le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici
devono essere realizzati e costruiti a regola d’arte”
Art 2 “I materiali, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici
realizzati secondo le Norme del Comitato Elettrotecnico Italiano si considerano costruiti a regola
d’arte” (Legge 186 del primo marzo 1968 )
La presenza d’elettricità nell’ambiente medico è diventata un requisito quasi indispensabile nelle
varie pratiche mediche: si pensi al più banale dispositivo elettromedicale fino al complesso sistema
di una sala operatoria. In tali strutture il problema della sicurezza elettrica, e quindi la realizzazione
dei dispositivi e degli impianti a regola dell’arte, è particolarmente rilevante per le implicazioni
etiche, legate alla salvaguardia della vita umana in un ambiente a ciò preposto.
I pericoli derivanti dall’elettricità in un locale ad uso medico possono essere raggruppati in due
categorie: il primo e più ovvio tipo di pericolo è legato all’impianto elettrico, il secondo è
condizionato all’utilizzo di apparecchiature elettromedicali. Ovviamente, la sicurezza elettrica
dell’impianto e quella delle apparecchiature elettromedicali concorrono strettamente ad offrire le
adeguate condizioni di sicurezza per svolgere moltissime pratiche cliniche.
L’entità del danno provocato dal passaggio di una corrente elettrica attraverso il corpo umano è
sicuramente variabile e dipende da una serie di parametri quali, ad esempio il tipo di contatto, la
sua durata, ecc.. I contatti indiretti possono essere causa per il paziente di rischi elettrici
classificabili come macroshock e microshock, eventi pericolosi che possono provocare innesco di
fibrillazione ventricolare. Il microshock, a differenza del macroshock, è caratteristico dei locali ad
uso medico dove la presenza del paziente connesso a dispositivi medici che utilizzano un contatto
elettrico diretto con la zona cardiaca, espone ovviamente il paziente a gradi di pericolosità di gran
lunga superiori e tali quindi da richiedere accorgimenti tecnici del tutto particolari.
Nel presente capitolo si cerca di fornire una compendiosa panoramica del rischio elettrico nei locali
adibiti ad uso medico.
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
1.1 Effetti dell’elettricità sul corpo umano
Correva l’anno 1790 quando Luigi Galvani, professore di anatomia all’ università di Bologna,
condusse i suoi celebri esperimenti sulla contrazione del muscolo di rana per mezzo di un
bimetallo. Egli dichiarò trattasi di “elettricità animale” che si scaricava attraverso il bimetallo,
Alessandro Volta, professore di fisica all’ ateneo pavese, non soddisfatto di questa spiegazione,
cercò di dare al fenomeno un interpretazione fisica più completa e corretta. Galvani fece bene ad
associare l’attività elettrica a quella biologica, ma Volta aveva ragione nel considerare la rana un
semplice conduttore elettrolitico, che chiudeva il circuito tra due metalli di natura diversa.
L’attività biologica si accompagna ad un attività elettrica. Nulla da meravigliarsi quindi che
correnti elettriche esterne, sommandosi alle piccole correnti fisiologiche interne, possano alterare
le funzioni vitali dell’ organismo, fino a provocare effetti letali. L’eccitabilità della cellula è legata
al fatto che, come si spiegherà più in dettaglio nel paragrafo 1.1.4, sussistono delle differenze di
potenziale a livello della membrana cellulare. Per adesso cominciamo a precisare che ogni cellula
“elettricamente attiva” è caratterizzata da una curva di eccitabilità che prende il nome di curva
intensità-durata. Questa contiene già i presupposti della curva di pericolosità tempo-corrente per
l’intero corpo umano che come vedremo in seguito, è anch’essa molto simile a un’iperbole
equilatera. Una membrana cellulare può essere modellata tramite una resistenza e una capacità in
parallelo. Quando uno stimolo di corrente depolarizza la membrana a riposo si genera un
potenziale d’azione e la cellula è eccitata. Le strutture muscolari e nervose così come lo stesso
muscolo cardiaco sono caratterizzate da un valore minimo di intensità di corrente capace di
provocare la stimolazione che prende il nome di reobase. Lo stimolo, però, eccita la cellula solo se
ha un’intensità sufficiente in relazione al tempo per cui permane. Si può definire dunque una curva
di eccitabilità della cellula I=I(t) descritta dalla seguente espressione:
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
−
=
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
−
=
−−
ττ
tt
m
th
e
I
eR
V
I
11
0
Dove V
th
è la tensione di soglia (circa 20 mV); t è la durata dello stimolo; τ è la costante di tempo
della membrana ed è pari a τ=RmCm.
La reobase rappresenta la minima intensità dello stimolo capace di produrre l’eccitamento della
cellula se applicato per un tempo indefinito ed è uguale a
m
th
R
V
I =
0
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
Per caratterizzare la curva si fa anche riferimento al tempo minimo per cui deve essere applicato
uno stimolo di ampiezza doppia di quella di reobase per produrre l’eccitamento (tempo di
cronassia).
Figura 1 : Curva intensità-durata
Quando una corrente elettrica attraversa il corpo umano può, dunque, produrre effetti pericolosi
consistenti generalmente in alterazioni di varie funzioni dell’organismo (comprese alcune vitali), in
lesioni al sistema nervoso, ai vasi sanguigni, all’apparato visivo e uditivo, all’epidermide ecc..
Alcuni tra questi effetti risultano essere particolarmente pericolosi. In condizione di macroshock si
possono osservare alcuni degli effetti precedentemente citati e solo correnti e tensioni di contatto
particolarmente elevate possono dare origine alla fibrillazione ventricolare. In caso di microshock
la fibrillazione ventricolare avviene con elevata probabilità anche con valori di corrente e tensione
relativamente molto bassi.
Nel seguito si elencano alcuni dei principali effetti della corrente sull’organismo umano.
1.1.1 Tetanizzazione
Il passaggio della corrente elettrica attraverso le strutture neuromuscolari, quando questa raggiunge
determinati livelli, provoca il tetano muscolare o la tetanizzazione muscolare: questa consiste di
una serie di violente contrazioni muscolari (contrazioni toniche), senza intervalli di rilassamento, a
carattere involontario, simili a quelle osservabili nei malati di tetano. Le correnti a frequenza
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
industriale, capaci di provocare il tetano muscolare, hanno intensità tre o quattro volte superiore
alla reobase.
1.1.2 Ustioni
Quando il corpo umano è attraversato dalla corrente elettrica, cioè viene a far parte di un circuito
elettrico, possono verificarsi ustioni lungo il percorso della corrente nei punti dove questa assume
densità elevate. Il fenomeno delle ustioni è legato all’effetto Joule: la trasformazione di potenza
elettrica in potenza termica provoca un innalzamento della temperatura locale e quindi la comparsa
di specifiche lesioni (spesso il punto di contatto elettrico, e quindi quello a maggiore densità di
corrente, è la cute: tali lesioni cutanee sono anche note come “marchio elettrico”).
1.1.3 Arresto della respirazione
I centri respiratori governano, attraverso un’attività automatica riflessa, i movimenti respiratori; si
tratta di centri nervosi, inspiratori ed espiratori, situati nel pavimento del quarto ventricolo e
collegati funzionalmente con i centri che regolano la pressione del sangue e il ritmo del cuore e ad
un centro della protuberanza (centro pneumotassico) che sembra sensibile alla concentrazione di
anidride carbonica e che svolge, in particolare, la funzione di regolare il ritmo del respiro. Dai
centri respiratori si dipartono le fibre che portano gli impulsi ai vari nuclei motori che comandano i
movimenti della laringe, del diaframma e i muscoli inspiratori. Il passaggio della corrente elettrica
nei centri respiratori può provocare l’arresto della respirazione (paralisi respiratoria), senza alcuna
possibilità di ripresa e di regolazione volontaria del ritmo. Questo fenomeno può verificarsi per
inibizione diretta dei centri respiratori o per contrazione tetanica dei muscoli della gabbia toracica;
viene comunque resa impossibile la ventilazione, ossia l’ingresso e l’uscita dell’aria dai polmoni, a
causa dell’assenza dei necessari movimenti respiratori del torace. Il risultato è l’asfissia, con
mancata ossigenazione di tutti gli organi e gli apparati e l’accumulo di anidride carbonica nei
tessuti, che, se protratta nel tempo, può portare alla morte dell’individuo.
1.1.4 Elettrofisiologia cardiaca e fibrillazione ventricolare
Lo studio degli effetti patologici delle correnti elettriche, per quanto riguarda la fibrillazione
ventricolare, richiede di premettere alcuni brevi cenni sui potenziali bioelettrici, con particolare
riferimento al cuore e al ciclo cardiaco. I potenziali bioelettrici sono caratteristici di tutte le cellule
eccitabili e pertanto anche di quelle miocardiche. Si tratta di differenze di potenziale tra l’ interno e
l’ esterno della membrana cellulare. Tali strutture agiscono come filtri selettivi di ioni: gli ioni che
principalmente contribuiscono alla generazione dei potenziali biolettrici sono il sodio, il potassio e
il cloro. Sulla membrana cellulare si determina dunque un gradiente di concentrazione e un
gradiente di potenziale elettrico. Il potassio (K+), ha una concentrazione maggiore all’interno delle
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
cellule; il sodio (Na+), invece, tende a concentrarsi all’ esterno della membrana cellulare. Quando
la cellula si trova in condizioni di riposo, si stabilisce un equilibrio dinamico: il flusso totale di ioni
Na+ e K+ che attraversa la membrana cellulare, per effetto del potenziale elettrico, fornisce una
corrente risultante nulla. Pertanto le concentrazioni di ioni esterne e interne rimangono costanti,
con uno squilibrio di carica positiva all’ esterno della membrana dovuto principalmente alla
diversità di concentrazione tra esterno e interno degli ioni Na+ e K+: la cellula è dunque
polarizzata. Rispetto alla superficie esterna, il potenziale all’ interno della membrana cellulare è
negativo, dell’ ordine di -50mV/ -100mV. Per le cellule miocardiche è stato stimato essere pari a -
80mV. Oltre alle forze di natura elettrostatica e al gradiente di concentrazione nella cellula
agiscono altre forze , di natura enzimatica,mediante le quali la cellula assorbe o espelle ioni, in
particolare ioni Na+ e K+.Si tratta di forze che contribuiscono a ripristinare la concentrazione
ionica di polarizzazione, quando questa viene alterata; il fenomeno prende il nome di trasporto
attivo ed è legato all’azione di una particolare struttura: la pompa sodio-potassio. Le strutture
eccitabili conseguentemente a uno stimolo vanno incontro a un fenomeno reversibile, denominato
potenziale di azione che si manifesta come una depolarizzazione della cellula (cambiamento di
segno del potenziale interno rispetto all’ esterno). Il potenziale d’azione si innesca per effetto di
una variazione della conduttanza specifica degli ioni sodio e potassio in funzione di uno stimolo al
variare del tempo.
Una particolare proprietà delle cellule cardiache è quella dell’autoritmicità, ovvero la proprietà di
eccitarsi spontaneamente e sempre con la stessa frequenza, per il fatto che la permeabilità della
membrana rispetto agli ioni sodio e potassio decade spontaneamente. La conduttanza decresce
spontaneamente fino a quando, raggiunto il valore di soglia( tra -70mV e -40mV)del potenziale di
membrana, si innesca il potenziale di azione ( depolarizzazione fino a un picco di 20 mV); tale
decadimento determina, in modo ciclico, l’innesco del potenziale d’azione, senza che intervengano
stimoli esterni . In modo particolare, l’autoritmicità è propria del nodo senoatriale e del nodo
atrioventricolare. Nel cuore sano, il generatore biologico di impulsi che presiede al ciclo cardiaco è
il nodo senoatriale: situato nell’atrio destro, avente una frequenza di depolarizzazione più elevata
di quella di tutele altre cellule del cuore . Sono gli impulsi del nodosenoatriale, pertanto, a
sincronizzare tutte le cellule del cuore e a propagare l’eccitazione, prima che insorga la
depolarizzazione spontanea. Per il semplice contatto, le fibre muscolari atriali trasmettono la
depolarizzazione a tutta la zona atriale, con una velocità dell’ ordine di 1 m/s (in 100ms gli atri
risultano depolarizzanti). Dal punto di vista della trasmissione della depolarizzazione, il cuore è
diviso in senso trasversale da un setto isolante, che separa gli atri dai ventricoli. Tale setto è
attraversato da una formazione anatomica simile al nodo seno atriale, che prende il nome di nodo
atrioventricolare, dal quale hanno origine i fasci di His, gruppo di fibre dotato di un elevata
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
conducibilità elettrica. I fasci di His mettono in collegamento elettrico il nodo atrioventricolare con
le fibre del Purkinje, che portano lo stimolo elettrico al tessuto muscolare delle branche ventricolari
comandandone le contrazioni. Tale conformazione anatomica fa sì che l’impulso proveniente dagli
atri si trasmetta ai ventricoli solo attraverso il nodo atrioventricolare, con una velocità di 0,1m/s:
dieci volte inferiore a quella di trasmissione negli atri. Il conseguente ritardo di trasmissione dell’
impulso nella zona ventricolare (0,5s) permette il riempimento dei ventricoli stessi prima che abbia
inizio la loro contrazione. Dal nodo atrioventricolare, l’ impulso si trasmette ai fasci di His e da
questi alle fibre del Purkinje, per le quali la velocità di propagazione è invece dell’ ordine di
1,5/2,5 m/s, superiore anche a quella che si rileva nelle fibre atriali .
Figura 2: propagazione della depolarizzazione dal nodo senoatriale alle varie regioni del cuore (valori in
secondi)
Il cuore, proprio a causa della natura elettrica del suo funzionamento, è particolarmente sensibile
alla corrente elettrica.
Le correnti esterne che attraversano il cuore definiscono una densità di carica a livello delle sue
strutture cellulari. Il flusso di cariche esterne va a alterare la normale distribuzione di ioni a ridosso
della membrana cellulare generando un’instabilità elettrica delle strutture cellulari. L’attivazione
“anomala” di alcuni punti del cuore determina un alterazione del fronte di depolarizzazione che
avanza normalmente dagli atri verso i ventricoli percorrendo il circuito preferenziale di
conduzione del cuore e attivando via via le cellule del miocardio di lavoro. Questa instabilità
elettrica determina un asincronismo nell’ attività meccanica: il cuore perde la sua funzione di
pompa contraendosi “come un sacco pieno di vermi”: si parla di fibrillazione ventricolare.
La probabilità che si verifichi la fibrillazione ventricolare è funzione sia dell'intensità di corrente
sia della sua durata ma dipende anche dal momento in cui la corrente attraversa il cuore; la
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
fibrillazione ha buone possibilità di innesco quando la corrente fluisce attraverso il cuore durante
un periodo critico, in corrispondenza della fase di espansione (diastole), detto di vulnerabilità. Tale
periodo si presenta sul fronte dell’onda T e ha una durata compresa fra il 10 e il 15% del ciclo
cardiaco pari a 0,10 / 0,15 s.
Si deve pertanto ritenere, che per durate superiori al periodo del battito cardiaco la fibrillazione
ventricolare può manifestarsi sempre al di sopra dei limiti di corrente indicati; per periodi inferiori
la fibrillazione si manifesta con una probabilità che è legata al rapporto tra la durata della corrente
e la durata del ciclo cardiaco. Inoltre la parte più sensibile del cuore è l’area ventricolare destra,
vicina all’ apice : pertanto alcune parti del cuore sono più sensibili di altre.
La fibrillazione ventricolare é reversibile entro i primi due o tre minuti soltanto se il cuore é
sottoposto ad una scarica elettrica molto violenta tramite defibrillatore.
1.2 Considerazioni generali su Macroshock e Microshock
Si distinguono due modalità attraverso le quali può aversi passaggio di corrente elettrica nel cuore:
macroshock e microshock. Il macroshock viene identificato con la scossa, con la comparsa di vari
fenomeni fino ad arrivare alla tetanizzazione muscolare (mancanza più o meno accentuata della
respirazione, possibili svenimenti, asfissia, collasso ed eventuale perdita dei sensi), mentre il
microshock lo si identifica con una microscossa a livello cardiaco. Per stabilire, quindi, il grado di
pericolosità di una differenza di potenziale che può interessare il paziente, è di grande importanza
conoscere il modo con cui si può presentare il contatto elettrico. Se il contatto avviene a livello
epidermico ed anche nella peggiore delle ipotesi, quale il contatto mano-mano, solo una porzione
di corrente attraversa il cuore (valori pericolosi intorno a 100 mA) e si ottiene il tipico fenomeno di
macroshock. Si ha il pericolo di microshock quando una corrente, pur piccolissima (valori
pericolosi intorno a 10 µA), interessa direttamente il muscolo cardiaco e può innescare il fenomeno
della fibrillazione ventricolare. Si pensi, ad esempio, all’impiego di un catetere intracardiaco in
grado di condurre la corrente elettrica: in tal caso si può verificare un passaggio della totalità della
corrente in una regione localizzata del muscolo cardiaco (ad esempio in corrispondenza della punta
del catetere).
Il macroshock, dunque, può riguardare sia il paziente che gli operatori e si verifica quando un
individuo (o meglio la sua superficie corporea) viene a contatto con una differenza di potenziale in
modo da non interessare a fondo (direttamente, esclusivamente) la massa cardiaca. Il microshock
in genere si verifica quando una differenza di potenziale viene applicata direttamente al cuore
attraverso una sonda intracardiaca. Si noti come l’intensità di corrente che provoca il microshock
sia 10.000 volte più piccola di quella che provoca il macroshock e di conseguenza, anche piccoli
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
valori di eventuali differenze di potenziale che si venissero a creare (ad esempio tra due strumenti
che possono venire a contatto del paziente) devono essere contenuti entro i limiti accettabili;
addirittura, in sale operatorie di particolare importanza (interventi a cuore aperto), entro 10mV e
anche meno.
Si presenta, quindi, il macroshock quando si ha un passaggio di corrente nella persona dovuto al
contatto con una parte accidentalmente in tensione. La corrente in generale (seppur si differenziano
vari tipi di percorsi) attraversa il corpo interessandone un'ampia sezione ma solo una minima parte
fluisce attraverso il cuore. Il rischio che il cuore entri in fibrillazione ventricolare è relativamente al
caso di microshock molto più basso. I rischi aumentano quando il paziente è sottoposto a pratiche
medico chirurgiche che comportano interventi di cateterismo cardiaco oppure, più semplicemente,
l'applicazione di sonde o elettrodi in prossimità del cuore. Non si parla più di macroshock ma di
microshock perché la corrente, concentrata nella zona cardiaca, introduce un disturbo agli equilibri
elettrofisiologici dell'attività cardiaca che rende di gran lunga più elevata la probabilità di una
fibrillazione ventricolare. Come si può intuire anche dall’ analisi della figura 3 la differenza
sostanziale risiede nella densità di corrente che interessa il cuore: in caso di microshock, a parità di
corrente, risulta notevolmente maggiore. Tratteremo più avanti, in maniera dettagliata, dei valori
di densità di corrente capace di indurre fibrillazione ventricolare .
Figura 3 : Condizioni di Macroshock e di Microshock
1.3 Limiti di pericolosità della corrente elettrica
1.3.1 Zone di pericolosità convenzionali IEC della corrente elettrica alternata
sinusoidale a 50, 60 Hz
I limiti di pericolosità variano a seconda del tipo di contatto.
Con riferimento al macroshock i limiti convenzionali di pericolosità della corrente elettrica
alternata in funzione del tempo per cui fluisce attraverso il corpo umano, sono stati riassunti in un
grafico tempo-corrente [1].
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
Per correnti alternate fino a:
0,5 mA (soglia di percezione) il passaggio di corrente non provoca nessuna reazione
qualunque sia la durata;
10 mA (limite di rilascio - durata qualsiasi) non si hanno in genere effetti pericolosi;
>10 mA non pericolosa se la durata del contatto è decrescente rispetto al valore di corrente.
Figura 4 : Caratteristiche convenzionali di pericolosità Corrente nel corpo umano Ib-Durata del passaggio della
corrente t, per il percorso mano sinistra-piedi, nel campo di frequenza tra 15 e 100 Hz.
Quando si parla di pericolosità della corrente elettrica si fa riferimento, convenzionalmente, ad una
suddivisione su base statistica del piano (t,I), dove I è il valore della corrente (in mA) che
attraversa un corpo di un individuo medio per un tempo t (espresso in ms).
Il piano viene suddiviso in 4 zone, come in figura 4, a seconda della pericolosità degli effetti
procurati dalla corrente stessa:
1) in zona 1, ovvero per correnti inferiori a 0.5mA, non si hanno abitualmente reazioni percettibili,
salvo in caso di microshock
2) in zona 2 si hanno reazioni del corpo umano, ma senza effetti fisiologicamente pericolosi salvo
in caso di microshock
3) in zona 3 (compresa fra la curva b e la c1) si hanno effetti pericolosi, ma reversibili, che
abitualmente si concludono senza danni organici: contrazione dei muscoli, difficoltà respiratorie,
difficoltà nella formazione e nella conduzione degli impulsi del cuore, fino alla possibilità di
arresto cardiaco. Non è tuttavia contemplata la possibilità di fibrillazione ventricolare, che
costituisce la più probabile causa di morte in questi casi. Al crescere del tempo di esposizione, va
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico
comunque contemplata la possibilità di ustioni per effetto termico. La caratteristica b, in una prima
edizione della Norma IEC, corrispondeva ad una caratteristica in continua rappresentata dall’
equazione: I(mA)=10+10/t(s), che riportiamo per osservare che essa ha un andamento analogo a
quella della caratteristica di eccitabilità della cellula, con valore asintotico corrispondente alla
reobase; essa è stata sostituita, nel 1998, dalla spezzata che appare in figura; il primo termine è il
limite per la corrente di rilascio e rappresenta, convenzionalmente, il massimo valore di corrente
sopportabile per un tempo indefinito.
4) in zona 4, invece, è prevista una certa possibilità di incorrere nella fibrillazione ventricolare, via
via più probabile superando le curve c2 (5%) e c3 (50%). Si possono distinguere, sostanzialmente,
tre fasce di intensità di corrente, nelle quali predominano gli effetti delle correnti nella sola
muscolatura, gli effetti cardiaci e gli effetti nervosi: zone 2, 3, 4. La curva c1, che delimita la zona
di fibrillazione ventricolare mostra che il limite di innesco (probabilità 0%) si ha per una corrente
pari a circa 40 mA, per un tempo indefinito, a cominciare da circa 2 s. Vengono assunti in
corrispondenza di un tempo indefinito, all’interno della zona 4, i due valori di corrente 50 e 80 mA,
ai quali corrispondono, rispettivamente, probabilità dal 5 al 50% di fibrillazione ventricolare.
Nel diagramma la curva, compresa tra la b e la c1, rappresenta i valori ammissibili di durata della
corrente ed è stata assunta, in sede internazionale, come curva di sicurezza corrente-tempo. In
riferimento a questa curva vengono dimensionati i sistemi di protezione contro i contatti indiretti
per interruzione automatica dell’ alimentazione.
Il diagramma riportato in figura 4 è stato ricavato facendo riferimento al percorso mano sinistra-
piedi, è quindi evidente che i limiti di pericolosità variano anche in relazione ai punti di ingresso e
uscita della corrente. Per questo motivo è stato definito un “fattore di percorso” che indica la
pericolosità dei diversi percorsi seguiti dalla corrente considerando come riferimento il percorso
mano sinistra-piedi [2].
Percorso Fattore di percorso
Mani - Piedi 1
Mano sinistra - Piede sinistro 1
Mano sinistra - Piede destro 1
Mano sinistra - Entrambi i piedi 1
Mano sinistra - Mano destra 0,4
Mano sinistra - Dorso 0,7
Mano sinistra - Torace 1,5
Mano destra - Piede sinistro 0,8
Mano destra - Piede destro 0,8
Mano destra - Entrambi i piedi 0,8
Mano destra - Dorso 0,3
Mano destra - Torace 1,3
Glutei - Mani 0,7
Tabella 1 : fattori di percorso
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