Il bilancio sociale nasce nella realtà delle imprese private statunitensi negli anni ’70,
per l’esigenza di affiancare al bilancio d’esercizio un documento di valutazioni etico
sociale che renda trasparente all’opinione pubblica l’attività aziendale, un documento
perciò che interessa le strette relazioni tra l’economia e la società.
Nel corso degli anni ’80, in particolare, si va affermando l’idea di un bilancio sociale
in funzione di certificazione della legittimità sociale dell’operato aziendale e dei suoi
impatti sull’ambiente esterno.
All’inizio degli anni ’90 lo studio sulla rendicontazione sociale viene arricchito
dell’inclusione dei diversi stakeholder (i portatori di interesse economici ma non
solo) nella governance aziendale.
Da questa nuova visione allargata dei destinatari dell’azione dell’impresa deriva una
caratterizzazione più precisa del bilancio sociale che diventa non solo strumento di
comunicazione e legittimazione verso l’esterno ma anche uno strumento di controllo
della strategia e di misurazione del valore prodotto.
Il bilancio sociale trova applicabilità anche nel settore pubblico per il fatto che
consente una migliore rappresentazione, e quindi un maggiore controllo, del valore
prodotto e ri-distribuito all’esterno dell’azienda, senza comportare un ampliamento
dei fini istituzionali di massimizzazione dei benefici ceduti a soggetti esterni.
La diffusione del bilancio sociale inoltre è anche collegata alla sempre più estesa
applicazione dei principi di accountability che prevedono una rendicontazione
trasparente e attiva di ciò che un’azienda, pubblica o privata, fa per adempire
responsabilmente ai propri fini istituzionali.
Prima di capire quale utilizzo possa avere il bilancio sociale nel settore della sanità è
necessario analizzare i modelli, teorie e i fondamenti teorici che hanno trovato
maggiore applicazione e consenso nell’ormai consolidata pratica della redazione dei
bilanci sociali nel settore privato. Inoltre, poiché allo stato attuale, manca ancora un
compiuto schema concettuale di riferimento per il settore pubblico nella seconda
parte della sezione si analizza la possibilità di adattare degli standard delle imprese al
settore pubblico e lo stato d’arte dei documenti che tracciano prime indicazioni sulla
natura e le caratteristiche del fenomeno.
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1 CENNI DI BILANCIO SOCIALE
NEL SETTORE PRIVATO
1.1 VALENZE E PRINCIPI DI REDAZIONE
In Italia ci sono vari attori che si confrontano e che “spingono” all’introduzione di
forme di rendicontazione sociale: le Università, il mondo accademico e i centri di
ricerca non profit, assieme alle agenzie di regolazione (norme in materia di bilancio
sociale per le fondazioni e libro verde dell’UE) si collocano come attori “a monte”
del processo di traslazione del concetto di rendicontazione sociale, mentre le società
di consulenza e le famiglie professionali si potrebbero considerare attori “a valle” del
medesimo.
(Hinna, 2002: p.63).
La tematica del bilancio sociale, infatti, non interessa esclusivamente il contesto
economico-contabile, ma coinvolge attivamente l’ambito sociale e politico.
E’ perciò difficile capire, confrontare e distinguere le varie motivazioni che portano
alla redazione di un bilancio sociale. I molti modelli, teorie e certificazioni esistenti
hanno impostazioni e obiettivi differenti tra loro.
Innanzitutto è necessaria una iniziale distinzione tra standard di processo e di
contenuto.
I primi hanno come obiettivo la normalizzazione del percorso o ciclo gestionale visto
come un insieme coordinato, trasversale e multidisciplinare di attività finalizzate a
promuovere nel contesto-impresa un cambiamento, inteso come processo di
miglioramento verso una gestione economicamente e socialmente responsabile.
(Gabrovec Mei, 2004: p.29)
Lo standard di contenuto invece individua e normalizza direttamente i contenuti
effettivi del documento sociale, pur non negando che esso sia frutto di un percorso
basato sul dialogo con i portatori di interessi.
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Nel seguito di questo paragrafo si intende pertanto fare un’analisi comparativa che
metta in evidenza i tratti comuni e le differenze dei principi e delle valenze attribuite
dagli standard e modelli considerati per arrivare a darne una definizione il più
possibile comune.
L’intento è quello di analizzare i principi ispiratori e l’attenzione alle diverse valenze
che viene posta nei documenti, si confronteranno perciò standard di processo come:
• AccountAbility 1000 (AA 1000);
• The Copenhaghen Charter;
• Libro Verde della Commissione della Comunità Europea;
e alcuni standard di contenuto:
• Sustainability Reporting Guidelines (GRI);
• I Principi di redazione del bilancio sociale del GBS;
• Social Statement e set di indicatori CRS-SC.
AccountAbility 1000 (AA 1000)
(http://www.accountability.org.uk/aa1000/default.asp, ultimo accesso giugno 2005)
E’ uno Standard internazionale di processo definito dall’ISEA per l’implementazione
in azienda di un processo di Account-Auditing e Reporting orientato alla
responsabilità sociale d’impresa e basato sul coinvolgimento degli stakeholder. Il
processo di AA1000 può supportare le attività e il management strategico di
un’organizzazione, assistendola a costruire vantaggi competitivi attraverso la
proiezione di una posizione definita sui temi sociali ed etici. E’ uno standard di base,
e come tale può essere usato come una valutazione comune per rafforzare la qualità
degli standard specializzati di responsabilità esistenti ed emergenti o come un
sistema e processo autonomo per gestire e comunicare bilancio e performance sociale
ed etico.
Obiettivi:
• supportare un più concreto impegno verso gli stakeholder;
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• contribuire a definire standard, regole e strumenti specializzati universalmente
validi;
• costruire sinergie con approcci emergenti per capitale intellettuale e conoscenze
manageriali, collegandosi con strumenti operativi e strategici e modelli di qualità;
• contribuire alla diffusione di principi e metodi di Accountability nel settore
pubblico, delle organizzazioni di società civile, all’interno di business
community;
• aumentare in modo dimostrabile la performance complessiva.
Metodologia e strumenti:
AA1000 comprende principi (le caratteristiche di un processo di qualità) e un set di
standard di processo. Gli standard di processo comprendono le seguenti fasi:
• pianificazione: definizione dei valori, degli obiettivi sociali ed etici
dell’organizzazione, identificazione degli stakeholder;
• accounting: definizione dello scopo del processo, raccolta ed analisi delle
informazioni, identificazione di indicatori ed obiettivi, sviluppo di un piano di
miglioramento;
• auditing e reporting: realizzazione di un report da condividere con gli
stakeholder;
• embedding: messa a regime di sistemi per la gestione e raccolta delle
informazioni;
• stakeholder engagement: coinvolgimento degli stakeholder trasversale al
processo.
The Copenhagen Charter
(http://www.mm.dk/filer/thecopenhagencharter.PDF, ultimo accesso giugno 2005)
E’ una guida al sistema di rendicontazione rivolto gli stakeholder, un documento
presentato nel 1999 al convegno “Building Stakeholders Relations” a Copenhagen,
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che cerca di sintetizzare in un unico modello impostazioni simili ponendo particolare
attenzione al ciclo gestionale.
La Copenhagen Charter (1999) si focalizza, sull’implementazione di un corretto e
completo stakeholder reporting, tale da consentire una partecipazione alla
governance, per vie più o meno dirette, di tutti gli attori titolari di potere d’influenza.
In quest’ottica, la crescita del valore aggiunto dell’impresa si spiega attraverso una
migliore gestione delle interdipendenze, caratteristica che conferisce all’attività un
vantaggio competitivo esprimibile come una maggiore forza attrattiva nei confronti
dei dipendenti qualificati, una crescente affezione dei clienti e dei fornitori ed un più
sicuro accesso al mercato dei capitali.
Il reporting viene anche interpretato come una specie di assicurazione per proteggere
la reputazione dell’impresa, per molti autori importante asset intangibile,
minimizzando i rischi collegati ad una cattiva gestione delle interdipendenze
strategiche.
Il punto cruciale del modello consiste nella determinazione di indicatori chiari,
definiti, misurabili, che entrino a far parte del sistema informativo e vengano rilevati
in modo regolare. Gli autori si preoccupano anche di sottolineare la necessità di
accompagnare le comunicazioni effettuate con una serie di garanzie sulla correttezza
nella determinazione degli indicatori e sulla stesura ed analisi dei report, per
conferire all’intero ciclo informativo, che si chiude e riapre con la reazione degli
stakeholder alle informazioni diffuse, una grado di completezza informativa e
trasparenza analogo a quello dei bilanci aziendali.
Libro Verde della Commissione della Comunità Europea (Green Paper)
(http://europa.eu.int/comm/employment_social/soc-dial/csr/index.htm, ultimo
accesso giugno 2005)
Pubblicato nel 2001 è un documento per promuovere un quadro europeo per la
responsabilità sociale delle imprese e per lanciare un ampio dibattito sui modi nei
quali l’UE potrebbe promuovere la responsabilità sociale e come sfruttare al meglio
le esperienze esistenti, incoraggiando lo sviluppo di prassi innovative.
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Obiettivi:
• favorire qualità e convergenza delle procedure impiegate, attraverso la definizione
di principi e strumenti, nonché la promozione di nuove prassi e innovazioni;
• sostenere valutazioni in termini di costi e verifiche indipendenti per garantire
efficacia e credibilità degli interventi di responsabilità sociale delle imprese.
Il processo di responsabilizzazione sociale gestito in quest’ottica si muove lungo le
seguenti linee:
• enunciazione di obiettivi, dichiarazioni in merito ai principi che si vogliono
seguire, adozioni di codici etici e di condotta;
• traduzione in azioni concrete nell’operatività quotidiana, nei programmi e nelle
strategie;
• introduzione della dimensione sociale ed ecologica all’interno della contabilità
direzionale e negli stili di management in uso.
Il Libro Verde pone l’accento:
• sulla qualità del lavoro, riconoscendo il ruolo fondamentale del lavoratore nel
processo di responsabilizzazione sociale delle imprese e promuovendone la
partecipazione decisionale;
• etichette sociali e/o ambientali- ecologiche, quali strumenti di identificazione
immediata, da parte del consumatore, dell’adozione di comportamenti comprensivi e
rispettosi di socialità e responsabilità ambientale;
• concetto di investimento socialmente responsabile insieme alle collegate
metodologie di misurazione.
Sustainability Reporting Guidelines (GRI)
(http://www.globalreporting.org/guidelines/2002.asp ultimo accesso giugno 2005 )
Il Global Reporting Iniziative viene promosso nel 1997 dal Coalition for
Environmentally Responsible Economies (CERER) in partnership con l’United
Nations Environment Programme (UNEP), con associazioni ambientali e sociali, con
istituti di certificazione e con coalizioni imprenditoriali (come il WBCSD), per
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definire le linee guida per la rendicontazione volontaria delle performance
economiche, sociali e ambientali di un’impresa, il Sustainable Reporting Guidelines
on Economic, Environmental and Social Performance.
L’obiettivo dello standard del GRI è favorire la redazione di un report in cui vengano
integrate le tre dimensioni (Triple Bottom Line) economica, ambientale e sociale
dell’attività di un’impresa e creare uno strumento capace di rappresentare la
responsabilità dell’azienda verso la società per quantificare e monitorare le sue
prestazioni ambientali, sociali oltre che economiche e dialogare con gli stakeholder,
rispondendo alle loro aspettative.
Obiettivi
• presentare un’immagine chiara degli impatti sociali e ambientali dell’attività di
un’impresa e agevolare le scelte informate della stessa relativamente agli
investimenti, forniture e partnership;
• garantire agli stakeholder un’informazione affidabile che corrisponda ai loro
bisogni e che ne solleciti altri al dialogo e alla richiesta di informazioni;
• garantire uno strumento di gestione che aiuti a valutare l’organizzazione e a
migliorare continuamente le proprie performance e i propri progressi;
• promuovere trasparenza e credibilità;
• creare una formulazione semplice da capire e che faciliti la comparazione con
altri report;
• costruire un report complementare, non sostitutivo di altre forme di reporting
comprese quelle finanziarie;
• risaltare le relazioni tra i tre elementi (ambientale, sociale ed economico) di
sostenibilità.
Metodologia e strumenti
Il Sustainability Reporting Guidelines detta le linee guida, applicabili a livello
internazionale a tutte le aziende, capaci di rendere la rendicontazione delle
performance ambientali, economiche e sociali dell’impresa rigorosa, verificabile e
confrontabile. Il report di sostenibilità contiene due parti.
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Una prima parte di tipo strategico/organizzativo in cui figura:
• la dichiarazione dell’amministratore delegato: illustra le motivazioni e gli
impegni dell’impresa in tema di sostenibilità;
• profilo dell’organizzazione: consiste in una descrizione dell’organizzazione
(nome, attività, etc.) in un formato, diviso in sezioni, facilmente leggibile,
comprensibile e verificabile;
• executive summary e indicatori chiave: sommario delle informazioni chiave ed
elenco degli indicatori utilizzati;
• visione e strategia: con la prima si descrive la visione futura dell’azienda, mentre
con la seconda le scelte “responsabili”, le performance e gli sviluppi della stessa
in base alla vision e agli aspetti che si reputano prioritari;
• politiche, organizzazione e sistemi di gestione: l’organizzazione aziendale offre
una visione sommaria della struttura di governance e del sistema manageriale che
servono ad implementare la visione aziendale. parte centrale di questa sezione è il
coinvolgimento degli stakeholder, “stakeholder engagement”, che vengono
elencati e descritti.
Nella seconda parte, la rendicontazione, vengono descritte le performance attraverso
indicatori di sistema, generalmente applicabili, e indicatori specifici, relativi
all’organizzazione. La descrizione delle performance ha come riferimento gli aspetti
ambientali (capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali),
quelli economici (capacità di generare reddito, profitti e lavoro) e quelli sociali
(capacità di garantire benessere e opportunità di crescita equamente distribuite e
capacità di rispettare i diritti umani del lavoro anche attraverso il controllo dei
fornitori) dell’azienda in relazione agli indicatori utilizzati, in modo da garantire la
verificabilità e la confrontabilità con altre organizzazioni.
I Principi di redazione del bilancio sociale (GBS)
(http://www.gruppobilanciosociale.org/documenti/GBS_Principi_di_redazione_del_
bilancio_sociale.pdf , ultimo accesso giugno 2005)
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E’ un modello pubblicato nel 2001 dal Gruppo di studio per la statuizione dei
principi di redazione del bilancio sociale (GBS) che contiene principi e postulati per
la redazione di un bilancio sociale e indicazioni di minima rispetto all’elaborazione
del documento.
Il GBS ha elaborato un insieme di indicazioni necessarie per unificare contenuti e
forma del bilancio sociale con un duplice intento:
• garantire una maggiore confrontabilità tra bilanci di imprese diverse e tra bilanci
della stessa impresa ma di esercizi differenti;
• promuoverne la diffusione e la pubblicizzazione presso gli stakeholder che
devono poter contare sull’esistenza di norme convenzionali che, facilitando la
lettura dei bilanci, consentano la formulazione di giudizi.
Obiettivi
• allargare l’informazione sulla qualità dell’attività aziendale anche sotto il profilo
etico-sociale per permetterne una valutazione più completa;
• diffondere notizie sulle caratteristiche della cultura aziendale ad un pubblico più
vasto rispetto ai tradizionali interlocutori del bilancio civilistico;
• comunicare il sistema di valori di riferimento assunti dall’organizzazione e la
loro declinazione in scelte imprenditoriali e comportamenti gestionali;
• descrivere la correlazione esistente tra effetti della gestione, comportamento dei
manager e principi enunciati;
• informare il pubblico sul grado di legittimazione conseguito dall’impresa e di
consenso degli interlocutori;
• misurare il valore aggiunto prodotto e ripartito;
• rendere trasparenti le logiche d’impiego delle risorse per la valorizzazione della
persona, la tutela ed il rispetto dell’ambiente naturale, la sicurezza sul lavoro, la
prevenzione dei rischi, l’innovazione del processo produttivo, l’occupazione e la
formazione del personale e tutto ciò che fa riferimento agli effetti sociali diretti e
indiretti dell'attività.
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