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Per meglio evidenziare i due aspetti (microeconomico e macroeconomico)
dell’argomento, il lavoro sarà composto da una prima parte dedicata al processo di
investimento del venture capital in cui cercherò di mettere in evidenza le
caratteristiche e i problemi che questa attività presenta. Nella seconda parte
focalizzerò l’attenzione sul secondo aspetto, cercando di approfondire il legame
esistente tra venture capital e sviluppo economico. Il passo successivo sarà quello
di indicare in che modo le istituzioni possono intervenire per favorire lo sviluppo
del venture capital al fine di permettergli di svolgere la funzione di catalizzatore
dell’economia. Analizzerò anche la realtà italiana, evidenziandone le peculiarità
rispetto ad altri paesi europei e descrivendo i principali strumenti esistenti a favore
dello sviluppo del mezzogiorno.
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I Il venture capital: definizioni, aspetti generali e
problematiche
1.1. Introduzione
Lo scopo di questo capitolo è quello di descrivere l’attività di venture capital,
cercando di identificare qual è l’ambito in cui esso opera e il modo in cui lavora
mettendo in evidenza le caratteristiche principali di questa attività.
Cercherò di dare una definizione quanto più possibile precisa, anche per
distinguerla dall’attività di private equity che pur presentando delle caratteristiche
simili, differisce da essa per il più ampio ambito di applicazione.
Particolare attenzione sarà prestata all’importanza che riveste quest’attività
rispetto ad altre forme di finanziamento, evidenziando come essa sia l’unica che
possa far fronte alle richieste di determinate imprese, caratterizzate da un elevato
rischio e con problemi di asimmetria informativa e di agenzia che non
permetterebbero loro di trovare dei finanziatori diversi dai venture capitalists
(Amit, Brander e Zott, 1998) .
Nel capitolo sarà data anche una descrizione generale del modo in cui
quest’attività lavora, descrivendo le fasi di cui essa consta.
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1.2. Alcune definizioni
In generale, l’attività di investimento nel capitale di rischio di un’impresa si
definisce attività di private equity. All’interno di questa categoria poi, numerose
sono le definizioni adottate per descrivere le diverse tipologie di investimento
realizzato dai singoli operatori in base alla fase del ciclo di vita dell’impresa
partecipata. Così, si parla di early stage financing per indicare il finanziamento di
imprese nelle fasi iniziali di vita. Questo può riguardare la semplice idea
imprenditoriale (seed financing) oppure un’impresa già nata (start up). Quando
l’investimento deve supportare la crescita di imprese già consolidate, ci si riferisce
all’expansion financing. Tutte le operazioni volte alla sostituzione della proprietà
azionaria di un’impresa vengono definite buy-outs. Ancora, il turnaround indica il
finanziamento di imprese che si trovano in situazioni di crisi al fine di
ristrutturarle e renderle profittevoli. Infine, il bridge financing indica il
finanziamento erogato per permettere la transizione della società da impresa
privata a impresa quotata sul mercato azionario.
E il venture capital? Questa è in genere l’attività svolta da operatori
specializzati (le imprese di venture capital appunto) che investono in imprese
caratterizzate da un elevato tasso di rischio e che quindi si aspettano rendimenti
più elevati di quelli assicurati da altri investimenti meno rischiosi. Facendo
riferimento alle tipologie sopra elencate, il venture capital si occupa del
finanziamento delle imprese che si trovano nella fase iniziale della propria vita,
quindi l’early srage financing. In queste fasi infatti, il rischio della non riuscita
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dell’impresa è elevatissimo, anche perché le imprese obbiettivo sono imprese non
quotate che non hanno un mercato, ma che presentano un elevato potenziale di
crescita in termini di nuovi prodotti o servizi, nuove tecnologie e hanno bisogno di
finanziamenti consistenti per portare avanti le loro attività di ricerca e sviluppo e
quindi cercare di creare un mercato.
L’acquisizione di partecipazioni significative in tali imprese è effettuata con
un’ottica di lungo periodo ed è finalizzata alla realizzazione di un capital gain
derivante dalla vendita della propria partecipazione azionaria che sarà effettuata
quando l’impresa finanziata avrà sviluppato il proprio potenziale di crescita.
Ma il venture capital non è solo questo. Un’altra peculiarità di quest’attività è
il coinvolgimento attivo dell’investitore nella gestione dell’impresa. Questi
contribuisce alla creazione di valore apportando il proprio supporto manageriale
all’impresa.
Quest’ultima caratteristica è di particolare importanza, perché spiega, in
parte, la differenza tra un venture capitalist e gli altri intermediari finanziari. Il
venture capitalist non si limita a valutare un investimento e decidere se investire o
meno e quindi condividere o meno il rischio d’impresa, ma vuole essere
investitore attivo e spendere il proprio know how manageriale per far crescere
l’impresa. Quasi sempre infatti, i fondatori delle nuove imprese hanno
competenze di carattere tecnico ma dal punto di vista gestionale non possono
vantare alcuna conoscenza. D’altra parte il venture capitalist è spesso un
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imprenditore che ha acquisito negli anni l’esperienza necessaria per la gestione
dell’impresa.
La definizione di venture capital non deve considerarsi unica, mentre sopra si
è fatto riferimento al ciclo di vita dell’impresa, un’altra interpretazione fa
riferimento alla natura del rischio sopportato. Così, si può parlare di venture
capital ogniqualvolta ci sia un rischio di natura imprenditoriale. Ciò accade
quando l’intervento dell’investitore porta un cambiamento nel modo di fare
impresa (business model). Se si prende in considerazione quest’accezione, si deve
dire che oggetto del venture capital sono le imprese già avviate che hanno
bisogno di capitali e di una forte discontinuità nella gestione dell’impresa per
riposizionarsi sul mercato.
Quale che sia l’interpretazione data al termine, le caratteristiche che stanno
alla base di quest’attività non cambiano: investimenti in imprese con un elevato
tasso di rischio e coinvolgimento dell’investitore nella gestione dell’impresa.
1.3. Quale ruolo per il venture capitalist ?
Perché il venture capital non è considerato una semplice attività di
finanziamento? in cosa differisce dagli altri intermediari finanziari (ad es. le
banche) che pure hanno a disposizione maggiori risorse finanziarie?
Se non esistesse quest’attività, gli imprenditori potrebbero ottenere i
finanziamenti necessari presso le banche o presso gli investitori privati come
spesso accade. Per comprendere il perché dell’esistenza di questa attività bisogna
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chiedersi quali sono i problemi che caratterizzano il finanziamento di nuove
imprese e che non possono essere affrontati dagli altri intermediari finanziari. Si
può dire che l’attività di venture capital ben si adatta a quei contesti caratterizzati
da elevata incertezza e asimmetria informativa tra principali e agenti (Sahlman
1990). Quindi la differenza principale tra il venture capitalist e gli altri
intermediari finanziari è che il primo opera in situazioni in cui l’asimmetria
informativa è particolarmente rilevante. In questi contesti il venture capitalist ha
un vantaggio sugli altri investitori, che deriva dalla sua abilità nel ridurre i costi
dell’asimmetria informativa.
Ci sono due forme di asimmetria informativa
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:
- Il primo concerne la c.d. “informazione nascosta” e si ha quando una delle
parti dell’accordo conosce informazioni rilevanti che l’altra parte non conosce.
Nel nostro caso è l’imprenditore che conosce sicuramente meglio del venture
capitalist quali possono essere le possibilità di successo del proprio prodotto. Pur
di ottenere il finanziamento, egli tenderà a sopravvalutarle pur sapendo che la
realtà è diversa. Immaginando che molti imprenditori si comportino così, il
risultato finale sarà quello di abbassare la qualità dei progetti finanziati dai
venture capitalist. Questi, d’altra parte, richiederanno delle percentuali di
partecipazione più elevate. Così facendo, però, gli imprenditori che ritengono i
propri progetti qualitativamente superiori alla media, non accetteranno le
condizioni poste dai finanziatori. Tutto ciò non farà che abbassare la qualità media
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Amit R., Brander J. and Zott C. (1998), “Why do venture capital firms exist? Theory and
canadian evidence”, in Journal of business venturing, n. 135.
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dei progetti. Gli investitori saranno sempre più riluttanti a finanziare tali imprese.
Questo fenomeno è chiamato selezione avversa.
- L’altro tipo di asimmetria informativa è spesso descritta come “azione
nascosta”. In questo caso una delle parti non è in grado di verificare se l’altra sta
effettivamente svolgendo il proprio lavoro. Così, l’investitore potrebbe non essere
in grado di verificare l’impegno dell’imprenditore nello sviluppo dell’impresa,
mentre quest’ultimo potrebbe avere come obbiettivo quello di “scappare con i
soldi”. Questo problema porta al c.d. “moral hazard”, che si ha proprio quando la
parte più informata approfitta della propria posizione per ledere gli interessi della
controparte.
Sebbene le due forme di asimmetria informativa costituiscano un problema
per tutti gli investitori, vedremo quali sono i meccanismi di controllo sviluppati
dal venture capitalist che gli permettono di avere un vantaggio sugli altri
intermediari finanziari.
1.4. Dalla selezione dei progetti alla firma del contratto
La creazione di una nuova impresa, lo sviluppo del prodotto di un’impresa già
avviata, sono attività complesse che presentano numerosi e differenti problemi
associati alle singole fasi di sviluppo delle imprese stesse.
Si è detto che il venture capitalist non può essere considerato come un mero
fornitore di capitale di rischio, ma svolge una funzione essenziale anche a livello
manageriale, supportando l’imprenditore nelle scelte strategiche e operative.